giovedì 2 luglio 2009

la notte tra il 4 ed il 5 novembre 2008.

La notte tra il 4 ed 5 novembre 2008, la notte in cui si sarebbe deciso chi avrebbe rivestito la carica di presidente degli Stati Uniti d'America, il nostro premier, mr. Berlusconi, affitta tre entreneuses e chiede ad una delle tre di fermarsi con lui per la notte.
Un normale e sano individuo, angosciato dall'evento non gradito - già si paventava la nomina di Barak Obama, personaggio non disponibile ad accordi sottobanco molto graditi, invece, all'amico Bush - avrebbe preferito trascorrere la serata e la nottata in famiglia, dedicandosi alla moglie, ai figli ed ai nipoti.
Ma per mr. Ber., la famiglia è un solo una copertura di facciata, un tramite da mostrare al marketing mediatico.
A lui, della famiglia, sia la sua che quella degli altri, non gliene può fregar di meno, lui usa chi gli sta intorno, non ama legami di nessun tipo, lui è un uomo di mondo.
Lui ama frequentare solo alcune categorie di persone: quelle che appartengono al mondo degli affari e che hanno sete di potere come lui.

Omaggio ad un'amica.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni
od usignoli dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

(Alda Merini)

Lo stupore di casa Mazzella. “Caro Silvio ti scrivo…”

Una lettera del giudice costituzionale che parla della famosa cena con Silvio Berlusconi e la sua task force, secondo cui saremmo di nuovo sotto un regime totalitario. L’impervia ricostruzione di un evidente conflitto di interessi.
ROMA – Un’amicizia di vecchia data, un affetto amicale quello che traspare da una lettera scritta dal giudice costituzionale Luigi Mazzella al premier Silvio Berlusconi, con riferimenti, poi, del tutto impervi al totalitarismo fascista dentro il quale le reazioni e le proteste delle opposizioni alla vicenda ricadrebbero.
“Caro presidente, caro Silvio” scrive Mazzella, “ti scrivo una lettera aperta perchè cominciando seriamente a dubitare del fatto che le pratiche dell'Ovra (la polizia segreta fascista, ndr) siano definitivamente cessate con la caduta del fascismo, non voglio cadere nel tranello di essere accusato, da parte di chi necessariamente ne ignorerà il contenuto, di averti inviato una missiva 'carbonara e piduista, secondo il colorito linguaggio di un parlamentare. Ritenevo in buona fede di essere un uomo libero in un Paese ancora libero e di avere il diritto 'umanò di invitare a casa mia un amico di vecchia data quale tu sei”.
Un vecchio amico, dunque, e vecchi amici sono anche gli altri commensali, cioè il ministro della giustizia Alfano, il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini (inquisito a Palermo nell’ambito dell’inchiesta scaturita dalle dichiarazioni del figlio di Vito Ciancimino, legato a filo doppio alla mafia corleonese) e della Camera Donato Bruno, il sottosegretario Gianni Letta. Insomma, una vera e propria task force in materia di costituzionalità delle leggi. Mancava soltanto il Presidente della Corte, Francesco Amirante.
Mazzella protesta affermando che le ricostruzioni “fantasiose” fatte dai giornali ipotizzerebbero una “cena di lavoro”, con al centro la prossima decisione della Corte sul lodo Alfano, il cui artefice degustava appunto la cena preparata dalla “domestica fidata” (così scrive l’estensore della missiva) di casa Mazzella”. Poi si lancia in alti guaiti sull’”amore per la libertà” degli italiani, sull’esistenza di un “nuovo totalitarismo” che potrebbe privare lor signori “delle nostre libertà personali”, infine, sulla “barbarie di cui siamo fatti oggetto”.
Una missiva che spiega meglio di ogni altra cosa la concezione della giustizia delle milizie berlusconiane. Mentre a Milano ritengono congruo chiedere la ricusazione del giudice del caso Mills, Nicoletta Gandus, perché, in anni precedenti, si era limitata a firmare un appello contro l’approvazione di talune leggi in materia di giustizia, a Roma mostrano tutto il loro stupore per le accuse nate dal fatto che un giudice costituzionale – che, a partire da ottobre, dovrà esaminare la richiesta di illegittimità costituzionale del lodo Alfano, dall’esistenza del quale dipende la processabilità del commensale di casa Mazzella, premier Silvio Berlusconi – invita a cena il suo vecchio amico, la cui stessa esistenza politica dipende dal suo futuro giudizio.
Possiamo figurarci cosa sarebbe successo se la povera Nicoletta Gandus fosse stata scoperta a cena con Antonio Di Pietro, Dario Franceschini e Marco Travaglio.
Ma i berluscones sono così, confermano comportamenti del tutto fuori da qualsiasi decenza istituzionale e mostrano tutto il loro stupore quando la società civile glielo fa notare, come nel caso delle escort invitate a passare la notte a Palazzo Grazioli con il vecchio amico di casa Mazzella.
“Anche uno studente di giurisprudenza capirebbe l'abnormità di questo caso” ha dichiarato Antonio Di Pietro. Forse, chissà, sarebbe meglio per Mazzella e i suoi commensali rifare gli esami universitari; qualcosa gli deve essere sfuggito.


http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=5383:lo-stupore-di-casa-mazzella-caro-silvio-ti-scrivo&catid=37:politica-interna&Itemid=154