domenica 31 gennaio 2010

Il PD mi fa godere (ma anche no) - Andrea Scanzi

Sono affascinato, ragazzi. No, non dalle autoreggenti della Brambilla, per quanto io e Gigi (è così che chiamo Amicone) sogniamo California quando le guardiamo.

Sono affascinato dal Pd. Più ancora, da quelli che hanno scoperto solo adesso cosa sia il Partito Democratico. Benvenuti sul Pianeta Terra, cari (cari, cit) polli di allevamento.

La prodigiosa lentezza mentale di certi soloni è per me, da sempre, fonte di giubilo. L’hanno capito ieri, i cantori della sinistra riformista, in data 19 dicembre 2009, chi siano (veramente) D’Alema, Bersani e i massimalisti dell’inciucio. Wow, che velocità, che prontezza di riflessi, che guittezza. Neanche Gabor Talmacsi nella MotoGp uno scatto così. Bravi, cari (cari, cit) polli di allevamento. Alla fine ci siete arrivati anche voi. E’ già qualcosa.

Quando vi siete svegliati del tutto, tra un greatest hits della Mannoia, un miserere di Jovanotti e un’omelia di quel mattacchione di Scalfari, fatemi un fischio.

Il fatto, però, è che – una volta scoperta the dark side of the Baffetto (che poithere’s no dark side of Baffetto really, matter of fact it’s all dark, cit) – adesso avvertite il desiderio di abbandonare la zattera che affonda. Quella zattera affonda dal giorno in cui incollarono i tronchi con la Coccoina, ma ognuno ha i suoi tempi.

E così vi sentiti delusi, ingenui, traditi. Derisi e disgregati. Da qui la voglia (inaccettabile) di emigrare altrove.

Non sia mai, compagni: il Pd è ancora un luogo meraviglioso. Per almeno 14 motivi – e dico 14 perché mi sono un po’ rotto le palle di questa cosa del dieci.

Vado a elencarli, con la dovizia di sempre. Ecco 14 motivi per cui sarà bello morire piddini. Ecco perché il Pd mi fa godere (ma anche no).

  • Militando nel Pd non hai l’obbligo di dire cose intelligenti. Non hai neanche l’obbligo di dire cose. Più che altro, militando nel Pd non hai proprio l’obbligo. Non hai. E basta.

  • Il risotto mantecato di D’Alema è tuttora meraviglioso, e – se hai un po’ di fortuna – a tavola potrai trovare anche Vissani, Violante e i pizzini autografi di Latorre. Daje.

  • Nel Pd uno come Jovanotti è derubricato alla voce intellettuale. Questo, a una prima analisi, suona frustrante. Ma a una seconda, no: se Jovanotti è un intellettuale, c’è speranza per tutti.

  • Il Pd è una panacea placida e assonnata. Rassicurante. Per aderire al progetto, basta non prendere mai posizione (se non sbagliata). E quando qualcuno – i soliti cacadubbi giustizialisti – vi farà notare che così fate il gioco di Berlusconi, potrete sempre rispondergli – citando l’Enciclica Proraso di Polito o il Vangelo secondo Macaluso – che “noi siamo per il dialogo”, “noi siamo per la democrazia”. “Noi siamo buoni”. Hasta Bicamerale Siempre.

  • Il Pd era il partito perfetto di Rutelli.

  • Il Pd è il partito perfetto della Binetti.

  • La linea politica del Pd è l’impalpabile. Però ammantato di sicumera (altrimenti poi non fai pendant con Nanni Moretti).

  • Il Pd è l’acqua calda che tarda a uscire dal rubinetto (cit). Non un difetto, bensì l’ulteriore stimmate della vostra santità democratica. Perché voi sietre puri e casti: come l’acqua (appunto). Mentre gli altri sanno solo criticare; dicono solo no: e voi lo sapete, che così non si risolve nulla. Voi siete per costruire, mica (solo) per distruggere. Ebbene, cari (cari, cit) polli di allevamento, rampognate costoro – i disfattisti – con parole di fuoco, battezzandoli - all’acme dell’invettiva – con un epidittico (?): “Andate a sculacciare i billi con quell’analfabeta di Di Pietro e quel terrorista mediatico di Tartag… ah ehm Travaglio”.

  • Il Pd gode di buona stampa. E ancor più buoni salotti. Se sei triste, puoi farti invitare dalla Dandini. Se sei ancora più triste, puoi farti invitare da Fazio. Se sei ancora ancora più triste, puoi comunque ridere a caso per una battuta della Littizzetto. Ognuno ha le amache (cit) che si merita.

  • Solo dentro il Pd puoi provare l’ebbrezza che dà il rimpianto per Veltroni. Non è nostalgia, non è passatismo: è canna del gas. Lisergico spinto. Meglio del peyote.

  • Il Pd è così vecchio che chiunque abbia meno di 87 anni (età cerebrale) sembra gggiovane.

  • Il Pd è un Vic 20 in attesa di formattazione, così lento all’avvio che qualsiasi file chiamato Serracchiani pare l’ultima versione di Adobe Photoshop.

  • Il Pd è così tardo che in confronto Debra Morgan è una guitta.

  • Il Pdmenoelle è la polizza per la vita di Silvio Berlusconi e del berlusconismo.

Vamos.

E ora andiamo tutti a chiedere l’amicizia a Massimo D’Alema, sempre ammesso che sappia cosa sia Facebook (voi lo sapete: un covo di brigatisti).

http://scanzi-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/12/20/il-pd-mi-fa-godere-ma-anche-no/


Lui ricandida le veline, il Pd risponde con gli imputati -di Marco Travaglio.

Da sinistra: l'ex meteorina Giovanna Del Giudice, oggi assistente del senatore Enzo Ghigo, poi la modella pugliese Graziana Capone, detta l'Angelina Jolie di Bari. Infine Angela Sozio, già protagonista di una stagione del Grande Fratello e tra le ospiti del Cavaliere in Sardegna a Villa Certosa.


Mentre nel Pdl è di nuovo rivolta contro le ragazze di Berlusconi, per la Campania niente primarie e via libera al plurinquisito sindaco di Salerno.



S’ode a destra una squillo che tromba, a sinistra tintinnan manette. La nuova classe dirigente selezionata dai due poli per le regionali è tutta qui. Il Banana, liberatosi di Veronica, depenna dalle liste i candidati con pancia, riporto, orecchie a sventola, e soprattutto privi di poppe, per rimpiazzarli con giovani e procaci veline ingiustamente sacrificate un anno fa quando la first lady le definì "ciarpame senza pudore".

E non si esclude qualche incursione nel ramo escort, sempre fiorente a Palazzo Grazioli. I coordinatori del Pdl, armati di metro e body scanner d’ordinanza, stanno visionando book e calendari per selezionare, anzi misurare il meglio che c’è sul mercato.

Il Pd, sempre in ritardo, insegue trafelato pescando nella categoria imputati, ormai abbandonata persino dal Banana. Nasce così la candidatura unica a governatore della Campania di Vincenzo De Luca, ex deputato Ds e sindaco di Salerno, rinviato due volte a giudizio per associazione a delinquere, concussione, falso e truffa. Quisquilie.

Per sostituire degnamente il dalemiano Antonio Bassolino, imputato una sola volta per truffa, si pensa a un dalemiano imputato due volte per accuse ancor più gravi. Sempre più in alto. L’ideale sarebbe stato un ergastolano, ma al momento non se n’è trovato uno disposto a giocarsi la faccia.

Qualche ingenuo aveva pure proposto le primarie, ma è stato prontamente silenziato: non c’è tempo. Pare che i vertici del Pd abbiano appreso che si votava in Campania solo nelle ultime ore e, colti alla sprovvista, han dovuto fare tutto in fretta e furia. E poi le primarie si sa come vanno: dici agli elettori chi devono votare e quelli, per dispetto, votano sempre qualcun altro.

Dunque il Pd lancia un forte segnale di rinnovamento della classe dirigente proprio dalla Campania, simbolo della questione morale a sinistra. Il governatore Bassolino è sotto processo per aver truffato la regione che egli stesso presiede per lo scandalo della monnezza. E la presidente del consiglio regionale, Sandra Mastella, non può rimetter piede in Campania essendo indagata per concussioni e lottizzazioni assortite.

Ora arriva De Luca che, se eletto, si dividerà fra il palazzo della Regione e il palazzo di Giustizia: è stato rinviato a giudizio a Salerno nel 2008 con altri 47 imputati per concussione, truffa e associazione per delinquere a proposito dei maneggi urbanistici per il parco marino Sea Park; e nel 2009 con altri 13 imputati per truffa e falso a proposito della delocalizzazione delle Manifatture Cotoniere Meridionali nella nuova zona industriale di Salerno. Entrambi i processi sono in corso. Nel secondo è pure imputato Gianni Lettieri, presidente degli industriali di Napoli, che sarebbe stato favorito da De Luca.

Lettieri è in corsa per la candidatura a governatore nel Pdl, che però pare preferirgli il craxiano Stefano Caldoro, incensurato. Peccato: De Luca e Lettieri avrebbero potuto farsi campagna elettorale direttamente dal tribunale, facendo compagnia a lady Mastella, che si ricandida nonostante il divieto di dimora in Campania e sarà costretta a tenere i comizi in videoconferenza dall’esilio romano. Dopo anni di scandali, si spalanca per la Campania un futuro di legalità.

L’altra sera ad Annozero, a proposito della schizofrenia del Pd che fa dimettere il sindaco di Bologna per un avviso di garanzia dovuto a un sexy-scandaletto da pochi euro e poi candida un plurimputato per accuse ben più gravi, Bersani ha biascicato: "A Salerno bisogna vedere di che tipo di cose si parla. Se un sindaco va in un guaio per salvare una fabbrica tipo Termini Imerese e fa un accordo con Fiat per valorizzare una certa area, il partito deve poter puntare sulla sua onestà".

Forse Bersani, colto alla sprovvista dalla notizia delle elezioni in Campania, non è stato correttamente informato sui processi a De Luca. Qualcuno dovrebbe spiegargli la differenza fra un piccolo abuso e una concussione, una truffa, un’associazione per delinquere. Onde evitare che, al processo breve, segua il candidato breve.

Da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio

mercoledì 27 gennaio 2010

Fotoricatto con ministro

Inchiesta Vip, fatto sparire un servizio "sorprendente". Duello a Palazzo Chigi, Gianni Letta contro Signorini

di Peter Gomez e Antonella Mascali

A Palazzo Grazioli la serietà della situazione la raccontano i musi lunghi degli uomini più vicini al premier.
Le facce di
Gianni Letta e Paolo Bonaiuti che, secondo quanto risulta a il Fatto Quotidiano, nei giorni scorsi hanno parlato con Berlusconi del caso di Alfonso Signorini.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi teme che la presenza di Signorini alla testa del settimanale Chi – finora utile per evitare la pubblicazione di foto imbarazzanti per il governo, il premier e i suoi familiari – finisca per rivelarsi un boomerang.

L’inchiesta milanese su una serie di presunti casi di estorsione e ricettazione, legati alla compravendita d’immagini poi fatte sparire dal mercato, rischia infatti di legarsi a quella romana sul video, approdato in ottobre fin sulla scrivania del premier, in cui l’ex presidente della regione Lazio,
Piero Marrazzo, era ripreso in compagnia di una transessuale.

Un bel problema per Palazzo Chigi man mano che diventa chiaro come la questione dei sexy scandali non sia esclusivo appannaggio del centrosinistra, ma riguardi ovviamente anche il centrodestra.
Più fonti non giudiziarie riferiscono che nei mesi scorsi è circolato (ed è subito stato fatto sparire) un servizio fotografico definito "sorprendente" su un ministro in carica.

Il Fatto non è ancora in grado di dire chi l’abbia ritirato e a che prezzo. È certo comunque che si tratta di cifre da capogiro se per le foto di
Lapo Elkann, immortalato a Parigi con un’altra trans, sono stati versati, grazie alla mediazione del direttore di Chi 300.000 euro, mentre altri 200.000 sarebbero stati spesi per eliminare un video, forse fatto con un telefonino, in cui compare anche Silvia Toffanin, la fidanzata di Piersilvio Berlusconi.
Il mercato insomma è assolutamente bipartisan e spazia dalla politica, alla moda, dal cinema, fino al giornalismo e il mondo della finanza.

A Milano il pm
Frank Di Maio, che va avanti con gli interrogatori di testimoni e vittime evitando però accuratamente di ascoltarle nel troppo affollato Palazzo di Giustizia, ha concentrato la sua attenzione su una ventina di casi.
Nell’elenco ci sono i nomi dell’ex direttore del Corriere della Sera
Paolo Mieli, del vicepresidente del Milan, Adriano Galliani, di Elisabetta Gregoraci, diStefano Bettarini e della sua ex moglie Simona Ventura, del registaLeonardo Pieraccioni, e quello del ministro della Giustizia Alfano.

Non sempre le loro foto riguardano vicende di sesso o d’infedeltà coniugale. Nel caso, per esempio, di Alfano ci troviamo di fronte a immagini, acquistate, ma non pubblicate da Chi, in cui il Guardasigilli è immortalato come una sorta di padrino, mentre si fa fare la manicure.
In ogni caso, l’inchiesta di Di Maio punta in alto. Non tanto per i nomi dei presunti ricattati, ma perché cerca di far luce sul sistema e sul ruolo di Signorini, diventato potentissimo a Milano come a Roma, grazie al suo rapporto personale di amicizia con Marina Berlusconi e la linea (telefonica) diretta che ha con il premier.

L’ex agente fotografico
Fabrizio Corona, di recente condannato per alcuni casi di presunta estorsione fotografica e già ascoltato da Di Maio, in un’intervista a Oggi ha detto: "Non mi meraviglierei (se tutti questi servizi fossero passati sul tavolo del direttore di Chi). Signorini, attraverso il suo giornale, è quello che paga più di tutti. Il fotografo o l’agenzia che hanno uno scoop prima lo portano a lui. Al centro del sistema c’è lui e attorno a lui ruota tutto il gossip. E non è un semplice interesse editoriale. Oggi Signorini è il burattinaio del teatrino che forse più diverte Berlusconi. Ed è questo il nocciolo della questione. Al centro della nuovaVallettopoli non ci sono ritiri ed estorsioni. C’è il gossip come mezzo di controllo della vita del paese. Dalla politica all’economia, se hai in mano delle foto importanti puoi controllare tutto quello che vuoi".

Quasi un servizio d’informazione parallelo, che ha più compiti. Raccogliere notizie piccanti; far uscire foto o storie che altrimenti non troverebbero mai spazio sui giornali (è Signorini a fare da tramite tra i proprietari del video di Marrazzo e Libero); depontenziare i servizi scomodi, pubblicandone solo la parte più accettabile, come è accaduto con
Barbara Berlusconi; far sparire le foto che possono mettere in difficoltà il premier e i suoi amici.

Un modus operandi su cui dovrebbe riflettere l’Ordine dei giornalisti che riporta alla ribalta la questione del conflitto d’interessi.
Berlusconi – che è anche editore di giornali di gossip in un paese in cui la politica sembra soffrire solo gli scandali legati al sesso – quale tipo di potere finisce per ritrovarsi in mano? Quanto conta avere a disposizione informazioni che riguardano vicende private di avversari, alleati e direttori di giornale?

Domande ovviamente retoriche. Per rispondere basta osservare la straordinaria carriera di Signorini e dei giornalisti a lui più fedeli.
Solo che ora il gioco comincia a scottare. Forse per questo, in attesa di essere chiamato dal magistrato, ieri il direttore di Chi, ha cominciato ha cambiare la disposizione delle scrivanie in redazione. E ha deciso di spostarsi dal suo ufficio (visibile a tutti) in quello più discreto e riparato di Tv Sorrisi e Canzoni. Perché anche quando si fa un mestiere come il suo la privacy è importante.

Da il Fatto Quotidiano del 27 gennaio




http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2427316&yy=2010&mm=01&dd=27&title=fotoricatto_con_ministro

martedì 26 gennaio 2010

Obama, Maroni e la rivolta degli schiavi - Peter Gomez

Giovedì 7 gennaio il presidente americano Barack Obama si è assunto la piena responsabilità per le falle nei sistemi di sicurezza che hanno reso possibile il mancato attentato di Natale da parte di un aspirante kamikaze islamico imbarcato, senza sufficienti controlli, su un volo diretto negli Usa. "E' stato un fallimento dell'intero sistema", ha detto Obama, "la responsabilità finale è solo mia. Come presidente ho la solenne responsabilità di proteggere la nostra nazione e il nostro popolo. E ho il preciso dovere di imparare da questi errori e di correggerli per renderci piu' sicuri. Quando il sistema fallisce la responsabilità è mia".

Venerdì 8 gennaio, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, è intervenuto sulla caccia all'uomo (nero) in corso a Rosarno. La rivolta degli immigrati, ha spiegato Maroni, è "una situazione difficile, così come in altre realtà", determinata dal fatto che "in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che da un lato ha alimentato la criminalità e dall'altro ha generato situazioni di forte degrado".

La differenza tra i due interventi è evidente. Obama, che è presidente da un anno,
non se la prende pubblicamente con il suo predecessore. Ma, da uomo di Stato, spiega ai suoi concittadini che adesso il suo primo dovere è riparare le falle del sistema.

Nulla di sorprendente per le
democrazie mature. Persino Bush, in una caso analogo, avrebbe probabilmente fatto lo stesso. Negli Usa, come in Inghilterra o in Francia, chi è stato eletto sa di essere stato scelto per tentare di risolvere i problemi e non per protestare contro le eventuali responsabilità di chi lo ha preceduto. Maroni, ma con lui il 90 per cento delle nostre classi dirigenti, si sente invece in perenne campagna elettorale. Così arriva al ridicolo.

Mentre centinaia di schiavi, pagati in nero meno di 20 euro al giorno senza che l'amministrazione dello Stato si sia mai degnata di perseguire i loro sfruttatori, sono costretti a ribellarsi il problema, secondo il ministro, è la troppa tolleranza nei confronti dell'immigrazione. Maroni cioè se la prende implicitamente con i suoi avversari politici troppo buoni con gli extra-comunitari. E dimentica che, per otto degli ultimi dieci anni, l'Italia è stata governata da una maggioranza di centro-destra di cui la Lega ha fatto parte. Una maggioranza che ha persino approvato una legge sull'immigrazione che si chiama Bossi-Fini.
Insomma
il ministro parla da politico (anzi da politicante) in perenne caccia di consensi e non da uomo delle istituzioni incaricato dagli elettori di riparare le falle nel sistema. Anche se Maroni avesse ragione (e ne ha molto poca) oggi il suo compito è quello di proporre soluzioni, non quello di indicare i presunti colpevoli.

A ben vedere, però, il ministro leghista e i suoi colleghi di Casta qualche attenuante ce l'hanno. L'unico modo per arrestare questo disgustoso italico gioco allo scaricabarile è il controllo sull'operato degli eletti da parte dell'opinione pubblica. Nei sistemi normali la voce dei cittadini passa attraverso i mezzi d'informazione. Quando un Maroni qualsiasi dice castronerie del genere, sono i giornalisti, gli opinionisti e le persone che hanno la fortuna di poter parlare sui quotidiani e sulle tv, a intervenire per richiamare governanti e parlamentari ai loro doveri istituzionali. In quelli malati, come il nostro, trova invece spazio sui media (quasi) solo chi è contiguo o dipendente dalle classi dirigenti. E i ministri perdono il controllo.

http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=85823



Grandi riforme: abolire gli elettori. - Marco Travaglio

Da Il Fatto Quotidiano del 26 gennaio 2010

C’è un che di pervicacemente odioso nel comportamento degli elettori pugliesi del Pd.

Alle primarie di cinque anni fa D’Alema ordina di votare Boccia e loro votano Vendola al 51%.

Ora D’Alema riordina di votare Boccia e loro rivotano Vendola, ma al 75%.

Percentuale che a Gallipoli, casa D’Alema, sale all’80 e a Fasano, casa Latorre, all’85.

Più passa il tempo e meno gli elettori capiscono le alte strategie dell’Attila del Tavoliere.

Non che Boccia fosse proprio senza speranze: le ha perse quando D’Alema ha deciso di dargli una mano.

In quel preciso istante persino Vendola, con tutte le cazzate che ha fatto in questi ultimi mesi, è parso uno statista.

Quando poi Max ha dichiarato che “Vendola ha fallito come leader” e “io non ho mai perso un’elezione in vita mia”, è apparso chiaro che Nichi avrebbe stravinto.

Quando infine Max ha assicurato a Boccia che, alla peggio, avrebbe “perso bene”, il giovanotto ormai terreo si è visto definitivamente perduto. Infatti, candidato di un partito al 30%, s’è fatto doppiare da quello di un partito al 2%.

Un trionfo.

Qualche schizzinoso osserva che non è stata una mossa geniale contrapporre a Vendola un candidato già sconfitto da Vendola e poi, per giunta, meravigliarsi se ha riperso con Vendola.

Ma questa è gente che non capisce l’intelligenza di Max.

Che ora, per così poco, non deve darsi per vinto, anzi, insistere nell’opera di rieducazione delle masse.

Magari, fra cinque anni, quando si ripresenterà per la terza volta in Puglia con Boccia al fianco, prenderà solo i voti di un paio di anziane prozie, ma nel frattempo i voti complessivi del Pd saranno scesi a tre: vittoria assicurata col 66%.

L’importante è continuare a seguire gli amorevoli consigli del Pompiere della Sera, che con i suoi Galli della Loggia, Panebianco, Ostellino, Battista e Franco ha gioiosamente sospinto il Pd verso la proficua alleanza con l’Udc di Casini, Cesa e Cuffaro, infinitamente più graditi al popolo del centrosinistra che non, poniamo, un Vendola o un Di Pietro.

Da anni questi giganti del pensiero si affannano a invitare il Pd al dialogo con Berlusconi e a metterlo in guardia dall’antiberlusconismo, come se il travaso di voti del Pd all’Idv fosse colpa di Di Pietro e non merito del Pd.

Ora finalmente assaggiano il risultato dei loro amorevoli consigli: nel giro di un mese l’Attila di Gallipoli ha trasformato il centrosinistra in un campo di Agramante in una delle poche regioni in cui, nonostante lui, aveva ancora un senso e qualche voto.

Ma niente paura: nemmeno le primarie in Puglia serviranno da lezione.

E’ già pronto l’alibi: non potendo dare la colpa a Di Pietro (che si è detto pronto a sostenere tutti i candidati indicati dal Pd, purché gli vengano comunicati prima delle elezioni), il capro espiatorio è già stato individuato nel sindaco di Bari, Michele Emiliano, che per dar retta a Max è uscito pure lui con le ossa rotte dal Risiko dalemiano.

Come se alle primarie non votasse la gente, ma le nomenklature.

Michele Vietti dell’Udc ha le idee ancora più chiare: “Il Pd o abolisce le primarie, o si suicida” (l’Udc le ha abolite prima ancora di farle, anche perché verrebbero continuamente interrotte da retate delle forze dell’ordine).

Ecco, è colpa delle primarie: finché si interpelleranno gli elettori, l’Udc non potrà mai allearsi col Pd.

E manco col Pdl, visto che Casini, Cuffaro e Cesa sono molto popolari anche a destra.

Massimo Franco, sul Pompiere, concorda: guai se il Pd arguisse dalle primarie che i suoi elettori non vogliono l’Udc, guai se tornasse all’“Unione prodiana già bocciata dagli elettori alle politiche del 2008” (in realtà nel 2008 non c’era nessuna Unione prodiana, ma il Pd di Veltroni che l’aveva appena fatta cadere).

Ora, sempre col Pompiere nel taschino, Attila è atteso dalla mission più impossible della vita: dopo aver perso tutte le elezioni e averle fatte perdere anche a Boccia e al Pd, deve riuscire a perdere pure la Puglia contro un Carneade scelto da quel genio di Raffaele Fitto.

Ma, con un po’ d’impegno, ce la può fare.



venerdì 22 gennaio 2010

Anna Maria Moncini, vedova di Bettino Craxi.

(ANSA) - ROMA, 21 GEN - 'Per me e' arrivata la lettera degli italiani, perche' il presidente li rappresenta tutti', dice Anna Craxi sulla lettera di Napolitano. La vedova dell'ex leader Psi commenta cosi' la missiva del capo dello Stato per il decennale della morte di Bettino Craxi. 'Mi ha fatto immenso piacere.
(ansa)

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"Gli aneddoti raccontati da Vespa nel libro, e che hanno scatenato l'ira di Craxi jr, emergono dalle interviste fitte di dettagli inediti a due presunte fiamme di Bettino Craxi, Ania Pieroni e Patrizia Caselli. Della Pieroni (amante di Craxi fino al '91, durante il suo periodo d'oro e di potere) si sapeva già quasi tutto. La Caselli emerge invece come l'amante del periodo successivo al '91, quando il leader del Psi iniziò caddè in rovina e finì poi i suoi giorni latitante ad Hammamet. La prima non fa segreto - nel libro di Vespa - dei dettagli della storia d'amore con Craxi, raccontando anche gli espedienti che i due usavano per potersi incontrare di nascosto. «Non ero la preferita, ero l'unica - rivela - Tu sei la mia malattia, mi diceva». «Sì - spiega Ania - è proprio stata una grande storia d'amore».

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La finzione fa parte del mondo dello spettacolo, vero signora Anna?

Non è stata lei a vivere gli ultimi momenti di suo marito ad Hammamet, ma una sua amante e lei lo sa benissimo.

Ma resta pur sempre la moglie che ha accettato tutto pur di restare moglie di un presidente del consiglio che aveva racimolato tanto danaro, ma tanto da poterlo spartire a moglie e amanti, non aveva importanza per lei che fosse danaro di provenienza illecita ed in gran parte sottratto a noi italiani.

Ora pretende anche che a scriverle la lettera siamo noi italiani rappresentati da un vecchio e decrepito presidente della repubblica.

Mi cancelli dall'annovero, signora, io non sono tra quegli italiani: non ho stima del presidente, non ne ho per lei, non ne ho per il suo defunto marito!


giovedì 21 gennaio 2010

Beppe Grillo sponsorizza Vendola in Puglia.

Grazie, Beppe.
Sponsorizzare Vendola, uno dei pochi non dalemiano e, pertanto, non colluso con i peggiori poteri politici, è stata una scelta ponderatissima!
Salviamo solo la parte buona della politica, il resto deve andare al macero!


mercoledì 20 gennaio 2010

Il valore dell'esempio




















Dopo aver definito il boss mafioso Vittorio Mangano "un eroe" e aver riabilitato il corrotto Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e i suoi uomini stanno per approvare una legge che cancellerà centinaia di migliaia di processi. Per salvare il premier, i diritti delle vittime dei reati vengono così azzerati. E i criminali tornano o restano in libertà. Noi de Il Fatto quotidiano questo mondo alla rovescia non lo vogliamo.

Per noi, nel pantheon immaginario che dovrebbe essere alla base del convivere civile, non ci sono i delinquenti.

Ci sono, invece, tutti quegli uomini e quelle donne che hanno speso la vita per combattere la criminalità organizzata, per arginare la corruzione, per garantire al Paese la libertà di parola, di voto e di pensiero.

In una frase: tutte quelle persone che hanno tentato di rendere l'Italia un po' migliore. I nostri eroi sono questi. In redazione ne abbiamo scelti cinque: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Sandro Pertini, Enrico Berlinguer e Giorgio Ambrosoli.

Ma potevano essere molti di più. Per questo adesso vi chiediamo, cari lettori, che anche voi facciate una scelta. La vostra scelta.

Vogliamo sapere quali sono i vostri eroi.

Indicate, se volete, i loro nomi qui sotto.

Spiegate nei commenti il perché della vostra decisione.

E domandate ai vostri amici, attraverso la rete o il passaparola, di fare altrettanto.

Noi pensiamo che in questo paese le persone perbene, a destra come a sinistra, siano ancora una larga maggioranza.

E partendo da un piccolo sondaggio come questo vogliamo cominciare a dimostrarlo.

Perché se saremo tantissimi anche loro, quelli che inneggiano a Mangano e santificano Craxi, cominceranno a rendersene conto.

Peter Gomez

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578


Istigazione a delinquere

di Giorgio Bongiovanni - 19 gennaio 2010

Questo editoriale, di cui mi assumo la piena responsabilità, non intende assolutamente offendere l'uomo Giorgio Napolitano, ne le intenzioni con cui, in probabile buona fede, ha indirizzato la sua lettera ad Anna Craxi, la vedova del segretario del PSI Bettino Craxi.

Il mio giudizio è asetticamente nel merito del suo significato istituzionale.

La mia fede cristiana mi impone di non giudicare la persona, ma bensì un atto che considero di particolare gravità.

Leggendo questa lettera non ho potuto fare a meno di provare la sensazione che le parole del Capo dello Stato possano risuonare alle orecchie di tutti i cittadini italiani e soprattutto di quei giovani che si affacciano ora al mondo della politica come una pericolosa istigazione a delinquere. Secondo la più alta carica dello Stato infatti dovrebbero sentirsi autorizzati a commettere ogni sorta di ruberia, di ladrocinio, di saccheggio ai danni dei propri concittadini, nella certezza che alla fine tutto, o in parte, sarà loro perdonato.

Non solo.

Che sarà addirittura esaltato il loro talento, se sapranno essere “grandi statisti” come lo è stato Craxi.

E non importa se ha truffato, se ha attuato una politica nefasta, “la sua figura complessiva – come ha detto Napolitano – non può venir sacrificata”.

Di fronte a queste vergognose parole un Parlamento sano dovrebbe chiedere l'impeachment. L'immediato allontanamento di quel Presidente della Repubblica che calpestando gli stessi principi della Costituzione che è stato chiamato a proteggere e garantire istiga i futuri giovani ledears politici a delinquere.

Ciò che voglio credere è che questa istigazione sia incosciente. Che sia fatta, per quanto possibile, in buona fede. Perché solo una totale incoscienza può giustificare una simile ipocrisia e può aver spinto la mano di Napolitano a scrivere questa famigerata missiva.

Intanto però al Presidente dico che italiano non mi sento più. Che voglio essere esule di una patria che non mi appartiene. Anche se amo l'Italia, anche se amo la mia terra, la Sicilia, ma non mi sento rappresentato dal vertice delle nostre istituzioni.

L'anno scorso noi di ANTIMAFIADuemila abbiamo chiesto udienza al Presidente della Repubblica per condividere con lui i nostri progetti futuri, seppur modesti, a favore della legalità nella lotta contro tutte le mafie.

La segreteria personale ci aveva risposto, chiedendoci di attendere ed assicurandoci che Napolitano era solidale con i nostri progetti.

Dopo questa assurda lettera ritiriamo ufficialmente la nostra richiesta.

Non vogliamo incontrare un Presidente che riabilita “la figura complessiva di Bettino Craxi”. Uno dei più grandi ladri e delinquenti che l'Italia abbia mai avuto.

Certo è che guardando allo sconfortante scenario mondiale comprendo che questo vertice si allinea perfettamente al potere che domina il mondo. E che passa attraverso la grande finanza, la grande economia così come è puntualmente spiegato nell'articolo scritto dal nostro amico Giulietto Chiesa, che appare qui in anteprima e che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista ANTIMAFIADuemila.

A leggere di questi temi viene certamente la pelle d'oca.

Perché è chiaro che l'istinto a delinquere, a truffare, a rubare è nel Dna di tutti coloro che hanno nelle mani il mondo.

E che hanno fatto dell'illegalità un valore e della legalità un disvalore.
Noi però ci sentiamo diversi.

Noi apparteniamo a quella schiera di “poveri illusi”, e non sono pochi, che vivono ancora di “concetti superati”.

Che vorrebbero l'uguaglianza per tutti, i diritti per tutti, che non accettano le ingiustizie di un mondo in cui ogni 3 secondi un bambino muore di fame.
Un mondo che andrà verso l'autodistruzione se non si ritornerà, il più in fretta possibile, a una nuova questione morale.

Senza se e senza ma.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24124/78/

Le Monde: “La memoria corta degli italiani”



Craxi, o la memoria corta degli italiani”: si intitola così una “lettera dall’Italia” del corrispondente da Roma del quotidiano francese, Le Monde, pubblicata ieri.
“A 420 euro, trasporto e notti di albergo comprese, i tre aerei partiti venerdì 15 gennaio da Milano, Roma e Palermo, destinazione Hammamet sono stati subito riempiti”, esordisce Philippe Ridet, aggiungendo che a “fe d e l i ” e “nostalgici” di “colui che ha incarnato la corruzione della classe politica alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, si sono aggiunti quest’anno tre ministri.

Avendo fatto i loro primi passi al fianco di Bettino Craxi, Franco Frattini (Esteri), Renato Brunetta (Funzione pubblica) e Maurizio Sacconi (Sanità) hanno scelto stavolta di esprimere la loro fedeltà alla luce del sole”.

A 10 anni dalla morte, se “Berlusconi, che Craxi aiutò molto a costruire il suo impero mediatico
grazie a leggi su misura” ritiene Craxi soltanto un “perseguitato”, i “nemici di ieri, soprattutto
gli ex comunisti”, “si dicono anche loro pronti a fargli un posto nel pantheon della sinistra”.

Da: "Il Fatto Quotidiano del 19 gennaio 2010.


martedì 19 gennaio 2010

Puglia, la Procura smentisce: Nichi Vendola non è indagato, oppure si?


BARI - A quanto pare, la melma delle regionali pugliesi, diventa ancora più liquamosa e densa.

A colpi di smentite, frasi ambigue e battutine, la regione meridionale si dimostra quella più piena di serpi pronte a mordere chi non permette loro di strisciare adeguatamente. Il "caso Vendola" era stato scatenato da un articolo comparso sul Corriere del Mezzogiorno di Bari e firmato da Angela Balenzano e Francesco Strippoli ""Nichi Vendola- si legge testualmente sul quodiano pugliese del Corriere - iscritto nel registro degli indagati, per concussione, per aver sponsorizzato un luminare delle Neuroscienze in un concorso da primario"

Vendola reagisce in maniera serena, parlando di "Solite notiziole che circolano da un po' per insidiare la mia vita" e rispondendo con una video lettere (
clicca qui per vederlo).

A questo punto scatta automaticamente e logicamente l'ipotesi di grossolana castroneria dei due colleghi del Corriere. Un'operazione magari pilotata da uno dei numerosissimi scontenti del Pd o, ancora, da qualche esponente del Pdl e dell'Udc.

Peccato che, dopo la smentita ufficiale che nega l'ipotesi che il governatore uscente sia indagato, la procura di Bari, attraverso
Laudati, precisi che "Non ci sono iscrizioni suscettibili di comunicazioni". Cosa significa "suscettibili di comunicazioni"? Che Vendola è iscritto in qualche altro registro ma che non si tratta di nulla di grave? Anche l'affermazione successiva che parla di "possibili strumentalizzazioni delle indagini" guardandosi bene di precisare ad opera di chi appare piuttosto ambigua.

Per il riassunto della "puntata precedente" vi rimandiamo
all'articolo
di Antonio Rispoli pubblicato questa mattina. Per le conclusioni, beh...ci affidiamo alla vostra capacità d'analisi critica.


http://www.julienews.it/notizia/politica/puglia-la-procura-smentisce-nichi-vendola-non-e-indagato-oppure-si/40060_politica_0.html


Aggressione Berlusconi, Tartaglia trasferito in ospedale. Pm dispone perizia su premier

ultimo aggiornamento: 19 gennaio, ore 21:36
Milano - (Adnkronos/Ign) - La consulenza medico-legale per accertare l'entità dell'aggressione avvenuta lo scorso 13 dicembre in piazza Duomo. Tartaglia da San Vittore al reparto psichiatrico del San Carlo di Milano. Per i medici del carcere "era forte il rischio di autolesionismo".

Milano, 19 gen. - (Adnkronos/Ign) - Il procuratore aggiunto Armando Spataro ha disposto una consulenza medico-legale per accertare la prognosi di Silvio Berlusconi dopo l'aggressione da parte di Massimo Tartaglia, l'uomo che aggredì il premier lo scorso 13 dicembre in piazza Duomo dopo un comizio.

La consulenza, come ha pubblicato oggi 'il Fatto Quotidiano', dovrà accertare la durata della malattia e i tempi di guarigione del presidente del Consiglio oltre alla sussistenza di eventuali postumi. Due esperti medico-legali visiteranno dunque Berlusconi. La perizia, si apprende in serata in ambienti giudiziari, è necessaria ai fini di una corretta imputazione, oltre ad eventuali aggravanti, a carico di Tartaglia, che oggi è stato trasferito nel reparto psichiatrico dell'ospedale San Carlo di Milano.

Il trasferimento di Tartaglia è stato deciso dal gip Cristina Di Censo con il parere favorevole del pm Armando Spataro. A determinarlo le perizie periodiche inviate dai medici del Centro clinico del carcere di San Vittore dove era detenuto Tartaglia.

Secondo i medici, infatti, per Tartaglia, era forte il rischio di gesti di autolesionismo. Fin dai primi giorni di gennaio, a quanto risulta, Tartaglia sembrava essersi chiuso in se stesso e rifiutava qualsiasi colloquio e contatti con l'esterno. La modifica delle sue condizioni psichiche, a questo punto, ha convinto il gip a spostare Tartaglia in un centro dove può essere maggiormente seguito.



L'isola caraibica colpita da quattro scosse tremende, fino a 7,3 gradi Richter
Crollate migliaia di case e anche i nuovi palazzi dell'Onu, del governo, ospedali

Haiti devastata da un terremoto
"Una catastrofe, migliaia di morti"


PORT AU PRINCE - Una notte da incubo per Haiti dopo il terribile terremoto che ha devstato l'isola caraibica poche ore fa. Squassata da quattro scosse tremende - la prima, più forte, di 7,0-7,3 gradi Richter - nel pomeriggio di ieri (poco prima della mezzanotte italiana), la capitale di Haiti Port-Au-Prince, due milioni di abitanti, si è trasformata in un attimo in una distesa di rovine, un'enorme nube grigia di polvere con migliaia di persone inghiottite sotto le macerie. Con il calare della notte, mentre i soccorritori hanno cominciato a reagire in ordine sparso, la città è diventata una macchia di oscurità totale, popolata di spettri accasciati sulle strade senza sapere dove andare.

Le scosse.
L'ipocentro delle quattro scosse è stato ad appena 10 chilometri di profondità. Ravvicinati gli epicentri, tutti in terraferma e nelle vicinanze della capitale: a 15 km a sud-ovest la prima, a 25 km. a ovest-sud-ovest la seconda e la terza, a 30 km. a sud ovest la quarta. "Tutto ha ballato, la gente urla, le case hanno cominciato a crollare. Il caos è totale" ha detto un giornalista della Reuters sul posto.

La catastrofe.
Con il passare delle ore le dimensioni del disastro, subito definito da fonti americane "un'enorme catastrofe", assumono contorni sempre più tragici: i morti e dispersi nella sola Port-Au-Prince si conterebbero già a migliaia. Nulla si sa per ora del resto del paese: comunicazioni telefoniche interrotte, nessun straccio di notizia arriva dalle fonti ufficiali.

Nuovi palazzi crollati.
A seminare la morte gli edifici più alti e più, in teoria, moderni: crollati come cartapesta ospedali, il palazzo presidenziale, vari ministeri, hotel cosiddetti di lusso nel paese più povero delle Americhe, edifici per uomini d'affari, grandi magazzini. Anche il Quartier generale della missione militare e civile dell'Onu, che nel paese disloca ben 9.000 uomini - 7.000 militari e 2.000 poliziotti - è stato quasi raso al suolo. "


Gli aiuti. Il presidente Barack Obama e la segretaria di stato Hillary Clinton hanno promesso aiuti immediati. Anche l'Italia si è mobilitata. E la Banca mondiale ha promesso l'invio di una missione di esperti per valutare i danni e stilare piani per la ricostruzione del paese.

Gli italiani. La Farnesina sta verificando le condizioni dei circa 70 italiani che vivono ad Haiti. Non si sa al momento che cosa sia loro accaduto. Tra i 70 ci sono un certo numero di dipendenti della Ghella costruzioni di Roma. Secondo fonti diplomatiche si trovano nel nord del paese, in un'area lontana dall'epicentro del terribile sisma.
(13 gennaio 2010)

lunedì 18 gennaio 2010

Mascherine e kit: il business parallelo I COLOSSI FARMACEUTICI E L’INDOTTO -INFLUENZA - Valentina Arcovio

la mappa:

Il virus
4 milioni di contagi
210 vittime (0,005%)
Pandemia influenzale?
Dai numeri proprio
no. Da ottobre
i casi di persone
contagiate dal virus H1N1
sono stati 4,1 milioni (il picco
si è registrato nel mese di novembre).
I morti sono stati in
totale 210, cioè circa lo
0,005%.
Numeri quindi di gran lunga
inferiori a quelli patiti l’anno
passato.

Le dosi
24 milioni comprate
865 mila consumate
Anche per
quanto riguarda
le dosi di
vaccino i numeri
lasciano pochi
dubbi. Il governo ne ha acquistate
24 milioni di dosi. Ne
sono state distribuite però solo
10 milioni.
Clamorosamente inferiore
il numero di persone che al
vaccino hanno preferito
sottoporsi: appena 830 mila

La spesa
Sono costate
184 milioni di euro
Sprechi? Il
contratto siglato
dal ministero
della Salute
con la Novartis
vale 184 milioni di euro. Considerato
il flop delle vaccinazioni
non un grande investimento
per la salute pubblica
e per i cittadini-contribuenti.
Ma nonostante l’evidenza di
questi risultati il governo
continua a tacere sull’intera
vicenda.

Distribuzione-uso
Poco più del 3%
in Piemonte e Lazio
Regione cha
vai distribuzione
del vaccino
che trovi. Con un
valore comune,
comunque: gli italiani non si
sono fidati.
Il rapporto tra dosi distribuite
e somministrate lo
conferma: punta massima
in Emilia Romagna (22%),
media tra il 7 e l’8% e minimi
nel Lazio (3,4%), Val
d’Aosta e Piemonte (3,1).

Paura e medicine
Analgesici
e antibiotici a go-go
L’ effetto delle
urla e delle
grida sull’allar me
influenza ha partorito
anche altri
effetti collaterali. Finiti soprattutto
nell’assalto alle farmacie
per l’acquisto di antivirali,
analgesici e altri medicinali
per scampare alla “pe -
ste” dell’H1N1.
Ovviamente e sentitamente
i produttori del ramo ringraziano.

Da: Il Fatto Quotidiano di oggi.

Vaccino, che grande imbroglio - Sandra Amurri

La truffa dell’H1N1: più di 23 milioni di dosi inutilizzate
Gli spot del governo e la strana prelazione di Sirchia alla Novartis


Il governo
Berlusconi ha buttato via 184 milioni di euro. LaNovartis ha incassato un miliardo di euro.
Il ministero della Salute ha sottoscritto un contratto con Novartis che definire sbilanciato a favore della multinazionale svizzera è poco, ma questo lo vedremo dopo aver puntato i riflettori su un altro fatto.
Girolamo Sirchia – condannato in primo grado a tre anni per aver intascato tangenti, carcere scampato grazie all’indulto, sospeso per cinque anni dai pubblici uffici – nel 2004 quando era ministro della Sanità nel secondo governo Berlusconi, a trattativa privata (cioè senza gara pubblica) ha versato a Novartis 3 milioni di euro per avere diritto alla prelazione sull’eventuale produzione di vaccini in caso di pandemia. Ed è arrivata l’influenza H1N1.

"Costruita" la pandemia, il governo Berlusconi ha acquistato il vaccino dallaNovartis con un contratto che per le sue clausole previste è stato tenuto segreto, come "denuncia" la Corte dei Conti. 24 milioni di dosi per un costo di 184 milioni di euro da pagare anticipatamente con l’impegno da parte del governo di accollarsi la responsabilità di eventuali effetti collaterali e del pagamento nel caso di danni a terzi per motivi che non fossero attribuibili a difetti di fabbricazione.
A conti fatti i vaccini ritirati e distribuiti alle Asl sono stati pari al valore di 10 milioni contro i 184 pagati. E ne sono stati inoculati solo 865 mila. Il resto? Finiranno al macero visto che scadranno tra poco. Risultato: spreco enorme di soldi pubblici di cui nessuno risponderà. Morale: i cittadini sono stati ingannati tre volte in un colpo solo.

La prima quando l’allora viceministro e oggi ministro della Salute,
Ferruccio Fazio, ripeteva che eravamo di fronte a una pandemia mortale di dimensioni inimmaginabili creando tra la popolazione il panico.
Il secondo quando presi dall’ansia i cittadini si sono recati nei presidi ospedalieri per essere vaccinati e hanno scoperto che dovevano firmare il consenso informato in quanto il vaccino non aveva superato tutti i test obbligatori per essere immesso in commercio.
La terza quando hanno scoperto che lo Stato, cioè loro, aveva acquistato 24 milioni di dosi per 184 milioni di euro e ne aveva utilizzate 865 mila per 10 milioni di euro.

Tutt’altro esempio arriva invece dalla Polonia dove il primo ministro,
Donald Tusk ha accusato le case farmaceutiche di voler scaricare la responsabilità per eventuali effetti collaterali in quanto il vaccino non era stato sufficientemente testato. E il ministro della Salute, il medico Ewa Kopacz, ha rincarato la dose aggiungendo che se le aziende produttrici non accettavano di assumersi la responsabilità legale per ogni caso di persona danneggiata i vaccini non erano acquistabili.
Stessa cosa ha fatto la Finlandia decidendo che chi voleva vaccinarsi poteva farlo a proprie spese e a proprio rischio e pericolo perché lo Stato non avrebbe né finanziato né distribuito quel vaccino.

In Italia invece sono stati buttati via 184 milioni di euro nonostante il parere contrario di moltissimi farmacologi – compreso quello del direttore dell’Istituto di ricerca "Mario Negri" di Milano,
Garattini, secondo cui la corsa al vaccino si spiega con "la grande pressione delle industrie che ne avrebbero tratto forti guadagni" – che si trattava di un virus "dalla mite virulenza" e acquistare il vaccino non sarebbe stato "un grande affare".

Per i cittadini ma non per la Novartis, ovviamente. A questo si aggiunge che il vaccino, non casualmente a esclusione di quello americano, contiene lo squalene che secondo una ricerca condotta alla Tulane Medical School sui veterani della Guerra del Golfo vaccinati per l’antrace con un vaccino contenente l’immuno-coadiuvante MF59 (contenente lo squalene) ha dimostrato che "il 95% che ha sviluppato la Gulf War Syndrome, che ha causato migliaia di morti, aveva anticorpi verso lo squalene".

Ma sulla decisione del nostro governo pesa anche l’ombra del conflitto di interessi che è stato solo apparentemente risolto con la nomina di Fazio ministro della Salute, ruolo ricoperto da
Maurizio Sacconi la cui moglie Enrica Giorgetti è direttrice generale di Farmindustria.
Certo la Novartis che ha prodotto il vaccino non è un’azienda italiana. Ma come si può ignorare che Farmindustria aderisce in ambito internazionale alla Federazione europea (EFPIA) e a quella mondiale (FIIM–IFPMA)? Oltre al fatto che il ministero della Salute, attraverso la AIFA (Agenzia italiana farmaci), stabilisce i prezzi dei farmaci, quali ritirare dal commercio e quali no. Ha il controllo su Farmindustria (che riunisce oltre 200 imprese del farmaco operanti in Italia, nazionali e a capitale estero) rispetto all’avviamento dell’impresa, alla natura degli stabilimenti, ai prodotti, all’immissione in commercio e alla presentazione del prodotto (etichetta, foglio illustrativo e pubblicità) ecc.

Conflitto denunciato da Antefatto.it? , ignorato dai media e descritto dalla britannica Nature, una delle più antiche e prestigiose riviste scientifiche nell’articolo “Clean hands, please” (Mani pulite, per favore) in cui si legge: “Per di più le connessioni tra i ministeri della Sanità e del Welfare con il sistema industriale sono sgradevolmente strette: per esempio la moglie del ministro Maurizio Sacconi è direttrice generale di Farmindustria, l’associazione che promuove gli interessi delle aziende farmaceutiche".


Come evitare processi per mafia - Marco Travaglio

Come ogni assoluzione eccellente, anche quella di Calogero Mannino, arrestato 15 anni fa per concorso esterno in associazione mafiosa, ha scatenato la solita grandinata di luoghi comuni, falsità e scemenze assortite. Non si sa se dovute a ignoranza o a malafede (o forse a entrambe, visto che vengono dagli stessi che accettano solo le sentenze di assoluzione, infatti stanno beatificando il pregiudicato Craxi).

1) "Mannino non andava nemmeno processato: è stata una persecuzione politica della Procura di
Caselli". In realtà la procura s’è sempre limitata a chiedere. Mannino fu arrestato da un gip e i ricorsi dei difensori furono respinti dal Riesame (3 giudici) e dalla Cassazione a sezioni unite (9 giudici); poi – consulenze medico-legali alla mano – il Tribunale di Palermo (3 giudici) respinse la richiesta di scarcerazione per motivi di salute. Furono proprio i pm a farlo liberare anzitempo. Poi fu assolto con formula dubitativa in tribunale, condannato a 5 anni e 4 mesi in appello, sentenza annullata dalla Cassazione che però ritenne giusto riprocessarlo in appello, dove fu assolto sempre con formula dubitativa, sentenza confermata definitivamente l’altro giorno. Quindi una dozzina di giudici hanno stabilito che era giusto processarlo.

2) "E’ stato un errore giudiziario e ora bisogna riformare la giustizia tagliando le mani ai pm e votando il ‘processo breve’, visto che la durata del processo è colpa dei pm". Il processo è durato così a lungo perché l’Italia è l’unico paese al mondo con tre gradi di giudizio automatici che spesso, come in questo caso, diventano cinque. Ma anche perché la giustizia è senza uomini né mezzi. E, in questo caso, anche a causa della legge
Pecorella, che abolì l’appello del pm paralizzando il processo finché la Consulta non la cancellò.

In ogni caso non tutte le assoluzioni significano che l’imputato è stato processato per errore. Per capire se lo è stato, bisogna leggere le motivazioni. Qui anche i giudici che hanno assolto Mannino hanno ritenuto provati molti dei fatti contestati dall’accusa: un pranzo con un gruppo di ufficiali medici e con due boss; la partecipazione alle nozze fra
Maria Silvana Parisi e Gerlando Caruana, figlio di Leonardo, boss di Siculiana; i rapporti con gli esattori mafiosi Nino e Ignazio Salvo, ai quali Mannino – da assessore regionale alle Finanze – concesse in gestione l’esattoria di Siracusa; gli incontri in casa sua con il boss Antonio Vella e con Gioacchino Pennino, medico palermitano di Brancaccio, esponente della Dc cianciminiana, discendente di una famiglia mafiosa, amico dei boss Giuseppe Di Maggio, Totò Greco e i fratelli Graviano, per chiedere e ottenere voti.

"È acquisita la prova – scrive il tribunale che lo assolse – che nel 1980-81 Mannino aveva stipulato un accordo elettorale con un esponente della famiglia agrigentina diCosa Nostra, Antonio Vella", e poi con altri boss.

Il "patto elettorale ferreo, avallato dall’intervento di un mafioso come Vella…costituisce una chiave interpretativa della sua personalità e consente di invalidare buona parte del capitolato difensivo, volto a rappresentare Mannino come un politico immune da contaminazioni coscienti con ambienti mafiosi o addirittura vittima di chissà quali complotti".

La questione controversa, valutata diversamente nei vari gradi di giudizio, non sono i rapporti e gli accordi coi mafiosi: è la “controprestazione” fornita da Mannino aCosa Nostra, il do ut des necessario per innescare il concorso esterno. Per i giudici del primo appello, i favori alla mafia sono provati; per il secondo appello e la seconda Cassazione, non abbastanza. Certo, è seccante restare sotto processo per tanti anni. Ma c’è un sistema infallibile per non essere accusati di mafia: non incontrare mafiosi, non andare a cena con loro né ai loro matrimoni e soprattutto non stipulare con loro “patti elettorali ferrei”. E’ dura, ma ce la si può fare.

Da Il Fatto Quotidiano del 17 gennaio