di Giorgio Bongiovanni - 19 gennaio 2010
Questo editoriale, di cui mi assumo la piena responsabilità, non intende assolutamente offendere l'uomo Giorgio Napolitano, ne le intenzioni con cui, in probabile buona fede, ha indirizzato la sua lettera ad Anna Craxi, la vedova del segretario del PSI Bettino Craxi.
Il mio giudizio è asetticamente nel merito del suo significato istituzionale.
La mia fede cristiana mi impone di non giudicare la persona, ma bensì un atto che considero di particolare gravità.
Leggendo questa lettera non ho potuto fare a meno di provare la sensazione che le parole del Capo dello Stato possano risuonare alle orecchie di tutti i cittadini italiani e soprattutto di quei giovani che si affacciano ora al mondo della politica come una pericolosa istigazione a delinquere. Secondo la più alta carica dello Stato infatti dovrebbero sentirsi autorizzati a commettere ogni sorta di ruberia, di ladrocinio, di saccheggio ai danni dei propri concittadini, nella certezza che alla fine tutto, o in parte, sarà loro perdonato.
Non solo.
Che sarà addirittura esaltato il loro talento, se sapranno essere “grandi statisti” come lo è stato Craxi.
E non importa se ha truffato, se ha attuato una politica nefasta, “la sua figura complessiva – come ha detto Napolitano – non può venir sacrificata”.
Di fronte a queste vergognose parole un Parlamento sano dovrebbe chiedere l'impeachment. L'immediato allontanamento di quel Presidente della Repubblica che calpestando gli stessi principi della Costituzione che è stato chiamato a proteggere e garantire istiga i futuri giovani ledears politici a delinquere.
Ciò che voglio credere è che questa istigazione sia incosciente. Che sia fatta, per quanto possibile, in buona fede. Perché solo una totale incoscienza può giustificare una simile ipocrisia e può aver spinto la mano di Napolitano a scrivere questa famigerata missiva.
Intanto però al Presidente dico che italiano non mi sento più. Che voglio essere esule di una patria che non mi appartiene. Anche se amo l'Italia, anche se amo la mia terra, la Sicilia, ma non mi sento rappresentato dal vertice delle nostre istituzioni.
L'anno scorso noi di ANTIMAFIADuemila abbiamo chiesto udienza al Presidente della Repubblica per condividere con lui i nostri progetti futuri, seppur modesti, a favore della legalità nella lotta contro tutte le mafie.
La segreteria personale ci aveva risposto, chiedendoci di attendere ed assicurandoci che Napolitano era solidale con i nostri progetti.
Dopo questa assurda lettera ritiriamo ufficialmente la nostra richiesta.
Non vogliamo incontrare un Presidente che riabilita “la figura complessiva di Bettino Craxi”. Uno dei più grandi ladri e delinquenti che l'Italia abbia mai avuto.
Certo è che guardando allo sconfortante scenario mondiale comprendo che questo vertice si allinea perfettamente al potere che domina il mondo. E che passa attraverso la grande finanza, la grande economia così come è puntualmente spiegato nell'articolo scritto dal nostro amico Giulietto Chiesa, che appare qui in anteprima e che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista ANTIMAFIADuemila.
A leggere di questi temi viene certamente la pelle d'oca.
Perché è chiaro che l'istinto a delinquere, a truffare, a rubare è nel Dna di tutti coloro che hanno nelle mani il mondo.
E che hanno fatto dell'illegalità un valore e della legalità un disvalore.
Noi però ci sentiamo diversi.
Noi apparteniamo a quella schiera di “poveri illusi”, e non sono pochi, che vivono ancora di “concetti superati”.
Che vorrebbero l'uguaglianza per tutti, i diritti per tutti, che non accettano le ingiustizie di un mondo in cui ogni 3 secondi un bambino muore di fame.
Un mondo che andrà verso l'autodistruzione se non si ritornerà, il più in fretta possibile, a una nuova questione morale.
Senza se e senza ma.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/24124/78/