854 miliardi di dollari illecitamente sottratti allo sviluppo africano dal 1970 al 2008
Un'emorragia economica, queste sono le conclusioni del rapporto del Global Financial Institute (Gfi) sul flusso di capitali che illecitamente hanno abbandonato l'Africa. Una spaventosa mole di denaro persa, lasciando disperatamente in ginocchio il continente africano. 854 miliardi di dollari polverizzati in un periodo che va dal 1970 al 2008. Una cifra calcolata senza considerare i proventi di attività illegali quali contrabbando, narcotraffico, tratta degli esseri umani, contraffazione, commercio sessuale e crimini vari. Con l'apporto di questi traffici si arriverebbe alla cifra astronomica di 1 miliardo 800 milioni di dollari volatilizzati in soli 39 anni. Un'ipoteca per lo sviluppo africano. Fondi scomparsi che avrebbero potuto rilanciare l'economia di un continente soffocato da guerre, regimi sanguinari, fame, malattie, siccità, e negli ultimi anni anche dagli appetiti delle organizzazioni criminali transnazionali.
La grande fuga di capitali dall'Africa, non considerando appunto i proventi delle attività prevalentemente mafiose, avvengono tramite l'utilizzo di conti esteri anonimi o la falsificazione delle transazioni finanziarie. I capitali, fatti fuoriuscire in modo illecito, vengono così assorbiti nel grande buco nero del sistema finanziario globale: paradisi fiscali, giurisdizioni che prevedono il segreto bancario, conti fiduciari anonimi, false fondazioni, etc. Degli 854 miliardi di dollari evaporati dall'Africa, la maggior parte proviene dai paesi sub-sahariani. All'interno della macro-regione esistono, tuttavia, delle differenze anche consistenti. Nell'area sub-sahariana, infatti, sono i paesi dell'Africa Centrale e Occidentale quelli che hanno subito il maggiore flusso di capitali illeciti. Tra questi il più colpito risulta essere la Nigeria, grande esportatore di petrolio.
Tuttavia, il Global Financial Institute mette in guardia sul fatto che non per tutti i paesi e non per tutti gli anni del periodo preso in considerazione è possibile avere dati certi. Guerre e instabilità, nonché l'inesperienza dei governi, lasciano delle grandi lacune da colmare. Tra il 1970 e il 2008 i paesi africani, mediamente, 29 miliardi di dollari a testa. I paesi dell'Africa Sub-sahariana ne hanno perso complessivamente 22 miliardi. I paesi produttori di petrolio si calcola che abbiano perso mediamente 10 miliardi di dollari l'anno, mentre i paesi esportatori di materie prime diverse dal petrolio ne hanno perso 2,5 in media. L'incidenza della perdita di capitali sul prodotto interno lordo (PIL) complessivo del continente è stato del 2% nel 1970, del 7% nel 2008, con il picco massimo registrato dell'11% nel 1987. Ogni cittadino africano ha perso complessivamente 989 dollari.
Un'emorragia, si è detto, che ha contribuito a mettere in ginocchio l'economia già morente dell'Africa. Un continente che dipende enormemente dagli aiuti provenienti dall'estero e che ha visto nel 2008 il flusso di capitali illeciti diretti all'estero superare di gran lunga il debito estero dell'intera Africa. Il Global Financial Institute calcola che per ogni dollaro ricevuto per assistenza esterna i paesi in via di sviluppo 10 a causa dei flussi illeciti di capitali. Il governatore della Banca centrale del Kenya, Ndung'u, non usa mezzi termini: «i costi di questa emorragia finanziaria sono stati significativi per i paesi africani. Nel breve periodo la fuoriuscita massiccia di capitali e il drenaggio dei risparmi nazionali hanno minato la crescita ». «La fuga dei capitali – aggiunge Ndung'u – ha avuto conseguenze avverse sul welfare specialmente per i poveri in numerosi paesi perché ha aumentato le differenze di reddito e ha compromesso le prospettive lavorative ». E' necessario bloccare l'emorragia di capitali dall'Africa già duramente provata dal debito estero, dalla corruzione, dalle guerre intestine. Ma è altrettanto necessario riformare il sistema finanziario globale in modo da poter rintracciare i capitali illeciti, assicurando all'Africa le risorse necessarie per costruire il proprio futuro. Un richiamo per i "grandi" del mondo che lo scorso anno, nel corso della riunione del G20 a Londra, avevano promesso, senza crederci molto, una guerra senza frontiere alle economie "