venerdì 27 gennaio 2017

Paesi isolati, da Svizzera per liberarli.

 © ANSA

Volontari e frese dal Canton Ticino a Castelli e Pietracamela.


ANSA) - CASTELLI (TERAMO), 25 GEN - Cinquanta persone fra autisti e pompieri, otto frese trasportate su sei camion appositamente allestiti, generatori di corrente, pale da neve e viveri: una macchina della solidarietà che si è mossa dalla Svizzera, per la precisione dal Canton Ticino, e in poche ore ha raggiunto, nell'Abruzzo martoriato dalla nevicata della settimana scorsa e dal terremoto, prima la patria della ceramica, Castelli, poi la vicina Pietracamela, nel Teramano, isolate da metri di neve e senza energia elettrica
"'Ci sono cumuli di neve fino a 4 metri'. Abbiamo fatto presente a uno dei volontari coinvolti, che da undici anni lavora sul Passo del San Gottardo, e lui ha risposto 'ma io sposto anche cumuli di 10, che problema c'è?". A raccontare all'ANSA com'è nato in poche ore, grazie al tam tam sulla rete, il 'Convoglio solidarietà Ticino in Abruzzo' è Danilo Cau, sardo di nascita, titolare di una piccola ditta di trasporti nella valle locarnese. 
Dieci gli autotrasportatori, compresi lui e Joe Palmieri, che si sono messi a disposizione facendosi carico di spese di carburante e pedaggi autostradali. "Non sono mai stato in Abruzzo, ma per noi lavorare in mezzo alla neve è normale. Quando mi ha chiamato Joe, abituato a lavorare a 1500 metri di quota su strade a rischio slavina, e mi ha detto che la notte pensava all'emergenza in Abruzzo, non ci ho pensato due volte". Il primo di tre convogli è partito il 21 all'alba, sta rientrando in queste ore in Svizzera. 
"Ci siamo organizzati in poche ore. Abbiamo utilizzato tutti mezzi di scorta, per non lasciare sguarnito il nostro territorio - racconta Cau che dalla sua azienda ha coordinato le operazioni - alle 12 di giovedì 19 eravamo pronti con 11 persone e quattro veicoli (due camion, uno per trasporto eccezionale che ha portato una fresa per sgombero neve più grande, un furgone della protezione civile locale e un fuoristrada con spazzaneve), ma abbiamo atteso il pomeriggio del 20 per avere il via libera dalla dogana, dopo un'ordinanza del Comune di Castelli che autorizzava il nostro ingresso in Italia per aiuti a seguito di calamità naturale. 
Siamo partiti alle 5 del 21, arrivati alle 18 a Isola del Gran Sasso, un'ora dopo eravamo operativi". "Sul posto ci siamo resi conto che l'emergenza era stata determinata dalla disorganizzazione - osserva Cau - solo nella notte fra lunedì e martedì, sempre per tempi burocratici, è potuto partire il secondo convoglio che ha operato con frese cingolate a Pietracamela e Prati di Tivo e, completato lo sgombero della neve, dovrebbe ripartire domani; il terzo convoglio è all'opera da stamattina". Quale sarebbe stato il costo di un'operazione simile, se ci fosse stato un committente? La stima è circa 30mila euro, considerando le spese vive, l'ammortamento dei mezzi e le giornate di lavoro. Domattina partiranno dalla valle locarnese due furgoni con cibo per animali. Era già pronto il quarto convoglio. "Non servirà - fa sapere Cau - mi hanno chiamato da Arsita che era sotto 4 metri di neve ma ora pare la situazione sia migliorata". "L'operazione - comunica Danilo a tutti i suoi sostenitori su Facebook - invece di circa due giorni si è conclusa in mezza giornata. Quindi l'intervento volge verso la conclusione e Joe e banda sono già in viaggio verso il Ticino. Grazie veramente a tutti per questo successo, anche quelli che non sono partiti, ma che si sono messi a disposizione!". (ANSA)

Ora ci divertiamo. - Marco Travaglio

Virginia Raggi Marra

Evviva evviva! 
Da 23 anni, da quando B. scese in campo, martelliamo la classe politica perché proibisca duramente per legge i conflitti d’interessi. E ora scopriamo che non c’è bisogno di leggi: il conflitto d’interessi è già severamente punito. E sul piano penale. È infatti per non aver impedito il conflitto d’interessi di Raffaele Marra, capo del Personale che seguiva i concorsi e le promozioni dei dirigenti comunali, compreso il fratello Renato, che Virginia Raggi è indagata con lui per abuso d’ufficio: lui per aver violato il Codice deontologico dei dipendenti comunali, lei il Regolamento di Roma Capitale. Abuso che, per l’accusa, si trascina dietro anche un falso: infatti la sindaca dichiarò all’Anticorruzione di aver deciso in totale autonomia di promuovere Renato Marra da dirigente dei vigili (fascia 1) a capo della Direzione Turismo (fascia 3), per risarcirlo della rinuncia alla sua vera aspirazione – il comando della Polizia municipale (fascia 5) – ed evitare un suo ricorso al Tar per l’ingiusta esclusione. E questa sarebbe una bugia, perché Raffaele avrebbe avuto un ruolo attivo nella nomina di Renato.
Al momento, cos’abbia fatto davvero Raffaele e dunque se la sindaca abbia abusato del suo ufficio e mentito oppure no, non lo sa nessuno. La Raggi ripete di aver deciso la promozione di Renato con l’assessore al Commercio Meloni, che aveva apprezzato il lavoro del dirigente nei blitz contro l’abusivismo commerciale. Vedremo se, nell’interrogatorio del 30 gennaio, riuscirà a convincere i pm. Nella famosa chat del quartetto Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, non c’è nulla che confermi né smentisca la versione della sindaca. Che, a quanto risulta, si limitò a chiedere al suo capo del Personale quali fossero le procedure previste dalla legge e quale aumento di stipendio comportasse la promozione del fratello. In ogni caso, quando l’Anac di Cantone ha girato il rapporto alla Procura di Roma, questa non poteva far altro che aprire un fascicolo, iscrivere la Raggi (e Marra) sul registro e convocarla con invito a comparire per interrogarla. Ma il risultato è che, per la prima volta a memoria d’uomo, almeno su un politico di peso, il conflitto d’interessi innesca un processo penale. Splendida notizia: se il nuovo rito capitolino dovesse contagiare le altre Procure, si salverebbero in pochi. Resta il rammarico che la nuova giurisprudenza, inaugurata in esclusiva mondiale da Raggi e Marra, sia stata scoperta solo ora. Bastava un mese di anticipo, e la stessa Procura avrebbe faticato a chiedere l’archiviazione per Gianluca Gemelli.
Cioè il compagno lobbista della ministra Federica Guidi, che reclamava e otteneva emendamenti à la carte dal governo dell’amata. Anzi, in base al lodo Raggi-Marra, avrebbe dovuto indagare pure l’ex ministra. E pure Maria Elena Boschi, per tutti i Consigli dei ministri cui ha partecipato per discutere di banche, fra cui l’Etruria già vicepresieduta da suo padre. Se poi, Dio non voglia, il vento di Roma dovesse soffiare fino a Milano, il sindaco Sala – oltreché per le false dichiarazioni con ville e società dimenticate e per il taroccamento della principale gara d’appalto di Expo – verrebbe ipso facto inquisito per aver promosso assessore al Bilancio non il parente di un collaboratore, ma direttamente il suo socio in affari. Idem l’ex ministra Cancellieri, per le telefonate – ritenute non penalmente rilevanti perché “solo” in conflitto d’interessi – in cui perorava la scarcerazione della figlia di Ligresti, datore di lavoro di suo figlio. Quella di Napoli dovrebbe procedere a pie’ fermo su Vincenzo De Luca, governatore della Campania che tratta i fondi regionali al Comune di Salerno con l’assessore al Bilancio Roberto De Luca, suo figlio. E quella di Bologna dovrebbe rivedere il caso dell’ex governatore Vasco Errani, ora commissario al terremoto, la cui giunta finanziò con un milione la coop del fratello per una cantina sociale mai nata. Ma dovrebbe mobilitarsi, e alla svelta, anche la Procura di Firenze, per i possibili conflitti d’interessi fra papà Renzi e il premier Renzi e fra l’allora sindaco Matteo e l’amico Marco Carrai, che mentre gli metteva a disposizione un appartamento gratis in centro città, ne veniva nominato capo di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze.
Siccome, poi, nel caso Raggi-Marra c’è di mezzo l’Anac, la Procura di Roma ha l’occasione di proseguirne l’opera occupandosi dell’ad Rai Antonio Campo Dall’Orto, a proposito degli 11 dirigenti esterni ingaggiati a peso d’oro senza job posting fra gli interni: a cominciare da quel capolavoro di conflitto d’interessi chiamato Genséric Cantournet, nuovo capo della Security fatto selezionare da Cdo a una società di provata indipendenza: quella di suo padre. Ma, volendo, ci sarebbe pure la spiacevole vicenda di Alessandro Alfano, fratello del ministro Angelino, assunto come dirigente dalle Poste e pagato 200 mila euro l’anno per non firmare un solo atto. Per non parlare di B., che dal 1994 al 2011 legiferò e decretò decine di volte per i suoi processi e le sue aziende: prima che scatti la prescrizione, si fa in tempo a dargli l’ergastolo. E noi che, malfidati, eravamo rassegnati a considerare queste vicende eticamente imbarazzanti, ma penalmente irrilevanti per vuoto normativo. Ora che invece il conflitto d’interessi diventa reato per Raggi e Marra, siccome la legge è uguale per tutti, ci divertiremo un mondo. O no?
Ps. Ieri, c.v.d., la Consulta ha stabilito che Renzi e la sua maggioranza (la stessa di Gentiloni) non hanno violato un codice deontologico o un regolamento comunale: hanno calpestato la Costituzione due volte in una sola legge. Chissà oggi lo sdegno dei giornaloni e dei telegiornaloni. 

O no?