sabato 20 gennaio 2018

Quelli capaci (di tutto). - Marco Travaglio | 19 gennaio 2018

Lilli Gruber, Matteo Renzi - Roma - 08-01-2018 - Matteo Renzi ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo

L’ultima volta da Lilli Gruber, Matteo Renzi ha attaccato la solita equazione farlocca: siccome hanno alcuni sindaci indagati come la Raggi, mentre lui non ha “mai ricevuto un avviso di garanzia”, tutti i 5Stelle sono incapaci. E Di Maio più di tutti. La Gruber gli ha fatto osservare che anche il sindaco Pd di Milano, Beppe Sala, è sotto processo (e, aggiungiamo noi, per storie un pochino più gravi: carte truccate sul più grande appalto di Expo e commesse senza gara per il verde pubblico, con spesa triplicata). A quel punto Renzi, anziché di Sala, s’è messo a parlare della Appendino. Ora, per carità: può darsi che Di Maio, se mai avrà l’occasione di governare, si riveli un disastro, ma questo lo sapremo solo allora. Arguirlo dalle indagini sui sindaci sarebbe arduo, visto che nessuna dimostra la loro incompetenza.
A Roma la Raggi è imputata per una dichiarazione all’Anticorruzione sulla nomina di uno dei 190 dirigenti comunali, fratello del suo capo del Personale Raffaele Marra. 
A Torino la Appendino è indagata per falso per avere spostato di un anno, nel bilancio comunale, la restituzione di un prestito contratto dalla giunta Fassino, che a sua volta aveva postdatato per anni quella voce di spesa; e per omicidio e lesioni colpose nella tragedia di piazza San Carlo (1 morto e 1500 feriti), dove si proiettava la partita Juventus-Barcellona in base a una delibera analoga a quella adottata da Fassino due anni prima, già in piena emergenza Isis. 
A Livorno Nogarin è indagato per la bancarotta di una municipalizzata mai fallita (ma salvata da lui col concordato preventivo) e per omicidio e disastro colposo in una alluvione (accusa simile a quella toccata a molti altri sindaci: dalla pd Vincenzi a Genova, poi condannata, all’ex M5S Pizzarotti a Parma).
Le vicende che non investono la questione morale, perché non celano interessi privati e attendono la verifica processuale, non andrebbero usate in campagna elettorale, anche perché è inutile: per quanto disinformati da tg e giornaloni, gli italiani non hanno l’anello al naso e sanno ancora distinguere fra una mazzetta e una disgrazia. In alternativa, bisognerebbe parlare di tutti i sindaci indagati, anche dei propri. Ma concentriamoci sull’altro refrain renziano: “Mai ricevuto un avviso di garanzia”. Il che è vero: le nostre critiche alla persona di Renzi hanno sempre riguardato faccende politiche, mai giudiziarie. 
Ma con un paio di eccezioni. 
La prima è lo scandalo che l’ha appena coinvolto per la soffiata sul Decreto banche popolari che ha consentito a De Benedetti di speculare con una plusvalenza di 600 mila euro.
Una circolare del ministero della Giustizia chiarisce che, in casi come questi, il pm deve indagare i sospettati e, se ritiene che siano estranei, chiedere al gip di archiviarli con un’ordinanza trasparente. Invece Renzi e De Benedetti – diversamente da quel che accade in Procure meno “sensibili” – non furono indagati, non ricevettero avvisi di garanzia, furono sentiti come testimoni e morta lì: tutto in segreto. 
La seconda è il processo contabile per danno erariale che la Corte dei conti di Firenze aprì su Renzi presidente della Provincia, per aver assunto nella sua segreteria personale quattro portaborse (fra cui Carrai) senza laurea, con contratti e stipendi da dirigenti (che per legge devono essere laureati). 
In primo grado, nel 2011 e nel 2012, i giudici contabili toscani condannarono due volte Renzi e una ventina di suoi collaboratori a risarcire 50 mila euro (14 a suo carico) allo Stato per colpa grave, a fronte di un danno erariale per la collettività di 2,1 milioni. Poi nel 2015, già premier, Renzi fu assolto in appello con una motivazione grottesca quanto inedita: “Il Collegio ritiene di poter rilevare l’assenza dell’elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un ‘non addetto ai lavori’”. 
Cioè: Renzi, laureato in Legge, ex presidente della Provincia, ex sindaco e infine premier, non era in grado di percepire l’illegittimità del suo operato. 
Assolto perché ignorante. 
E non capì neppure la portata devastante del verdetto, infatti se ne vantò in un tweet perché trionfava “la verità”: quella sulla sua enciclopedica incompetenza. Che ora strilli contro l’incompetenza altrui, fa molto ridere.
Ma intanto Davide Vecchi del Fatto scopre un altro altarino. Nel 2007, sempre da presidente della Provincia, il capacissimo Renzi assume quattro dirigenti al posto di uno, aumentando i costi da 3,5 a 4,2 milioni. La Procura della Corte dei conti toscana apre un fascicolo per danno erariale, archiviato su richiesta della viceprocuratore generale Acheropita Mondera Oranges, che dà tutte le colpe ai tecnici e non al presidente, anche se le nomine sono sue. 
Nel giugno 2016 la Oranges viene promossa procuratore capo, cioè primo controllore contabile della PA in tutta la regione. Il suo primo controllando è il renzianissimo sindaco di Firenze Dario Nardella. Il quale che fa? A settembre assume Celeste Oranges, 28 anni, figlia del procuratore Acheropita come “figura specializzata in ambito giuridico” della Città metropolitana per 47 mila euro l’anno. Per concorso? No a chiamata diretta, ma “visto il curriculum” (laurea con 106/110, nessuna esperienza professionale, ma esperta in “grafica, ritrattistica e arte canora”). Ora si spera che sia tutto regolare, altrimenti la mamma della neoassunta dovrebbe aprire un’inchiesta. 
Chissà che l’Anticorruzione del solerte Cantone, se avanza tempo dalle indagini su Spelacchio, ha qualcosa da obiettare. E questi sono gli amministratori bravi e oculati, tutti competenza e distintivo. Poi ci sono gli incapaci.
da il Fatto Quotidiano di
Venerdì 19 gennaio 2018 – Anno 10 – n° 18
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In origine condiviso da Roberto Mannucci Google+
https://plus.google.com/…/104189329015025…/posts/ehezK4GxcHi

Cantone indaga sull’assunzione di Nardella. - Davide Vecchi

Cantone indaga sull’assunzione di Nardella

Anac in azione -Dopo lo scoop del "fatto" sulla chiamata diretta si muove l'Anticorruzione.

Sarà l'autorità anticorruzzione guidata da Raffaele Cantone a far luce sulla correttezza o meno dell'incarico affidato per chiamata diretta dal sindaco Dario Nardella a Celeste Oranges che, per i casi del destino, oltre ad essere figlia del magistrato contabile che nel 2014 formulò la richiesta d'archiviazione di Matteo Renzi, appena 40 giorni prima di essere chiamata da Nardella era stata bocciata ad un concorso di Palazzo Vecchio.

Le opposizioni in Comune  hanno già presentato alcune interrogazioni : Tommaso Grassi, M5s e Fratelli d'Italia. E da Firenze sono partite due segnalazioni all'Anac che, però, può occuparsi esclusivamente di Nardella. 
Del possibile conflitto di interesse del procuratore amministrativo, invece, l'Anac non ha poteri di intervento nè di controllo. Le verifiche sulla posizione di Acheropita Mondera Oranges, da giugno alla guida della Procura della Corte dei Conti Toscana, può svolgerle il Consiglio della Corte dei Conti. 
"Prima di tutto si valuta se il suo operato possa avere dei condizionamenti" spiega una fonte apicale della Corte. " Si possono compiere accertamenti sul suo recente operato e si può agire a seguito di una specifica ovviamente." Dopo l'eventuale condizionamento si valuta "la compatibilità ambientale" e, " nel caso si ritenga legittima la sua permanenza nell'ufficio, si può adottare l'astensione da specifici interventi" ma è una strada "difficile per un organo di vertice" come in questo caso.

IL FATTO ha lungamente parlato con Acheropita Mondero prima della pubblicazione degli articoli. Martedì c'è stato un colloquio telefonico di circa 40 minuti. ma il procuratore ha chiesto che i contenuti non venissero divulgati. Abbiamo poi cercato la figlia Celeste, senza esito. 

In fine Nardella. Ancora ieri abbiamo rinnovato le domande al primo cittadino che non risponde e preferisce affidare una replica al Tgr della Toscana, bollando la vicenda come "un attacco vergognoso, segno del fatto che ormai siamo in campagna elettorale". 
Ancora. "Noi abbiamo rispettato tutte le regole. Non permetto che si facciano insinuazioni e calunnie". Insomma, Nardella continua a scappare. Attraverso il suo ufficio stampa fa sapere di avere ereditato un gruppo di lavoro già avviato in università. 
In quale ateneo, facoltà, dipartimento e con quale docente non è dato sapere. E nel decreto di nomina di Oranges da lui firmato non ne fa alcuna menzione. Anzi. E' scritto che la 28enne è stata scelta per il curriculum.

Ora se ne occuperà l'Anac. Alla quale sono stati già inviati due esposti, uno anche dall'Adusbef. "stiamo molto attenti a ogni segnalazione che ci arriva e non faremo eccezioni", esordisce Cantone. E spiega cosa, nel caso specifico, riguarderà la verifica: 
"Accerterà se il sindaco e l'ente hanno seguito le procedure eventualmente previste dal Piano di prevenzione della corruzione della città metropolitana di Firenze relativamente agli incarichi di questo tipo, compresi gli obblighi di trasparenza dell'avviso di selezione".

Quelle che appaioni come similitudini con altri casi, in particolare relativi alle nomine compiute al Comune di Roma da Virginia Raggi, in realtà secondo Cantone sono "totalmente diversi da questo". E spiega: "La nomina di Renato Marra era firmata dal fratello, quindi il conflitto di interessi era lampante" mentre "per quanto riguarda Romeo e Ranieri ce ne siamo occupati solo perchè fu la sindaca a chiedere all'Anac un parere, per sapere se era stata utilizzata una procedura corretta". Comunque. garantisce, ora si occuperà di Nardella.

https://www.pressreader.com/italy/il-fatto-quotidiano/20180120/281767039640579

Due per mille ai partiti politici: 15 milioni assegnati, otto vanno al Pd. - Luca Tremolada

Risultati immagini per 2 per mille
È il Partito democratico a confermarsi il campione del 2xmille. Come dire, se guardiamo ai soldi che i contribuenti liberamente decidono di assegnare  con la dichiarazione dei redditi 2017 ai partiti politici, i più amati, anzi i più gettonati sono quelli del partito democratico. Non è una sorpresa. L’anno scorsa è stato così. Anche prima della cosiddetta riforma del finanziamento dei partiti. Quest’anno (i redditi sono relativi al 2016)  degli oltre 40,7 milioni di contribuenti ha scelto di finanziare il sistema dei partiti solo il 3 per cento. In totale ai partiti sono andati 15,3 milioni di euro, in crescita di 3,5 milioni. Al partito democratico andranno quindi quasi otto milioni di euro, elargiti da poco meno di 602mila cittadini (l’1,48% del totale dei contribuenti). Molto distante c’è la Lega con 1,8 milioni di euro incassati e Forza Italia con 850mila. Non è in classifica il Movimento 5 Stelle in quanto movimento e non partito. Alla destinazione del 2 per mille partecipano solo i partiti che hanno trasmesso il proprio statuto alla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici”.
Se invece guardiamo le scelte indicate il numero come mostra l’Info Data è salto a 1,2 milioni. La Lega arriva a 345mila e Sinistra Ecologia e Libertà a 130mila. Quest’ultimo è il risultato più interessante perché indica un attaccamento ancora forte di una parte del suo elettorato. Stesso discorso si può fare con Fratelli D’Italia che quanto a scelte supera Forza Italia.

Il Ministero della Verità. - Marco Travaglio

Risultati immagini per fake news
L’invito è ufficiale, anzi ufficialissimo: “Domani 18 gennaio alle ore 17.00, presso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) al Polo Tuscolano in Via Tuscolana 1548, alla presenza del Ministro dell’Interno Marco Minniti e del Capo della Polizia Franco Gabrielli, verrà presentato il nuovo servizio di segnalazione istantanea contro le fake news. Ti aspettiamo”. Quel “ti aspettiamo” ha un che di vagamente inquietante, tipo quando ballavo in discoteca con una tipa che mi piaceva e un coetaneo più robusto di me (ci voleva poco) mi diceva “ti aspetto fuori”.
In effetti l’idea che a decidere quali news sono fake, cioè false, siano il Viminale e la Polizia di Franco Gabrielli detto Nazareno, cioè il governo, allarma un po’. Riporta alla mente il ministero della Verità di George Orwell in 1984, che fra l’altro spacciava fake news a tutto spiano, le più pericolose e imperiture perché consacrate dal timbro dell’ufficialità, dall’ipse dixit dell’autorità. Il ministero aveva sede in una mega-piramide bianca che recava sulla facciata gli slogan “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù” e “L’ignoranza è forza”. E aveva il compito di riscrivere secondo i dettami e la “neolingua” della propaganda governativa tutto ciò che la contraddiceva: romanzi, cronache, statistiche, libri di storia.
È anche il sogno del nostro pericolante e tremebondo regimetto, in vista delle elezioni che potrebbero spazzarlo via dalla faccia della terra. Dunque che faranno le nostre forze dell’ordine? Disperderanno le fake news, o presunte tali, con gli idranti? Le calpesteranno con plotoni di carabinieri a cavallo? Caricheranno gli autori con agenti in tenuta antisommossa armati di manganello? Niente paura. Siamo in Italia, dove ogni dramma diventa melodramma e ogni tragedia si muta in farsa. Infatti la mirabolante guerra alle fake news sarà affidata a una decina di appuntati chiusi in un commissariato. I quali, nei ritagli di tempo fra una denuncia di furto, una di documenti smarriti e una di gattini scomparsi, raccoglieranno le segnalazioni dai privati che si sentiranno offesi dal tal sito, blog, social network; dopodiché dovranno rivolgersi al server per convincerlo a cancellare tutto e, se quello opporrà resistenza, chiameranno un pm perché indaghi sull’eventuale contenuto diffamatorio del messaggio incriminato ed eventualmente sequestri il corpo del reato (la fake news) o l’arma del delitto (il sito o la pagina facebook, twitter, instagram ecc.). Già, perché è dato per scontato che le fake news siano un’esclusiva della Rete.
Invece i tg e i giornali sono dei pozzi di scienza e verità, scevri come sono da conflitti d’interessi e da intenti propagandistici. Lo dice il 10 gennaio lo stesso sito della Polizia: “ATTENZIONE!! Fake news. È tempo di campagna elettorale e, come spesso purtroppo accade, assistiamo ad un’impennata nella diffusione di fake news via internet e social network… la ben nota e poco edificante attività di creazione a tavolino, e successiva diffusione, di notizie prive di fondamento, relative a fatti o personaggi di pubblico interesse, al solo scopo di condizionare fraudolentemente l’opinione pubblica. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, ha interessato la Presidente della Camera, Laura Boldrini” e te pareva: “ai suoi danni è circolata su whatsapp la bufala virale secondo cui un ragazzo di 22 anni senza adeguate referenze professionali, presunto nipote della Presidente, sarebbe stato assunto a Palazzo Chigi”. La classica bufala a cui credono poche migliaia di gonzi, mai ripresa da giornali o tg, dunque innocua.
Invece contro le balle dei giornaloni, che di solito si muovono a testuggine, ripresi poi da tutti i tg, nulla è previsto perché per lorsignori il problema non esiste: e ci mancherebbe, visto che giornaloni e tg li controllano loro e spacciano solo le fake news che vogliono loro. La madre di tutte le fake news dell’ultimo quarto di secolo la raccontano gli ex pm Caselli e Lo Forte nel libro "La verità sul processo Andreotti" (ed. Laterza): la falsa assoluzione, annunciata a reti ed edicole unificate, del sette volte premier, dichiarato colpevole in appello e in Cassazione di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, reato “commesso” ma prescritto poco prima della sentenza. Fecero tutto le tv e i giornaloni. E tutt’oggi milioni di italiani non sanno come finì il processo del secolo, anzi peggio: sono convinti dell’opposto della verità.
C’è poi un altro trascurabile dettaglio: che si fa se le fake news le raccontano direttamente i politici? La polizia irrompe negli studi televisivi per imbavagliarli e ristabilire ipso facto la verità? L’altra sera abbiamo tanto sperato che ciò avvenisse a Matrix, mentre B. sparava le sue cifre mirabolanti sulla flat tax che aumenta il gettito (uahahah), sulla lotta all’evasione (parola di un pregiudicato per frode) e sulla sua prossima abolizione dell’Imu sulle prime case (abolita due anni fa). 
Se poi la guerra alle fake news fosse retroattiva, non vorremmo essere nei panni di Renzi che, tra un “Enrico stai sereno” e un “Se vince il No lascio la politica”, dovrebbe subire il sequestro della lingua a vita. 
Infine ci sarebbero le fake news sulle fake news, tipo le balle senza prove sul mandante Putin, per nascondere le vere interferenze straniere nelle elezioni italiane: quelle degli americani e dei governi europei, ma anche della Ue (ultimo esemplare: il commissario Moscovici, lo stesso Nostradamus che nel 2016 vaticinò l’apocalisse “populista” in caso di No al referendum). Ma di questo si occuperà senz’altro la “Task force europea contro le fake news” istituita da Juncker al quarto whisky e composta da 39 “esperti”, fra cui Gianni Riotta. Quindi tranquilli, siamo in buone mani.