giovedì 20 agosto 2015

I funerali di Vittorio Casamonica, Abbate “Mafia capitale va a processo, ma loro continuano a fare quello che vogliono”. - Giuseppe Pipitone




Tre anni fa la copertina dell'Espresso inchiodava i quattro clan capitolini sotto un titolo destinato ad essere citato più volte: I Re di Roma. Oggi il maggiorente del clan sinti si è fatto seppellire con lo stesso titolo: "Re di Roma". Per il giornalista siciliano è "un messaggio pesantissimo che ci racconta come ancora una volta come i mafiosi ci tengano ad un certo tipo di taglio mediatico. Devono rimarcare la loro importanza. Come faranno adesso a dire che a Roma non c'è la mafia?"


Il funerale di Vittorio Casamonica? “Il messaggio lanciato è pesantissimo: alla vigilia del maxi processo contro Mafia capitale, i romani sanno che uno dei Casamonica può essere omaggiato in quel modo in pieno giorno”. Tre anni fa la sua inchiesta pubblicata sulla prima pagina dell’Espresso portava un titolo destinato ad essere ripreso più volte: i Re di Roma. Erano i quattro clan che comandavano nella capitale: Carminati, Fasciani, Senese e Casamonica. E oggi che alla chiesa don Bosco, zona Tuscolano, periferia sud est della città, sono andati in onda gli sfarzosi e pacchiani funerali di uno dei maggiorenti del clan Casamonica, il giornalista Lirio Abbate si domanda: “Come faranno adesso a dire che a Roma non c’è la mafia?”
Cavalli neri che trainano una carrozza, un elicottero che getta rose, la colonna sonora del Padrino: Abbate, come è possibile che a Roma si lasci fare un funerale del genere?
“Me lo chiedo anche io: sembrava una roba della Sicilia anni ’60. Ma neanche: è lo stesso stile dei funerali di Vito Rizzuto, in Canada, con la bara d’oro massiccio sostenuta da una schiera di fedelissimi. Un misto tra sfarzo e messaggio in puro stile mafioso. Il senso è: anche se la procura ha portato a processo 59 persone per Mafia capitale, anche se a Roma ci sarà il primo maxi processo a Carminati e soci, Vittorio Casamonica può essere salutato in questo modo. Un segnale sociale devastante. E voglio vedere se adesso qualcuno, anche nella società civile, continuerà a dire che quella che c’è a Roma non è mafia”.
In più c’erano i cartelloni all’entrata della chiesa: Vittorio Casamonica si auto considerava Re di Roma. Lo stesso titolo della sua inchiesta sulla mafia a Roma: solo una coincidenza?”
“Aldilà delle coincidenze, credo che questo dimostri ancora una volta come i mafiosi ci tengano ad un certo tipo di taglio mediatico. Devono rimarcare la loro importanza, perché d’altra parte il potere di un uomo di mafia deriva dal fatto che tutti conoscono la sua appartenenza ad un’organizzazione criminale, in alternativa l’influenza di un boss sarebbe nulla. Casamonica si è appropriato della definizione di Re di Roma perché era l’unico modo per primeggiare totalmente sugli altri clan, nonostante la sua zona d’influenza sia in realtà molto ridotta. In un’intercettazione Massimo Carminati definiva i Casamonica come “straccioni”. Loro non avrebbero potuto vendicarsi con le armi, perché a Roma vige una specie di pax mafiosa, ecco quindi che provano ad emergere a livello mediatico”.
In un certo senso si può dire che boss come Casamonica o lo stesso Carminati ci tengano ad essere dipinti sui giornali in un certo modo?“Assolutamente sì, ma fino ad un certo punto. A Carminati va bene essere considerato un assassino, un boss, un capo. Ma se racconti dei suoi guadagni con la cocaina va fuori di testa. I precedenti in questo senso si sprecano: è successa la stessa cosa con Leoluca Bagarella, che non si arrabbiava certo se raccontavi che era mandante ed esecutore di stragi. E lo stesso Bagarella scelse la colonna sonora del Padrino come musica del videotape del suo matrimonio, nel 1991 a Villa Igiea. Una cornice molto simile a quella del funerale di Casamonica”.
Dove un elicottero ha sorvolato la chiesa gettando petali di rosa: come mai è stato autorizzato tutto questo?
“Perché a Roma si tende ancora oggi a sottovalutare il fenomeno della criminalità organizzata. Sappiamo bene che in Sicilia e in Calabria, ormai i prefetti vietano funerali di boss mafiosi proprio per questo motivo: per il messaggio che si lancia. Invece Roma è il posto in cui ad ogni obiezione ti rispondono: se po’ fa’. Roma è la città del se po’ fa’.
Anche in Sicilia, ormai, i sacerdoti rifiutano sempre più spesso di concedere le chiese per funerali dei mafiosi. Qui invece il parroco della chiesa  ha accettato che si facesse il funerale, e che venissero affissi quei cartelloni.“Io non so se Vittorio Casamonica sia morto con una condanna definitiva per mafia o meno, ma il parroco così come tutti i presenti sapevano bene di chi fosse quel funerale. Ed è una cosa che ci deve far riflettere, perché appena un anno fa Papa Bergoglio, in Calabria, ha scomunicato i mafiosi, tutti i mafiosi. Ecco, credo che Papa Bergoglio sia anche il Papa del sacerdote che ha officiato i funerali di Casamonica: mentre in Calabria e in Sicilia i sacerdoti rischiano in prima persona per dire no alle cosche, a Roma viene data la possibilità ad un clan di mettere in scena questo spettacolo”.

Il rischio quale è?
“Che in un momento in cui bisognerebbe mantenere alta l’attenzione sul fenomeno mafioso nella capitale, alla vigilia del primo storico maxi processo, si abbia un calo da parte delle autorità oltre che della stessa società civile. E a Roma non ci sono bande, ma associazioni criminali organizzatissime che aspettano proprio questo: un calo d’attenzione per insinuarsi nuovamente e riprendere potere. La disattenzione di oggi lo dimostra: le autorità hanno abbassato la guardia, e Vittorio Casamonica ha avuto un funerale da padrino”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/20/i-funerali-di-vittorio-casamonica-abbate-mafia-capitale-va-a-processo-ma-loro-continuano-a-fare-quello-che-vogliono/1971578/

In Chiesa Don Bosco Vicariato disse no a Welby -La basilica di San Giovanni Bosco a Cinecittà, dove si sono svolti i funerali del boss Vittorio Casamonica, è la stessa chiesa che avevano scelto per la sua cerimonia funebre i parenti di Pergiorgio Welby, militante del Partito Radicale, copresidente dell'Associazione Luca Coscioni, impegnato per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell'accanimento terapeutico e per il diritto all'eutanasia. Welby era deceduto grazie all'aiuto di sanitari che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga agonia. Per i funerali la moglie cattolica di Welby aveva scelto che la cerimonia religiosa venisse celebrata nella chiesa Don Bosco ma il Vicariato di Roma si oppose. A prendere la decisione fu il vicario generale per la diocesi di Roma, cardinal Camillo Ruini. Il funerale laico di Piergiorgio Welby venne quindi celebrato il 24 dicembre 2006, in piazza Don Bosco, di fronte alla chiesa che i familiari avevano scelto per la cerimonia religiosa. (ansa)

Tasse sulla casa, il 2016 è l’anno della Local Tax: cosa cambierà?


Ultimi vagiti per le tasse sulla casa che negli ultimi due anni hanno dominato l’ambito mediatico italiano (e troppo spesso i sonni agitati degli italiani): alla fine di quest’anno IMU e TASI andranno in pensione lasciando spazio alla Local Tax, la quale accorperà in un unico tributo i vari balzelli che pesano sulle vessate tasche degli italiani.
Quale sarà la struttura della Local Tax?
Una volta terminate le vacanze di agosto il presidente del Consiglio Renzi procederà al vaglio delle proposte avanzate dai tecnici coordinati dal sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta e dal consigliere economico del premier Luigi Marattin. Da un lato la Local Tax assorbirà al proprio interno IMU e quel che rimarrà della TASI dopo la promessa abolizione dell’imposta sulla prima casa; dall’altro lato sopravviverà una seconda voce in cui verranno accorpate le altre imposte comunali, quelle che riguardano l’occupazione delle aree pubbliche e quelle su pubblicità e affissioni.
“Vogliamo soprattutto semplificare – spiega il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta – è necessario che i cittadini non paghino molte volte le tasse ma una sola volta ai Comuni. Quindi è necessario unificare i vari pezzi come la tassa sulla seconda casa, sui rifiuti e su l’energia elettrica comunale. Vogliamo rendere più semplici le tasse comunali dal punto di visto del pagamento del cittadino”.
 Tasse sulla casa e promesse del Governo
“Abolizione della tassa sulla prima casa, eliminazione delle tasse dai macchinari imbullonati e l’IMU agricola. Questi sono gli impegni e questi rispetteremo”. Baretta conferma inoltre le disposizioni programmatiche emesse da Renzi ad inizio estate. Per quanto riguarda l’eliminazione della tassa sulla prima casa (con specifico riferimento ai dettami di Bruxelles) Baretta non vede rischi: “Abbiamo una condizione di bilancio dal punto di vista del deficit molto favorevole, siamo in grado di discutere anche di flessibilità in collaborazione con l’Europa”.
Catasto, dove è finito il processo di riforma?
E la riforma del catasto che fine ha fatto? Il processo di revisione della materia catastale assume infatti grande importanza anche in riferimento alla rimodulazione delle rendite degli immobili (con evidenti contraccolpi sull’entità dei tributi sulla casa). Per il momento la riforma pare destinata a restare nel cassetto: dopo essere scaduta la delega, il governo aveva valutato l’ipotesi di ripresentare il testo a settembre con la legge di Stabilità, ma il premier continua ad esitare poiché teme che le modifiche possano essere percepita dagli italiani come un aumento indiscriminato delle tasse. Per approfondire leggi l’articolo Riforma del Catasto ai box: ora l’attenzione si sposta sulla Local Tax.

Lazio, i finanziamenti al PD e a Zingaretti nel mirino della Corte dei Conti.

Nicola Zingaretti

La relazione che mette nel mirino i finanziamenti ricevuti dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti e dal PD è del 21 luglio 2015, consultabile sul sito della Corte dei Conti. Ad essere analizzate dai magistrati contabili Brancato, Alfonso d’Amico e Rigoni i consuntivi delle spese e dei finanziamenti delle formazioni politiche presenti alla campagna elettorale del 24 e 25 febbraio 2013” in Lombardia, Lazio e Molise.
Il primo problema, tanto per il PD che per la lista personale del presidente della Regione, è che mancano alcuni documenti. Nel caso dei DEM, a fronte di circa 326mila euro di finanziamenti ricevuti, la Corte dei Conti nonostante le richieste non ha ricevuto tutto il materiale.
Il rappresentante legale dell’Unione Regionale del Lazio del Partito Democratico, con nota del 7 novembre 2014, ha trasmesso solo una parte della documentazione richiesta – scrivono i magistrati a pagina 66 -  Il Collegio ha quindi chiesto l’integrazione della documentazione mancante relativa alle fonti di finanziamento. Con successiva nota del 23 dicembre 2014 il rappresentante legale trasmetteva ulteriore documentazione relativa alle libere contribuzioni erogate da persone giuridiche prevista dalla citata legge n. 195 del 1974. Il successivo invio non risultava esaustivo rispetto alle richieste istruttorie di questo Collegio, pertanto, è tuttora mancante la documentazione relativa ai contributi erogati dalle seguenti società. Il Collegio, a seguito dei fatti riferiti, ha denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, con lettera raccomandata del 20 gennaio 2015, il mancato inoltro della documentazione richiesta”.
Sono 12 le società che mancano all’appello, per un totale di 18700 euro. Lo stesso vale per la lista Zingaretti. A mancare all’appello i documenti su 19 società, per un contributo totale di 146mila e rotti euro.
Ma non è l’unico problema che la relazione fa emergere. C’è anche un presunto calcolo errato sul cofinanziamento che, in base alla legge del 2012, prevede che i partiti ricevano dallo Stato 50 centesimi  per ogni euro versato dai privati.
Scrivono i magistrati a pagina 22 della relazione: “Il Collegio intende segnalare che per una lista (Lista Zingaretti) e un partito (Partito Democratico) vi è stata, dopo l’attività istruttoria di quest’Organo di controllo, la restituzione ai finanziatori, mediante storni dei bonifici bancari, di quanto avevano versato a titolo di finanziamento, con ciò creando inevitabilmente un’errata rendicontazione finale e, almeno per quanto attiene al Partito Democratico, una presunta alterazione dei dati economici di partenza su cui è stato successivamente calcolato il c.d. “cofinanziamento”, regolarmente erogato ma calcolato, in misura maggiore a quello dovuto, su percentuali di sovvenzioni private non coerenti con la realtà effettiva”.

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo. - Giorgio Meletti

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo


L'ex numero uno del Sismi Nicolò Pollari, oggi consigliere a Palazzo Spada, relatore del parere: "Requisiti appaiono clausole escludenti". L'esecutivo protesta e accusa: ha abusato del suo potere. 


La posta in gioco è un affare da 3,5 miliardi di euro, destinato nei prossimi nove anni a sostenere i bilanci di Lottomatica, una delle aziende lobbisticamente più forti in Italia. Stavolta però a insinuare che il bando di gara per la concessione del Lotto sia fatto su misura per chi controlla da 22 anni il lucroso business non è un focoso oppositore del governo Renzi. È sceso in campo nientemeno che il Consiglio di Stato, facendo esplodere sotto Ferragosto uno scontro istituzionale senza precedenti.
Nel ruolo di guastatore c’è il consigliere di Stato più famoso d’Italia, l’ex capo dei servizi segreti Nicolò Pollari. Con apparente ingratitudine per Matteo Renzi – che il 4 giugno scorso ha confermato il segreto di Stato sui dossieraggi per i quali i giudici di Perugia devono decidere a settembre sul rinvio a giudizio dello stesso Pollari e del suo ex braccio destro Pio Pompa – l’ex direttore del Sismi ha tirato un calcione alla gara del Lotto. E il ministero dell’Economia ha deciso una risposta durissima: il sottosegretario Pier Paolo Baretta, che ha la delega ai Giochi, sta limando una lettera con cui accuserà Pollari e il Consiglio di Stato, di un abuso di potere.
La legge prevede per i bandi di gara su concessioni per “giochi pubblici” il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Il ministero dell’Economia lo ha chiesto e la seconda sezione del Consiglio di Stato l’ha formulato il 10 luglio. Il documento, firmato dall’estensore Pollari, è arrivato sulla scrivania di Baretta il 7 agosto, 28 giorni dopo, benché dal Consiglio di Stato al ministero di via XX settembre si impieghino, secondo Google Maps, 36 minuti a piedi e 14 in auto blu.
Il contenuto è severo, la conclusione è esplosiva: “Si sospende l’emissione del richiesto parere, in attesa delle precisazioni e/o degli adeguamenti indicati in motivazione”. Tradotto: se il governo non si adegua il parere non lo diamo, e la gara non si fa.
Il governo però ha fretta. Vuol chiudere la gara entro l’anno perché ha già messo in preventivo per il 2015 l’incasso di 350 milioni, la metà della base d’asta di 700 milioni per la concessione. La posizione del ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan è netta: il parere del Consiglio di Stato è obbligatorio ma non vincolante, quindi i giudici amministrativi, in questo caso nella funzione costituzionale di “consulenza” e non di “giurisdizione”, non possono subordinare il parere all’arrivo di precisazioni convincenti da parte del governo. Nei prossimi giorni Baretta scriverà a Pollari nel merito delle obiezioni, annunciandogli nei saluti che il governo considera acquisito il parere del Consiglio di Stato e che la gara partirà senza indugi. Insomma, per il governo l’ex capo dei Servizi segreti potrà incorniciare la sospensiva e appendersela in salotto.
Scontro istituzionale a parte, rimane la bomba innescata da Pollari. Per una beffa della storia, l’uomo che cinque governi consecutivi (ProdiBerlusconiMontiLettaRenzi) hanno difeso a colpi di segreto di Stato porta alla pubblica discussione uno dei segreti più sacri per tutti i politici di governo: gli affari di Lottomatica, che nel frattempo si è trasferita a Londra e si chiama Igt. La società del gruppo De Agostini ha la concessione del lotto da 22 anni. Sarebbero stati due contratti da nove anni, ma a un certo punto gli abili legali della società si sono attaccati a un cavillo per sostenere che l’inizio formale della concessione andava post-datato di 4 anni. Hanno chiesto un collegio arbitrale per il quale Lottomatica ha designato l’ex ministro socialista Angelo Piazza, il ministero dell’Economia l’ex parlamentare Ernesto Stajano. I due avvocati chiamati a incrociare le lame giuridiche erano soci in affari. Cose che capitano e non sia mai detto che il dettaglio abbia favorito la vittoria di Lottomatica. In Italia, quando si parla di giochi e scommesse, l’attenzione è sempre abilmente attirata sulla piaga della ludopatia e sul gioco illegale. Pochi si occupano dei profitti di Lottomatica, azienda cara ai politici di ogni colore, finanziatrice di primi ministri e peones. Esemplare il caso di Alberto Giorgetti, deputato berlusconiano e sottosegretario con delega ai Giochi nel governo Berlusconi e in quello Letta. L’anno scorso, appena persa la poltrona, annunciò le dimissioni da deputato per farsi assumere da Lottomatica. Travolto dalle polemiche, ritirò le dimissioni. Nel luglio scorso ha ottenuto la vicepresidenza della commissione Finanze, che si occupa anche di giochi e lotterie. Lottomatica, senza che nessuno batta ciglio, incassa un aggio del 6% su ogni giocata al lotto, cosicché negli ultimi nove anni, a fronte di giocate complessive per 55,5 miliardi ha portato a casa 3,5 miliardi. Nel bilancio 2014 del gruppo Igt, risultato dell’espansione internazionale decisa da De Agostini per investire i soldi guadagnati in Italia, su 3 miliardi di ricavi, 1,7 sono fatti in Italia, ma su 567 milioni di risultato operativo ben 543 provengono dagli affari con il distratto governo italiano, che non sembra accorgersi del dato più inquietante.
Nel 2006, primo anno dell’ultima concessione novennale, le giocate sono state 6,6 miliardi come nel 2014, quindi Lottomatica ha incassato nel primo come nell’ultimo anno circa 400 milioni di aggio. Invece le entrate dello Stato, a parità di volumi giocati, sono scese da 2 miliardi del 2006 a 1,1 del 2014, con una flessione secca del 45 per cento.
Contenti dell’affarone per cui sul Lotto guadagnano solo Lottomatica e l’altra potentissima lobby, i tabaccai, al governo hanno pensato bene di fare il bando di gara che perpetua le attuali condizioni. Aggio del 6% su ogni giocata, una rendita assicurata senza nessun rischio. Pollari, nel suo parere, allude in giuridichese a un bando su misura per Lottomatica. Esempio: “I requisiti per la partecipazione alla procedura di selezione appaiono, per taluni versi, eccessivi, tanto da figurare come clausole escludenti”. Poi ricorda l’ultima relazione della Commissione europea sulla corruzione, nella quale è segnalata tra le altre cose “la pratica della stesura di capitolati d’oneri su misura al fine di favorire determinati offerenti”. Quanto a Lottomatica, non pare turbata dagli eventi. E secondo insistenti voci del settore, fiutando il vento, starebbe già trattando per assorbire il maggior concorrente italiano, la storica Sisal, in difficoltà economiche, ma con un presidente di spicco come l’ex ministro delle Finanze Augusto Fantozzi. Nel settore giochi e lotterie nessuno passa di là per caso.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/19/lotto-consiglio-di-stato-blocca-gara-fatta-per-i-soliti-noti-scontro-col-governo/1968668/

Lo stato, ormai, esterna sempre più spesso un atteggiamento di ottusa ed immotivata opposizione alle leggi, alla logica ed all'etica. Lo dimostra rifiutando di ottemperare alle decisioni dei maggiori organi di controllo che sono la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.
La faccenda Lottomatica, inoltre, presenta vari punti che meritano un approfondimento specifico per comprendere e quantificare l'incompetenza e la dappocagine, per usare termini inoffensivi, di chi gestisce l'argomento.
I punti sono:
1) la protezione garantita a Pollari in quanto probabile custode di segreti scottanti riguardanti membri dei vari governi passati e presenti;
2) l'ingente mole di denaro che circola nell'ambiente del lotto e dei giochi appetibili per gli avvoltoi in circolazione;
3) tutto il marcio che gravita intorno all'ambiente del Lotto e dei giochi.
Per dirla in breve, un approfondimento della materia spiegherebbe e chiarirebbe definitivamente gli intrecci tra organi dello stato e personaggi di inesistente trasparenza legale. (cdg)