domenica 26 novembre 2017

Vietnam. - Rosanna Spadini

 

Secondo John Pilger, uno dei più attesi eventi tv della rete PBS riguarda la guerra del Vietnam, ed è un lungo documentario della durata di 18 ore, realizzato dai registi Ken Burns e Lynn Novick, che hanno raccontato «la storia epica della guerra del Vietnam, come non è mai stata raccontata prima». L’intento è chiaro fin dall’inizio, dove il narratore dice che la guerra «è stata iniziata in buona fede da persone oneste per gravi equivoci, eccessiva sicurezza americana e fraintendimenti dovuti alla guerra fredda».

Daniel Ellsberg

Nulla naturalmente sulla fabbricazione delle «false flag», che hanno portato all’invasione del Vietnam, come l’incidente del Golfo del Tonkino del 1964, che Burns promuove come vero. Le menzogne ​​contengono una moltitudine di documenti ufficiali, in particolare i Pentagon Papers, che il grande informatore Daniel Ellsberg pubblicò nel 1971.
Documenti top-secret di 7000 pagine del Dipartimento della difesa americano che presentano uno studio approfondito sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam nel periodo che va dal 1945 al 1967. Furono raccolti nel 1967, per volere di Robert McNamara, che voleva darli all’amico Robert Kennedy, che in quel momento pensava di candidarsi alla presidenza.
Pentagon Papers rivelarono che il governo degli Stati Uniti aveva esteso il proprio ruolo nel conflitto con bombardamenti e raid aerei nel Laos, in Cambogia e in Vietnam del Nord e aveva intrapreso delle azioni di guerra prima che gli americani ne fossero informati.
Probabilmente i due registi Burns e Novick hanno la memoria corta, e non ricordano il documentario di Michael Maclear «Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts» (1975)più rilevante che mai. Validissimo ancora oggi, perché veritiero, espone le ambiguità soppresse e vergognose che hanno portato alla guerra del Vietnam, e che ne avevano minato il percorso successivo. Il documentario di Maclear è in netto contrasto con quello di Ken Burns,  che non è altro che puro revisionismo storico, perché racconta la cruda e tragica verità dei fatti. (Michael Maclear e Douglas Valentine)
Mentre Burns infatti evita di collegare i conflitti della guerra del Vietnam con l’esperimento in corso del turbo finanzcapitalismo americano, il documentario di Maclear è diretto nel dichiarare che la CIA ha corrotto non solo i sistemi politici e giudiziari militari, ma ha anche diramato i suoi tentacoli su tutto il sistema americano, e attraverso il suo controllo sui media, riesce a creare la versione ufficiale della storia, lasciando in perfetto subordine tutto ciò che non gli serve per consolidare il proprio potere. Winston Smith non poteva fare meglio al Ministero della Verità.

Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts Part 1 (1975)
Mentre Burns falsifica la guerra mostrandola come una tragedia provocata da «uomini decenti con buone intenzioni», Maclear offre una prova incontestabile delle motivazioni, dicendo che si trattava di una guerra di aggressione imperiale nel conseguimento della controrivoluzione.
Maclear poi arriva al cuore della materia concentrandosi sul programma «Phoenix» della CIA, cui  Burns dedica solo due minuti. Attraverso interviste con Bart Osborn e Jeff Stein, entrambi veterani di Phoenix, Maclear lo definisce un programma per portare a termine l’omicidio di massa e il genocidio progettato.
Mentre Burns celebra i veterani di combattimento come gloriosi eroi dell’epopea americana, Maclear mostra come i dirigenti di guerra indottrinarono le truppe attraverso ipocrite menzogne, per scatenarle contro civili  innocenti. E aggiunge che nel 1968 la CIA sapeva che le forze militari americane non avrebbero potuto vincere la sensibilità patriottica del popolo vietnamita, per cui si era attrezzata per eliminare i membri dell’infrastruttura civile della rivoluzione, attraverso la tortura e il terrore.
Phoenix infatti, come Maclear ha reso chiaro 42 anni fa, è diventato il modello per il consolidamento del potere americano, e le squadre SWAT (Special Weapons And Tactics) hanno rappresentato il braccio armato dell’impero globalizzato, per  controllare le rivendicazioni dei movimenti sociali e  soffocarne le istanze di ribellione al sistema.
Bart Osborn  insieme a molti altri veterani, testimoniarono poi al Congresso sul programma Phoenix, e sulla base della loro testimonianza, nel 1971 quattro congressisti dichiararono che Phoenix aveva praticato crimini di guerra e violato le Convenzioni di Ginevra.
Nel 1973, Osborn, insieme ai veterani Air Force Perry Fellwock e Tim Butz , ha costituito il Comitato per la Ricerca d’Azione sulla Comunità di Intelligence (CARIC) in risposta alle rivelazioni sul ruolo della CIA durante il Watergate.
Allo stesso tempo nel 1973, Norman Mailer e molti suoi colleghi crearono «The Fifth Estate» per contrastare l’intervento segreto della CIA negli affari politici e sociali interni dell’America. Nel gennaio 1974, CARIC e «The Fifth Estate» si unirono per creare un comitato. Il piano era quello di organizzare gruppi sul campus e nelle comunità per indagare e scrivere sulla CIA.  «CounterSpy» fu la loro unica pubblicazione.
Prima che le forze di sicurezza, insieme alla complicità dei media sovvertissero CARIC, l’organizzazione riuscì a lavorare con la British Corporation e con Granada Television, per produrre un documentario sui prigionieri politici in Vietnam.
Titolato anche «Una questione di tortura», fu poi  soppresso, ma vale la pena considerarlo come un antidoto al film di Burns, così come alla propaganda filmografica sulla guerra del Vietnam, durata per 40 anni.
I film sulla guerra del Vietnam costituiscono un nutrito filone cinematografico, finanziato da importanti studi cinematografici di Hollywood, e ha rappresentato un’efficace propaganda ideologica, attraverso la divulgazione dell’epopea americana, vittima di una guerra interminabile, per colpa dei pericolosi vietcong, che duri a morire, hanno difeso strenuamente la loro patria.
La ferita rimasta aperta per anni nel cuore del patriottismo americano, la disfatta in sud-est asiatico,  ha rappresentato per anni l’occasione per Hollywood di portare al cinema l’assurdità di tale conflitto e della guerra in generale. Ma i film sul Vietnam sono sempre e solo di un tipo: quello di celebrare comunque la sacralità dell’eroismo americano, anche attraverso la critica verso la violenza della guerra.
«Taxi Driver» per esempio, è un capolavoro ruvido e introverso, espressione delle memorie dal sottosuolo metropolitano di Martin Scorsese. Il realismo della pellicola interpreta perfettamente la brutalità sorda e la disperazione borderline della vicenda.  «Era la metà degli anni ’70 e a New York andava tutto a rotoli – ha raccontato Scorsese -. Il governatore ci aveva mandato al diavolo, disse che non ci avrebbe aiutato. Nello script c’era scritto che Bob doveva andare su e giù per l’ottava, tra la 42esima e la 57esima. Era perfetto! Era la zona in cui si riprendeva di più il senso di violenza in città. Anche se faceva parte del mio background a New York, l’aria di violenza in quella zona d’estate, di notte, era palpabile. Si percepiva chiaramente e a volte era molto pesante».
Ma Travis Bickle resta un eroe e una vittima, lui che lavora a tarda notte nei quartieri più squallidi di New York, dove i clienti sono perlopiù prostitute, tossicodipendenti e ladri. Travis è comunque visibilmente disgustato e sempre più disadattato,  via via che si inoltra nel ventre oscuro della città. Questo disgusto lo porterà ad odiare i delinquenti e le prostitute che si aggirano per le strade notturne di New York e a compatire le loro vittime, fino a pensare di uccidere un senatore.
Insomma una ribellione sorda e disperata al sistema.
Apocalypse now, nato dalla fervida genialità di  F.F Coppola e John Milius, segue la parabola discendente nel caos, diventando più che un film sulla «follia della guerra», un «film folle sulla guerra», dove follia significa esaltazione artistica dell’«orrore della guerra».
Il personaggio-icona del film, l’esaltato colonnello Kilgore (Robert Duvall), così apparentemente sopra le righe, in realtà è un eroe americano che fa il suo mestiere, cerca di tenere in piedi il suo sistema di valori contro ogni circostanza. Così come i generali ottocenteschi giocavano a scacchi mentre i mortai fischiavano nei paraggi, Kilgore pensa a fare surf, mentre il napalm si gonfia e divora la giungla dietro di lui. La guerra è sempre stata un lavoro, insomma, e nei lavori ci si abitua a tutto.
John Milius sulla faccenda di Kilgore, del surf, e in generale sullo spirito dei ragazzi rappresentati in Apocalypse Now dice in un’intervista: «La guerra del Vietnam è stata una guerra californiana. Era sì uno scontro tra culture, tra gli USA e questa terra asiatica lontana, ma ancora di più precisamente era uno scontro tra la cultura californiana e la cultura asiatica. C’era musica della California e simboli degli Hell’s Angels sugli elicotteri mitragliatori, è stata una guerra caratterizzata dalla cultura californiana».
Kilgore insomma è un totem vivente della cultura statunitense che si va a contrapporre a quella di Charlie. Kilgore è la normalità di casa trapiantata in Vietnam: appare folle per contrasto ma è assolutamente lineare come linea di condotta. «Voglio dire, che c’è di strano? Ha perfettamente senso fare surf in Vietnam! Nell’esercito si fa sempre sport in guerra, viene anzi incoraggiata la sportività tra i militari nel tempo libero. In Vietnam c’è un oceano, ci sono onde, puoi fare surf. Ha più senso fare quello che giocare a football!» (John Milius).
Infine «Il cacciatore» è un film sulla guerra del Vietnam, ma anche sull’amicizia, sulla comunità, sulla rielaborazione di un lutto dell’intera nazione americana. Cimino sceglie di seguire la vita di un gruppo di giovani operai di un’acciaieria in Pennsylvania. Il film è anche un romanzo di formazione in cui i protagonisti sono proletari e provinciali, dove la guerra del Vietnam è la prima occasione di uscire dal perimetro della comunità.
Sono passati solo tre anni dalla caduta di Saigon e dalla fine della guerra e il cinema statunitense inizia a parlarne in modo critico e coraggioso. Ma i protagonisti restano ancora  i veri eroi dell’epopea americana, vittime straziate dalla guerra e dalla malvagità del furore vietcong.
Il «colpo solo» della caccia al cervo di Mike, si muta ben presto nel «colpo solo» della pistola puntata alla tempia della roulette russa. Infatti il regista ha affermato in più interviste che la lunga scena della tortura nella capanna-prigione lungo il fiume, compiuta dai vietcong che costringono i prigionieri al gioco mortale, non è altro che la sintesi di quello che fu la guerra del Vietnam.
Nulla sui crimini di guerra prodotti dalla politica imperialistica degli Stati Uniti.

Spooks and Cowboys, Gooks and Grunts Part 2
Nulla sul Phoenix Program (parola collegata a Fenghuang, la fenice cinese), un programma progettato, coordinato ed eseguito dalla CIA, da forze speciali statunitensi, forze speciali operative provenienti dall’Australian Army Training Team Vietnam (AATTV), e dai servizi di sicurezza della Repubblica del Vietnam (Vietnam del Sud).
Il programma si prefiggeva di identificare e «neutralizzare» (attraverso infiltrazione, cattura, terrorismo, tortura ed assassinio) l’infrastruttura del Fronte Nazionale di Liberazione del Vietnam del Sud (NLF o Viet Cong). La CIA lo descrisse come «un insieme di programmi che cercavano di attaccare e distruggere l’infrastruttura politica del Viet Cong».
Le due componenti principali del programma erano le Provincial Reconnaissance Units (PRUs) e i centri regionali di interrogatorio. Le PRUs dovevano uccidere o catturare i sospetti membri del NLF, ed anche i civili che si pensava conoscessero le attività del NLF. Molte di queste persone furono condotte nei centri d’interrogatorio e spesso torturate allo scopo di ottenere informazioni sulle attività vietcong nell’area. Le informazioni estorte nei centri venivano passate ai comandanti militari, che le avrebbero usate per affidare alle PRUs ulteriori missioni di cattura ed assassinio.
Il programma fu attivo tra il 1965 ed il 1972, e simili iniziative si registrarono prima e dopo tale periodo. Gli uomini del Phoenix «neutralizzarono» circa 81 700 sospetti agenti, informatori o simpatizzanti NLF, di cui perse la vita un numero compreso tra 26000 e 41000. 

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