giovedì 22 settembre 2016

PERCHE’ L’ASSE PARIGI-BERLINO HA ROTTAMATO IL CRETINISMO RENZISTA ? - ROSANNA SPADINI

ventotene renzi merkel hollande vertice

Il 16 settembre i leader dei 27 paesi dell’Unione Europea, senza l’UK, si sono riuniti in Slovacchia invitati dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, per scongiurare la disintegrazione dell’UE dopo la Brexit dello scorso giugno. Diciamo la verità … lo spaccone stavolta non è stato invitato al briefing finale tenuto da Angela Merkel e Francois Hollande, conclusosi così con l’evidente affermazione dell’egemonia franco-tedesca. La scenografia da favola di Ventotene di un mese fa si è frantumata sotto la cruda realtà di un’Italia che viene esclusa dai tavoli decidenti, ed è stata bandita sempre più nelle retrovie della storia.
Però dietro lo strappo di Renzi su immigrazione e crescita con Merkel e Hollande non c’è solo l’inconcludenza del vertice di Bratislava ma motivi diversi e complessi, che naturalmente il premier tiene ben celati, per rendere visibili solo quelli che servono alla narcosi della coscienza nazionale.
Che grama figura! Ma il piazzista fiorentino sa vendere bene i suoi prodotti, dunque ha depistato immediatamente l’attenzione con il solito gioco dello straw man argument, l’omino di paglia … e utilizzando tutte le dinamiche facciali alla Mr Bean, è riuscito nell’intento di voltare la frittata, così che è sembrato che al briefing non ci fosse andato perché era rimasto insoddisfatto del vertice ed anche perché voleva sfidare l’asse … invece lo avevano semplicemente dimenticato come una cineseria inservibile.
Al che l’outsider rottamatore ha reagito subito twittando irritazione e astio «La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale. Senza politiche su economia e immigrazione, l’Europa rischia molto». E ancora «Non posso fare una conferenza stampa congiunta con Merkel e Hollande, se non condivido le loro conclusioni su economia e immigrazione. Non è polemica, l’Italia non la pensa allo stesso modo degli altri».
Del resto “ci trattano da servi perché siamo servi” dice Massimo Fini, perché siamo un Paese a sovranità limitata, un membro vassallo di un’Europa a due velocità, ed un protettorato degli Usa, che si serve del territorio italiano e delle sue 110 basi missilistiche, come di una piattaforma di lancio in un eventuale conflitto con l’Est, pollastro da spolpare per i rifornimenti Nato, e prossimo bacino di smercio dei prodotti americani, dopo l’avvento del TTIP (condiviso dall’Italia e fortemente osteggiato dalla Germania).
La posizione è ai limiti di rottura soprattutto per la patata bollente dell’immigrazione e dell’economia: «Non è che si può pensare che risolto il problema della Turchia si è risolto il problema. Sui migranti vogliamo vedere i fatti» … «Noi abbiamo bisogno di tornare a crescere come Paese, ma è l’Europa che deve tornare a crescere, abbandonando la politica dell’austerity».
«Accordi Italia-Africa» a proposito di immigrazione, precisa Renzi, «o l’Unione Europea fa gli accordi con i Paesi africani, o li facciamo da soli. Secondo noi sarebbe molto meglio che  fosse l’Europa a intervenire, ma se l’Ue decide che questa non è la priorità, occorre che interveniamo noi … non siamo la foglia di fico di nessuno».
Le ingerenze indebite interne ed esterne sugli interessi italiani appaiono sempre più evidenti, tranne che ai poveri di spirito affetti da inesorabile analfabetismo ideologico. L’ultima in ordine di tempo è stata quella dell’ambasciatore americano a Roma John Phillips, il quale ha ‘consigliato’ agli italiani di votare “Sì” al prossimo referendum costituzionale, condito con un vile ricatto economico e con la minaccia che le imprese yankee non avrebbero più investito in Italia.
Ma il documento finale del vertice di Bratislava ha sancito l’inconcludenza dell’UE e la frana sempre più profonda tra gli stati, anche se le intenzioni erano state quelle di affrontare problematiche comuni: stabilire il pieno controllo dei confini esterni dell’UE, garantire la sicurezza interna contro il terrorismo, potenziare la difesa comune e incrementare il mercato unico … bla bla bla.
Al che lo spaccone nazionale sembra essere stato colpito da irritazione insolita, e le ragioni si avvertono tra le righe della metanarrazione neolinguista, che cerca di celare al paese il suo destino predestinato di territorio di immigrazione selvaggia, ingessato dentro la sua conformazione peninsulare, bloccato da scelte politiche servili e dannose, mentre gli altri paesi europei si stanno blindando dietro muri eretti all’occorrenza per scaricare i profughi al bel Paese e abbandonarlo al suo declino sudamericano.
Ma Renzi ha il suo asso nella manica, bussare alla Casa Bianca il prossimo 18 ottobre per elemosinare l’appoggio di Obama nella battaglia contro l’asse Parigi-Berlino, il vero potere dell’Eurozona, che ora sembra volersi sbarazzare del sud indebitato e parassitario. Infatti Francia e Germania hanno mostrato interessi comuni e contrari a quelli dell’Italia: blocco del TTIP, appoggio all’Egitto di Tobruk contro Tripoli, potenziamento dell’Eurogendfor (per ora solo con ufficiali franco tedeschi), particolare attenzione rivolta all’immigrazione in arrivo dai Balcani (nulla invece per quella africana), progetti di riduzione delle sanzioni alla Russia (Italia favorevole alle sanzioni).
Però il rottamatore rottamato ha sottovalutato lo scontro in atto tra gli USA e le due nazioni guida dell’Europa, che stanno cercando di comune accordo di liberarsi dalla morsa atlantica, favoriti anche dagli effetti sismici della Brexit. Uno scontro frontale che ha visto rimbalzare scandali e vertenze dall’una all’altra sponda dell’Atlantico, il caso Volkswagen- Bosch, la rottura sul TTIP, l’attacco alla Apple per l’elusione fiscale e il take-over della Bayer sulla Monsanto, scandalo dei titoli tossici della Deutsche Bank:
gli Stati Uniti richiedono risarcimenti miliardari a Volkswagen per lo scandalo Dieselgate, dopo che un’agenzia indipendente, l’International Council on Clean Transportation, scopre una discrepanza fra i test condotti in laboratorio e quelli condotti su strada. Le autorità statunitensi avviano indagini approfondite e raccolgono i dati che mettono sotto accusa il colosso tedesco … poi il 18 settembre 2015 la situazione precipita, l’azienda crolla in borsa, e il governo statunitense le ordina di ritirare 482mila auto prodotte a partire dal 2009. L’azienda però ammette che le automobili compromesse potrebbero essere 11 milioni.
agosto 2016 – Nello scandalo dei motori diesel truccati che ha travolto Volkswagen viene poi coinvolta anche Bosch, il quotidiano tedesco Bild informa che Bosch avrebbe sviluppato il software delle centraline di Volkswagen che avrebbe alterato i test sulle emissioni. Intanto, anche il New York Times, avvalora questa tesi dicendo che Bosch avrebbe avuto “un ruolo chiave nello sviluppo del software che ha permesso a Volkswagen di barare sulle emissioni”. Bosch, che ha fornito i computer che controllavano motori Volkswagen diesel, era già coimputato nella class action indetta negli States contro la casa automobilistica.
agosto 2016 – TTIP, negoziati falliti, salta il trattato di libero scambio Usa-Ue – Il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel ammette il fallimento dei negoziati sul trattato di libero scambio. «Come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane, non ci sarà alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente».
agosto 2016 – Apple, a poco più di una settimana dalla presentazione dell’iPhone7, ha ricevuto una multa da 13 miliardi di euro da parte della Commissione Europea per l’accordo fiscale stretto con l’Irlanda al fine di pagare meno tasse. Cupertino avvia il ricorso contro la «nefasta» decisione, che per il Tesoro americano è una «minaccia allo spirito della partnership economica tra Usa e Ue»
settembre 2016 – Bayer-Monsanto, il gruppo tedesco compra la multinazionale Usa delle biotecnologie per 66 miliardi di dollari. L’azienda farmaceutica di Leverkusen ha ufficializzato l’accordo con il leader nel settore delle sementi e dei pesticidi, acquisito grazie a un’offerta pari a 128 dollari per azione. Nasce una superpotenza mondiale dell’agrochimica.
settembre 2016 – Il governo americano vuol far pagare 14 miliardi alla Deutsche Bank per chiudere lo scandalo dei titoli tossici legati ai mutui, i famosi “titoli subprime”, il cui crollo a Wall Street innescò nel 2007 la crisi finanziaria tuttora in atto. L’aspetto paradossale sta nel fatto che sono state alcune istituzioni finanziarie americane a sguazzarci dentro, fino ad imporre il fallimento dei due colossi immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac, due finanziarie para-pubbliche che detenevano il grosso del mercato dei mutui subprime. Per quanto il governo tedesco abbia iniettato ben 247 miliardi di euro nel suo sistema bancario per farlo resistere alla crisi, la grande banca delle “torri gemelle” di Francoforte, un tempo sinonimo di solidità, sta ancora boccheggiando, oppressa da 85 miliardi di euro di titoli tossici che ha in pancia, pressoché uguali al totale delle sofferenze nette del sistema bancario italiano: al quale, per sommo paradosso, oggi Berlino proibisce di ricorrere agli aiuti statali. (www.ilsussidiario.net)
Nella guerra dei mondi gli Stati Uniti hanno sempre temuto un’Europa forte e autonoma, soprattutto guidata dal pangermanesimo di vecchia data, che aveva inchiodato decine di migliaia di giovani americani sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale. L’epopea americana invece deve essere unica, insuperabile e strapotente, celebrata da una cinematografia che sbanca il botteghino globale e propaga la leggenda eroica del popolo eletto, a partire da film-cult di Steven Spielberg, quali “Salvate il soldato Ryan”.
Inoltre, il colossale surplus commerciale accumulato dalla Germania con il protezionismo ha suscitato ostilità soprattutto da parte degli americani, perché ha favorito l’export teutonico in maniera esponenziale e danneggiato in particolare i produttori automobilistici statunitensi, i più accaniti avversari sui ricchi mercati asiatici.
Ma torniamo alla foglia di fico del premier … servo dei servi dell’imperialismo yankee. Perché cercare giustificazioni alla deriva economico sociale cui è stata condannata l’Italia, presso quel potere che ne è stato il primo responsabile? Perché non capire (o fingere) che i veri nemici sono gli Usa, che in un passato non troppo lontano hanno favorito lo sviluppo del welfare europeo in chiave antisovietica, ma ora sono determinati a smantellarlo completamente?
Per di più la Brexit ha segnato un punto di non ritorno, dimostrando che perfino i più fedeli alleati degli Usa hanno colto un’opportunità ineludibile in una rete di rapporti di forza che si è fatta sempre più multipolare, quindi la scelta dell’UK di uscire dall’UE non è stata per nulla un fulmine a ciel sereno, tutt’altro … è stata preparata accuratamente dalla finanza inglese che in questo modo si è voluta liberare del giogo atlantista, e si è voluta globalizzare … considerata un’occasione di riforma, proiettata verso il futuro, la City è decisa in questo modo ad attrarre la finanza cinese e quella islamica, che sono entrambe in forte crescita ..
La strategia finanziaria britannica è apparsa geniale solo alle élites … la promozione del renminbi a valuta d’impatto internazionale è tesa a rendere la Cina una superpotenza globale ma comunque soggetta alla direttiva britannica … per di più facendo di Londra il centro della finanza islamica, si acquistano vantaggi evidenti nell’ambito della sicurezza contro il rischio terrorismo. 
Però sulla piattaforma europea il venir meno di determinate esigenze economico politiche da parte del finanzcapitalismo ha mutato pesantemente il quadro dell’attuale geopolitica mondiale … oggi, l’ingerenza americana si è fatta ancora più invasiva, soprattutto per impedire all’Europa di tramutarsi in antagonista potente e diretto contro Washington, perché un’eventuale alleanza con la Russia rappresenterebbe un rischio abnorme per la stessa sopravvivenza dell’impero del caos.
Ma allora … perché il cretinismo renzista si ostina a coltivare amicizie così pericolose ?

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi. - Lorenzo Vendemiale

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi

La sindaca del M5S ha detto no alla candidatura della Capitale e Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico, avverte: "Le consiglio di non presentare la mozione" per mettere fine alla procedura. Perché "gli amministratori che firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità".

“Consiglio alla Raggi di non presentare la mozione per dire no alla candidatura”. Dopo la giornata che ha (quasi) posto la parola fine all’avventura di Roma 2024, il suggerimento di Giovanni Malagò suona come una minaccia. O quantomeno un avvertimento: al Coni sperano ancora di riaprire in extremis il sogno olimpico. Ma se davvero bisognerà rinunciare alla candidatura, non intendono arrendersi senza combattere: l’ultima carta che il comitato promotore può giocare è lo spauracchio di un procedimento per danno erariale contro la sindaca Virginia Raggi (e contro tutti i consiglieri che dovessero votare a favore della sua decisione).
LO SPAURACCHIO DEL DANNO ERARIALE – Dopo l’annuncio della Raggi, resta un ultimo passo formale da compiere per archiviare Roma 2024: una delibera della Giunta comunale, da ratificare anche in Assemblea, che annulli l’analogo provvedimento con cui il Campidoglio aveva votato a favore di Roma 2024. La candidatura è nata sull’asse Renzi-Malagò, entrambi entusiasti del progetto. Ma formalmente a suo tempo fu proprio l’amministrazione capitolina (allora guidata da Ignazio Marino) a chiedere a Coni e governo di candidare Roma all’edizione del 2024 e allo Stato di impegnare fondi pubblici. Cosa che è avvenuta: circa 20 milioni di euro sono stati spesi negli ultimi due anni dal comitato promotore. A questo fa riferimento Malagò quando dice che “ora gli amministratori che eventualmente firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità”. La legge, infatti, prevede la responsabilità individuale per chi cagiona un danno alle casse dello Stato, in questo caso causato dalla “discontinuità amministrativa” rispetto alla precedente gestione. Venti milioni di euro non sono pochi spiccioli per un Comune con un debito miliardario, ma sono un patrimonio per dei semplici consiglieri comunali, che (sempre a detta del Coni) potrebbero doversi trovare a rispondere per circa 500mila euro a testa.
SPADA DI DAMOCLE SUL VOTO DECISIVO – Per ora l’argomento non sembra aver fatto molta presa sul governo del Campidoglio: “Il danno erariale c’è stato per i Mondiali di nuoto nel 2009 e per tutti i grandi eventi fatti a Roma, questo è certo”, ha ribattuto Daniele Frongia. Esponenti del Movimento 5 stelle romano spiegano di essere “tranquilli”: “Non abbiamo potuto chiedere un parere all’avvocatura capitolina, non c’erano i tempi tecnici. Ma lo staff che coadiuva il sindaco ci ha rassicurato a riguardo: non ci saranno problemi”. Anche al Coni, però, sono sicuri del fatto loro: avrebbero già contatto esperti contabili e ci sarebbe anche un precedente a rafforzare la loro tesi. Di qui il consiglio “spassionato” di Malagò alla sindaca. Il Comitato promotore spera ancora che la ratifica della mozione (che è già stata presentata) fino alla fine non arrivi. “Per la Raggi passare dal Consiglio sarà un problema: chi se la sentirà di votare un provvedimento sapendo che rischia di rovinarsi?”. D’altra parte, pare anche difficile che la giunta possa fare marcia indietro dopo la conferenza stampa di oggi. Ma se davvero ci sarà l’ok da parte del Consiglio, il giorno dopo il Coni si rivolgerà alla Corte dei Conti. “Noi siamo amministratori pubblici, è chiaro che abbiamo avuto dei fondi tramite una legge dello Stato e siamo soggetti ai controlli del Mef” –ha spiegato il numero uno dello sport italiano – quindi giuridicamente ed economicamente è evidente che dobbiamo girare l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera”.
LA RABBIA DEL COMITATO – Certo, il Coni potrebbe anche lasciar cadere la questione nel vuoto, incassando la fine della candidatura come successo altrove. Ma è davvero difficile che ciò accada dopo quando accaduto. Non tanto l’annuncio, quanto le sue modalità sono state recepite come un vero e proprio affronto personale sia nel Comitato olimpico che in quello promotore. Il ritardo all’appuntamento fissato in Campidoglio e l’attesa di circa 40 minuti, la conferenza stampa con lo sfondo delle Vele di Calatrava (simbolo dello spreco dei Mondiali di nuoto organizzati proprio da Malagò): la Raggi sembra aver scelto il modo più plateale possibile per dire no alla candidatura. Il suo staff sostiene che la sindaca ha avuto un semplice contrattempo, ed era praticamente arrivata quando la delegazione ha deciso di andarsene. Per altri, la prima cittadina si sarebbe infastidita per la domanda della diretta streaming dell’incontro da parte di Malagò. Una richiesta parte di una strategia precisa: il presidente del Coni avrebbe voluto inchiodare in pubblico la sindaca, proponendo di rimettere la questione ai cittadini con un referendum (a cui la stessa Raggi si era dichiarata favorevole in campagna elettorale). Solo voci. I fatti sono quelli di un incontro programmato da prima dell’estate, fissato per un’ora prima di una decisione già presa e saltato all’ultimo minuto. Col senno di poi, anche la riunione tecnica della sera precedente viene giudicata una “farsa” da ambienti Coni: “Era già tutto deciso, ci hanno preso in giro”.
ROTTURA TOTALE – Tutto questo non ha fatto altro che esacerbare gli animi. La Raggi ha parlato, il Movimento 5 stelle si è ricompattato attorno a lei (sono arrivati anche i complimenti di Beppe Grillo), il Coni ha perso. Al di là delle parole di facciata "vedremo, fino a che non arriva un atto formale la candidatura è ancora in piedi”, a Palazzo H il clima si respirava clima da fine viaggio. Abbracci, dirigenti commossi, frasi di circostanza: “ È stato bello”, “Bravi lo stesso”. Andare avanti senza il sostegno del Campidoglio dal punto di vista tecnico sarebbe anche possibile, ma non viene ritenuta una pista percorribile: “Perché sarebbe controproducente: potremmo anche arrivare a Lima, ma perderemmo di sicuro. Chi voterebbe una città che non vuole i Giochi?”. Allora la candidatura di Roma 2024 a questo punto ha davvero avere le ore contate. Anche se il suo strascico potrebbe essere molto lungo.
A prescindere dal fatto che la Raggi sa quel che fa, considerato che è laureata in giurisprudenza, il danno erariale che millanta Malagò deriva dalle promesse fattegli da chi ha preceduto l'attuare sindaco, quindi, a rigor di logica, dovrebbe essere la vecchia giunta comunale a far fronte ai danni provocati dalle promesse mancate.
Oltretutto, Malagodi, prima di chiedere il risarcimento per danno erariale, dovrà spiegare coma ha speso i 20 milioni dei nostri soldi già erogatigli dalla precedente giunta comunale.
Ma la giurisprudenza, si sa, è infarcita di cavilli studiati e varati dai volponi della politica, quindi, il guazzabuglio è assicurato.
La giustizia, in Italia, non esiste, è lungi da venire.