Criminali in parlamento - Peter Gomez.




I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l'hanno fatta. Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola. D'ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti. Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall'ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.
Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza.
Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.
Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.
(Vignetta di Bandanas)

Indagini sul tesoro di Ciancimino



Vizzini si dimette dall'Antimafia
Il senatore Pdl è indagato per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra con altri tre parlamentari siciliani, i senatori dell'Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola e il deputato dell'Udc Saverio Romano

Il presidente della commissione affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini (nella foto) ha annunciatole sue dimissioni da membro della commissione Antimafia dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo con l'accusa di concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra nell'ambito dell'inchiesta sul 'tesoro' di Vito Ciancimino, ex sindaco morto nel 2002 dopo essere stato condannato per mafia. Insieme a Vizzini sono indagati con la stessa accusa altri tre parlamentari siciliani: i senatori dell'Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola, e il deputato dell'Udc e segretario regionale del partito in Sicilia, Saverio Romano. I quattro saranno interrogati martedì prossimo dai magistrati della Dda. L’inchiesta scaturisce da dichiarazioni di Massimo Ciancimo, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito, già condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi di carcere per riciclaggio dei soldi del padre, che da qualche mese rende dichiarazioni ai pm palermitani Antonio Ingroia e Nino Di Matteo. Ciancimino avrebbe rivelato di avere utilizzato somme di un conto corrente svizzero riconducibile al padre per pagare politici che avrebbero facilitato l'aggiudicazione di appalti per la concessione del gas ad una impresa di cui il padre era socio occulto. Di questi pagamenti si sarebbe occupato il tributarista Gianni Lapis, condannato anche lui nel processo per riciclaggio. Il denaro prelevato dal conto svizzero da un altro imputato condannato, l'avvocato romano Giorgio Ghiron, sarebbe stato distribuito a Vizzini e, attraverso Cintola, a Romano e Cuffaro. Secondo l'accusa il denaro proveniente da un conto svizzero in cui affluiva parte del tesoro illecito di Vito Ciancimino, veniva distribuito ai capi partito o ai capi corrente, che poi avevano il compito di agevolare l'aggiudicazione degli appalti e la concessione dei lavori per la metanizzazione nei vari paesi dell'isola. A riscontro delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, ci sarebbero parziali ammissioni del tributarista Lapis, ma anche documenti, intercettazioni ambientali e telefoniche che per essere contestate ai senatori indagati, dovranno prima essere trasmesse al Parlamento insieme alla richiesta di utilizzazione.

http://palermo.repubblica.it/dettaglio/indagini-sul-tesoro-di-ciancimino-vizzini-si-dimette-dallantimafia/1649662

(11 giugno 2009)