Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie,entrambi indagati per false fatturazioni (Olycom)
L'ex manager Borgogni: la Lega ha imposto Orsi a Berlusconi Favori a leghisti e al pd Latorre. Che replica: una bufala.
NAPOLI - Lancia messaggi, accuse, sparge veleni. Testimone a Napoli, indagato a Roma, il manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni cerca di resistere al ciclone che si è abbattuto sulla holding . E tenta di rilanciare il proprio ruolo raccontando ai pm i rapporti coltivati in questi anni dai vertici aziendali con politici e funzionari di Stato. Si concentra soprattutto sulle assunzioni di parenti e amici di parlamentari con un'attenzione particolare ai leghisti. «Perché - chiarisce - sono stati loro a imporre al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina di Giuseppe Orsi come amministratore delegato», avvenuta nell'aprile scorso quando si decise che Pier Francesco Guarguaglini, che all'epoca ricopriva entrambe le cariche, sarebbe rimasto solo presidente e con una riduzione delle deleghe. I rapporti tra i due sono gelidi, Borgogni non nega la propria avversione nei confronti di Orsi. Non a caso nell'elenco dei «favori» inserisce anche quello fatto al parlamentare del Pd Nicola Latorre, «per ottenere l'appoggio del suo partito». Sono i tre verbali di interrogatorio davanti ai sostituti Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio - titolari dell'indagine che parte dalla consulenza ottenuta dal faccendiere Valter Lavitola e già conta una decina di indagati - a ricostruire quanto raccontato sino ad ora. Ma l'inchiesta appare essere entrata in una fase cruciale perché soltanto nei prossimi giorni, quando tornerà accompagnato dall'avvocato Stefano Bortone, si capirà se si tratta di una vera collaborazione o se invece il responsabile delle Relazioni istituzionali - che si è autosospeso la scorsa settimana dopo aver saputo che il giudice di Roma aveva negato la richiesta di arresto presentata dal pm Paolo Ielo - sta soltanto giocando una partita interna a Finmeccanica e alle sue «controllate» per regolare i conti tra cordate diverse.
Da Ponzellini a Giorgetti fino a Milanese
Sono numerosi i familiari dei potenti entrati in Finmeccanica grazie a una politica di assunzioni clientelari. Borgogni cita i due figli di Massimo Ponzellini, l'ex presidente della banca Popolare di Milano recentemente coinvolto nell'indagine della Procura di Milano sui finanziamenti concessi alla società Atlantis e da tempo ritenuto vicino al Carroccio. Poi si concentra su Giancarlo Giorgetti, leader leghista attuale presidente della commissione bilancio della Camera, anche lui favorito con un contratto a un parente. «Per assicurarsi buoni rapporti con il Pd - aggiunge - il figlio di Latorre fu prima assunto nella sede statunitense dell'Augusta e poi trasferito in quella italiana». Affermazione che il diretto interessato definisce «una enorme e bufala». «Mio figlio - spiega Latorre - è entrato tre anni fa ed è stato trasferito dopo sei mesi. Non so chi sia Orsi e questo contratto non c'entra nulla con la politica, anche perché io non mi sono mai occupato di nomine in Finmeccanica e posso escludere che il mio partito avrebbe avallato un'operazione del genere». Durante i suoi interrogatori il manager ha evidenziato il ruolo di Marco Milanese, braccio destro di Giulio Tremonti quando era ministro dell'Economia, che si occupava proprio delle nomine di Finmeccanica. E ha sottolineato come sia stato proprio lui a decidere l'ingresso nell'organismo di vigilanza di una società controllata dalla holding di sua moglie, l'avvocato Anna Maria Taddei.
I capannoni affittati a Malpensa Più articolato, secondo Borgogni, il piano di Orsi per spostare da Sud a Nord alcune attività strategiche e così assecondare i voleri della Lega. In questo quadro si inserisce la scelta di trasferire da Pomigliano D'Arco a Venegono in provincia di Varese, la sede legale dello stabilimento dell'Alenia, che tante polemiche ha già provocato visto che uno dei dirigenti è la moglie dell'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni. I diretti interessati hanno smentito, ma Borgogni insiste nel parlare di un piano «strategico» che «serviva a garantire l'ascesa di Orsi». E cita un episodio che riguarda l'attuale capogruppo del Carroccio alla Camera. Sostiene il manager che l'attuale vertice aziendale ha pianificato la chiusura di alcune attività ritenute sinora strategiche. Ma anche che alcuni appalti esterni sono stati affidati per soddisfare le richieste degli sponsor politici. Come nel caso che riguarda Marco Reguzzoni. Borgogni ha raccontato che a Malpensa sono stati presi in affitto alcuni capannoni di una società segnalata proprio dal parlamentare che guida il gruppo a Montecitorio.
Le telefonate con Milone Di fronte ai magistrati napoletani Borgogni ha parlato anche degli affari esteri, ammettendo che alcuni manager avrebbero favorito il pagamento di tangenti per ottenere commesse in Medio Oriente e in Sud America, in alcuni casi trattenendo una parte (è il filone nel quale era stata coinvolta anche l'ex modella Debbie Castaneda). Proprio quello che, secondo i pentiti dell'inchiesta romana, avrebbe fatto anche lui. Durante l'interrogatorio di sabato scorso di fronte al pm Paolo Ielo a Borgogni è stato chiesto di chiarire a che titolo avrebbe versato soldi a Filippo Milone, ex capo della segreteria di Ignazio la Russa, nominato sottosegretario alla Difesa nel governo Monti. Ma le sue risposte non sono apparse credibili e ora dovrà tornare per dimostrare la sua reale intenzione di raccontare la verità anche su questo fronte aperto nella Capitale.
Da Ponzellini a Giorgetti fino a Milanese
Sono numerosi i familiari dei potenti entrati in Finmeccanica grazie a una politica di assunzioni clientelari. Borgogni cita i due figli di Massimo Ponzellini, l'ex presidente della banca Popolare di Milano recentemente coinvolto nell'indagine della Procura di Milano sui finanziamenti concessi alla società Atlantis e da tempo ritenuto vicino al Carroccio. Poi si concentra su Giancarlo Giorgetti, leader leghista attuale presidente della commissione bilancio della Camera, anche lui favorito con un contratto a un parente. «Per assicurarsi buoni rapporti con il Pd - aggiunge - il figlio di Latorre fu prima assunto nella sede statunitense dell'Augusta e poi trasferito in quella italiana». Affermazione che il diretto interessato definisce «una enorme e bufala». «Mio figlio - spiega Latorre - è entrato tre anni fa ed è stato trasferito dopo sei mesi. Non so chi sia Orsi e questo contratto non c'entra nulla con la politica, anche perché io non mi sono mai occupato di nomine in Finmeccanica e posso escludere che il mio partito avrebbe avallato un'operazione del genere». Durante i suoi interrogatori il manager ha evidenziato il ruolo di Marco Milanese, braccio destro di Giulio Tremonti quando era ministro dell'Economia, che si occupava proprio delle nomine di Finmeccanica. E ha sottolineato come sia stato proprio lui a decidere l'ingresso nell'organismo di vigilanza di una società controllata dalla holding di sua moglie, l'avvocato Anna Maria Taddei.
I capannoni affittati a Malpensa Più articolato, secondo Borgogni, il piano di Orsi per spostare da Sud a Nord alcune attività strategiche e così assecondare i voleri della Lega. In questo quadro si inserisce la scelta di trasferire da Pomigliano D'Arco a Venegono in provincia di Varese, la sede legale dello stabilimento dell'Alenia, che tante polemiche ha già provocato visto che uno dei dirigenti è la moglie dell'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni. I diretti interessati hanno smentito, ma Borgogni insiste nel parlare di un piano «strategico» che «serviva a garantire l'ascesa di Orsi». E cita un episodio che riguarda l'attuale capogruppo del Carroccio alla Camera. Sostiene il manager che l'attuale vertice aziendale ha pianificato la chiusura di alcune attività ritenute sinora strategiche. Ma anche che alcuni appalti esterni sono stati affidati per soddisfare le richieste degli sponsor politici. Come nel caso che riguarda Marco Reguzzoni. Borgogni ha raccontato che a Malpensa sono stati presi in affitto alcuni capannoni di una società segnalata proprio dal parlamentare che guida il gruppo a Montecitorio.
Le telefonate con Milone Di fronte ai magistrati napoletani Borgogni ha parlato anche degli affari esteri, ammettendo che alcuni manager avrebbero favorito il pagamento di tangenti per ottenere commesse in Medio Oriente e in Sud America, in alcuni casi trattenendo una parte (è il filone nel quale era stata coinvolta anche l'ex modella Debbie Castaneda). Proprio quello che, secondo i pentiti dell'inchiesta romana, avrebbe fatto anche lui. Durante l'interrogatorio di sabato scorso di fronte al pm Paolo Ielo a Borgogni è stato chiesto di chiarire a che titolo avrebbe versato soldi a Filippo Milone, ex capo della segreteria di Ignazio la Russa, nominato sottosegretario alla Difesa nel governo Monti. Ma le sue risposte non sono apparse credibili e ora dovrà tornare per dimostrare la sua reale intenzione di raccontare la verità anche su questo fronte aperto nella Capitale.