lunedì 31 agosto 2009

Le verita' nascoste.

di Luigi Li Gotti
Riporto una mia intervista rilasciata a Il Crotonese sulle verità nascoste che ora stanno riafforando riguardo le stragi di mafia dei primi anni Novanta, da quelle di via Capaci e via D’Amelio a quelle di Roma e Firenze, che passarono per la presunta ‘trattativa’ tra gli uomini di Cosa nostra e lo Stato.

Intervista:

Giornalista: Quali sono questi nuovi scenari?
Li Gotti: “La Commissione parlamentare antimafia ha deciso di avviare un’indagine sul periodo stragista della mafia, sulle possibili deviazioni, sull’ipotizzabile coinvolgimento di uomini delle istituzioni. Ovviamente si avrà l’accortezza di non pregiudicare e interferire con l’attività della magistratura”.

Giornalista: L’indagine avviata dall’Antimafia e quelle che già da tempo sta svolgendo la magistratura possono portare a dei risultati di conoscenze ulteriori rispetto a ciò che è scritto nelle sentenze?
Li Gotti: “Le indagini potrebbero dare alcune risposte agli interrogativi più inquietanti, ma c’è il rischio che si faccia confusione e che un polverone scentificamente provocato, possa portare al risultato di lasciare tutto a livello delle conoscenze attuali”.

Giornalista: Quali sono le pagine ancora oscure?
Li Gotti: “A mio parere le pagine, ed è ciò che ho detto in Commissione, ancora oscure sono: il ruolo di Paolo Bellini nella trattativa avviata da Nino Gioè (l’uomo morto suicida a Rebibbia nel 1993 e che era al fianco di Giovanni Brusca quando venne azionato il telecomando che provocò l’esplosione a Capaci). Bellini conobbe Gioè alcuni anni prima delle stragi, durante una comune detenzione nel carcere di Trapani. All’epoca Bellini agiva sotto copertura dei servizi segreti, essendo in possesso di documentazione di identità riferibile a tale Da Silva Josè. Proprio con questo nome venne tratto in arresto e conobbe Nino Gioè”.

Giornalista: Che successe dopo?
Li Gotti: “Alcuni anni dopo Bellini ritorna in Sicilia (fine 1991 inizi 1992) e prende contatto con Gioè, sollecitandolo ad aiutare il Nucleo del patrimonio artistico a recuperare alcune opere d’arte trafugate alla pinacoteca di Modena. Bellini agiva per conto del maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta e fornì al Gioè le fotografie delle opere da ritrovare. In cambio Gioè chiese un trattamento di favore per cinque capimafia detenuti. Bellini consegnò l’elenco con i cinque nomi al maresciallo Tempesta che, a sua volta, le consegnò al colonnello Mario Mori del Ros dei carabinieri. Sino a questo punto i fatti sono riscontrati con buona tranquillità”.

Giornalista: E quali sono allora i misteri ulteriori?
Li Gotti: “Bellini e Tempesta riferirono di progetti di Cosa Nostra di attentati al patrimonio artistico italiano (si parlò, da parte di Gioè, della Torre di Pisa). Tempesta ha dichiarato di averne riferito a Mori ma questi lo escluse. È comunque oggettivo il fatto che nel 1993 Cosa Nostra colpì il patrimonio artistico oltre a provocare morte (attentato a Firenze in via dei Georgofili e alla chiesa del Velabro a Roma). È un mistero chi fosse Bellini ed il ruolo che effettivamente svolse”.

Giornalista: Quali sono le altre pagine oscure?
Li Gotti: “L’incontro in carcere, in Inghilterra, del mafioso (poi diventato collaboratore di giustizia) Franco Di Carlo con misteriosi uomini dei servizi segreti, che chiedevano di sapere quale mafioso sarebbe stato in grado di compiere attentati di alto livello. Di Carlo fece il nome di suo cugino, ossia Nino Gioè. Le stragi non si erano ancora verificate. La vicenda rimane misteriosa”.

Giornalista: Dopo la strage di Capaci, a distanza di meno di due mesi, Cosa Nostra uccise Paolo Borsellino.
Li Gotti: “Ci si interroga sul perché di quella che è sembrata un’accelerazione. La risposta a questa domanda è estremamente difficile. È certo che fosse in preparazione l’attentato per la uccisione di Calogero Mannino, Totò Riina bloccò l’azione, essendo diventata urgente l’azione per eliminare Paolo Borsellino”.

Giornalista: Quale fu e se ci fu una “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra?
Li Gotti: “Ci furono dei contatti tra Vito Ciancimino e il colonnello Mario Mori. Un punto oscuro è quello dell’inizio della trattativa. Prima della strage di via D’Amelio e dopo Capaci (così secondo alcune fonti probatorie) o dopo le due stragi (secondo il colonnello Mario Mori)? Non è da escludere che la morte di Borsellino possa essere collegata proprio alla ‘trattativa’”.

Giornalista: Ci sono altri interrogativi che attendono risposte?
Li Gotti: “La misteriosa scomparsa dell’agenda rossa che Borsellino teneva sempre con sé e che utilizzava per annotare sue valutazioni o accertamenti o sospetti; l’origine del misterioso foglietto, rinvenuto dopo la strage, in via D’Amelio con annotato un numero telefonico riconducibile ai servizi segreti; l’approfondimento dello studio del traffico telefonico già esaminato dal consulente Genchi e i contatti con Castello Utveggio e uomini di Cosa Nostra.
Quale era la struttura che era collocata in Castello Utveggio in Palermo? Il cambio improvviso del ministro dell’Interno (sino al 30 giugno 1992 era Vincenzo Scotti; dal 1° luglio 1992, diviene Nicola Mancino). Scotti, a una mia domanda durante il processo per la strage, disse di ignorare l’esistenza di trattative e di non sapersi spiegare la ragione del suo allontanamento dal ministero dell’Interno. Senonché, in questi ultimi giorni, Claudio Martelli, all’epoca delle stragi ministro della Giustizia, ha dichiarato, in un’intervista, che addirittura ci sarebbe stata una spaccatura nel governo tra i duri (tra essi egli stesso e Scotti) e i propensi alla trattativa. Scotti sarebbe stato sostituito, perché contrario alla trattativa. Per altro, se così fosse, la trattativa sarebbe precedente il cambio di governo (30 giugno 1992) e, quindi, precedente la strage di via D’Amelio (19 luglio 1992). Ma il colonnello Mario Mori, colloca invece l’inizio della trattativa (e il suo incontro con Vito Ciancimino) il 5 agosto 1992”.

Giornalista: Si trattò di un’unica trattativa o di più trattative?
Li Gotti: “In verità Martelli ha dichiarato di più contatti cercati da Cosa Nostra con lo Stato. Rimane l’ombra sull’incontro di Borsellino con il nuovo ministro dell’Interno, Mancino, il 1° luglio 1992. Mancino non lo ricorda e non ricorda di trattative. Il suo non ricordo risale a quegli anni (dichiarazioni rese nel 1997). Non è un cattivo non ricordo di oggi. Ma l’incontro è un fatto certo, perché riferito da chi accompagnò Borsellino sino all’anticamera del Ministro”.

Giornalista: Le indagini della Magistratura aprono nuovi scenari?
Li Gotti: “Sicuramente il nuovo scenario è rappresentato dal ruolo centrale svolto dalla famiglia mafiosa di Brancaccio (dichiarazioni del nuovo collaboratore Gaspare Spatuzza, ritenuto attendibile dalla magistratura e reo confesso del furto dell’autovettura imbottita d’esplosivo). Di tale furto si era accusato Vincenzo Scarantino, condannato definitivamente”.

Giornalista: Cosa significa ciò?
Li Gotti: “La responsabilità di Spatuzza significa diretto coinvolgimento della famiglia di Brancaccio, ossia dei capi mafiosi, i fratelli Graviano. Cioè i più attivi nel tessere alleanze politiche, in specie con le nuove realtà politiche che si affacciavano nel Paese. Nel quartiere Brancaccio (presso l’Hotel S. Paolo) fu costituito il primo e più importante circolo di Forza Italia, poi sciolto perché manifestamente infiltrato da mafiosi. Rimane per me un interrogativo da sciogliere la possibile incidenza sulla strage dell’intervista di Borsellino, resa il 22 maggio 1992 e in cui parlò dello ‘stalliere’ Mangano, di Dell’Utri e di Berlusconi. Così come rimane un interrogativo che merita risposte quali fossero le indagini che, dopo Capaci, Borsellino voleva segretamente avviare traendo spunto dal dossier mafia-appalti. Ne ha riferito Mori. Bisogna saperne di più”.

Giornalista: Ma il quadro che viene fuori potrebbe evidenziare, più che una trattativa, una collusione?
Li Gotti: “Non bisogna banalizzare e fare confusione. Bisogna tenere sempre a mente che il generale Mario Mori e gli uomini del Ros hanno catturato Salvatore Riina, il capo dei capi, e che, nel volgere di tre anni, le forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia) sono riuscite a catturare i maggiori capi di Cosa Nostra. L’unica domanda che potrebbe farsi è: vi è stata una rigenerazione di Cosa Nostra, con la chiusura della stagione stragista, l’arresto dei capi corleonesi e l’avvento di una nuova mafia alleata del nuovo ceto politico? Ossia c’è stata anche una ‘seconda repubblica’ per Cosa Nostra, speculare a quella della politica?”


http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=15200

domenica 30 agosto 2009

Il paese dei manganelli - di Luca Telese.

Un benvenuto tra noi a Luca Telese.

Leggo sulla prima pagina del Giornale che Feltri attacca Dino Boffo direttore di Avvenire, pubblicando una sentenza con l’unico scopo di sputtanarlo: omosessuale e molestatore della moglie del suo amante. Meraviglioso il dispositivo giustificatorio, approntato dall’anziano (per testa, non per età) neo direttore di via Negri. Siccome Avvenire ha attaccato il Cavaliere, noi adesso lo massacriamo, così impara. Sembra di sentire quella canzone in cui Lillo e Greg si fingevano naziskin all’amatriciana e cantavano con il manganello di plastica in mano: “E noi a Gino lo menamo/ lo menamo lo menamo/ pampà…”. A lui – dice Feltri - rovistare nei fatti personali fa schifo. Però è costretto a farlo purtroppo, poverino.

E’ così fragile questa pallida foglia di fico da moralizzatore-inzaccheratore-castigatore, che pare un brutto scherzo. Invece è tutto vero. Ovviamente, avendo rassegnato da pochi giorni le dimissioni da quel giornale, tiro - se non altro per fatto personale - un sospiro di sollievo. Ma sono, ovviamente, solidale con i miei colleghi rimasti ostaggio della linea mettinculista, e dispiaciuti per il fatto che siano costretti a fronteggiare il cattivismo mannaro del nuovo corso “feltrusconiano” (come lo definisce Dagospia), con licenza di uccidere tutti i nemici del capo, a partire da quei pretacci bolscevichi (i prelati di Ratzinger!) e dei loro giornali che si permettono di difendere gli extracomunitari. C’è qualcosa di surreale, negli articoli del giornale in questi giorni: le telescriventi di De Benedetti del 1991, la sentenza di Boffo per un fatto del 2002… Non è l’Almanacco del giorno dopo, insomma, ma un fenomeno nuovo, il primo quotidiano del secolo prima (Aspettiamo trepidanti nuove rivelazioni sul caso Montesi).

Ma c’è di più. In questa estate, ben due direttori di area di centrodestra hanno lasciato i loro posti, sia pure in modo diverso, perché non hanno sposato questa linea disperata, il Muoia-Sansone-ma-con-tutti-i filistei, il vendetta-tremenda-vendetta, il big stick, il grande bastone da abbattere sulle teste del "nemico". Come molti sanno, nelle redazioni di questi giornali e delle testate vicine al centrodestra, circola da mesi un mandato particolare che nessuno, per fortuna, ha ancora voluto (o potuto) portare a termine: quello di colpire Ezio Mauro e la sua attuale compagna. Sarebbe la vendetta finale di Papi, quella che fa il paio con la denuncia presentata dal Cavaliere contro le domande (avete letto bene, "le domande", del quotidiano di piazza Indipendenza). Adesso: per quanto molti antiberlusconiani siano convinti che tutti i giornalisti di destra siano dei prezzolati e dei pennivendoli, non è e non non sarà mai così. Di più: considero una fatto di grande civiltà che molti colleghi - anche molti che sono solidamente su posizioni di centrodestra - non condividano una virgola della campagna occhio-per-occhio di Feltri, perché la considerano aliena ai principi del giornalismo (anche di quello schierato) e sostanzialmente truce. Però attenzione, gli obiettivi originari erano almeno quattro: la Chiesa, l’Opposizione, l’editore progressista e il direttore di piazza Indipendenza. Se nei prossimi giorni non troverete questo articolo sulla moglie di Ezio Mauro sulle pagine del Giornale, dovrete fare un po’ di conto, e capire che se non c’è è per un solo motivo: perché qualcuno si è rifiutato di scriverlo. Sarebbe molto bello, dopotutto, se l’anziano (di testa, non di anagrafe) cavallerizzo di via Negri, questa, e altre polpette al cianuro, fosse costretto a cucinarsele da solo.

P.s. Non avrei mai pensato, un giorno, di trovarmi solidale, sui temi dei diritti dei gay con Dino Boffo e con i Vescovi. E’ una di quelle cose belle che possono accadere nei tempi sbandati.

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Feccia Tricolore - di Marco Travaglio.

Silvio Berlusconi ha vissuto ieri una delle giornate più nere della sua vita politica (e non). La cosiddetta opposizione naturalmente non c’entra nulla: il Pd è troppo impegnato a farsi le pippe sulle primarie e il congresso, nonché a inseguire la Carfagna dopo la ferale notizia che la ministra delle Troppe Opportunità diserterà il Democratic Party di Genova, per pensare di opporsi. No, il venerdì nero di Al Pappone è tutto interno al suo mondo. E’ in casa sua che si annidano ormai da mesi i più temibili oppositori. La sua signora, la sua diciottenne preferita (con famiglia al seguito), la sua escort ufficiale, il suo presidente della Camera che si dissocia su tutto, il senatore Guzzanti che svela ogni particolare della Mignottocrazia arcoriana, l’amico Bossi che ne combina una al giorno e ora perfino l’amico Putin che s’è sfilato all’ultimo momento dalla festa di Gheddafi lasciando Silvio solo col beduino e le frecce tricolori. Come se non bastasse, ora si son messi a remare contro anche l’on. prof. avv. Niccolò Ghedini, in arte Mavalà, e il megadirettore galattico de Il Giornale, Littorio Feltri (che pare gli costi quanto Ronaldinho).

L’Avvocato Mavalà ha avuto la splendida idea, finora inedita, di querelare dieci domande, chiedendo a Repubblica 1 milione di euro (figurarsi quanto chiederebbe per le risposte) e, per soprammercato, minaccia di trascinare in tribunale anche i giornali e i tg stranieri – alcune centinaia in tutto, dalla Turchia all’Australia, dal Canada alla Terra del Fuoco - che han parlato di Puttanopoli. Si salvano, per ovvi motivi, tutti i telegiornali e la gran parte dei giornali italiani. Così le famose dieci domande, che stavano diventando un tantino stucchevoli, e il sexy scandalo, che iniziava a denunciare l’usura del tempo, riprendono improvvisamente vigore e ricominciano a circolare su tutta la stampa mondiale, come nuovi. Un capolavoro. Perfettamente sincronizzato con Mavalà, Littorio Feltri si dedica quotidianamente a rovinare i rapporti del suo padrone con tutti i poteri forti che ancora non gli appartengono: non solo quelli tradizionalmente ostili, come l’ingegner De Benedetti e il suo gruppo, ma anche quelli benevolmente neutrali o decisamente favorevoli. Prima la famiglia Agnelli-Fiat, poi i fratelli Moratti (compreso Gianmarco, il marito di Letizia), infine il Vaticano.

Geniale anche la scelta dei tempi: Il Giornale spara in prima pagina un vecchio patteggiamento di Dino Boffo, direttore di Avvenire, per aver molestato la fidanzata del suo ex fidanzato, proprio nel giorno della Perdonanza abruzzese, cioè dell’annunciata cenetta a lume di candela fra Al Pappone a il cardinal Bertone. Cenetta subito annullata, con scomunica incorporata dal cardinal Bagnasco e sdegno del mondo cattolico. Altro che Perdonanza. Ora manca soltanto un editoriale feltriano che dà del pedofilo a Putin e un’inchiesta su Ratzinger che non paga le multe della Papamobile per eccesso di velocità, magari affidato a un condannato a caso fra Betulla Farina e Geronimo Pomicino, per completare l’opera. Nel ringraziare i compagni terzinternazionalisti Mavalà e Littorio per il generoso tributo offerto all´antiberlusconismo e per l'impegno profuso nell'organizzare le opposizioni, mi si consenta un appello al Cainano: Silvio, dai retta, licenzia i servi infidi. E fìdati soltanto di noi del Fatto Quotidiano. Anche noi, sia chiaro, vogliamo mandarti a casa, anzi possibilmente al fresco. Ma almeno lo sai già: te lo diciamo da sempre, con franchezza, senza tramare alle tue spalle. E non ti costiamo un euro. Dai falsi amici ti guardi Iddio. E ricordati dei nemici veri che, in fondo in fondo, ti hanno sempre voluto bene.

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sabato 29 agosto 2009

Le dieci domande poste a Berlusconi da Repubblica.

1. Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio?

2. Nel corso di questa amicizia, che il premier dice "lunga", quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni?

3. Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso - come ammette anche Berlusconi - il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?

4. Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati, perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società meridionale?

5. Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?

6. Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?

7. Berlusconi si occupa dell'istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia?

8. E' vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l'accesso alla scena politica e questo "uso strumentale del corpo femminile", per il premier, non "impoverisce la qualità democratica di un paese" come gli rimproverano personalità e istituzioni culturali vicine al suo partito?

9. Veronica Lario ha detto che il marito "frequenta minorenni". Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o "alleva", per usare senza ironia un'espressione della ragazza di Napoli?

10. Veronica Lario ha detto: "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E' stato tutto inutile". Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell'Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l'esito di "una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità". Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?


http://temi.repubblica.it/repubblicaspeciale-altre-dieci-domande-a-silvio-berlusconi/2009/06/25/le-dieci-nuove-domande-al-cavaliere/

De Magistris: Donne rompete il tetto di cristallo - di Luigi De Magistris

da liberacittadinanza.it

Rompere il "tetto di cristallo", come sostiene il movimento femminile e femminista, per guardare il cielo senza filtri opprimenti: il cammino delle donne è un percorso che parte dagli anni '70 e che dura tutt’ora.
Scandito da molte vittorie che hanno permesso il progresso non solo delle donne ma dell’intero Paese: dalla liberazione sessuale al diritto ad una maternità consapevole, dal divorzio fino alla battaglia per l’accesso paritario all’istruzione e al lavoro.
Le conquiste sono state faticose, nella dimensione pubblica come in quella privata. Il percorso è stato lastricato di ostacoli: una Chiesa resistente e un potere fortemente patriarcale hanno spesso creato un muro di gomma, con il mondo maschile che, altrettanto spesso, si è dimostrato silenzioso spettatore, incapace in alcuni frangenti di capire veramente la portata del cambiamento.
Eppure questo cammino, che ancora cerca di arrivare a distruggere completamente il “tetto di cristallo”, è oggi minacciato da una rivoluzione culturale regressiva: quella dell’ “utilizzatore finale”, delle veline in Parlamento, dei soli corpi in tv, del “papi” pubblico-istituzionale e dei tanti “papi” privati che il primo giustifica e alimenta come modello.
Se la politica si è macchiata trasversalmente dell’incapacità di rispondere alle domande che provenivano e provengono dal mondo femminile, con l’epoca Berlusconi l’incapacità è diventata imponente e spudorata. Oggi per le donne trovare risposta alle proprie rivendicazioni è ancora più difficile nella (in)cultura berlusconiana. Ridotte a solo corpo, possibilmente bello e appariscente; convinte che esso sia la garanzia di successo (anche politico) e per questo indotte a venderlo; di fatto considerate merce tra le merci nell’epoca in cui tutto si vende perché tutto si può comprare.
Mai come in questi mesi la cronaca del potere ha confermato che è forse nella “nuova” concezione della donna che meglio si ravvisano i segni della distorsione prodotta dal berlusconismo. Si oscilla tra “l’angelo del focolare” e “l’oggetto impudico”. Il primo ispira leggi e scelte sempre più restrittive da parte del governo (fecondazione assistita, assalto alla 194, incapacità di lottare contro la discriminazione salariale, assenza di welfare), il secondo, imposto per mezzo delle tv, alimenta invece il mercato e possibilmente allieta anche i circoli del potere (maschile). In entrambi i casi, comunque, oggetto passivo del volere dell’uomo: da santificare o da usare, ma sempre da gestire, perché mai considerato nella sua capacità di scegliere liberamente.
Così nella cultura e nell’epoca di “papi”, le ragazze possono e devono anche studiare o impegnarsi, consapevoli però che il successo, in ogni ambito, passa per l’auto-promozione e l’auto-svendita del proprio corpo come strada più rapida per l’ascesa.
Per le donne la sfida è allora doppia. Contrastare la tradizionale discriminazione e continuare ad estendere la frontiera della loro libertà, ma anche respingere un modello, quello di “papi”, che rischia di diventare un ostacolo al loro cammino. Sono convinto che la sfida non potranno che vincerla loro.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/de-magistris-donne-rompete-il-tetto-di-cristallo/

Dai Silvio, vieni in tribunale - di Giuseppe Giulietti.

Per una volta ci sentiamo di elogiare in pubblico Berlusconi e i suoi avvocati, infatti hanno deciso di denunciare il quotidiano Repubblica per le 10 domande che continua a rivolgere, per altro invano, al presidente medesimo.
Adesso, tuttavia, debbono davvero farci sognare e non fermarsi qui.
Dal servizio d’ordine berlusconiano ci attendiamo in rapida successione denunce a pioggia contro la stampa estera, querele a catinelle contro la stampa cattolica che ha osato sollevare la questione morale, il ritiro delle concessioni a quelle poche emittenti che hanno dato le notizie contestate, lo stralcio delle interrogazioni parlamentari già presentate, l’immediata cacciata, per altro già programmata, dei direttori di Rai Tre e del Tg3 che non hanno ancora riunciato spontaneamente al libero esercizio del diritto di cronaca, contro il quale per altro è già pronta la legge cappuccio sulle intercettazioni.
Da re Silvio ci aspettiamo tutto questo, aiutato magari da Bossi che ci ha fatto sapere che il vecchio amico è forse vittima di un complotto ordito dalla mafia, subito dopo si è chiuso in bagno e si è fatto una pantagruelica... risata.
Un solo dubbio ci tormenta: il presidente accetterà di presentarsi in tribunale e di rispondere almeno alle domande del giudice? Magari vorrà farne qualcuna più di dieci, magari convocherà in aula il signor Letizia, grande protagonista dimenticato di questa storia, oppure vorrà sentire la signora Veronica che ha dato inizio alla vicenda e che non ha mai voluto ritrattare alcunché.
Accetterà il vecchio leone di presentarsi nelle aule oppure non concederà facoltà di prova, oppure rifiuterà ogni contraddittorio magari nascondendosi dietro il dolo Alfano?
Vogliamo sperare di sì, forse non ha voluto rispondere a Repubblica solo perchè gli stanno sulle scatole, forse ha riservato il suo pubblico pentimento alla processione della Perdonanza e al processo contro il quotidiano diretto da Ezio Mauro, forse in quell’aula ci stupirà tutti con effetti speciali e rassegnerà le dimissioni, smentendo tutte le nostre cattiverie di questi anni.
Se fossimo in un paese semi normale, da domani tutti i giornali, anche i più distanti da Repubblica, dovrebbero impegnarsi a ripubblicare le 10 domande, tanto per far capire che a nessuno può essere concesso scherzare con l’articolo 21 della Costituzione.
Probabilmente non accadrà, allora ciascuno di noi le rimetta sul suo sito, sul suo blog, dove cavolo può e vuole, persino sulla tovaglia di carta della pizzeria, ma facciamogli capire che non riuscirà mai a comperare tutto e tutti.
Giuseppe Giulietti

http://temi.repubblica.it/micromega-online/ora-silvio-vieni-in-tribunale/

venerdì 28 agosto 2009

I venditori di cammelli - di Peter Gomez

Tra tutti i supporter di Silvio Berlusconi quello che non delude mai è Renato "Betulla" Farina.

L'ex (?) fonte a pagamento dei servizi segreti militari in questi giorni sta dando il meglio di sé per convincere i suoi lettori (de "Il Giornale) ed elettori (del Pdl) che la visita del premier in Libia, per celebrazioni del colpo di Stato del dittatore Muammar Gheddafi, è una buona cosa.
La vicenda è nota.
La scorsa settimana il colonnello Gheddafi ha accolto come un eroe Abdelbaset al-Megrahi, lo 007 libico condannato in Scozia per la strage di Lockerbie.
Le immagini delle manifestazioni di giubilo riservate in patria a un terrorista responsabile di 270 morti hanno suscitato imbarazzo in tutto il mondo. In Gran Bretagna, dove pure si discute di un possibile accordo commerciale segreto che starebbe dietro la decisione scozzese di liberare per motivi di salute al-Megrahi, il premier Gordon Brown si è detto «infuriato e disgustato» per l'accoglienza ricevuta dalla spia e il principe Andrea ha annullato una visita ufficiale a Tripoli. Negli Stati Uniti verrà impedito a Gheddafi di impiantare la propria tenda a Central Park. In Italia l'opposizione è insorta e anche nel centro-destra vi sono parecchi mal di pancia.

Per giustificare il viaggio di Berlusconi, la Farnesina e il governo ricorrono così alla realpolitik: spiegano che il petrolio e il gas sono importanti; che la Libia è essenziale per arginare le ondate di migranti; che l'elenco delle attività economiche libiche in Italia e di quelle italiane in Libia è particolarmente corposo.

Fin qui tutto normale. Ciascuno di questi argomenti può essere condiviso o respinto a seconda dei punti di vista. Certo, si potrebbe ricordare che proprio Berlusconi il 5 dicembre del 2003, in un'intervista al New York Times, aveva teorizzato l'uso della della forza per convincere i dittatori a venire a più miti consigli. E ci si potrebbe persino rallegrare del fatto che oggi abbia abbandonato l'idea di fare la guerra per «esportare la democrazia», anche se tra un premier guerrafondaio e un premier zerbino esiste senz'altro una via di mezzo.

Meno normali sono invece gli argomenti messi sul tavolo da Farina. Betulla, a chi protesta dicendo che non si fanno accordi con i paesi che non rispettano i diritti umani, risponde per iscritto sostenendo che in fondo «nella partita dell'orrore» Italia e Libia sono alla pari. Infatti: «La Libia considera l’aborto un crimine e non lo legalizza. L’Italia invece lo consente. Autorizza una strage, nega i diritti umani di un bambino nascituro».

Poi, a voce, aggiunge al suo ragionamento un carico da 90. Anzi un'inquietante rivelazione. Quando su Skynews gli chiedono se sarebbe egualmente favorevole ai buoni rapporti con Gheddafi se i libici oltre ad aver ammazzato quasi 300 persone in Scozia, avessero fatto altrettanto in Italia, lui spiega che la questione non si pone visto che per Lockerbie, Gheddafi è senz'altro innocente. Dice Farina: «In molte cancellerie occidentali si sa che quella strage è di responsabilità dell'Iran». Il fatto che al-Megrahi sia stato condannato per lui non conta. E non conta nemmeno che la Libia abbia risarcito con centinaia di milioni di dollari le famiglie delle vittime, ammettendo così di fatto la propria responsabilità. Risponde Farina: «Tripoli era sotto ricatto (cioè temeva rappresaglie ndr)».

Ovviamente Betulla, da vero venditore di cammelli, non cita nemmeno un dato o un elemento di fatto che possa corroborare le sue tesi. E così la sua uscita lascia spalancata la porta a un interrogativo, questo sì, decisamente inquietante: ma se nel Sismi c'era qualcuno (il vecchio vertice scelto da Berlusconi) disposto a pagare le informazioni ricevute da una fonte del genere, siamo davvero sicuri che i gli 007 nostrani siano ancora in grado di garantire la sicurezza del Paese?

Tratto da:
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

Tipi da spiaggia crescono. - di Marco Travaglio.

da "A" (penultimo numero in edicola)
Dal villaggio globale al villaggio turistico: tre categorie di italiani in vacanza che si ispirano ai (peggiori) format di politica e televisione.
Osservando i tipi da spiaggia in un villaggio turistico italiano all’estero, interamente popolato da nostri connazionali, non si riesce a sciogliere il dilemma: sono gli italiani “normali” a imitare i cosiddetti vip delle cronache politico-mondane, o viceversa? Quest’estate, sbirciando disteso sotto l’ombrellone attraverso gli occhiali da sole la varia umanità che zampettava sul bagnasciuga, sono rimasto molto colpito da alcune tipologie di italiani in vacanza: gli emblemi della classe dirigente italiota di oggi e di domani. Una visione comunque incoraggiante, che induce all’ottimismo.

Il Supercafonal. Tizio di mezza età, capello brizzolato ma ben curato, bermuda rosa, maglietta bianca con enorme patacca firmata sul petto e colletto rialzato sulla nuca, ciabatta infradito, mani in tasca, pancia in fuori, camminata da ganassa con piedi piatti, suoneria del cellulare a manetta. Segni particolari: timbro della voce a prova di sordomuto. Quando saluta un amico, lo fa con urla lancinanti da distanze chilometriche (“carissimoooooooo!”), affinchè chi riposa si svegli, chi legge sia costretto a smettere, chi chiacchiera debba interrompere il discorso a metà, e tutti si concentrino sulla sua persona e si interroghino sui suoi educatori, cioè verosimilmente il canaro e Vanna Marchi. I decibel si moltiplicano vieppiù quando il raffinato figuro parla al telefono: trovandosi lontano dall’interlocutore rimasto in Italia, tenta di coprire la ragguardevole distanza con la voce, per sopperire a eventuali carenze di “campo” telefonico. Tutti i presenti nel raggio di alcune migliaia di chilometri devono sentire che sta bene, che si sta divertendo un mondo e che non sanno che cosa si perdono a non trascorrere le ferie in sua compagnia. Ha un futuro assicurato in politica, o in televisione, o in tutt’e due le attività.

Il Papi. Individuo di sesso maschile, ormai prossimo alla settantina, statura inferiore al metro e sessanta, cuoio capelluto frontale devastato da vani tentativi di trapianto pilifero, chioma canuta e rada sul davanti ma lunga e fluente sulle spalle, collanine variopinte e giovanilistiche a impreziosire il petto villoso e grinzoso lasciato in bella mostra da camicie di lino rosso spalancate fino all’ombelico, si accompagna con due o tre ragazze slave con cui comunica a rutti e gesti e che potrebbero essere le sue figlie o, più probabilmente, le sue nipoti. Sempre attentissimo a non farsi sorprendere con libri o giornali sotto il braccio, ritiene La Settimana Enigmistica e il tressette pericolosi sintomi di intellettualità, dunque passa le sue giornate a non fare una beneamata mazza bighellonando su e giù e lanciando occhiatacce a chi estraesse dalla sacca un qualunque oggetto cartaceo, foss’anche una copia di Topolino o un mazzo di napoletane. Incrocio perfettamente riuscito fra il presidente del Consiglio e Briatore, dev’essere per forza impegnato in politica o in televisione, o in entrambe le attività.

Veline & Velini. I nove decimi delle ragazze e dei ragazzi presenti nel villaggio si aggirano ciabattando con sguardo tra l’annoiato e il depresso, espressione da condannato a morte consenziente o rassegnato. Il taglio di capelli è fisso, d’ordinanza: per i maschi quello del calciatore medio o dell’inquilino della casa del Grande Fratello (capelli sparati qua e là da forti scosse dell’alta tensione), per le femmine quello della velina media o dell’inquilina della casa del Grande Fratello (capelli lunghi lisci con frangia da una parte). Si capisce benissimo che faranno politica e/o televisione, ma non subito: sono ancora troppo freschi di studi

Da http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

Lo spazio dell'umorismo.

I calciatori della nazionale sono in visita guidata presso un parco botanico di Hannover, quando improvvisamente si accorgono che all'appello per ritornare sul pullman manca Totti.

Cominciano affannose ricerche e dopo un po' viene trovato tra i rami di un albero.

I compagni di squadra:

- France', è da un sacco di tempo che ti stiamo cercando! Ma che ci fai su quest'albero?!?

Francesco ingenuamente:

- E che ne so? C'era scritto "Salice"!!!

giovedì 27 agosto 2009

Brlusconi si confessa.

Berlusconi: 'Signor parroco, mi vorrei confessare.
'Parroco: 'Certo figliolo, qual è il tuo nome?
'Berlusconi: 'Silvio Berlusconi, padre.
'Parroco: 'Ah! Ah! Il presidente del Consiglio!?
'Berlusconi: 'Si, padre.'
Parroco: 'Ascolta, figliolo, credo che il tuo caso richieda unacompetenza superiore. E' meglio che tu ti rechi dal Vescovo.
'Così Berlusconi si presenta dal Vescovo, chiedendogli se può confessarlo.
Vescovo: 'Certo, come ti chiami?'
Berlusconi: 'Silvio Berlusconi'Vescovo:
'Il presidente del Consiglio? No, caro mio, non ti possoconfessare: il tuo è un caso difficile. E' meglio che tu vada in Vaticano.
'Berlusconi va' dal Papa.
Berlusconi: 'Sua Santità, voglio confessarmi.
'Papa: 'Caro figlio mio, come ti chiami?
'Berlusconi: 'Silvio Berlusconi'
Papa: 'Ahi! Ahi! Ahi! Figliolo! Il tuo caso è molto difficile per me.Guarda qui, sul lato del Vaticano c'è una cappella. Al suo internotroverai una croce. Il Signore ti potrà ascoltare.
'Berlusconi, giunto nella cappella, si rivolge alla Croce:
'Signore,voglio confessarmi.
'Gesù: 'Certo, figlio mio, come ti chiami?
'Berlusconi: 'Silvio Berlusconi.'
Gesù: 'Ma chi? Il Presidente del Consiglio?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'L'ex amico di Craxi ?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'L'inventore dello scudo fiscale per far rientrare dalle isoleCayman e da Montecarlo tutti i soldi che i tuoi amici hanno sottratto alfisco?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'L'amico dei Neo-Fascisti e Neo-Nazisti, particolare che si èdimenticato di riferire al Congresso americano?
'Berlusconi: 'Ehm... si, Signore.
'Gesù: 'Quello che ha abbassato dell'1% le tasse dirette e costrettocomuni/province/regioni ad aumentare le tasse locali del 45% pertenere aperti asili, trasporti, servizi sociali essenziali ?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha ricandidato 13 persone già condannate con sentenzapassata in giudicato?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha modificato la legge elettorale in modo che siano lesegreterie di partito a scegliere gli eletti e non più I cittadini?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha abolito la tassa di successione per i patrimonimiliardari e subito dopo ha cointestato le sue aziende ai figli?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha quadruplicato il suo patrimonio personale e salvatole sue aziende dalla bancarotta da quando è al governo eche dice che è entrato in politica gratis per il bene degli italiani?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha epurato dalla RAI I personaggi che non gradiva?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha fatto la Ex-Cirielli, la Cirami e la salva-Previti?'Berlusconi: 'Si, signore.'Gesù: 'Quello che ha fatto una voragine nei conti dello stato e ha cambiato 3 volte ministro del tesoro?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha dato, a spese degli italiani, il contributo per il decoder digitale per permettere al fratello di fare soldi con una società che li produceva ?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha depenalizzato il falso in bilancio e ha introdotto lagalera per chi masterizza I DVD ?
'Berlusconi: 'Si, signore.
'Gesù: 'Quello che ha permesso alla Francia di saccheggiare la BNL e siè fatto prendere a pesci in faccia quando ENEL ha tentato diacquisire una società francese ?
'Berlusconi: 'Ehm... sono sempre io, Signore.
'Gesù: 'Figlio mio, non hai bisogno di confessare. Tu devi solamenteringraziare.
'Berlusconi: 'Ringraziare???? E chi, Signore?
'Gesù: 'Gli antichi Romani, per avermi inchiodato qui. Altrimenti sareisceso e t'avrei fatto un CULO COSI'!!!

mercoledì 26 agosto 2009

Sentenza Dell'Utri.

Per chi volesse documentarsi, posto il link della sentenza emessa dal tribunale di Palermo nei confronti di Dell'Utri.

http://www.narcomafie.it/sentenza_dellutri.pdf

martedì 25 agosto 2009

La tragica ed ingloriosa fine del PD.

L'hanno decretata gli stessi dirigenti del partito: D'Alema, Fassino, Veltroni, Bersani, Franceschini..........

Alcuni di loro sono gli stessi che oggi si presentano come candidati alla guida di un nulla.

La fine la decretarono già quando non mossero un dito per impedire a Berlusconi di presentarsi in politica, avevano in mano tutte le carte in regola per impedirglielo: primo motivo fra tutti il conflitto di interessi;

la convalidarono, non muovendo un dito, quando ci furono i primi attacchi all'ultimo governo Prodi, con le intercettazioni delle telefonate tra Berlusconi e Saccà, durante le quali l'attuale premier diceva espressamente e senza mezzi termini che intendeva preparare un piccolo colpo di stato per far cadere il governo ed appropriarsene;

la riconvalidarono con le dimissioni da ministro del Mastellone "condorelli".

Il colpo di grazia se lo dettero quando impedirono a Beppe Grillo di iscriversi al partito per impedirgli di candidarsi come segretario.

Hanno temuto che un comico fuori dall'usuale, con le idee chiare, con programmi limpidi e ineccepibili potesse scalzarli e levargli dalle mani le leve dei comandi.

Ora sono rimasti quattro gatti e quattro sorci, legati ancora ad un nulla vuoto sia di contenuti che di idee.

Che tristezza!

lunedì 24 agosto 2009

Droga disordine schizofrenia collegamento.

Droga disordine schizofrenia collegamento

Gli attivisti di salute mentale chiedono una campagna di sensibilizzazione.

Quasi la metà dei pazienti trattati per un cannabis correlati disordine mentale passare a sviluppare una malattia schizofrenica, uno studio ha suggerito.
Lo studio danese, in Gazzetta britannico di psichiatria, trovare che un terzo di essi sviluppato schizofrenia paranoici.
Cannabis è stato collegato con la condizione, ma alcuni studi hanno esaminato persone con sintomi indotta da stupefacenti.
I ricercatori detto ha mostrato segni di malattia schizofrenica precedenti a altri con la condizione di cannabis.
Oltre a interferire con lo sviluppo cerebrale normale, uso di marijuana pesanti in adolescenti può anche comportare un'insorgenza anteriore di schizofrenia in individui che sono geneticamente preventiva
Dr Sanjiv Kumra, Albert Einstein College of Medicine
I ricercatori esaminato l'incidenza di disturbi di schizofrenia-spettro, compresi schizofrenia, disturbo schizoptypal e disturbi schizoaffective.
La squadra da ospedale psichiatrico Aarhus ottenuto informazioni su 535 pazienti trattati per sintomi psicotici cannabis-indotta dal danese Psychiatric centrale registro, che quindi sono state seguite da tre anni.
Essi sono stati confrontati quindi a 2,721 chi trattati per schizofrenia-spettro disturbi non avevano nessuna storia di malattia cannabis-indotta.
Si è constatato che 44,5 % delle persone con sintomi psicotici indotta cannabis poi essere diagnosticato con disturbi di schizofrenia-spettro.
Coloro che avevano utilizzato il farmaco inoltre sviluppato schizofrenia in età precedente rispetto alle persone nel gruppo di confronto con gli uomini che presentano sintomi in un'età media di 24.6 anni, rispetto a 30.7 anni nel gruppo di confronto.
Per le donne la differenza era di 28.9 anni rispetto 33.1 anni.
I ricercatori, guidati da Mikkel Arendt, dire che lo studio non evidenziano cannabis causato lo sviluppo della schizofrenia - perché non è possibile al controllo di altri fattori quali la predisposizione ereditaria, altri stupefacenti e lo status socioeconomico.
Ma dicono i pazienti di fatto con sintomi psicotici indotta cannabis schizofrenia sviluppato in età più giovane rispetto non utenti suggerisce che il consumo di cannabis può accelerare il progresso della malattia.
« Sensibili »
Un secondo studio dai ricercatori l'ospedale di collina Zucker a New York ha esaminato il cervello di adolescenti, confronto di alcuni che sono state pesanti di cannabis con pazienti schizofrenici e gli adolescenti sani.
Il team utilizzato una tecnica di scansione sofisticata chiamata diffusione Tensore imaging (DTI) che misura la mozione di molecole di acqua nel cervello che può indicare microscopici anomalie.
Anomalie simili hanno trovato in un settore che il cervello collegato a elevato livello abilità linguistiche e uditivo di cannabis e quelli con schizofrenia.
Essi concentrata sulla fasciculus arcuate, un bundle di fibre connessione area del Broca il lobo frontale sinistro e l'area della Wernicke il lobo temporale a sinistra.
Le anomalie non sono state viste in adolescenti sani.
Dottor Mazar-i Ashtari, dell'Albert Einstein College of Medicine che ha guidato lo studio, ha detto: "Perché questo linguaggio uditivo percorso continua a sviluppare durante l'adolescenza, è più sensibili alla neurotoxins introdotto nel corpo attraverso l'utilizzo di marijuana."
Dr Sanjiv Kumra, che anche lavorato per lo studio, aggiunto: "questi risultati suggeriscono che, oltre a interferire con lo sviluppo cerebrale normale, uso di marijuana pesanti in adolescenti anche può comportare un'insorgenza anteriore di schizofrenia in individui che sono geneticamente predisposizione per il disordine."
La ricerca è stata presentata alla riunione annuale of radiologica Society of North America.
Paul Corry, la carità di salute mentale ripensamento, ha detto: "questa ricerca rafforza la nostra richiesta di una campagna di informazione salute pubblica su un farmaco che molti giovani vedono ancora come rischio gratuito.
"Speriamo che il governo, prima troppo lungo, sarà riconoscere tale necessità e raccogliere pareri dal suo comitato consultivo per l'abuso di droghe, che speriamo presenterà una relazione molto presto."
http://www.microsofttranslator.com/BV.aspx?ref=IE8Activity&a=http%3A%2F%2Fnews.bbc.co.uk%2F2%2Fhi%2Fhealth%2F4486548.stm

La traduzione è quella dei traduttori simultanei, ma comprensibile.

domenica 23 agosto 2009

Tempio Villa Certosa.

di Cristina Cucciniello.

Simboli e geometrie massoniche sparsi in tutto il parco. Scrutati e spiegati da un esperto. Una visita indiscreta per una volta senza escort e veline

L'orto botanico di Villa CertosaLa pianta imita quella del Tempio di SalomoneGUARDA
I simboli massonici del giardino di Villa CertosaChissà se davvero, alla fine, Silvio Berlusconi venderà La Certosa a uno dei magnati russi sbarcati in Sardegna nei giorni scorsi. Certo è che, se tra rumors e smentite si arrivasse alla cessione, l'oligarca che se l'aggiudicherà si troverà tra le mani qualcosa di più di una dimora miliardaria. Qualcosa che ha a che vedere con una passione che il premier non tiene molto a far sapere in giro: quella verso la massoneria, le logge, il paganesimo e tutta la paccottiglia esoterico-occultista che questa cultura talvolta si porta dietro.Ma andiamo per ordine. Quando nel 1981 si scoprì che era iscritto alla loggia P2, Silvio Berlusconi minimizzò: "L'ho fatto solo perché me l'aveva chiesto un amico, Roberto Gervaso". Insomma, l'adesione alla massoneria - e in particolare a una loggia coperta - sarebbe stata poco più di una casualità e un evento insignificante.Sono passati quasi trent'anni e dell'attrazione del Cavaliere verso compassi e cappucci non si parla più. Ma davvero per Berlusconi l'adesione alla massoneria è stata solo un'imprudenza giovanile? O al contrario il premier continua a coltivare una serie di vaghi credo iniziatici collegati con l'affiliazione massonica e con le ritualità pagane? L'interrogativo non ha niente di dietrologico o di cospirazionista: è una domanda sorta spontanea tra gli esperti di simbologia massonica e di occultismo dopo le molte pubblicazioni nelle scorse settimane di scatti - autorizzati e no - di Villa La Certosa, in Sardegna. Ultimo, il settimanale 'Oggi', che ha pubblicato molte immagini del buen retiro del premier, fornendo agli studiosi la conferma di quello che già avevano intuito quando erano uscite le foto delle feste. Loro, gli esperti, vedono in Villa La Certosa un grande percorso massonico e iniziatico - pieno di simboli astrologici, esoterici e anche religiosi, ma non cattolici - convinzione che si rafforza se alle immagini scattate dai fotografi si aggiungono quelle riprese dal satellite di Google Earth.
Del resto, la villa e il parco, "con i disegni geometrici di cerchi nel verde, sembrano concepiti proprio per una visione dal cielo, dal punto di vista che nell'antichità poteva appartenere solo al Grande Architetto dell'Universo", come spiega a 'L'espresso' il professor Marcello Fagiolo, professore di Storia dell'Architettura all'Università La Sapienza di Roma, esperto italiano di simbologia dei giardini e autore del volume 'Architettura e massoneria: l'esoterismo della costruzione' (Gangemi editore). L'orto botanico, ad esempio, visto dall'alto presenta una pianta quadrata ispirata a quella che, nell'iconografia, viene attribuita al Tempio di Salomone a Gerusalemme, costruito nel X secolo avanti Cristo e distrutto dai Babilonesi 500 anni dopo. Per i cultori dell'architettura iniziatica, il Tempio di Salomone ha da sempre molti significati, sia in quanto presunto contenitore dell'Arca dell'Alleanza sia per le sue misure, che si ritenevano ricavate da un 'codice cosmico' trasformato in rapporti geometrici. Inoltre nella divulgazione di questa mitica costruzione si fa spesso riferimento (in realtà senza un valido sostegno storiografico) all'ipotesi che il Tempio avesse inizialmente anche una funzione di culto sessuale, con l'adorazione della divinità femminile Astherah e con una serie di numerologie legate alla gestazione della donna e al pianeta Venere. Ma il Tempio è soprattutto caro ai massoni perché secondo la loro tradizione a progettarlo fu Hiram Abif, figura allegorica di architetto fondamentale per tutta la massoneria mondiale. Del resto le simbologie esoteriche nella proprietà sarda (che Berlusconi ha acquistato negli anni Ottanta e ha fatto completamente ridisegnare su sue precise indicazioni dall'architetto Gianni Gamondi) si rivelano fin dalle scelte più generali: "Labirinti e teatri di verzura, anfiteatri e orti botanici, obelischi e piramidi, Campi Elisi e mausolei, rovine reali o artificiali, romitori e cerchi di pietre: sono tutte tipiche espressioni del giardino massonico", spiega il professor Fagiolo. "Soprattutto", aggiunge, "quando il giardino è rappresentato come visione scenica, somma di paesaggi diversificati con sorprendenti colpi di scena, ambientati in boschi o vallette, montagnole e laghetti artificiali, fino all'abbinata lago-vulcano, che evoca il tema del battesimo col fuoco".


Continua su:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/tempio-villa-certosa/2107461//0

sabato 22 agosto 2009

Il generale di Binnu.

di Pietro Orsatti su Left-Avvenimenti - 21 agosto 2009
Al processo Mori-Obinu, il colonnello Riccio ricostruisce le fasi dell’accordo fra Provenzano e lo Stato. L’infiltrato Ilardo parlò di un contatto tra il numero due della Cupola e Dell’Utri: la nascita di Forza Italia interessava molto a Cosa nostra. La storia racconta di un Bernardo Provenzano, negli anni dello stragismo di Cosa nostra, sempre più defilato e in disaccordo con Totò Riina. Talmente lontano dal padrone di quello che era diventata l’organizzazione mafiosa dopo la “mattanza” degli anni 70 e 80 da cercare in pezzi dello Stato una “relazione” strategica. E non è difficile addirittura ipotizzare una sua “collaborazione” nella cattura di Riina nel ’93. Queste ipotesi di una strategia di Binnu Provenzano in totale rottura con il capo della Cupola mafiosa si nascondono nelle pieghe di uno dei processi più clamorosi e contemporaneamente più invisibili degli ultimi decenni, quello al generale dei Ros (ed ex capo del Sismi) Mario Mori e al capitano Mario Obinu. Ad accusarli per il mancato arresto di Provenzano nel 1995 è stato un altro ufficiale dei carabinieri, il colonnello Michele Riccio. Al centro delle dichiarazioni di Riccio la famosa trattativa fra Stato e Cosa nostra, il famigerato “papello”, e il bagno di sangue delle stragi del ’92. E la testimonianza, e la morte, di un collaboratore, Luigi Ilardo, vice del capo mafia di Caltanissetta “Piddu” Madonia. Affidato direttamente a Riccio del quale diventa confidente, Ilardo venne infiltrato nell’ambiente mafioso di provenienza. L’ex boss nisseno riuscì perfino ad avvicinare Bernardo Provenzano, ottenendo un appuntamento il 31 ottobre 1995 in una cascina a Mezzojuso. Nonostante Ilardo avvisasse dell’occasione unica non si presentò nessuno ad arrestare Binnu consentendone la fuga. «Informai il colonnello Mori - ha dichiarato al processo Riccio -. Lo chiamai subito a casa per riferirgli dell’incontro e rimasi sorpreso, perché non me lo dimenticherei mai, non vidi nessun cenno di interesse dall’altra parte». Riccio era sul posto, avrebbe potuto intervenire immediatamente appena avuto il via libera dal capo dei Ros in Sicilia. «Mi disse che preferiva impegnare i propri strumenti, dei quali al momento era sprovvisto - prosegue Riccio nel suo racconto -. Noi eravamo pronti e non ci voleva una grande scienza per intervenire». L’ ufficiale ha parlato anche di un incontro a Roma fra il collaboratore e il colonnello. «Quando lo portai da Mori, Ilardo gli disse: “In certi fatti la mafia non c’entra, la responsabilità è delle istituzioni e voi lo sapete”. Io raggelai». E Binnu, sfuggito alla cattura, sparì per altri 11 anni. Dopo qualche mese Ilardo venne ucciso a Catania pochi giorni prima del suo ingresso “ufficiale” nel programma di protezione speciale per i collaboratori. Qualcuno sospetta grazie a una “spiata”. E Riccio, poi, ricorda come i nomi dei politici fatti da Ilardo venissero in seguito “stralciati” nella stesura del documento “Grande Oriente” proprio su richiesta di Mori. Uno fra tutti, quello di Marcello Dell’Utri. Ilardo aveva parlato esplicitamente di un contatto tra Provenzano e Dell’Utri, «l’uomo dell’entourage di Berlusconi», e di un «progetto politico», la nascita di Forza Italia, che interessava ai vertici della Cupola mafiosa. E motore di quel nuovo progetto politico, non a caso, era proprio l’allora capo di Publitalia. Riccio ha raccontato in aula nel 2002 di un incontro con l’avvocato Taormina e Marcello Dell’Utri: «Nello studio del professor Taormina mi venne detto che sarebbe stato positivo per il senatore Dell’Utri se nella mia deposizione avessi escluso che era emerso il suo nome nel corso della mia indagine siciliana. Io non risposi e rimasi sbalordito».Dopo le dichiarazioni di Riccio che hanno aperto il processo a Mori e Obinu, oggi si aggiunge il nuovo dichiarante Massimo Ciancimino (figlio di Vito, il sindaco del “sacco di Palermo”), che a settembre testimonierà anche nel processo in secondo grado a Marcello Dell’Utri. «Ero presente - ha dichiarato Massimo Ciancimino ai magistrati - quando a mio padre venne consegnato il papello». Un documento di peso, e che Vito Ciancimino avrebbe definito come “non accettabile” nella sua interezza valutando che solo alcuni punti potevano essere discussi e divenire nodi di un’eventuale trattativa. Sempre secondo “Massimino” il documento venne comunque consegnato dal padre al capitano De Donno e al generale Mori. Non solo: don Vito, nel racconto del figlio, indicò con mappe catastali alla mano (e documenti relativi ad allacci dell’acqua, luce e gas) l’abitazione di Totò Riina. La stessa abitazione che dopo l’arresto del capo mafioso non venne perquisita permettendo di conseguenza non solo la fuga (o meglio il trasloco) della moglie di Riina e dei figli ma addirittura la totale rimozione di ogni documento e traccia. Operazione eseguita, come emerse in seguito dal racconto di alcuni pentiti, da Leoluca Bagarella. Per questa mancata perquisizione, Mori e il comandante “Ultimo” (l’ufficiale che eseguì la cattura del boss) vennero rinviati a giudizio e in seguito assolti ma la stranezza della circostanza, unita alla vicenda delle dichiarazioni di Riccio e Ciancimino e della mancata cattura di Provenzano, lascia troppi interrogativi aperti. Interrogativi che si amplificano ancora di più quando Massimo Ciancimino ricorda come don Vito «alla fine morì con la consapevolezza di essere stato scavalcato e che qualcuno avesse preso in mano la trattativa mantenendo certi accordi».E torniamo a Provenzano, l’uomo della sommersione di Cosa nostra, colui che in molti ritengono abbia tradito e consegnato il suo capo, e amico fin dall’infanzia, Totò Riina. È sempre più pressante il sospetto che oltre alla trattativa del “papello”, quella delle richieste “non accettabili” avanzate da Totò Riina, contemporaneamente Binnu ne aprisse un’altra, più realistica e spregiudicata. Si smette di sparare, si buttano in cella tutti quelli che non vogliono deporre le armi e si fanno affari come “ai vecchi tempi”. A riaccendere i riflettori sull’anziano boss in carcere dal 2006 non sono solo le dichiarazioni di Riccio e Ciancimino jr ma anche le ultime rivelazioni emerse da un vecchio rapporto dei servizi segreti tedeschi, oggi ripreso dal dossier del Bka (la polizia criminale) sulla penetrazione delle mafie italiane in Germania e rilanciato in Italia dal quotidiano l’Unità. Secondo il documento, Provenzano aveva richiesto direttamente alla ’ndrangheta calabrese di acquistare una grossa quantità di esplosivo, poi utilizzato per la strage di via D’Amelio dove persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. E l’acquisto avvenne proprio in Germania dove i clan calabresi erano penetrati da tempo. Il rapporto parla esplicitamente di «ingenti quantitativi di esplosivo ad alto potenziale di provenienza militare» ordinati dai clan di Palermo. Borsellino andava spesso a Francoforte all’epoca perché impegnato nelle indagini sull’assassinio del magistrato Rosario Livatino nel 1990, visto che risultava che i killer del magistrato avevano trovato rifugio e appoggi in Germania. Dopo uno dei suoi viaggi, per verificare anche una pista sulla strage di Capaci, Borsellino aveva dichiarato ad alcuni amici: «Il tritolo è arrivato anche per me, lunedì scorso». E mentre nessuno impediva che la strage avvenisse, addirittura evitando che venisse messo in via D’Amelio quel divieto di sosta richiesto da scorta e magistrato da mesi, Provenzano, da bravo “ragioniere” di Cosa nostra, pianificava l’acquisto di quintali di sintex. In silenzio, aspettando solo il momento giusto. Che arrivò, puntualmente, la domenica del 19 luglio 1992.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/18820/78/

La Storia della Sicilia contemporanea inizia con la spedizione dei Mille e l'annessione al neonato Regno d'Italia (1860) fino ad oggi.

La sera del 5 maggio 1860, dallo scoglio di Quarto (Genova), partiva la spedizione dei Mille, comandata dal generale Giuseppe Garibaldi, sui vaporetti Lombardo e Piemonte.
La mattina dell'
11 maggio i vaporetti della spedizione sbarcavano nel porto di Marsala, non incontrando alcuna resistenza borbonica. Il 14 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi si proclama a Salemi dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II di Savoia.
I Mille di
Garibaldi, affiancati da 500 "picciotti" (galeotti ricercati dal governo borbonico), sconfissero le truppe borboniche nella battaglia di Calatafimi (15 maggio). Intanto a Palermo scoppiava una violenta rivolta, dando così la possibilità a Garibaldi di conquistare facilmente la città, sbaragliando i battaglioni borbonici che combattevano contro i patrioti siciliani sia nel centro abitato che dalle navi ancorate al porto di Palermo.
Il
20 luglio i Mille sconfiggono definitivamente i Borboni nella battaglia di Milazzo e, nei giorni successivi, ottengono la resa di Messina, avendo così il passaggio aperto per continuare le battaglie contro il Regno delle Due Sicilie nel continente. La Sicilia invece è stata conquistata per intero ed è pronta per l'annessione al Piemonte.

Il plebiscito e l'unione al Regno d'Italia.

Il 21 ottobre 1860 nel Regno delle Due Sicilie si svolse il plebiscito per decidere l'annessione al Piemonte. In Sicilia, su 2.232.000 abitanti, gli iscritti alle liste elettorali erano circa 575.000. Si presentarono a votare in 432.720 (il 75,2 % degli aventi diritto), di cui 432.053 si dichiararono favorevoli e 667 contrari. La virtuale unanimità ottenuta dai favorevoli all'annessione, che venne peraltro riscontrata in tutti i plebisciti svolti nei vari stati preunitari, non ha mancato di sollevare forti dubbi sulla genuinità e sulla correttezza delle operazioni elettorali. Nel caso della Sicilia, inoltre, in tanti si erano illusi di una totale autonomia di governo basandosi sul fatto che nel primo periodo Garibaldi aveva proclamato la sua "dittatura" sulla regione occupata.

Prime delusioni.

Le classi più povere, i braccianti e i contadini avevano sperato che il nuovo ordinamento avrebbe assicurato la distribuzione delle terre dei latifondi e dei feudi della chiesa; ma i più si ritennero ingannati quando si resero conto che non sarebbe stata effettuata alcuna riforma agraria.
Il Conte
Camillo Benso di Cavour, che avera fretta di definire l'atto di annessione nel timore di un intervento militare delle potenze amiche dei Borboni, scavalcando Garibaldi e le sue promesse, estese alla regione le leggi e i regolamenti in vigore nel Regno di Sardegna. Venne ignorato del tutto il fatto che la Sicilia godesse già di leggi speciali e di una certa forma di autonomia sotto i Borboni, ottenute anche a seguito di precedenti rivolte popolari, e furono trascurate le spinte autonomistiche che la Sicilia aveva sempre manifestato nei confronti dei poteri centrali succedutisi negli anni.
Tutto ciò provocò in poche settimane il passaggio dall’entusiasmo ad una vera e propria forma di ostilità per tutto ciò che sapeva di "
piemontese". Non fu certo una buona mossa neanche quella di inviare funzionari e amministratori del nord Italia in Sicilia con la motivazione che c’era troppa corruzione e clientelismo. Il loro modo di pensare era diverso da quello degli isolani e questo aggravava le incomprensioni.
Oltre alla mancata distribuzione delle terre, promessa da
Giuseppe Garibaldi, vennero introdotte nuove pesanti imposte come quella sul sale, sul macinato [1](che colpiva prodotti basilari per l'alimentazione delle classi inferiori come il pane e la pasta) [2] e venne attuato il sevizio militare obbligatorio. In un mondo contadino, in cui il numero di braccia era quello che faceva la quantità di raccolto, togliere alle famiglie soggetti giovani e in pieno vigore per il lungo servizio militare riduceva molte di queste alla disperazione. Il fatto era aggravato dalla mentalità locale che vedeva come disonorevole per la donna lavorare i campi o fare la spesa. Inoltre i renitenti e i disertori, dandosi alla macchia, finivano con l'ingrossare le file della malavita.

Il brigantaggio e lo sviluppo della mafia.

La nuova struttura amministrativa della regione e la creazione di ben quattro nuovi organismi di polizia lungi dal rivelarsi positivi misero le premesse per la rapida perdita del controllo del territorio, ben conosciuto dalla vecchia polizia borbonica ma spesso incomprensibile ai nuovi funzionari del nord Italia, e favorirono il dilagare della corruzione, degli intrallazzi e della guerra tra bande criminali. È in questo periodo che compare in maniera evidente il termine mafia. Nel 1863 ottiene un grande successo una commedia dal titolo "I mafiusi di la Vicaria", ambientata nella prigione di Palermo.
La
mafia, da alcuni chiamata anche "maffia" (che tuttavia secondo il Correnti è un termine più toscano che siciliano[3]) esisteva già da tempo; secondo alcuni dalla dominazione araba, secondo altri dal periodo spagnolo e dell'Inquisizione e, secondo altri studiosi, addirittura dal periodo della dominazione romana per il controllo del "granaio di Roma" e dei suoi schiavi. Nel 1868, la parola "Mafia" veniva definita non come criminalità organizzata, ma precisamente ad un atteggiamento arrogante, spocchioso, insolente.
Ora che la
mafia si "ufficializza" come sistema di difesa dei proprietari terrieri contro i furti, o come sistema dei campieri-gabellotti per intimidire gli stessi proprietari, diventa piano piano anche il mezzo mediante il quale le autorità piemontesi, impotenti a governare il territorio, tengono a freno ogni velleità di rivolta mettendo a capo dei municipi i "capi-rais" o personaggi indicati da questi.
Il nuovo ceto politico capisce che gli conviene fare patti di mutuo interesse con il
mafioso locale. Questi amministra la sua giustizia, anche sommaria, risolvendo problemi che l’amministrazione venuta dal nord Italia non riesce neanche ad inquadrare; sopperisce, col suo paternalismo interessato, a risolvere problemi che lo Stato invece accentua e, agli occhi del popolano più misero, risulta quindi più efficiente e "giusto".
È forse questa l'origine della sfiducia verso lo Stato, che appare lontano e vessatorio.
I notabili locali e le nuove classi dirigenti si adattarono presto alle nuove regole, divennero presto convinti fautori, per proprio tornaconto, dell'annessione al
Regno piemontese, alcuni anche per mantenere i vecchi privilegi.
Perfino la tardiva distribuzione delle terre del
latifondo e dei feudi ecclesiastici, iniziata nel 1861, a gente troppo misera, che finiva con l'indebitarsi per acquistare le sementi ed era costretta a svendere le terre stesse per debiti, sortì solo l'effetto di riformare i latifondi con nuovi proprietari ed acquirenti e, per giunta, a prezzi stracciati.
Il romanzo "
Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "I Viceré" di Federico de Roberto e i romanzi di Giovanni Verga illustrano bene tutto ciò.

Continua su: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Sicilia_dall%27Unit%C3%A0_d%27Italia

mercoledì 19 agosto 2009

Procura nissena potenziata, ma restano buchi d'organico

di Aaron Pettinari – 17 agosto 2009Caltanissetta.

Lo scorso marzo il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, aveva lanciato l'allarme: “I vuoti di organico nella Procura nissena sono ormai pesantissimi e raggiungono il 50%”. A distanza di cinque mesi il Csm ha accolto l'appello e ha nominato quattro nuovi procuratori che dal prossimo mese andranno a rafforzare la Procura di Caltanissetta. Si tratta di Gabriele Paci, ex pm a Palermo e oggi sostituto procuratore a Perugia, l'altro ex pm di Palermo Giovanni Di Leo, Marina Ingoglia, ex giudice di Trapani e poi in servizio alla Corte d'appello di Palermo, e Onelio Dodero, pubblico ministero a Torino. Rinforzi necessari per la Procura che detiene la delicatissima inchiesta sulle stragi del'92. “Il lavoro che stiamo facendo noi richiederebbe il triplo delle forze di cui disponiamo. Altro che ferie...” avevano detto lo stesso Lari e l'aggiunto Domenico Gozzo assieme agli altri sostituti del pool che indagano sui mandanti occulti delle Stragi. Nei prossimi sette-otto mesi dovranno essere raccolte le testimonianze del pentito Gaspare Spatuzza e sono previste anche una serie di audizioni a seguito delle recenti dichiarazioni del capo dei capi, Salvatore Riina e di Massimo Ciancimino. Ma restano da svolgere anche le indagini su Cosa Nostra e Stidda nisseno-gelese, sull'affare appalti e cemento depotenziato. Una mole di lavoro impressionante. E' anche per questo motivo che questi “rinforzi” sono tanto benauguranti ma, nonostante ciò, l'allarme è tutt'altro che cessato. “Sono come una boccata d'aria per il moribondo” - commenta lo stesso Sergio Lari - “Ben vengano i nuovi innesti ma la situazione resta comunque drammatica. Per quattro che arrivano ce ne sono due che se ne vanno. E' vero che tre entreranno alla Dda ma ci sono altri uffici del distretto che restano vuoti come la Procura dei minori. Allo stato attuale c'è stato si un miglioramento ma i buchi d'organico sono comunque del 30-35 %”. A questi numeri drammatici il Governo risponde che nei prossimi 4 anni “varerà un piano operativo straordinario di contrasto alla criminalità organizzata". Lo ha fatto ieri al vertice tra il Premier, Silvio Berlusconi, ed i ministri dell'Interno e della Giustizia. Un elenco di numeri, evidenziati in 10 pagine di rapporto, è stato presentato dal ministro Maroni. Numeri sul contrasto alle mafie e alle attività criminali. Semplici grafici e slide per dimostrare il calo dei reati negli ultimi 14 mesi, quel tanto che basta per inserire nelle statistiche anche il primo semestre del 2007, ovvero il periodo in cui l'indulto ha inciso maggiormente in termini di aumento dei crimini. Così si son gonfiati numeri e statistiche, affinché potesse riuscire al meglio la propoaganda mediatica tanto voluta dal Premier. Son quindi passate in secondo piano le considerazioni del Coisp (Sindacato Indipendente di Polizia) e dell'associazione nazionale dei Funzionari di Polizia: “ In tema di sicurezza e tutela dei cittadini il governo millanta risultati che non sono misurabili perché non ci sono numeri su cui poterli confrontare. Non capiamo perché Maroni da quando è al Viminale ha sospeso la pubblicazione del Rapporto sulla criminalità e, di fatto, ha censurato i dati in dettaglio, città per città, mese per mese, sulla sicurezza”. E poi ancora: “Sarebbe molto più utile che venissero pubblicati tutti i dati, come si faceva in passato, in modo da avere un serio contributo all’analisi del problema criminalità in Italia”. Evidentemente al Governo piace cantare che “Andrà tutto bene” e che ora possiamo star tranquilli perché partono le ronde. Certo è che tra Procure al collasso, tagli ai fondi delle forze dell'ordine e carceri piene c'è poco da star sereni.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/18738/78/

ERBA DI CASA MIA

Canta La Maria vedova Spinelli

Erba di casa mia,
FUMAVO in fretta e poi VOLAVO via
quanta emozione, un TIRO AD UN CANNONE
tu che dicevi piano "amore mio FUMIAMO"
NEVE disciolta al sole,

sull'erba i nostri FILTRI ad aspettare
e mentre io t'insegnavo a ROTOLARE RITZLA
come un acerbo fiore finì il tuo MUSONE.
Ma un'altra FUMATINA chissà quando verrà

per questo dalla vita prendo quello che dà
FUMARE un'altra volta, ecco cosa farò
m'illuderò che sia ERBA DI CASA MIA.

Parole di Paolo Rivera
Dal blog di Beppe Grillo

RENZO BOSSI: Mangia a sbafo a spese nostre.



La prima volta era in compagnia del papà.
Non avrebbe potuto mangiare lì, nel ristorante della Camera
al piano terreno del Palazzo di Montecitorio rigidamente riservato ai deputati,
ma pazienza, si è fatto uno strappo alla regola.
Poi, prima della pausa estiva, si è ripresentato da solo ed è stato fatto accomodare: Renzo Bossi, il figlio del leader leghista Umberto,
noto per i suoi successi scolastici (ha ripetuto tre volte l'esame di maturità),
ha preso gusto a sfamarsi ai tavoli della Casta Parlamentare.
Forse il rampollo del Senatùr si sente già onorevole di diritto ereditario.
Oppure è l'attrazione fatale che i segni del potere romano esercitano sulle camicie verdi in trasferta nella capitale.
fonte Espresso


EVVIVA, LA NUOVA CLASSE POLITICA IS COMING!!!

http://www.radicalsocialismo.it/index.php?option=com_fireboard&Itemid=209&func=view&id=37698&catid=1

martedì 18 agosto 2009

I nostri senatori del PD che inciuciano con i senatori del PdL.

Nicola Latorre - braccio destro di D'Alema del PD - suggerisce le risposte a Bocchino del PdL

lunedì 17 agosto 2009

La mia risposta ad un commento di un blogger.

Nel tuo discorso c'è un fondo di verità.

Gli italiani, abbrutiti da anni di pessima propaganda politica, si sono visti soffiare da sotto il naso e senza muovere un dito, qualsiasi diritto acquisito con lotte e sacrifici.

Vigliacchi lo siamo, fancazzisti anche, piacioni pure, amanti dell'estetica dippiù, ma da qui a dire che la mafia è migliore, ce ne vuole!

Berlusconi, però, è il peggio del peggio, perchè platealmente si avvale solo di personaggi mafiosi, suo padre lo ha ben introdotto nell'ambiente.

Non che gli altri politici siano di molto migliori di lui, per carità, nessuno potrebbe asserire ciò, ma lui resta sempre il peggiore, perchè avvantaggia solo le mafie e le grosse industrie, lasciando andare alla deriva la parte migliore della nazione, noi, quelli che il paese lo sostengono.

Lui è colpevole di aver introdotto leggi che impoveriscono di contenuti e di valori la vita dell'essere umano, lui rappresenta la parte peggiore del paese.

Lui propende per chi lo tiene al guinzaglio, i poteri occulti, le lobby.

Lui non è adatto a governare, perchè altamente ricattabile e, pertanto, nocivo.

domenica 16 agosto 2009

Lista d'attesa alitaliana (cronaca di un sabato a Fiumicino)

di Roberta Corradin.

Roma, 8 agosto.

Ignara passeggera troppo assorbita dai bagagli per leggere i giornali e dare uno sguardo alla tivù, mi presento al check-in dei voli nazionali a Fiumicino con ben un’ora e mezza di anticipo. La pur gentile hostess di terra razzola sulla tastiera per dieci minuti, dopo di che mi comunica che sono in lista d’attesa (informazione che peraltro, dato l’esito dei fatti, sospetto conoscesse sin da subito). Come sarebbe a dire lista d’attesa? Abbiamo fatto overbooking, spiega lei. Io le spiego a mia volta che vado a Ceglie Messapica a cucinare thailandese per una cena multietnica con Antonella Ricci e Vinod Sookar, che en passant mi sembra un bel messaggio contro il razzismo neanche tanto strisciante di questi tempi, visto che i miei tratti somatici non parlano asiatico e che la mia tesi è che la cucina parla il linguaggio dei gesti, non quello delle parole. La pur gentile hostess di terra annuisce, trattiene il mio bagaglio con una precaria fascetta stand by, mi instrada all’uscita A 23, “Proprio lì davanti c’è il banco della lista d’attesa, si presenti, se si libera un posto la fanno salire”. Spergiura. Il posto si libererà ma faranno salire una tale Simona o Monica del Grande Fratello, che fino all’ultimo ha bivaccato in vip lounge. Il banco della lista d’attesa Alitalia è una fossa dei leoni al contrario, con al centro le leonesse, due poverette una mora una bionda che chissà che peccati dovevano espiare, e i cristiani tutt’intorno ad assediarle e ringhiare da fuori le gabbie, pardon, il bancone. I cristiani minacciano di chiamare il 113, o il 118 (c’è un po’ di confusione sui numeri, sarà colpa anche del jackpot del superenalotto). Le leonesse invitano a fare come meglio gli pare, ma sempre usando espressioni garbate. Sono leonesse coi nervi ben saldi, se la caverebbero anche in compagnie aeree peggiori. Svariati passeggeri lasciati a terra dal volo per Catania, digiuni di studi statistici e ignari di calcoli della probabilità, inveiscono increduli: «E pur intero pagai il prezzo di questo biglietto»… Vagli a spiegare che la fortuna è cieca e la statistica è guercia. Un compito ricercatore di un’università di Boston, visibilmente soddisfatto di appartenere al blasonato team della fuga dei cervelli, rimpiange di non avere scelto Lufthansa per tornare a ferragosto da mammà. Due attempate sorelle catanesi, anche loro in possesso di biglietto «Pagato carissimo, mi creda» implorano «Un chiarimento, prego…» Le leonesse, anche per questione di decibel, non se le filano, nonostante le due si siano infiltrate in prima fila. Dimentica del prudente adagio ebreo “Non far del bene se non te l’hanno chiesto” invito le signore a porgere direttamente la domanda, cosa vogliono sapere? Non lo sanno, e se la prendono con me che improvvisamente appaio, anche ai miei occhi, maleducata.
Mi zittisco, e in attesa che le leonesse sbranino il Bari, mi distraggo con il Catania e il Palermo, e pure con l’Alghero e il Lamezia Terme, obiettando in cuor mio che va bene l’overbooking, però purché sia attuato con discernimento statistico, mentre qui appare improntato a un neo-sadico “lasciane a terra quanti più puoi”. Se è vero come dicono che il sistema dell’aeroporto è andato in tilt, causando overbooking a catena, non mi è chiaro come la sola compagnia così colpita risulti Alitalia. O forse anche Alitalia è vittima delle statistiche, proprio come noi passeggeri lasciati a terra. La calca dei cristiani infuria. Alle due leonesse se ne aggiunge una terza, coi modi di una gattina costernata. Le tre fanno il possibile per far salire qualcuno a bordo, anche se talvolta i loro sforzi dividono famiglie (felicissimo l’adolescente romano che vede partire i genitori e prenderà il volo dell’indomani, ci guadagna pure 250 € di rimborso, sai che festino stanotte con gli amici rimasti in città) e separano sorelle psicologicamente siamesi (come le due catanesi del chiarimento, che arrivano a rinunciare al rimborso pur di salire sullo stesso volo). Lo spettacolo d’arte varia degli aspiranti passeggeri rifiutati e incazzati mi assorbe tanto che non mi accorgo del passare delle ore, in tutto cinque, che trascorro in piedi appoggiata al bancone, rapita dal gioco di volée come una spettatrice di Wimbledon.A un certo punto le leonesse piegano le statistiche alla ragione: la doxa deve pur riconoscere all’episteme che un bimbo di due anni non può viaggiare da solo senza mamma e papà. Un gruppo famigliare francese si avvia trionfante all’imbarco per Cagliari capitanato dalla figlioletta di due anni in posa alla Delacroix tipo La libertà guida il popolo.Le leonesse ogni tanto spariscono nel retro, non si sa se per iniettarsi purea di camomilla, ma la folla non infuria perché a volte, dal retro, escono brandendo una carta d’imbarco e scandendo un cognome, ché ormai partire dà un’euforia come vincere all’enalotto, è un evento scisso da cause razionali quali ad esempio l’acquisto del biglietto e la prenotazione online del posto. Un signore di Lamezia massiccio e barbuto che aveva augurato ad Alitalia le peggio cose, pure con valore retroattivo, ritratta tutto quando le leonesse gli porgono la carta d’imbarco con relativa promessa di rivedere i suoi cari in serata. «Ida! Ida!». E mo’ questa chi è? Circa ottanta cristiani inferociti si voltano a guardare la raccomandata che dà del tu alla leonessa e la chiama persino per nome. Eh no, favoritismi per la cognatina o l’amichetta, non è giornata… Ma la chiamante non è una raccomandata, e neppure un’amica di Ida, né la cognata. Trattasi di cittadina statunitense street smart, come dicono da quelle parti: una che se la sa cavare nelle vicissitudini della vita vissuta. Con dinamiche e tempismo newyorkese, l’astuta yankee ha letto quello che a noi italiani pare dettaglio trascurabile: la targhetta sul taschino con il nome dell’operatrice. Mentre noi la apostrofiamo con un generico facente funzioni di vocativo «Scusi», la newyorkese si è appropriata del nome, e l’ha fatta cosa (persona) propria: «Ida ma allora cosa devo fare adesso, mi metti su quello delle 20.40 o no?». Persino Ida si sorprende, fa lo sguardo di una che non riesce a scorgere l’amico da cui si è sentita chiamare, poi si ricompone e dà una risposta professionale in inglese. Non è mica scema, Ida: si difende come una leonessa anche dai tentativi di appropriarsi di lei attraverso il suo nome.Piove sempre sul bagnato. Dall’alto, un repentino crack: la furia dell’empireo si scatena su Alitalia sotto forma di doccia. Un tubo del condizionamento si rompe d’emblée in una sorta di diluvio universale, se non proprio catartico almeno umoristico, che lava via le carte d’imbarco impilate sul bancone neanche si credesse l’Arno in piena nel ’66. La scena, più che fantozziana, è onirica: ci starebbe benissimo che un passeggero impazzito improvvisasse una doccia con saponetta e shampoo in piedi nudo sul banco Alitalia. Ai pochi fortunati ammessi sull’ultimo volo della sera, le leonesse porgono carte d’imbarco fradicie, e compilano tra miagolii di contrizione le autorizzazioni alla riscossione del rimborso. Va da sé che quando arrivi in biglietteria, dove il bonus dovrebbe venire pagato, ti senti rispondere «Abbiamo finito il contante». Si viene congedati tutti con un bonus che qualche passeggero distratto finirà col dimenticare insieme a questa giornata, lavata via dall’ilarità di un tubo rotto e una doccia. Come nuovo logo Alitalia mi piacerebbe proporre un pulcino bagnato.

http://antefatto.ilcannocchiale.it/