lunedì 22 gennaio 2018

Boeri: «Più trasparenza sui vitalizi degli ex parlamentari». - Andrea Marini

Da sinistra, Tito Boeri, Michele Ainis, Biagio De Giovanni, Antonello Falomi (presidente dell'associazione ex parlamentari), Marco Revelli e Mauro Zampini
Da sinistra, Tito Boeri, Michele Ainis, Biagio De Giovanni, Antonello Falomi (presidente dell'associazione ex parlamentari), Marco Revelli e Mauro Zampini. 


"Che il sistema dei vitalizi dei parlamentari fosse insostenibile era chiaro fin dall’inizio. Il loro costo si aggira sui 200 milioni l’anno, che non sono pochi. Servirebbero due gesti. Primo, la massima trasparenza per ricostruire i contributi versati dai parlamentari. Secondo, un segnale di disponibilità: devolvere una parte del vitalizio a un fondo per potenziare lo strumento di contrasto alla povertà». A parlare è Tito Boeri, presidente dell’Inps. Parole pronunciate davanti a una platea non facile: l’associazione degli ex parlamentari, che ha organizzato oggi un convegno dal titolo “Populismi e democrazia rappresentativa”.
De Giovanni: ma i parlamentari non sono come gli altri. 
A difendere il ruolo dei parlamentari è stato Biagio De Giovanni, accademico dei Lincei e già esponente del Pci ed ex parlamentare europeo. «I parlamentari – ha spiegato – hanno privilegi fin dal Medioevo.
Non sono uguali agli altri cittadini perché rappresentano la nazione. È impensabile che possano, vivendo di politica, effettuare versamenti al sistema pensionistico per trenta anni, quando al massimo riescono a svolgere tre legislature». 
Boeri ha a sua volta replicato dicendo che in realtà i «dati dimostrano come il reddito di un ex parlamentare aumenti dopo che ha lasciato» la Camera o il Senato. Parole che hanno suscitato altri malumori tra la platea degli ex parlamentari.
Servono nuovi strumenti di partecipazione: il recall. 
Il tema dei vitalizi degli ex parlamentari è nato in quanto uno dei principali bersagli dei movimenti polulisti. Per Michele Ainis, professore di diritto pubblico all’Università Roma Tre, «il problema del populismo nasce anche da un deficit di partecipazione del popolo alle decisioni. La democrazia rappresentativa deve rinnovarsi. Per esempio si potrebbe introdurre il meccanismo del recall», vale a dire la possibilità per i cittadini di revocare una carica a un eletto nel caso in cui ritengano che il mandato non venga svolto correttamente.
Il peso della crisi economica, quella dei partiti e della democrazia. 
Marco Revelli, professore dell’Università degli studi del Piemonte orientale, ha sottolineato come la caratteristica che distingue il populismo «è quella di contrapporre il popolo a una oligarchia. Intendendo il popolo come un tutto omogeneo». Tra le ragioni che hanno portato alla ribalta questo fenomeno, Revelli ne evidenzia tre: «La crisi dei partiti di massa, con il loro sistema organizzativo obsoleto; la crisi della democrazia, in quanto le decisioni più importati vengono prese da organi non accessibili agli organismi rappresentativi; infine, la crisi economica».
Populismo e partiti personali 
Mauro Zampini, già segretario generale della Camera dei deputati, ha rivendicato il suo ruolo di uomo delle istituzioni: «Bisogna ridare qualità alle istituzioni, puntando sul rispetto reciproco. Il populismo va cercato in tutti i luoghi dove si trova, con la tendenza dei movimenti a diventare partiti personali: questi ultimi non sono più contendibili e non tollerano l’assenza di vincolo di mandato».
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Notare, inoltre, come un accademico dei Lincei, ex eurodeputato del Pci, appunto il De Giovanni, contrasti le realtà evidenziate da Boeri che più che limitarsi a professarlo, ragiona da comunista.