sabato 30 gennaio 2016

IL SUGGESTIVO E COLORATO GIARDINO DI NINFA, PER PERDERSI TRA FIORI, SENTIERI E RUSCELLI. - Dominella Trunfio

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Ci sono magnolie, camelie, piante esotiche, un lago, un fiume e un lembo di palude pontina. Il Monumento naturale Giardino di Ninfa grazie al suo giardino botanico e il parco naturale Pantanello, è uno dei luoghi più belli d’Italia, non a caso fa parte del sistema delle oasi affiliate del WWF.
Gestito dalla Fondazione Roffredo Caetani che ne anche è proprietaria, esso è stato istituito nel 2000 dalla Regione Lazio e si estende per circa 106 ettariall’interno del comune di Cisterna di Latina.
Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana dedicato alle Ninfe Naiadi che si trova nell’attuale giardino storico di fama internazionale. Al suo interno vi sono oltre 1300 piante diverse che regalano una straordinaria varietà cromatica, ci sono per esempio gli aceri giapponesi, i ciliegi e i meli ornamentali ma anche, tantissime varietà di rose rampicanti che adornano le rovine e incorniciano ruscelli e sentieri. Tra le piante tropicali vi è l’avocado e i banani, tra gli arbusti vivono, invece, oltre 100 specie di animali.
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Tutta l’area era stata concessa nel VIII da Costantino V a Papa Zaccaria diventando un punto strategico per il commercio grazie alla via Pedemontana, l’unico collegamento alle porte di Roma quando la via Appia era ricoperta da paludi. Nel XI Ninfa assunse il ruolo di città fiorendo soprattutto sotto l’aspetto architettonico.
Nel 1294 Papa Bonifacio VIII aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa e altre città limitrofe, segnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e lepino, presenza che sarebbe durata per sette secoli.
Grazie a lui, venne così ampliato il castello con l’aggiunta della cortina muraria, i quattro fortini e il palazzo baronale. Nel corso del Trecento dopo saccheggi, distruzioni ed epidemie, Ninfa però non venne più ricostruita e gli abitanti lasciarono la città.
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Nel XVI secolo, il cardinale Nicolò III Caetani volle creare qui un giardino delle sue delizie. Il lavoro fu affidato a Francesco da Volterra che progettò un hortus conclusus, un giardino delimitato da mura con impianto regolare.
Alla morte del cardinale però il luogo venne nuovamente abbandonato. Un altro tentativo di insediamento fu fatto da un altro esponente della famiglia Caetani nel XVII  il duca Francesco IV, che si dedicò alla rinascita del giardino ma, la malaria lo costrinse ad allontanarsi. Della sua opera rimangono le polle d'acqua e le fontane.
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Il fascino delle rovine di Ninfa attirò molti viaggiatori, c’è chi la definì perfino la Pompei del Medioevo. Solo alla fine dell'Ottocento i Caetani ritornarono sui possedimenti da tempo abbandonati. Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani creò un giardino in stile anglosassone, dall’aspetto romantico. Vennero bonificate le paludi e restaurate alcune rovine fra cui il palazzo baronale, che divenne la casa di campagna della famiglia, oggi sede degli uffici della Fondazione Roffredo Caetani.
Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, continuò la cura del giardino introducendo nuove specie di arbusti e rose e aprì le sue porte all’importante circolo di letterati e artisti legato alle riviste da lei fondate, “Commerce” e “Botteghe Oscure”, come luogo ideale in cui ispirarsi.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la famiglia Caetani si rifugiò nel castello Caetani di Sermoneta, facendo ritorno a Ninfa solo dopo il 1944, il giardino fu utilizzato come base per le munizioni da parte dei soldati tedeschi.
L’ultima erede fu Lelia, figlia di Roffredo Caetani che prima della sua morte nel 1977, decise di istituire la Fondazione Roffredo Caetani al fine di tutelare la memoria del casato Caetani, di preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta e di valorizzare il territorio pontino e lepino.
E' grazie a lei che oggi è possibile visitare questo splendido giardino che racchiude in sè splendidi paesaggi e una varietà invinita di flora e fauna. 

ASCOM NEWS N. 38 – ABOLITE IL TICKET PER 203 PRESTAZIONI SANITARIE. - Marco Laraspata





È appena entrato in vigore il cosiddetto Decreto Appropriatezza, ossia la normativa che prevede il taglio del ticket per 203 prestazioni sanitarie.

Per le prestazioni comprese tra le 203 “incriminate”, in pratica, si può fruire del ticket soltanto dietro apposita prescrizione medica, in caso contrario il cittadino è obbligato a pagare di tasca l’intero costo: ottenere la prescrizione, peraltro, non è semplice, poiché sono previste delle sanzioni piuttosto salate per i medici, qualora prescrivano prestazioni non strettamente necessarie.
Com’è logico, il Decreto ha scatenato accese polemiche in tutt’Italia, poiché metterebbe, a detta di molti, a repentaglio la salute dei cittadini, negando l’accesso ad esami fondamentali e terapie.
Il Governo, invece, sostiene di non aver leso il diritto alla salute, poiché le prestazioni possono essere coperte dal ticket qualora siano rispettate le condizioni di erogabilità previste dal Decreto.
Per comprendere meglio la portata della normativa, analizziamo le principali prestazioni “fuori tutela” e le condizioni di erogabilità correlate.

Prestazioni escluse: quali settori.
Innanzitutto, le aree a cui appartengono le 203 prestazioni “fuori ticket” sono:
– odontoiatria;
– genetica;
– radiologia diagnostica;
– esami di laboratorio;
– dermatologia allergologica;
– medicina nucleare.

Per ciascuna delle prestazioni riportate nel Decreto, appartenenti agli elencati settori, le condizioni di erogabilità devono essere valutate in base allo stato personale e clinico del beneficiario ed alla finalità terapeutica, diagnostica, prognostica o di monitoraggio.
Ma quali sono, nel concreto, le prestazioni sanitarie e le condizioni per ottenerle senza pagarne l’intero costo?

Prestazioni odontoiatriche.
Iniziamo dalle prestazioni odontoiatriche; tra queste compaiono:
– estrazione di denti permanenti, decidui o di altri denti;
– interventi chirurgici ed asportazione di lesioni dentarie.

Tali prestazioni possono essere prescritte soltanto in condizioni di vulnerabilità sanitaria o sociale.
Per alcune prestazioni odontoiatriche, quali i trattamenti con apparecchi fissi e mobili, è richiesto un indice IOTN pari a 4/5: si tratta dell’indice di necessità del trattamento, che è espresso in una scala da 1 a 5, dove 5 esprime la maggiore gravità delle condizioni del paziente. Ciò significa che tali prestazioni potranno essere erogate solamente in “casi-limite”.

Condizioni di vulnerabilità sanitaria e sociale.
Le condizioni di vulnerabilità sanitaria sono differenti a seconda delle specifiche patologie: in generale, si parla di vulnerabilità sanitaria laddove la cura sia assolutamente necessaria.
Le condizioni di vulnerabilità sociale sono invece intese quali situazioni di svantaggio economico correlate di norma al basso reddito e alla marginalità o all’esclusione sociale, che impediscono l’accesso alle cure a pagamento.
Le condizioni di svantaggio economico sono individuate dalle singole Regioni, nella maggioranza delle ipotesi in base all’indice Isee (il quale rileva la situazione economica del nucleo familiare anche in base al patrimonio mobiliare ed immobiliare).
Considerata l’esiguità degli stanziamenti regionali in materia sanitaria, nonché l’endemica mala gestione in tale ambito, è scontato che il cittadino possa rientrare nelle condizioni di vulnerabilità sanitaria e sociale soltanto in ipotesi “estreme”.

Prestazioni di radiologia diagnostica.
Tra le prestazioni fuori tutela nell’ambito della radiologia, il Decreto enumera:
– diverse tipologie di tomografia computerizzata;
- diverse tipologie di risonanza magnetica nucleare;
– la densitometria ossea.

Tali esami (esclusa la densitometria ossea), nella maggioranza delle ipotesi, possono essere prescritti solo in presenza di patologia oncologica o sospetto oncologico.
Chiaramente, in caso di sospetto, sarà il medico a doversi prendere la responsabilità di prescrivere l’esame, ed a rischiare le sanzioni economiche previste per “prestazione inappropriata”.

Prestazioni di laboratorio e di genetica.
È lungo ed articolato, poi, l’elenco delle prestazioni di laboratorio (in pratica, le analisi del sangue, delle urine e simili) tagliate fuori dalla tutela: ad esempio, le analisi relative al colesterolo ed ai trigliceridi possono essere prescritte solo ai soggetti con più di 40 anni, con malattie cardiovascolari, fattori di rischio cardiovascolare o familiarità per malattie dismetaboliche, dislipidemia o eventi cardiovascolari precoci.

Relativamente alle prestazioni di laboratorio e di genetica, le analisi “superflue”, secondo il Governo, sono 140: in alcuni casi, la prescrizione può essere effettuata solo qualora vi sia un carcinoma da monitorare, in altri casi qualora vi sia una malattia epatica in corso o a scopo di trapianto.
La costante, ad ogni modo, è quella di limitare al minimo le prestazioni preventive, e di tutelare il soggetto solo laddove sia già ammalato: una linea d’azione che certamente non rispetta il detto “è meglio prevenire che curare”, e che preferisce risparmiare nella prevenzione, senza pensare al rischio di moltiplicare le spese relative alle successive cure. Sempre che non s’intenda lasciare, in futuro, il cittadino totalmente sprovvisto di tutela anche laddove sia già malato: in un’ottica di tagli, pardon “razionalizzazioni”, è facile che si arrivi anche a questo, in un giorno non lontano.

http://www.isolaverdetv.com/itv/ascom-news-n-38-abolite-il-ticket-per-203-prestazioni-sanitarie/

IL MISTERIOSO E AFFASCINANTE SANTUARIO MOLISANO CHE SEMBRA UN CASTELLO FIABESCO. - Dominella Trunfio

santuario castelpetroso

A vederlo da lontano sembra un castello fiabesco, una struttura immensa e affascinante incastonata in una valle verde. In realtà è il Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, in Molise.
La sua costruzione è un omaggio alla Madonna, si dice infatti che esso sorga nel luogo in cui nel 1888, due contadine furono spettatrici dell’apparizione della Vergine. Fabiana Cicchino e Serafina Valentino si trovavano a Cesa Tra Santi a lavorare la terra e avevano portato con sé due pecore.
Nel pomeriggio, prima di rientrare a casa le due pastorelle si resero conto di averne smarrita una. Dopo essersi divise, cercando tra le siepi Fabiana vide la pecorella vicino a una strana luce. Incuriosita la donna si avvicinò e si trovò di fronte l’immagine della Madonna inginocchiata con ai piedi Gesù morto, lo sguardo rivolto verso il cielo e le braccia allargate in atto di offerta.
Santuario di Castelpetroso
Dopo lo sgomento, Fabiana chiamò Serafina che non riuscì però a vedere nulla. Dieci giorni dopo, il primo aprile, giorno di Pasqua, l’apparizione si rinnovò e questa volta anche l’altra contadina riuscì a vedere la Vergine.
Le voci si diffusero in paese tra lo scetticismo di molti. Ma il 26 settembre dello stesso anno, anche mons. Francesco Macarone Palmieri vescovo di Bojano, ebbe la stessa apparizione. In più ai piedi della rupe era sfociata una sorgente d’acqua rivelatosi miracolosa, perché aveva fatto guarire un dodicenne malato di tubercolosi ossea.
Castelpetroso
Proprio dopo quest’ultimo episodio e nuove apparizioni si decise di edificare un tempio intitolato alla Madonna Addolorata. Nel 1890, venne posta la prima pietra ma la consacrazione ci fu solo nel 1975.
Oltre a essere un simbolo per i tanti credenti, il Santuario è un esempio affascinate di architettura.
Progettato in stile neogotico dall’ingegnere Francesco Gualandi di Bologna, esso è interamente scolpito in pietra molisana. La sua forma è allo stesso tempo semplice ma grandiosa, il suo stile rientra nel movimento artistico del Gothic Revival.
In circa 2800 metri quadrati vi sono sette cappelle che rappresentano i sette dolori di Maria. La cupola è alta 52 metri, di contorno vi sono le torri campanarie e una facciata opera di artisti locali, i fratelli Chiocchio di Oratino e Pasquini di Pietrasanta.
Insomma una costruzione perfettamente inserita nel panorama che esalta la bellezza della splendida regione Molise.