lunedì 23 aprile 2018

Il governo dell’Alta Finanza e gli elettori coglionati. - Eugenio Orso



Chi è che decide il governo, nella democrazia italiana, prossima, come un frutto troppo maturo, quasi allo sfacimento?
Aristotele, in veste di costituzionalista ateniese nel mondo degli Elleni al crepuscolo, riteneva che solo i governi espressione dei possidenti di medio bordo potessero dare stabilità a uno stato sovrano, sebbene limitato a una illustre città.
Oggi che lo stato unitario, nazionale e sovrano è al crepuscolo, come la Polis ateniese al tempo di Aristotele, il governo democratico lo decidono pochi attori di una nuova classe dominante, al di fuori dello stato e sopra di lui.
Da noi non è passato Filippo II il Macedone, re conquistatore padre di Alessandro il Grande e distruttore di città, vittorioso nella battaglia di Cheronea, ma si è verificato qualcosa di peggio, dagli anni novanta a oggi: il dominio del sopranazionale e dell’Alta Finanza.
Un giorno futuro, in altro Evo della storia, si ricorderà il momento della nascita formale dell’Unione Europea, con il trattato di Maasticht del 7 febbraio 1992, come l’inizio di un processo che ha tolto progressivamente ossigeno alla nazione italiana e l’ha portata all’irrilevanza.
Per la verità, l’embrione di questo processo maligno, la cui fine segnerà il definitivo trionfo della Classe Globale Finanziaria dominante, attore impersonale del nuovo capitalismo, è la dichiarazione (solenne!) sulla UE del 1983, a Stoccarda, che prevedeva il pensionamento della CEE.
La sottomissione militare e in termini di definizione della politica estera data dalla fine della seconda guerra mondiale e si è concretizzata nella Nato, con un centinaio di basi militari sul suolo nazionale, e per noi il 1945 è un po’ come fu il 338 avanti Cristo per gli Elleni, quando furono sconfitti a Cheronea da Filippo II.
Grazie al percorso maligno che conosciamo, dal febbraio del 1992 ai giorni nostri, con la premessa della “dichiarazione solenne” del 1983, in Italia si vota nell’universalità del suffragio democratico, ma i governi si decidono altrove, ribaltando gli esiti del voto, se necessario, e coglionando gli elettori.
L’espressione “coglionando” segnala che il momento didattico e storico è finito e inizia l’articoletto del vecchio Orso sulle prospettive di un nuovo governo dopo il presunto terremoto elettorale del 4 di marzo.
Come il povero Aristotele, nato a Stagira il 384 a.C. e morto in esilio a Calcide di Eubea nel 322, dopo essere scappato da un’Atene al crepuscolo per non finir male, anche il sottoscritto, in modo infinitamente più modesto, sta assistendo alla fine di un mondo e, forse, anche alla fine dell’Italia, democrazia matura nel mondo globale e nell’Europa unionista e atlantica.
Solo che noi, a differenza del malcapitato Aristotele che osservava la fine di un mondo, non abbiamo un posto dove scappare per sottrarci agli strali del sistema, che ci raggiungerebbero ovunque …
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L’Italia avrà uno straccio di governo?
La risposta è sì, anche se non sarà nel rispetto della volontà degli elettori, caduti ancora una volta nella trappola della democrazia, liberale e matura, con percentuali di partecipazione alla kermesse del voto molto alte, superiori al settanta per cento.
Prendiamo in considerazione alcuni elementi utili, per prevedere quale governo sarà propinato agli italiani:
  • Mattarella, nonostante l’alta carica che ricopre, non è “super partes”, avendo in tasca, nei fatti, la tessera del piddì. Piccolo particolare, questo, che lo fa lavorare per riportare il piddì al governo, magari con il cinque stalle di Di Maio, o per mantenerlo almeno in area di governo, con un governo tecnico o semi-tecnico (per non dare troppo nell’occhio) gradito all’Alta Finanza. Infatti, Mattarella non potrà prescindere dagli interessi dell’Alta Finanza, che ci tiene in pugno con il “rispetto delle regole” dei trattati imposti e ci imprigiona nel “sistema delle alleanze occidentali”.
  • Berlusconi è rientrato in gioco in qualità di “agente sabotatore” nei confronti di Salvini (e Meloni) e questo sta facendo. Due sono le motivazioni che muovono l’ottuagenario sabotatore/incursore. La prima è garantirsi una sorte diversa da quella di Craxi, o peggio, del suo amico Gheddafi, ammortizzando le noie processuali (olgettine, Ruby Rubacuori, etc.) e preservando il suo ingente patrimonio personale, a beneficio della prole. La seconda, riconosciamolo pure, è il suo smisurato ego, che gli acciacchi dell’età non riducono, e la sua mania di essere sempre il protagonista, in ogni situazione, anche se così nuova che lui non la comprende. Per poter scamparla, deve mostrarsi utile all’Alta Finanza dominante, cioè disponibile a governi con i collaborazionisti piddini, come dimostrano le sue ultime dichiarazioni, e colpire alle spalle Salvini, o almeno fargli qualche sgambetto, ogni volta che è possibile. Tramontata la prospettiva di un solido governo con il piddì di Renzi, rinverdendo il “patto del Nazareno”, non gli resta che sabotare Salvini fino in fondo, apparentemente riconoscendogli la guida della coalizione (non coesa) del cosiddetto centro-destra, in base ai risultati elettorali. Per quanto vagamente rincoglionito, come alcuni sospettano, sta svolgendo il suo compito egregiamente, dal punto di vista dell’Alta Finanza, esattamente come il piddino Mattarella svolge il suo …
  • Salvini ha avuto solo il diciassette per cento, anche se beneficia della maggioranza relativa della coalizione con FI e FdI, e per tale motivo non può fare a meno di Berlusconi. Vorrebbe ardentemente dare il colpo di grazia al Cav, per liberarsene e andare con Di Maio, ma ancora non può farlo, se non rischiando tutta la sua brillante carriera politica, perché per pappare i voti di FI e terminare Berlusconi ci vuole tempo, mentre incombe la necessità di fare un nuovo governo. Un paese “indebitato” come l’Italia, sotto osservazione della UE e sotto ricatto dell’Alta Finanza/Mercati&Investitori, non può indugiare troppo a lungo, come invece ha fatto senza particolari patemi il Belgio. Salvini rischia di infilarsi in un vicolo cieco, proprio come vorrebbero i dominanti, grazie ai sabotaggi di Berlusconi e all’”arbitro” del gioco che in questo momento è Mattarella.
  • Di Maio scalpita per la presidenza del consiglio dei ministri e, per tale motivo, sarebbe disposto a dichiararsi anche satanista, oltre che di sicura fede atlantista, come ha fatto di recente in televisione davanti alla Bilderberg Gruber, ma solo dopo il voto. Dopo il fallimento del mandato esplorativo affidato alla Casellati, non gli resterà che lo sconfitto piddì, il quale stando al gioco, è già un po’ meno “aventiniano” e possibilista su eventuali “alleanze di governo”. Il cinque stalle rischia grosso, con Di Maio, che ha stravolto le posizioni come se il presunto movimento, fosse una scatola vuota, da riempire a talento, quando conviene, con eurismo, fedeltà alla troika e atlantismo occidentalista. Rischia grosso anche perché, fra qualche mese, sarà evidente ai più poveri e in difficoltà, che i soldini del sussidio di povertà chiamato reddito di cittadinanza non arriveranno nelle loro tasche vuote.
  • Il piddì sta aspettando l’assist del suo Mattarella, per rientrare in gioco a sorpresa. Subito dopo il voto, ancora e sempre nelle mani di Renzi, è salito su un grottesco Aventino, apparentemente chiamandosi fuori dai giochi. Si può credere che il piddì faccia l’opposizione al suo stesso governo Gentiloni, ancora in carica con la benedizione di Mattarella e non solo per gli affari ordinari, data l’espulsione dei diplomatici russi? Il piddì aspetta il momento buono dopo la malaparata del mandato esplorativo alla presidentessa forzaitaliota del senato, per farsi avanti in coordinamento con Mattarella, che si rivelerà degno sostituto di Napolitano. Infatti, il piddì si tiene pronto con i suoi tre punti programmatici, che sono fuffa propagandistica come sempre: inclusione, famiglia, lavoro.
  • Infine la legge elettorale (quasi) proporzionale, voluta da piddì e Berlusconi, ma accettata frettolosamente anche da Salvini, che non avrebbe permesso, come si sapeva fin dall’inizio, il rapido formarsi di maggioranze di governo troppo in linea con il voto degli italiani.
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Dove voglio arrivare?
Voglio semplicemente presentare due ipotesi, per il prossimo futuro.
PRIMA IPOTESI
Se dopo la Casellati al senato, il mandato esplorativo dovesse essere concesso da Mattarella a Fico, presidente della camera, anche qui ci potrebbe essere la “delimitazione del perimetro”, in termini di tempi e di partiti, pensata per far fallire Casellati.
Si tratterebbe, in tempi limitati, di esplorare la possibilità di un governo fra cinque stalle e piddì, magari con l’appoggio dei pochi Leu, quattro al senato e quattordici alla camera, oppure con la “benevolenza” di Berlusconi, che impegnerebbe forza Italia già moribonda, accelerandone la fine, e giocando un brutto tiro a Salvini.
Come risolveranno, in tal caso, il vulnus della presidenza del consiglio, tanto cara a Di Maio rampante, forse con Fico stesso o incaricando un’altra personalità accettata da tutti?
Potrebbe essere anche lo stesso Di Maio a ricoprire la carica, perché è possibile che il piddì, tornato improvvisamente in gioco, lo accetti a sorpresa digerendolo tutto, con grande sollievo dell’Alta Finanza globalista …
Ciò rappresenterebbe un punto a favore di Mattarella, perché un siffatto governo monstre, che mette improvvisamente insieme gli “alternativi” – ma non più tali su euro e atlantismo! – scongiurerebbe a favore dei dominanti globali un esecutivo Cinque Stalle e Lega, seppur transitorio per tornare alle urne, che per loro è l’ipotesi peggiore.
Inoltre, vista la presenza preponderante del 5 stalle, si potrebbe affermare che la volontà popolare, espressa con il voto politico del 4 di marzo, non è stata calpestata per l’ennesima volta, visto che 5s è il partito più votato.
Ancora inoltre, Mattarella avrebbe rispettato le prerogative della sua carica, nonché tutte le istituzioni e la costituzione!
Per irrobustire la maggioranza di governo, soprattutto al senato, potrebbe partire una “campagna acquisti” (o scouting, secondo il fallito Bersani dopo le politiche del 2013) di parlamentari neo eletti che non hanno voglia di veder finire in un lampo la XVIII legislatura … Costoro vorranno mantenere il più a lungo possibile il comodo posto ben pagato, essendo questo il loro scopo (non troppo?) recondito.
SECONDA IPOTESI
Se la prima ipotesi non andasse in porto e anche qualche altro tentativo per il nuovo governo fallisse, si potrebbe ricorrere, come Regum di ultima ratio, a un “governo del presidente”, se non tutto tecnico, per non suscitare proteste risultando troppo sfacciati, almeno semi-tecnico, con una personalità “di valore” accettata dalla nuova maggioranza, come ad esempio il tagliatore di spese, proveniente dal FMI, Sergio Cottarelli, noto “revisore” della spesa pubblica già in Osservatorio.
Si badi bene, Cottarelli è un possibile candidato, ma ce ne saranno altri, perché la scelta di personaggetti non manca (che ne dite di Tito Boeri, attualmente all’INPS, o di Ignazio Visco, in Bankitalia?).
Si tratterebbe di un governo molto gradito all’Alta Finanza, in carica per un periodo di tempo limitato, con scopi limitati, ma, ci scommetto, coerenti con le “direttive europee” e troikiste, più che con le aspirazioni di un elettorato che non ha votato per questo (semmai contro il piddì e le “regole europee”!).
Con il “Pilota Automatico” di Draghi ancora innescato, con tanto di rispetto delle “clausole di salvaguardia” (lo spauracchio degli aumenti IVA!), potrebbe propinarci una tanto agognata nuova legge elettorale per tornare alle urne …
La maggioranza si troverebbe nel nuovo parlamento, perché piddì e forca Italia ci si butterebbero a corpo morto e il cinque stalle potrebbe dare il suo apporto, forse soltanto con una parte dei seggi che attualmente occupa, non potendosi escludere una sua (drammatica?) spaccatura, cosa che farebbe gioire ancor di più l’Alta Finanza globalista.
Bene ancora una volta per Mattarella e anche Berlusconi al crepuscolo, appoggiando un “governo del presidente” e, naturalmente, della troika, potrebbe avere qualche soddisfazione …
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Sia che si verifichi la prima ipotesi, sia che si concreti la seconda, o qualcosa di molto simile a queste, gli sconfitti non saranno Salvini e Meloni e, forse, lo stesso Di Maio a livello di ambizioni personali, ma soprattutto gli italiani, che ancora una volta saranno andati alle urne colmi di sciocca speranza per assistere all’ormai “eterno ritorno delle stesse cose”, da Monti in poi.
Non preoccupatevi, elettori incalliti: non resterete sine die senza governo!
Ci stanno pensando le marionette dell’Alta Finanza trionfante …

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