sabato 4 febbraio 2017

- “O mascalzoni o coglioni” - l'editoriale di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio

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Per un attimo, l’altroieri, abbiamo segretamente sperato che nelle sette e più ore di interrogatorio i magistrati avessero finalmente e inoppugnabilmente incastrato Virginia Raggi in una grande storia di corruzione, in un romanzo criminale degno dei paragoni che ancora ieri i valorosi segugi dei giornaloni facevano con “la Milano di Mani Pulite” (Repubblica) e addirittura con House of cards (La Stampa). Così, pensavamo, questa donna minuta soverchiata da un compito troppo più grande di lei avrebbe trovato una via d’uscita per scendere dal calvario su cui l’hanno issata i cittadini romani sette mesi fa e riconsegnare la Capitale nelle mani sapienti di chi l’aveva così ben governata fino all’anno scorso. 
Una bella tangente camuffata da polizza vita, sia pure di soli 33.500 euro, era un’ottima scappatoia per farla finita con gli errori, i collaboratori infidi, i nemici interni, i direttorii, i commissari grillini, i linciaggi a mezzo stampa e tv basati su invenzioni e panzane varie, le accuse per tutto quel che accade sotto il Cupolone (dalla pioggia ai licenziamenti di Sky). E, diciamolo, anche una riabilitazione dall’offesa più sanguinosa: quella di non saper fare niente, neppure rubare. 

Che, in tempi di beatificazione di San Bettino, è un peccato mortale.

– Poi purtroppo, quando già pregustavamo nuovi succulenti particolari sui “tesoretti segreti” per “garantire un serbatoio di voti a destra” al M5S (Repubblica), 


sui “voti comprati” (Il Messaggero), 

sui “finanziamenti occulti giunti al Movimento 5 Stelle” ma non tutti, “solo una parte” (Corriere), astutamente nascosti da Salvatore Romeo in alcune polizze domiciliate sul suo conto in banca con tanto di sua firma,

e naturalmente sull’“accusa di corruzione” che sarebbe “vicina” (La Stampa), 

senza contare l’intensissima attività sentimentale della Messalina del Campidoglio che si mangia un uomo via l’altro, da Frongia a Marra a Romeo a chissà quanti altri, 

è giunta come un fulmine a ciel sereno la nota della Procura di Roma (ovviamente nascosta dai siti dei giornaloni e dai telegiornaloni): nessuna nuova ipotesi di reato, nessuna rilevanza penale, i pm sono convinti che la Raggi dica la verità quando afferma di non aver mai saputo di quella polizza (come 5 dei 6 beneficiari delle altre accese da Romeo), discorso chiuso. Dopo 420 e passa minuti sotto il torchio dei pm, il minimo che ci si possa augurare è che questi le abbiano contestato tutto il contestabile e che ora le facciano sapere le loro conclusioni: o la arrestano, o la lasciano stare. 

Magari dedicandosi un po’ anche ad altre vicenduole. Come lo scandalo Consip-Lotti-Del Sette&C. sul più grande appalto (truccato) d’Europa e le microspie scomparse. Quindi peggio per Virginia: invece di tornarsene a casa,dovrà restare in Campidoglio e provare a governare Roma. Che poi è la peggiore delle condanne.
Archiviata questa tragicomica vicenda delle polizze all’insaputa dei beneficiari e fornita la sua versione sulla nomina di Renato Marra a direttore del Turismo comunale e su tutto il contorno davanti ai pm e (finalmente) ai cittadini nell’in – tervista a Mentana, restano in piedi tutte le questioni che anche ieri segnalavamo: i nemici interni sempre in assetto di guerra (ma levargli i social, no?), i collaboratori spesso inadeguati e inaffidabili, i bombardamenti esterni, i sistematici sabotaggi dei poteri marci dovrebbero indurla a una seria riflessione sulle sue possibilità di continuare o sull’eventualità di dimettersi per non aver commesso il fatto. 

Con un’aggiunta: la storia delle polizze a sua insaputa, anche se vera (come ritengono gli stessi pm), l’ha coperta suo malgrado di ridicolo.
E non si governa una macchina complicata, anzi impazzita come il Comune di Roma, con 22mila e più dipendenti, senza la necessaria autorevolezza.
Ma queste sono valutazioni che può fare soltanto lei (magari facendo benedire il Campidoglio da un esorcista, previo bagno integrale in una piscina di Lourdes).
Perché prescindono dalle faccende penali che paiono ridimensionarsi.
E riguardano altro: la sua padronanza dei dossier della Capitale; la sua capacità di scegliere le persone giuste in un contesto marcio dalle fondamenta; l’efficienza di una giunta continuamente avvicendata e commissariata; i rapporti con un movimento che, a Roma, la sostiene come la corda l’im -piccato; e anche la sua tenuta personale, umana, psicologica, sotto un fuoco concentrico che piegherebbe anche Rambo e che continuerà fino all’ultimo giorno del suo mandato.


Con gli attuali assetti delle tv e dei giornali, se non si trovano scandali veri, se ne inventano di falsi e li si gonfia a reti ed edicole unificate fino a farli apparire veri, o si continua a trasformare le pagliuzze in travi.[…]


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