martedì 2 febbraio 2016

CIMITERO NAZIONALE DI SCORIE NUCLEARI IN VENETO? - Gianni Lannes



Nonostante il popolo italiano si sia pronunciato per ben due volte con i referendum (1987 e 2011), contro l'energia atomica, ben cinque centrali nucleari non sono state ancora bonificate, e così le officine ed i laboratori di fabbricazione del combustibile atomico, senza contare gli arsenali atomici degli Stati Uniti d'America nel belpaese. Inoltre, ogni anno, in media vengono sfornate ben 550 metri cubi di scorie radioattive dalle produzioni industriali e sanitarie. Secondo l'agenzia Askanews, con molta probabilità il deposito unico dei rifiuti radioattivi sorgerà nel Nord Italia. A svelare la possibile ubicazione è stato alcuni giorni fa, durante un convegno, il sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, Simona Vicari.

«A breve - ha dichiarato il sottosegretario - il Governo rivelerà l'esatta localizzazione del deposito unico nazionale. Posso dire che al Nord alcune località più di altre si stanno attrezzando per accoglierlo. Al di là della sindrome nimby, non dimentichiamo che il deposito nazionale è una grande opportunità di sviluppo che comporta anche vantaggi economici per la località che lo ospiterà». Perché la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) non è stata ancora resa di dominio pubblico, ma addirittura sottoposta a segreto di Stato in violazione della Convenzione europea di Aarhus, ratificata dalla legge italiana numero 108 del 2001?

«La parole del sottosegretario allo sviluppo economico Simona Vicari, raccolte a margine dell'Italian Energy Summit, sono fuori luogo. Invece di far uscire indiscrezioni, il Governo dovrebbe rispettare la legge, che prevede tempi certi per rilasciare la carta con l'indicazione dei siti candidati ad ospitare il deposito unico per i rifiuti nucleari, per avviare una opportuna discussione con le comunita' locali e le amministrazioni interessate. Tempi, questi, ampiamenti scaduti» dichiara il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, detta 'Ecomafie', Alessandro Bratti. «Rimane poi un fantasma l'Ispettorato per il nucleare- Isin, la cui nomina del direttore e' ferma da mesi, con il nome del candidato ritenuto da tanti inidoneo, rimasto nel limbo, in attesa di chissa' quale evento. Cio' detto, la dichiarazione del sottosegretario Vicari potrebbe far immaginare una trattativa sotterranea su ipotetici siti nel Nord Italia, con una procedura perlomeno curiosa», conclude Bratti.

Sono per caso in corso trattative sotterranee con i politicanti della regione Veneto, e con Palazzo Balbi in particolare, dopo l'impugnazione governativa dei referendum su autonomia e indipendenza? E’ stato scelto l’ex mitico nordest, forse perché la gente del luogo è ritenuta pacifica e remissiva, a differenza di quella del Mezzogiorno d'Italia (nel 2003 Scanzano Ionico docet)? Forse perché in questo territorio di frontiera, esistono già depositi nucleari dismessi dalle autorità militari di Washington, come nel caso documentato di “site Pluto” a Vicenza e altrove? Il primo ministro pro tempore Matteo Renzi, è in grado di smentire con dati di fatto questa solida indiscrezione? 

In Italia, sul nucleare è stata bruciata una quantità impressionante di denaro pubblico, ma nessun risultato operativo è stato ancora raggiunto. E', in particolare, fallimentare la ricerca di un deposito per lo scorie nucleari ad alta radioattività. Anche perché nuovi problemi continuano ad accumularsi. Circa sei mesi fa doveva essere presentata la mappa dei possibili luoghi dove sistemare le scorie nucleari. Era un impegno solenne del governo Renzi. Poi sono cominciati rinvii incomprensibili e, tuttora, sei mesi dopo, non si sa niente al riguardo, a parte la recentissima esternazione della Vicari. Si conoscono solo i criteri utilizzati per individuare il sito adatto o meglio per escludere luoghi ove sarebbe pericoloso sistemare sostanze tanto dannose alla salute.
Il 2 gennaio 2015, la SOGIN ha consegnato a ISPRA la proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito. Il 13 marzo, ISPRA ha presentato la sua relazione ai ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente. Il 16 aprile i due ministeri hanno rimandato il rapporto a SOGIN e ISPRA chiedendo approfondimenti tecnici, mai specificati. Anzi tenuti rigorosamente segreti, alla faccia della tanta conclamata trasparenza renziana.
Quello che dice la Vicari fa immaginare che in questi giorni il dossier sul deposito radioattivo stia completando l'ultima tappa a Palazzo Chigi. Non ci sarà quindi la gara fra tanti comuni per aggiudicarsi il deposito, come aveva preconizzato un altro sottosegretario qualche mese fa. La decisione sarebbe già stata presa, il che spiegherebbe gli incomprensibili rinvii: trattative riservate con Comuni e Regioni. Era previsto e considerato necessario anche un dibattito aperto a tutti.  Ma in che termini dibattere, considerata la dichiarazione della Vicari?

Peraltro il costo della gestione fallimentare della stagione nucleare italiana è decisamente elevato. Nella bolletta elettrica per le scorie paghiamo da decenni una cifra attorno ai 250 milioni di euro annui. E per il cosiddetto decommissioning i costi complessivi si aggirano attualmente sull'ordine della decina di miliardi, ma sono destinati a lievitare ancora senza alcun risultato positivo.  

«Non c'è chiarezza su cosa realmente si intenda fare e per questo si corre il serio rischio che le popolazioni facciano saltare il banco - afferma il senatore Cinque Stelle, Gianni Girotto - Sono troppi i punti oscuri. La normativa prevede la definizione di un programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi con la partecipazione del pubblico; prevede la creazione dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, un ente con funzioni di controllo e di vigilanza delle attività nucleari; prevede l'adeguamento della classificazione dei rifiuti radioattivi alle normative internazionali. Ma su nessuna di queste questioni è stata ancora data una risposta soddisfacente».

Comunque solide contestazioni potrebbero essere rivolte al piano che prevede la realizzazione di un deposito nazionale per i rifiuti a bassa e media attività (restano pericolosi per almeno 300 anni), che però dovrebbe ospitare «in modo temporaneo» anche i rifiuti ad alta attività (pericolosi per centinaia di migliaia di anni). Le scorie a bassa e media attività vanno custodite in un deposito di superficie, le altre in un deposito geologico di profondità (che al momento nessuna nazione è riuscito a completare), capace di garantire per migliaia di generazioni la sicurezza e la trasmissione dell'informazione sul rischio.

Di fronte a queste preoccupazioni,  la Vicari elenca i presunti vantaggi che derivano dalla creazione del deposito nazionale: investimenti per miliardi di euro, realizzazione di un parco tecnologico, alcune centinaia di posti di lavoro. Insomma, la solita aria fritta. In ogni caso, se tutto è così semplice e chiaro perché tanti rinvii e tanti misteri? In tutto, secondo le stime ufficiali, dovranno trovare posto circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività (per il 60% prodotti dalle attività di smantellamento degli impianti nucleari e per il 40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca) e circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività (anche con circa 1.000 metri cubi di combustibile ritrattato di ritorno da Francia e Gran Bretagna).

Infine, esistono già in Italia, da nord a sud, una dozzina di depositi nucleari definitivi gestiti dalla Sogin, per non dire di tutti quelli privati e di quelli controllati direttamente dalle ecomafie, spesso per conto dello Stato tricolore. Dulcis in fundo, la centrale nucleare militare segreta in Toscana, controllata dal ministero della difesa. Allora, come si fa ancora a blaterare di deposito unico? All’orizzonte non si profila alcuna sicurezza, ma soltanto un gigantesco affare per i soliti noti padroni del vapore.



TRA PUGLIA,CAMPANIA E BASILICATA SARA' REALIZZATO IL CIMITERO ITALIANO DI RIFIUTI RADIOATTIVI 


Il cimitero italiano di rifiuti radioattivi sarà realizzato ai confini di Puglia, Campania e Basilicata. Ovviamente, a tutt'oggi all'insaputa delle popolaizoni meridionali. Infatti, la carta delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), già vidimata da Ispra e Sogin, doveva essere resa di dominio pubblico già da tempo, ma il governo Renzi ne ha vietato la pubblicazione, viololando la convenzione europea di Aarhus, ratificata dalla legge italiana 108 dell'anno 2001. In merito, il 16 ottobre 2015 ho inviato una e-mail al presidente della regione Puglia Michele Emiliano. Dopo tre mesi e mezzo ancora non risponde. Perché? L'ineletto Matteo Renzi è in grado di smentire questi fatti con prove alla mano? Gianni Lannes

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