venerdì 29 aprile 2016

Le case magiche in bambù di Elora Hardy: «Vi spiego perché è il materiale del futuro». - Alessandro Frau



Il bambù oltre a raggiungere altezze notevoli è estremamente forte: «Sbatteteci quattro tonnellate dritte su un’estremità e lui resisterà». In più è cavo, quindi leggerissimo: «Cresce intorno a noi. È forte, elegante. Addirittura antisismico».

«Quando avevo nove anni mia madre mi chiese come volevo che fosse la mia casa e io disegnai un fungo fatato. Non penso che capissi quanto fosse insolito e forse, visto quello che faccio, non lo capisco neanche oggi». Sì, perché la specialità di Elora Hardy è costruire case, anche di sei piani, interamente in bambù.

Le caratteristiche di una pianta (quasi) sconosciuta

In questi anni Elora ha imparato una cosa: «Se rispettate e usate il bambù correttamente vi ricompenserà». Nata in Indonesia, ma formatasi negli Stati Uniti dove ha lavorato nel settore della moda, la giovane designer è tornata nei luoghi della sua giovinezza per portare avanti un progetto ambizioso che lega il passato e il futuro, l’artigianato e le nuove tecnologie. Tutto grazie ad un materiale di cui le persone sanno ben poco.
Il bambù è una pianta selvatica che cresce su terreni scomodi come profondi burroni o versanti di montagne. Si nutre semplicemente di acqua piovana e luce solare: «La cosa sorprendente è che delle 1450 specie diverse di bambù ne usiamo solo 7». Elora ha imparato l’importanza di questa pianta dal padre che, oltre a studiarne le caratteristiche, ha dato vita a diverse piantagioni: «Ogni anno tira su una nuova generazione di germogli che crescono in pochissimo tempo. Anche un metro in 3 giorni in qualche caso. Un ricambio continuo».
Il bambù oltre a raggiungere altezze notevoli è estremamente forte: «Ha la resistenza a trazione dell’acciaio e la resistenza alla compressione del cemento. Sbatteteci quattro tonnellate dritte su un’estremità e lui resisterà». In più è cavo, quindi leggerissimo. Può essere trasportato agevolmente ed è un materiale sostenibile di cui difficilmente l’uomo sarà sprovvisto in un prossimo futuro: «Cresce intorno a noi. È forte, elegante. Addirittura antisismico».
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La nascita di Ibuku

Insieme ad un team formato da designer, architetti e artigiani, Elora ha fondato, cinque anni fa, Ibuku. «È l’unione di due parole importanti: madre (ibu) e mia (ku). Un nome che vuole richiamare la madre Terra e il rapporto profondo che l’umanità ha con lei».
La missione che guida i membri di Ibuku è semplice: «Costruire un nuovo tipo di edifici nel rispetto di quello che ci circonda e senza rinunciare ai lussi e ai comfort.Negli ultimi anni abbiamo costruito oltre 50 strutture uniche, per lo più a Bali. Tutto quello che facciamo viene realizzato a mano; scegliamo ogni singolo pezzo trovando le soluzioni adatte per ogni abitazione». Sono tutti dotati di mobili su misura e sono circondati da orti. Solo in alcuni casi, ad onor di cronaca, vengono utilizzati chiodi d’acciaio da collocare in strategici punti strutturali.
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Ogni progetto, inoltre, viene prima realizzato in 3D, con la costruzione di modelli in scala con lo stesso materiale che poi verrà adoperato realmente: «Poi portiamo il modellino nel luogo dove sorgerà l’edificio. Vagliamo il materiale e procediamo alla realizzazione dell’opera. È una vera e propria arte».
Ibuku ha creato anche altre strutture utili per la popolazione indonesiana. Un esempio? Con il bambù è stato costruito un ponte, sopra un fiume, lungo ben 22 metri: «Ma quello che facciamo non è qualcosa di interamente innovativo. La Storia ci insegna che questa pianta è stata utilizzata in tutte le regioni tropicali del mondo. Da sempre. Noi ne raccogliamo l’eredità».

Come vincere il senso di precarietà

In passato, tutto quello che è stato costruito con il bambù non ha resistito all’azione di alcuni insetti e delle intemperie naturali. Senza alcune misure di protezione, infatti, la pianta è soggetta a deterioramento: «Il bambù non trattato si riduce in polvere. Questa è stata la sfida più grande. Convincere le persone che vivere in una casa fatta con questo tipo di legno non sia un segno di povertà e precarietà».
Per trasformare il bambù in un materiale da costruzione valido, il team di Ibuku usa il borace, un sale naturale estremamente efficace: «Con il nostro trattamento e cure particolari, una casa può durare una vita senza dare alcun tipo di problema».
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La Green School di Bali

Nove edifici fanno parte di una scuola, la Green School, dove gran parte dei professionisti di Ibuku insegna e dove si porta avanti una filosofia di salvaguardia e rispetto dell’ambiente: «È una promessa che mio padre ha fatto ai bambini: costruire qualcosa con un materiale che non si esaurirà sotto i loro occhi ma di cui potranno servirsi in futuro».
Ma il messaggio che Elora lascia è ancora più importante: «Lasciatevi ispirare dal bambù. La cultura balinese promuove e valorizza l’artigianato e la creatività. Non ci sono due pali uguali, due linee uguali. Il vocabolario e il linguaggio solito dell’architettura non sono applicabili qui. Abbiamo inventato nuove regole ascoltando il bambù, cercando di capire cosa desiderasse diventare».
Nonostante il progetto stia avendo un riscontro sempre più internazionale, la ragazza non ha dimenticato da dove è partita: «All’interno della scuola ho realizzato il mio sogno e ho costruito anche la mia casa ideale, il famoso fungo fatato». Ovviamente, fatto di bambù.

FOTOVOLTAICO: LE FINESTRE SEMI TRASPARENTI CHE PRODUCONO ENERGIA. - Roberta De Carolis

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Pannelli fotovoltaici al grafene: ecco come realizzare delle finestre semi trasparenti in grado di produrre energia. L’idea, tutta italiana, potrebbe abbassare i costi di produzione delle celle solari e contribuire alla diffusione delle case intelligenti, dotate di dispositivi a “doppio utilizzo”, quali le finestre solari, con ulteriori probabili risparmi.
Le energie rinnovabili soffrono attualmente, oltre che di politiche poco lungimiranti, anche dei costi di produzione confrontati con le loro rese, rapporto che non consente loro di sostituirsi totalmente alle fonti di energia fossile, molto più inquinanti e comunque in esaurimento. Dal punto di vista tecnologico quindi lo sforzo più importante è di renderli il più economici possibile
Sotto questo punto di vista il grafene, la cui scoperta è risultata nell’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica a Gejm e Novoselov, è molto promettente. È infatti un materiale che ha la particolare caratteristica di essere resistente come il diamante, ma flessibile come la plastica, ma soprattutto quella di essere particolarmente adatto alla riduzione in fogli sottilissimi. Pochissime quantità diventano quindi sufficienti per i più disparati utilizzi.
Da qui l’idea. “Dimostriamo che rivestimenti di “inchiostro al grafene” sono un metodo valido per la produzione di ampi moduli di celle solari Grätzel (particolari celle solari che usano come materiale attivo un colorante, N.d.R.)”scrivono gli autori, provenienti dall’Istituto Italiano di Tecnologia e dall’Università di Tor Vergata.
In poche parole la tecnica consiste nello “spruzzo di grafene” che forma così uno strato sottilissimo ma molto ampio dove può avvenire l’accumulo di energia, con risparmio di tempi e costi di produzione.
Non è comunque oro tutto quello che luccica. La sostenibilità ambientale del grafene è tuttora oggetto di studi, legati sia agli aspetti di salute che di smaltimento, soprattutto perché, essendo un materiale di nuova generazione,garanzie a lungo termine non sono ancora disponibili.
Tuttavia la grande versatilità dovuta alle sue stesse proprietà strutturali lascia ben sperare che il materiale possa adattarsi a strutture e modificazioni di composizione che lo rendano il più possibile eco-compatibile.
A breve termine il risultato ottenuto costituisce comunque un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di tecnologie energetiche del futuro.
Leggi anche: 
http://www.metallirari.com/pannelli-solari-grafene-produrre-energia-dalla-pioggia/

La tecnologia nel settore procede a grandi passi, ma tutto viene sminuito, svalutato dalla mancanza di sensibilità dei governi assoggettati a chi produce energia devastante per il pianeta.

Scoperta l'origine di un neutrino cosmico.

Rappresentazione artistica del getto di materia espulso dal buco bero che si trova al centro  della galassia PKS B1424-418 (fonte:  NASA’s Goddard Space Flight Center)Rappresentazione artistica del getto di materia espulso dal buco bero che si trova al centro della galassia PKS B1424-418 
(fonte: NASA’s Goddard Space Flight Center)


Scagliato via da un buco nero 10 miliardi di anni fa.


Scoperta l'origine di un neutrino cosmico: arriva da una potente esplosione avvenuta 10 miliardi di anni fa e generata dal 'banchetto' del buco nero che si trova al centro di una lontana galassia.

La luce generata dall'esplosione ha quindi affrontato un lunghissimo viaggio, che l'ha portata sulla Terra soltanto nel 2012, quando è stata vista dall'osservatorio IceCube che si trova in Antartide. Nello spazio è stata intercettata dal telescopio spaziale Fermi, della Nasa e al quale l'Italia partecipa con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

A quattro anni di distanza è stata individuata la provenienza del neutrino: arriva dalla galassia chiamata PKS B1424-418. Pubblicata sulla rivista Nature Physics, la scoperta si deve ai ricercatori coordinati dall'astrofisico Matthias Kadler, dell'università tedesca di Wuerzburg.

I neutrini sono le più inafferrabili particelle dell'universo, possono attraversare la materia quasi senza interagire con essa e per questo sono difficilissimi da rilevare. L'osservatorio di neutrini IceCube li rileva quando interagiscono con gli atomi nel ghiaccio, innescando una 'scintilla' che viene raccolta dai sensori ottici. Il 4 dicembre 2012, l'osservatorio ha rivelato un neutrino da record chiamato 'Big Bird' che, con un'energia superiore a 2.000 miliardi di elettronvolt (PeV), è il secondo neutrino più energetico mai rivelato. 

Per scoprirne l'origine i ricercatori hanno analizzato le osservazioni del telescopio Fermi, scoprendo che nello stesso periodo il telescopio spaziale aveva registrato un'esplosione al centro della galassia PKS B1424-418, particolarmente luminosa al centro per la materia risucchiata dal buco nero gigantesco che si trova nel suo centro. La stessa esplosione è stata rilevata dal programma internazionale Tanami, che dal 2007 controlla costantemente 100 galassie attive visibili dall'emisfero meridionale.

http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/spazioastro/2016/04/29/scoperta-lorigine-di-un-neutrino-cosmico_390de762-a6b6-4c43-8964-cfd9661de40f.html

10 miliardi di anni fa ci fu un lampo di luce che è arrivato a noi solo nel 2012.
La luce, il tempo, paragonati a queste realtà noi non esistiamo.