E ora passano alle vie di fatto - Furio Colombo

Se vi capita di svegliarvi verso le quattro o
le cinque del mattino, mentre vi voltate
nel letto in cerca di un po’più di sonno,
pensate che quella è l’ora dei campi nomadi.
A quell’ora centinaia di agenti della polizia
di Stato, carabinieri,guardie forestali, militari
in tenuta da Afghanistan sono impegnati
a smantellare i campi nomadi. Vuol dire sfondare
porte, svegliare famiglie di soprassalto,
terrorizzare bambini, svuotare casupole, distruggere
baracche, rastrellare gli abitanti a
volte per trasferirli, a volte per disperderli nelle
boscaglie o negli squallidi quartieri vicini,
dove si nascondono, come in una guerra.
Questa, infatti, è la guerra degli italiani ai rom,
60 milioni di italiani contro 170 milarom per
metà donne, per metà bambini, per metà cittadini
italiani. Si chiama trasferimento nei
campi attrezzati. Vuol dire: ruspe nel primo
campo disumano; trasferimento in un secondo
campo disumano, lontano, nel cemento, a
filo di un autostrada.
Le operazioni sono guidate dal prefetto Pecoraro,
che è a capo di un quartier generale
detto “emergenze rom”. Non c’è alcuna
emergenza rom, naturalmente; niente a che
fare con la camorra. Ma, attenzione: il prefetto
Pecoraro sta scrupolosamente eseguendo
ordini. Gli ordini sono politici. È la nuova Italia
di Berlusconi-Bossi-Maroni, in cui si aggrediscono
dovunque i deboli.
Ma la persecuzione degli zingari (specialmente
dei bambini zingari) continua. Scrive Repubblica
(11 novembre): “I piccoli rom del
comune di Roma che non conoscono l’italia -
no lo impareranno nel loro campo di appartenenza
e solo dopo potranno andare a scuola”.
Nel ridicolo linguaggio da fureria comunale,
il progetto persecutorio è chiaro: apartheid.
E’ vietato ai bambini rom l’accesso alla
scuola perché non sanno l’italiano. È vietato
ai bambini rom di imparare l’italiano, perché
non vanno a scuola. Firmato Gianni Alemanno,
sindaco di Roma.Ma niente è ragionevole
(che non vuol dire buono, ma solo pragmatico
e utile) in una infezione di cattivismo che
dilaga, porta vendetta e vendetta della vendetta.
Per esempio Alba Adriatica. Muore un uomo
in una rissa come in tante tragiche risse italiane.
Ma questa volta il colpevole è un rom.
Dunque distruzione delle case e delle auto
rom, dunque tentativo di linciaggio. Le alternative,
per gli zingari fuggitivi, sono: fame,
schiavitù, arresto, espulsione.
È l’Italia del tardo berlusconismo. Dopo molti
annunci perversi, ora questa tetra Italia passa
alle vie di fatto.

Da "il fatto quotidiano" del 15.11.09.

Riforme, altolà di Fini: ''Le regole non si riscrivono a piacimento della maggioranza''

ultimo aggiornamento: 16 novembre, ore 18:38
Prato - (Adnkronos) - Il presidente della Camera: "Non si deve far passare il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole di convivenza civile". Il presidente del Senato Schifani: ''E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si è fatto nulla''. Fini:
''Delirio parlare di complotto. Lodo Alfano? Si se costituzionale". Il ddl sul processo breve presentato al Senato

Prato, 16 nov. (Adnkronos) - "Sarebbe certamente un momento difficile per il nostro paese quello in cui dovesse affermarsi il principio che in una democrazia dell'alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani". Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, in un passaggio del suo intervento alla seduta straordinaria del consiglio comunale di Prato, in occasione dei 720 anni della realizzazione della sala consiliare.

"Riscrivere le regole -ha sottolineato Fini- deve necessariamente comportare l'impegno per una riscrittura che sia quanto piu' possibile condivisa. Perche' le regole riguardano tutti, perche' le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano". Secondo il presidente della Camera "e' proprio la nostra Costituzione ad indicare con chiarezza le modalita' attraverso le quali e' possibile modificare la Costituzione -ha osservato Fini- E' certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si e' sottoposti all'assenso dell'unico soggetto che in una democrazia e' sovrano: il corpo elettorale".
"L'esperienza recente -ha sottolineato Fini- deve insegnare a tutti che se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilita' delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che puo' unire, mettendo in disparte o in secondo piano cio' che puo' dividere".
Passando poi dal tema delle riforme istituzionali a quello delle riforme strutturali, il presidente della Camera ha osservato infine che "il Paese non puo' continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale".
In un passaggio del suo discorso, poi, Fini ha parlato di immigrazione: "Non ci puo' essere integrazione senza legalita': ci si integra solo se si e' disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalita'". "Se e' doveroso da parte dell'Italia -ha proseguito Fini- rispettare la cultura di origine e l'identita' degli uomini e delle donne che vengono a partecipare con il loro lavoro alla crescita della nostra societa', dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, di parlare la nostra lingua, di mandare i loro figli nelle nostre scuole, e di fare proprio il valore della dignita' della persona, che e' alla base della nostra cultura, non si possono reclamare solo diritti senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri".
Per Fini "integrazione non puo' significare chiudere gli occhi di fronte ad autentiche enclaves in cui non si rispettano le leggi e i diritti, non si parla la lingua italiana e non si chiede l'integrazione. Serve quindi -e' stato l'invito del presidente della Camera- un impegno delle istituzioni tutte, della politica e dei cittadini, per rendere possibile un nuovo patto di cittadinanza. L'Italia deve essere di tutti coloro che la sentono come patria, anche se per alcuni non e' la terra dei loro padri".
Sull'argomento della riforme è intervenuto in serata anche il presidente del Senato Renato Schifani. "E' sempre auspicabile" che le riforme siano condivise, "ritengo comunque che si stia perdendo del tempo prezioso. E' gia' passato un anno e mezzo di legislatura e non si e' fatto nulla", ha detto da Palermo dove si trovava per il decennale dell'Universita' Lumsa.
"Le nuove regole - ha detto Schifani- sono note da piu' anni. Se ne parla dai tempi della bicamerale. Ritengo che tutti i partiti debbano avere un sussulto di volonta' politica per mettersi attorno a un tavolo e fare presto nell'interesse del Paese".


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