martedì 27 aprile 2010

Fiumicino, 10 miliardi con danno ambientale - Alessandro Ferrucci


27 aprile 2010

Tre nuove piste per il Leonardo da Vinci, un’opera più costosa del Ponte di Messina, al centro la famiglia Benetton. Ma nessuno ne parla

TERRA. ARIA. ACQUA. Manca il fuoco, per completare i quattro elementi. Ma ci sono i soldi. Tanti, tantissimi, forse come non se ne sono mai visti prima. Anche oltre i 6,3 miliardi stanziati per il "Ponte di Messina". No, quelli non bastano per raddoppiare l’Aeroporto di Fiumicino. Ce ne vorranno almeno 10. Eppure nessuno ne parla. Silenzio. Dagli imprenditori coinvolti, agli organi di Stato, fino a gran parte della politica. Zitti tutti. Gli unici pronti ad alzare la voce sono uno sparuto gruppo di cittadini di Maccarese e Fregene, frazioni di Fiumicino, alle porte di Roma. Sono loro a gridare "aiuto, vogliono cementificare le nostre vite". Quindi ecco la terra: per realizzare l’opera sono necessari 1.300 ettari; aria: la motivazione data da Aeroporti di Roma è che il traffico aereo sulla Capitale raggiungerà, da qui al 2044, i 100 milioni di passeggeri, rispetto agli attuali 36. Acqua: la zona prescelta è a un chilometro, in linea d’aria, dal litorale, zona bonificata negli anni ’20 da contadini veneti e ora dedita ad agricoltura.

LA "MACCARESE SPA" E GLI IMPRENDITORI DI TREVISO. Agricoltura specializzata. In mano, per oltre il 98 per cento,alla "Maccarese spa", società nata negli anni ’30, di proprietà prima della "Banca Commerciale" e poi del gruppo "Iri", ma nel 1998 acquistata dalla famiglia Benetton per circa 93 miliardi "con l’impegno di mantenere la destinazione agricola e l’unitarietà del fondo", come recita l’accordo. Già, a meno di un esproprio. "Se l’Enac (il braccio operativo del ministero dei Trasporti, ndr) dovesse decidere che quella zona è necessaria per realizzare un’opera fondamentale per la collettività, allora verrebbero avviate le pratiche per ottenere le terre", spiega una fonte di AdR. Tecnicismi, che nascondono ben altro. Proviamo l’equazione: la “Maccarese spa” è di Benetton.Gemina possiede il 95 per cento di Adr. Gemina è di Benetton. Cai, quindi la nuova Alitalia, sta concentrando sulla Capitale quasi tutto il suo traffico aereo nazionale e internazionale. I Benetton, dopo Air France, il gruppo Riva e Banca Intesa, sono i quarti azionisti di Cai con l’8 e 85 per cento. Insomma gli "united colors" rivenderebbero allo Stato, quello che dallo Stato hanno acquistato, per poi ottenere i finanziamenti utili a realizzare un qualcosa da loro gestito e sul quale lavoreranno direttamente quanto indirettamente. "Questione di lobby, di business sulla testa delle persone – spiega Enzo Foschi, consigliere regionale del Lazio per il Pd – perché vede, non c’è alcuna necessità di raddoppiare, nessuna. Basterebbe organizzare meglio l’aeroporto e nell’attuale regime. Anche così il 'Leonardo da Vinci' sarebbe in grado di sopportare il raddoppio di passeggeri". Invece “si uccideranno le prospettive di un territorio – continua Foschi – vocato all’agricoltura, al turismo e all’archeologia, per le necessità di pochi, di pochissimi. È una vergogna".

Una vergogna "silenziosa". Come detto,
il Fatto ha più volte contattato gran parte della politica laziale per avere delle risposte. Dai big, come il neopresidente Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della ProvinciaNicola Zingaretti, fino a consiglieri e assessori. Niente da fare. O al massimo un "sì, leggiamo e vedremo se intervenire. Grazie". "Sono mesi che poniamo interrogativi, sempre inevasi – spiega Marco Mattuzzo del ‘Comitato fuoripista’ –. Siamo choccati da tanto silenzio, ci sentiamo soli e inermi. Abbiamo interpellato tutti, compreso l’Enac per capire. Risultato? Non volevano darci neanche le informazioni di cui abbiamo diritto". Almeno per capire dove e quando.

Tutto nasce nell’ottobre del 2009. Conferenza stampa convocata da
AdR. Toni pacati, sorrisi grandi. Pacche sulle spalle e l’atteggiamento di chi dice: siamo alla svolta, chi non lo capisce è fuori dal mercato. È fuori tempo. L’occasione è presentare a governo ed Enac il piano di sviluppo. Il presidente di AdR, Fabrizio Palenzona, spiega: "Sono previsti investimenti per 3,6 miliardi di euro fino al 2020, nell’ottica di un progetto che punta a una capacità di 55 milioni di passeggeri nel 2020 e di 100 milioni nel 2040". Attenzione alle cifre: i 3,6miliardi sono solo per arrivare ai 55 milioni; per toccare quota 100 c’è chi osa sparare quel numero iperbolico: 10 miliardi("Basta moltiplicare il costo per il numero di passeggeri" ci spiega la nostra fonte in Adr). E per questo è necessario "un grande patto tra investitori e istituzioni – continua Palenzona – attraverso un quadro certo di regole e tariffe per consentire un così ingente piano di investimenti privati: un piano che ha il sostegno di imprenditori che rischiano, mettono soldi nel mercato, ma hanno bisogno di certezze".

"Tariffe", la parola magica. Come conferma
Gilberto Benetton: "Il tutto è vincolato nella prima fase all’ottenimento di un aggiornamento delle tariffe, nella seconda fase a una nuova convenzione che preveda anche un ritorno sugli investimenti futuri". Dichiarazione rilasciata sempre a ottobre, poco prima di un incontro ufficiale a Villa Madama, Roma. Presente anche il responsabile divisionecorporate e investment banking di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè. Guarda caso "Intesa" è il terzo socio di maggioranza in Cai.

LA PREOCCUPAZIONE DELLE BANCHE E LE CONDIZIONI. I soldi ci sono. Eccoli. Loro chiedono un adeguamento. L’adeguamento c’è. Dalla legge finanziaria presentata il 23 dicembre del 2009, si legge: “È autorizzata, a decorrere dall’anno 2010,e antecedentemente al solo periodo contrattuale, un’anticipazione tariffaria dei diritti aeroportuali per l’imbarco di passeggeri in voli all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione europea, nel limite massimo di 3 euro per passeggero, vincolata all’effettuazione di un autofinanziamento di nuovi investimenti infrastrutturali urgenti". Più urgenti di un raddoppio? C’è un "però":AdR ha ottenuto un incremento di imbarco pari all’inflazione programmata del 2009 (l’1,5 per cento, quindi da 5,17 euro a 7,57). Ma secondo quanto riportato il 6 aprile da il Sole 24 Ore a firma Laura Serafini, AdR non ritiene di essere in grado di finanziare l’opera con le norme attualmente vigenti sulle tariffe. "Lo potrà fare solo con un nuovo sistema, tutto da negoziare con l’Enac entro la fine del 2010, che secondo quanto già dichiarato dai vertici di AdR dovrebbe riconoscere allo scalo la stessa convenzione data ad Autostrade, che dunque garantirebbe aumenti per i prossimi 34 anni (la concessione AdR scade infatti nel 2044)". Da qui lo scoglio: manca la garanzia che il ministero dell’Economia, chiamato ad approvare quel contratto assieme al ministero dei Trasporti dia il via libera a questo tipo di contratto. E le banche non vogliono rischiare. Vogliono vedere "nero su bianco". Per questo AdR pretende che il calcolo dell’inflazione parta dal 2001. "Quindi il raddoppio lo paghiamo noi cittadini – interviene Marco Mattuzzo– eppoi c’è qualcuno che vuole venderci la storia che conviene a tutti avere un aeroporto del genere. Anche a chi vedrà la propria casa rasa al suolo. Lo sa una cosa? Ora nessuno comprerebbe una casa ‘condannata’. A meno che non sappia niente del piano. Quindi il danno lo subiamo già ora". Non solo case, anche aziende. Nella zona interessata (nella pagina accanto c’è la piantina) vivono duecento famiglie e operano venti aziende, alcune delle quali affittuarie della "Maccarese Spa".

Gente che da anni lavora la terra, investe, cresce, offre primizie al mercato romano. Percorrere le tante stradine che costeggiano i campi è come fare un viaggio nelle "quattro stagioni": da una parte i prodotti dell’inverno, poi ecco i primi frutti della primavera. E così via. "Noi siamo qui dal 1987 – interviene il signor Caramadre, dell’omonima cooperativa –, e ci occupiamo di orticoltura biologica. Se sono disposto ad andarmene? Ma lei si rende conto quanto tempo ci vuole per mettere in piedi un’azienda del genere? Cosa vuol dire piantare e aspettare i frutti? Non siamo mica una fabbrica che compra i componenti e li mette in funzione. Per noi i periodi diventano anni, dai dieci ai quindici". Quindi di vendere non se ne parla "anche perché non ci darebbero mai la cifra necessaria per aprire una nuova attività – continua –. Così siamo all’interno di una forma ricattatoria: o cedi alla cifra che decidiamo, o vai in giudizio civile. Quindi 7-8anni per arrivare a sentenza. E nel frattempo mi hanno raso tutto al suolo".

Bene, ecco qui: “A 36 milioni di traffico, corrispondono 2623 dipendenti, di cui circa 635 a tempo determinato – spiegano da
Fuoripista. Quindi 80 occupanti ogni milione di passeggeri. Al contrario AdR parla di mille addetti ogni milione. Al 2044 sarebbero 100 mila posti di lavoro diretti". Il Fatto ha cercato di sentire tutte le parti. Ha chiamato Gemina, ha interpellato l’Enac. Per capire. Anche con loro, niente da fare. L’Ente nazionale ha risposto che i "tecnici stanno ancora valutando, quindi è presto". Gli uomini di Benetton si sono chiusi dietro un inespressivo no comment. E chi lavora con loro ci ha parlato a voce bassa e sotto una promessa: "Mi raccomando, io non vi ho detto niente. Non fate mai il mio nome altrimenti mi licenziano". Già,l’importante è tenere la voce bassa. Anche se in ballo ci sono 10 miliardi di euro.

LEGGI:
Il primo volo, Andreotti e il Vaticano Montanelli: "Una rapina" di Luca De Carolis

Da
il Fatto Quotidiano del 27 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2480582&yy=2010&mm=04&dd=27&title=fiumicino_10_miliardi_con_dann


Schifani fa causa a 'Il Fatto' -


27 aprile 2010

Il presidente del Senato chiede 720.000 euro di risarcimento per le inchieste pubblicate dal quotidiano. La direzione risponde: "Le indagini giornalistiche proseguono, noi non ci faremo intimidire".

Il presidente del Senato,
Renato Schifani, ci ha notificato ieri una citazione civile con cui domanda 720 mila euro di risarcimento per le inchieste giornalistiche che lo riguardavano da noi pubblicate. La somma richiesta è superiore al nostro capitale sociale, ma noi non ce ne lamentiamo. Schifani, al pari di qualsiasi altro cittadino, se si ritiene diffamato ha il diritto di rivolgersi al Tribunale per veder riconosciute le proprie ragioni. Anche se, dopo aver letto le 54 pagine della citazione, dobbiamo confessare la nostra sorpresa: nonostante gli sforzi non abbiamo ancora capito quali delle notizie riportate su il Fatto Quotidiano non siano vere. A questo punto chi ha ragione e chi ha torto non lo potrà che stabilire il giudice.

Certo, avremmo preferito che il presidente Schifani, proprio per l'importante incarico pubblico da lui ricoperto, avesse risposto alle numerose
e-mail contenenti dettagliate richieste di chiarimenti che gli abbiamo inviato prima di scrivere ogni pezzo. E ora ci saremmo aspettati almeno una querela penale che, da una parte, avrebbe consentito al pubblico ministero di svolgere autonomamente indagini sui fatti contenuti negli articoli in maniera più ampia rispetto a quanto si può fare in sede civile. E che, dall'altra, sarebbe potuta sfociare, in caso di un nostro rinvio a giudizio, in un dibattimento pubblico senz'altro interessante per chi vuol conoscere i trascorsi della seconda carica dello Stato.

In passato, quando Schifani era ancora il semplice capogruppo di Forza Italia al Senato, le cose andarono proprio in questo modo. Il nostro
Marco Lillo, all'epoca a l'Espresso, pubblicò un'inchiesta sui soci di Schifani poi condannati per fatti di mafia o finiti sotto processo per altri reati. Il pm stabilì che ciò che Lillo aveva raccontato era vero e la querela fu archiviata. Per questo, dopo aver riletto l'atto di citazione, oggi pensiamo che la causa miri più che altro a mettere una spada di Damocle economica sulla testa di un giornale appena nato. Ma se le cose stanno così, i nostri lettori possono stare tranquilli. Già domani dalle colonne de il Fatto Quotidiano spiegheremo dettagliatamente perché, a nostro avviso, la citazione di Schifani non è basata su argomentazioni serie e degne di un presidente del Senato. E nei prossimi giorni racconteremo altre storie inedite sulla vita del senatore, prima e dopo il suo ingresso in politica. Notizie che l'opinione pubblica deve conoscere.

LEGGI

20/11/2009 -
Schifani e il palazzo abitato dai boss di Marco Lillo

26/11/2009 -
"Schifani incontrava Graviano, l’uomo delle stragi e dei contatti milanesi" di Peter Gomez e Marco Lillo

27/11/2009 -
I soci di Schifani? Arrestati, condannati e confiscati diPeter Gomez e Marco Lillo

13/01/2010 -
Quando Schifani faceva l'autista di Marco Lillo

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2480492&title=2480492


Nuove toghe, schiena dritta!

Il Capo dello Stato, nel duplice ruolo di presidente della Repubblica e di presidente del Consiglio superiore della magistratura, oggi ha ricevuto 298 nuove leve della magistratura italiana. Tra gli inviti rivolti da Napolitano ai nuovi tirocinanti alcuni sono stati indirizzati al recupero della credibilità del potere giudiziario, che deve fuggire dai protagonismi mediatici, per riconquistare così la fiducia dei cittadini.

Tutti inviti condivisibili, sui quali vorrei fare alcune considerazioni doverose per smentire tutti coloro che considerano i giudici i responsabili del rapporto degradato tra politica e magistratura. La magistratura è composta di persone, di esseri umani. Non tutte queste persone possono essere in buona fede, qualcuno magari cede alla corruzione e strumentalizza la propria posizione per fare politica e affari, pur essendo nella magistratura.

Come, ad esempio, il giudice Squillante nel processo Sme. Ma questi casi sono e rimarranno isolati, questi giudici sono mele marce che si annidano ad ogni livello delle istituzioni.

I membri del governo screditano continuamente l’operato della magistratura, la umiliano e la criticano pesantemente attraverso telegiornali, quotidiani, rotocalchi e, perfino, attraverso le dichiarazioni di chi, come il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, dovrebbe tutelarne l’operato.

E’ normale che un Presidente del Consiglio definisca politicizzata la Consulta, poiché ha respinto una legge incostituzionale o che apostrofi i giudici come estremisti, comunisti, toghe rosse, venduti, politicanti, talebani, disturbati e degni di perizia psichiatrica?

E’ normale un governo che vari leggi anticostituzionali che imbavaglino e che impediscano l’efficiente funzionamento della macchina della giustizia?

E’ normale il fatto che il governo desideri una legge per eliminare le intercettazioni?

E’ normale che la politica intervenga per avocare a sé indagini in corso, per mettere in guerra tra loro le procure al fine di insabbiare ogni forma di accertamento giudiziario e che evidenzi l’eventuale coinvolgimento di alte personalità delle istituzioni?

E’ vero o no che la riforma della giustizia messa in campo da questo governo non prevede e non risponde minimamente all’obiettivo di ridisegno di una giustizia più efficiente e più veloce?

E’ vero o no che oggi la riforma della giustizia punta alla sottomissione del potere giudiziario a quello dell’esecutivo più che a garantire il funzionamento del comparto?

Trovo naturale che una categoria posta sotto assedio possa sviluppare uno spirito di unità, così come trovo scontato che chi ha interesse a sottometterla (il Pdl), voglia farla apparire “politicizzata”, mentre in realtà i giudici stanno difendendo i più alti valori dello Stato e della Costituzione.

Ai 298 tirocinanti io raccomanderei di tenere la schiena diritta, di non cedere agli attacchi e alle ingerenze della politica, cogliendo l’occasione, magari, di lanciare l’invito al governo in carica di potenziare le risorse a disposizione del comparto della giustizia, al quale mancano i fondi, le risorse umane e tecniche.

In tal senso, se questa fosse la direzione della riforma della giustizia, allora, saremmo ben lieti di parteciparvi, mettendo sul tavolo le numerose proposte contenute nel nostro programma. Proposte che, se accolte, riteniamo potrebbero rappresentare un boomerang per questa maggioranza, poiché hanno l’obiettivo di far funzionare, e non fare a pezzi la macchina della giustizia.

http://www.antoniodipietro.com/2010/04/nuove_toghe_schiena_dritta.html?notifica


Bergamasca, giunta cade per Facebook: consigliere ritratto con saluto romano



Neoeletto a San Giovanni Bianco, inneggia a «fascismo e libertà». Dimissionari sindaco e giunta leghista

MILANO - Un terremoto. Scoppiato su Facebook e piombato tra le mura del Comune di San Giovanni Bianco, nella bergamasca. Dimissionario poche ore dopo che è iniziata a circolare in rete la foto del neoeletto consigliere per il carroccio, Iuri Milesi, 21 anni, ritratto su Facebook con volto raggiante e saluto romano.Il sindaco e la maggioranza leghista che amministravano il paese da due anni, hanno rassegnato martedì mattina le dimissioni da tutte le cariche amministrative. Il comunicato ufficiale fa riferimento alle grandi difficoltà economiche in cui si trovano le casse comunali «nonostante le misure correttive da subito attuate», ma precisando che «non può essere un presunto disordine contabile a gettare ombre sul lavoro fatto da tante persone». Nel comunicato del sindaco Gerardo Pozzi non si fa riferimento però a ciò che è successo lunedì, quando si è scoperto che il ventunenne consigliere (indispensabile per sostenere la risicata maggioranza in Consiglio comunale dopo dimissioni a raffica, e ripescato tra i non eletti delle elezioni di due anni fa) aveva messo sul proprio profilo Facebook immagini che lo ritraevano mentre faceva il saluto romano, davanti a una Lombardia dipinta di nero con la scritta «Fascismo e libertà» o tra cimeli del Ventennio. Di fronte a quelle immagini il segretario provinciale della Lega Nord Christian Invernizzi aveva dichiarato che «è giusto prendersi le proprie responsabilità nei confronti degli elettori: quest'episodio è la goccia che fa traboccare il vaso». Puntuali, le dimissioni. Nelle prossime ore il Comune sarà commissariato.

Redazione online
27 aprile 2010
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_aprile_27/milesi-saluto-romano-comune-dimissionario-1602912913746.shtml

Lazio: Polverini e Cetica, storia di un patto inconfessabile - Marco Lillo



27 aprile 2010

Il mistero di un documento con cui nel 2000 il neo assessore al Bilancio accusava la ex sindacalista di aver usato l'Ugl per favorire economicamente una società della madre. La denuncia fu bloccata e poi tra i due venne trovato un accordo...

Ci sono carriere costruite sui discorsi fatti e altre che si basano sulle cose mai dette. È difficile capire a quale categoria appartenga il neo-assessore laziale
Stefano Cetica fino a quando - insieme alla sua presidente Renata Polverini - non spiegherà all’opinione pubblica una vecchia storia di biancheria intima, informatica e sindacato. Il presidente della Regione ha preteso per l’ex compagno dell’Ugl il ruolo più delicato della Giunta ma proprio la vecchia militanza sindacale rischia di gettare un’ombra sulla scelta. Dal 1999 al 2006, Stefano Cetica era il leader del sindacato di destra. Renata scalpitava ma solo nel 2006, Cetica le ha lasciato strada rimanendo come presidente. Prima della staffetta tra i due c’era stata una lotta senza esclusione di colpi. Un anno dopo l’insediamento, Cetica si trova di fronte un’agguerrita fronda interna che punta sulla giovane Polverini per scalzarlo. Lui reagisce brandendo la questione morale.

Nel documento si punta il dito contro Renata Polverini e il suo amico
Rolando Vicari, segretario dei forestali. Ecco cosa scriveva Cetica: "Esiste nell’Ugl una questione morale? Esiste o è esistita una gestione paternalistica, discrezionale, talora sconsiderata delle risorse del sindacato? Dobbiamo rispondere a queste domande prima di arrivare alla scadenza congressuale". Poi Cetica entra nel vivo: "faccio alcuni esempi. Se solo nel 1997 il Caaf dell’Ugl ha conferito un appalto di 240 milioni di lire alla società Tavani Srl per forniture presumibilmente di servizi informatici, credo sia mio dovere capire fino in fondo le ragioni di questo importante rapporto economico. Anche perché la Tavani Srl è l’evoluzione dellaAlisan Srl, amministrata dalla signora Giovanna Sensi fortunata madre del segretario confederale Renata Polverini. Inoltre, fatto ancor più strano, la società", prosegue l’allora leader Ugl Cetica, "aveva ampliato proprio nel 1997 la sua attività all’informatica: prima si occupava del commercio e della vendita dell’abbigliamento, maglieria e biancheria intima. Il nostro Caaf", proseguiva ironico, "ha avuto subito una grande fiducia nel destino informatico della Tavani Srl, affidandogli (sic) un appalto di rilevanza davvero notevole, anche considerando le esigenze effettive della struttura. Nulla esclude che a tutto ciò ci sia una spiegazione plausibile, a parte il comune buonsenso; tuttavia una spiegazione deve essere data".

Poi Cetica passava a Rolando Vicari, il segretario dei forestali
Ugl con la passione del mattone. Nel 2007 Renata Polverini proprio a lui cederà a un prezzo stracciato un bell’appartamento con box di ampia metratura all’Eur, acquistato con lo sconto dall’Inpdap. A Vicari, nel 2000, Cetica rinfacciava di avere ceduto nel 1998 a soli 300 milioni un’immobile pagato 430 milioni di lire nel 1988 "dalla Centro Alfa, società strumentale legata all’Ugl" a una società dei figli di Vicari stesso. "Anche in questo caso", scriveva Cetica, “è necessario chiarire ogni responsabilità".

Il documento era diretto a tutti i segretari di categoria e territoriali e al consiglio nazionale. Ma al
Fatto risulta che non fu mai spedito. Dopo una circolazione ristretta tra i dirigenti, tornò nel cassetto. Cosa accadde dopo? Polverini e Vicari rientrarono nei ranghi. Il 17 luglio 2000, cinque mesi dopo la lettera, Renata Polverini cede le sue quote sociali della Alisan e la mamma ne lascia l’amministrazione. E Cetica rimane segretario per altri sei anni.

La scelta di non andare allo scontro finale ha pagato per entrambi. Oggi Polverini e Cetica sono presidente e assessore al bilancio della terza regione italiana. Certamente Cetica avrà avuto delle risposte esaurienti alle sue domande del 2000. Ma non sarebbe male se le rendesse pubbliche a beneficio di 5 milioni di cittadini laziali che alla coppia di ex sindacalisti affideranno i soldi delle loro tasse. Anche a loro, come diceva Cetica: "una spiegazione deve esser data".

Da il Fatto Quotidiano del 27 aprile

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2480237&title=2480237