lunedì 5 ottobre 2015

Siria, "11 milioni per il riscatto di Greta e Vanessa"

Siria, "11 milioni per il riscatto di Greta e Vanessa"

Fonti giudiziarie ad Aleppo affermano che per le due volontarie italiane rapite lo scorso anno venne pagata una somma divisa fra vari signori della guerra locali. Uno di loro è finito sotto processo. La Farnesina nega, ma le opposizioni vanno all'attacco di Gentiloni.

Per il rilascio di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria lo scorso anno, sarebbe stato pagato un riscatto di circa 11 mln di euro. Lo dicono fonti giudiziarie di Aleppo, secondo cui una delle persone coinvolte nel negoziato è stata condannata per essersi intascata circa metà del riscatto. Il "tribunale islamico" del Movimento Nureddin Zenki, una delle milizie già indicata come coinvolta nel sequestro, ha condannato Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam.  L'agenzia ANSA ha ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki nella provincia di Atareb. Secondo la condanna, Atrash, basato ad Abzimo, la località dove scomparvero Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, si è intascato 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari, equivalenti a poco più di 11 milioni di euro. I restanti 7 milioni e mezzo - affermano fonti di Atareb interpellate dall'ANSA telefonicamente - sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali.

Subito dopo la liberazione delle due ragazze, a gennaio, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva definito "priva di fondamento" la notizia già circolata circa il pagamento di una somma ingente alle milizie locali. In un'interrogazione parlamentare, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) chiede al governo "se ha versato soldi e finanziato i fondamentalisti islamici. Mi chiedo poi quali misure abbia assunto per impedire che si verifichino altri casi come quello delle due ragazze bresciane, partite con una missione i cui contorni restano sostanzialmente sconosciuti e di cui non abbiamo finora ancora compreso la portata. Ovviamente mi auguro ci sia una smentita. In caso contrario il messaggio sarebbe devastante".

Ma le opposizioni tornano all'attacco e chiedono le dimissioni del ministro. Da M5s e Lega arrivano le critiche più dure: "È evidente che Gentiloni ha ormai perso credibilità: faccia mea culpa e rassegni le dimissioni" dichiarano, in una nota congiunta, parlamentari pentastellati della Commissione esteri e del Copasir.


http://www.repubblica.it/esteri/2015/10/05/news/siria_11_milioni_per_il_riscatto_di_greta_e_vanessa-124388969/

Air France: rivolta dei dipendenti, manager scappa a torso nudo.

Air France: strappati gli abiti, manager in fuga © AP

Air France: strappati gli abiti, manager in fugaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/AP


La foto fa il giro del web.


Rivolta dei dipendenti Air France: in un centinaio sono entrati nella sede della compagnia, urlando slogan contro i dirigenti. Il capo risorse umane, Xavier Broseta, si è visto costretto a scappare a torso nudo, con la camicia strappata. Secondo il sindacato CGT citato dal Figaro, l'uomo - la cui foto a torso nudo impazza sul web - ha dovuto scalare "delle barriere per salvarsi".


La riunione del comitato centrale d'impresa di Air France, che deve decidere quanti posti di lavoro saranno tagliati nel prossimo piano di rilancio, è stata interrotta da "diverse centinaia" di dipendenti in protesta, che sono entrati nella sede urlando slogan contro i dirigenti. Lo riportano fonti sindacali, citate dai media francesi. Il meeting, precisa la società, riprenderà alle 14.30.

INDIGENI RIFIUTANO UN MILIARDO DI DOLLARI DAL GIGANTE PETROLIFERO PER UN NUOVO GASDOTTO IN CANADA. - Francesca Mancuso

gasdottoindigeni

Una storia da leggere con calma, staccandosi per un momento dagli impegni del quotidiano. Una testimonianza di amore incondizionato e di attaccamento per Madre Terra. Voliamo virtualmente al confine tra Canada e Alaska, dove vivono gli indigeni Lax Kw’alaams: nelle loro terre verrà costruito l'impianto per la produzione di gas naturale liquefatto Pacific Northwest. È stato offerto loro un mega risarcimento di un miliardo di dollari da parte della società petrolifera Petronas, ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato.
L'offerta comprendeva esattamente un miliardo cash in 40 anni e altri 108 milioni in terre, pari a 320mila dollari per ogni indigeno. Un NO che suona ancora più forte se si pensa che è il simbolo della Natura contro i veleni umani, dell'amore per la terra contro quello delle multinazionali per il denaro.
Bastano le parole del grande capo Stewart Phillip a far capire come il denaro sia nulla se rapportato al valore degli ecosistemi naturali, di cui gli indigeni si porgono a tutela:
I nostri anziani ci ricordano che il denaro è come la polvere che viene soffiata via velocemente dal vento, mentre la terra è per sempre” ha detto al quotidiano canadese The Globe and Mail.
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia che si snoda attorno al progetto del gruppo Pacific Northwest Lng (Pnw Lng), un piano che prevede un investimento da 11,4 miliardi di dollari per la realizzazione di una struttura dedicata alla trasformazione del gas naturale in gas naturale liquido e poi al trasporto in Asia via mare lungo un gasdotto di 950 chilometri. Non è un errore: quasi 1000 km.
La struttura partirebbe dall'isola Lelu e dal Flora Bank, un banco di sabbia che la marea a volta nasconde sull'estuario del fiume Skeena. E qui si aggancia la vicenda dei Lax Kw’alaams che rivendicano queste aree come indigene. Il fiume Skeena è l'antichissima casa di questa comunità formata da 3.600 persone, che hanno accesso esclusivo alle risorse naturali.
firstnation
Spiegano gli indigeni che il significato della foce del fiume Skeena non può essere sottovalutato e che i Kw'alaams Lax sono vincolati dalla legge tradizionale che coinvolge anche le altre comunità a proteggere le risorse naturali per le generazioni future.
In base alla legge canadese, Petronas, proprietario di maggioranza del gruppo Pacific Northwest Lng, doveva avviare le consultazioni con la comunità indigena. Così ha fatto. Ma i Lax Kw’alaams hanno rifiutato all'unanimità l'enorme risarcimento offerto, rivendicando il diritto sancito dall’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite. E in un comunicato spiegano:
“ Speriamo che il pubblico riconosca il consenso unanime della comunità (dove l'unanimità è l'eccezione) nei confronti di un progetto in cui alla comunità stessa è fatta un'offerta al di sopra di un miliardo di dollari. Non è un problema di soldi ma una questione ambientale e culturale”.
Per il progetto, gli indigeni saranno esclusi dall’isola Lelu, da cui ricavano tradizionalmente piante e medicine tradizionali. Non si tratta solo di diritti delle popolazioni indigene ma di un'intera comunità che non vuole sacrificare i propri luoghi per gli interessi delle multinazionali. La consultazione per il progetto è stata rivolta a cinque gruppi indigeni ma solo i Lax Kw’alaams hanno rifiutato ogni compromesso pur essendosi detti aperti al dialogo e al confronto.
Peccato però che intanto il governo provinciale abbia rinnovato il proprio impegno nel progetto, firmando un accordo con Pacific Northwest Lng per uno dei 19 progetti nella Columbia Britannica. L'ultima parola spetta ora alla Canadian Environmental Assessment Agency, che si pronuncerà in autunno.