martedì 25 gennaio 2011

L’avvocato Maris compie 90 anni: “Oggi in Parlamento ci sono legali servitori di B.”


Partigiano deportato a Mauthausen, ex senatore del Pci ed ex membro del Csm, Gianfranco Maris è un simbolo della sinistra milanese. “Il Pd mi fa soffrire. Il confronto nel partito è sui ruoli, non più sulle idee”

“Senza cultura e conoscenza dei fatti la nostra scelta non è libera. Siamo gregari costretti a fare quello che impongono gli altri”. Una convinzione che da sempre guida Gianfranco Maris. Simbolo della sinistra milanese, avvocato ed ex parlamentare, Maris ha compiuto ieri 90 anni. L’Aned (associazione nazionale ex deportati politici) e la Fondazione memoria della deportazione, delle quali Maris è presidente, gli hanno organizzato una festa speciale, che è stata occasione per presentare il volume Una sola voce: scritti e discorsi contro l’oblio (ed. Mimesis), un’antologia curata da Giovanna Massariello che raccoglie i testi e i discorsi di Maris sulla sua esperienza di partigiano deportato a Mauthausen. Una testimonianza che Maris porta anche nelle scuole, dove incontra ancora oggi gli studenti, per costruire una memoria che sia consapevolezza del passato. Utile in un presente in cui “ancora c’è diffidenza verso lo straniero, nazionalismo esasperato, razzismo, xenofobia”.

“Dal campo di concentramento non esci più. Ti resta dentro”, racconta Maris. Con calma prende una penna e deciso scrive ‘60’. “E’ la percentuale dei deportati italiani che a Mauthausen sono morti in 9 mesi”. L’ultima follia è del 22 aprile 1945. “La guerra ormai era finita. Tre giorni dopo Milano sarebbe stata liberata. I tedeschi ci riunirono nella piazza dell’appello e scelsero 800 persone da gasare”.

A Mauthausen Maris viene deportato nel luglio del ‘44. Si era unito ai partigiani come comandante della brigata Garibaldi, dopo essere stato ufficiale dell’esercito nella campagna in Grecia. La guerra aveva rafforzato il suo antifascismo. “Ricordo i giorni tra il 25 luglio del ’43 e l’armistizio dell’8 settembre”. Dopo l’arresto di Mussolini, il comando di reggimento gira a Maris l’ordine diBadoglio: “La guerra continua, bisogna spiegare ai soldati perché”. Racconta Maris: “Tra i miei uomini c’erano molti pastori, persone analfabete. La domanda non era perché continua, la guerra. Ma perché l’abbiamo fatta. La guerra era un’università che ti portava all’odio del disegno criminale del Fascismo”.

Dopo il ‘45 Maris si laurea in giurisprudenza e inizia la sua attività da avvocato. Tra le persone che ha difeso, Leonardo Marino. “Fui nominato d’ufficio. Lui confessò di aver partecipato all’omicidioCalabresi. Era un combattente politico che avevano fatto diventare un assassino. Mi sembrò sincero: sentiva il bisogno di liberarsi la coscienza per un delitto che non gli apparteneva. Lo difesi come uomo credibile, che diceva la verità”. I processi per cui Maris prova ancora orgoglio sono quelli in cui ha difeso operai, mondine e partigiani: “In questo caso non c’era solo la battaglia giudiziaria, ma anche l’occasione per continuare a sventolare la bandiera della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale”.

Rifarebbe l’avvocato Maris, perché ha avuto la fortuna di farlo in modo pulito. “Se il cliente pretendeva difese assurde, mi rifiutavo. Quello che gli dicevo era: ‘Io posso fare una difesa tecnica, ma lei non può negare il fatto’”. La stessa fortuna non ce l’hanno i deputati del Pdl, che si riuniscono per decidere come affrontare il caso Ruby. “Oggi in Parlamento ci sono legali a disposizione del capo. Sono utilizzati per difenderlo nelle vicende personali in cui è coinvolto. Come avvocato, invece, dovresti usare la tua professionalità in aula per fare leggi nell’interesse della collettività”. E’ questo il ruolo che Maris sente di ricoprire quando dal 1963 al 1972 è senatore per il Pci. “La corruzione c’era anche allora, tanto che poi ci fu Mani Pulite. Ma oggi la situazione è più grave. Non esiste assessore che non abbia raccomandazioni per qualsiasi appalto o consulenza”. Dal ’72 al ‘77 Maris è componente laico del Consiglio superiore della magistratura. Dal 1980 al ’90 è vice presidente del teatro alla Scala. “Su di me il partito non ha mai fatto pressioni perché Tizio venisse nominato presidente della Corte d’Appello. Né mi ha mai chiesto biglietti gratis per uno spettacolo”.

Nel Pci Maris entra prima della guerra, a 17 anni, quando frequenta la seconda liceo classico. “Fu quasi per caso. Un compagno di scuola mi presentò suo cucino e suo fratello, che appartenevano al partito comunista clandestino”. La passione politica, da allora, è sempre la stessa. Con qualche delusione negli ultimi anni. “Il Pd mi fa soffrire. Nel partito la lotta non è più finalizzata ai processi formativi della linea politica, ma all’affermazione del potere personale. Il confronto è sui ruoli, anziché sulle idee”. Niente che intacchi il suo entusiasmo. “Io i novant’anni li sento nella schiena. E basta”.




Berlusconi, blitz su La7 tra minacce e insulti.



Scatenato, senza freni. Non pago dei videomessaggi, Berlusconi irrompe all'Infedele, il programma di Gad Lerner su La7. E il soliloquio diventa pura aggressione, nonostante i tentativi di diga di Lerner, visibilmente sconcertato. "Mi hanno invitato a guardare la trasmissione. Sto assistendo ad uno spettacolo disgustoso, con una conduzione spregevole e ripugnante...".

GUARDA IL VIDEO

Inizia cosi' la telefonata che Silvio Berlusconi, a sorpresa, ha fatto alla trasmissione di Gad Lerner su La7. "State dicendo cose lontane dal vero, state rappresentando una realta' contraria al vero", e' l'attacco del premier al giornalista che, incredulo, ha invitato Berlusconi ad abbassare i toni. Ma il Cavaliere, riferendosi al 'caso Ruby', ha rincarato la dose: "Avete offeso al di la' del possibile la signora Minetti che e' persona intelligente, preparata e che ha fatto un importante apprendistato sul lavoro". Il conduttore della trasmissione ha tentato di intervenire piu' volte ma quando il Cavaliere ha accennato alle "cosiddette" signore presenti in studio Lerner ha replicato: "Lei e' anche il mio presidente del Consiglio ma ha offeso abbastanza, lei e' un cafone". Infine l'affondo del Capo del governo: "Invito la signora Zanicchi ad alzarsi e lasciare quel postribolo televisivo". Zanicchi, invece, è rimasta al suo posto. E' l'ultimo atto di una giornata folle. Iniziata con la leggina anti pm e conclusa, a tarda sera, con il blitz a La7. Un monologo violento, da despota sul viale del tramonto, che usa ogni mezzo pur di accreditarsi. Un'altra pagina nera per la democrazia.

Silvio Berlusconi lo aveva detto mercoledì scorso nel video-messaggio ai promotori delle Libertà a seguito dell'inchiesta sul caso Ruby: certi pm "vanno puniti" (GUARDA IL VIDEO). E il riferimento, non detto, era anche al trattamento riservato dai magistrati di Milano (Boccassini, Forno e Sangermano) alle ragazze invitate alle sue feste di Arcore e finite nel 'tritacarne' mediatico per la pubblicazione delle intercettazioni.

La carta da giocare, per via legislativa, il Pdl l'ha gia' trovata ed e' nei cassetti di Montecitorio. E' stata depositata alla Camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso quando si seppe che il premier aveva telefonato alla Questura di Milano per far affidare l'allora minorenne marocchina al consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti. Si tratta di un progetto di legge a prima firma del deputato Pdl, Luigi Vitali, e sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, tra cui Cirielli, Cassinelli, Lehner, che reca il titolo "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni".

La proposta e' stata consegnata direttamente nelle mani di Berlusconi -che ora la sta valutando- il giorno della riunione con i deputati-avvocati del Pdl. "L'ho consegnata io al presidente- spiega Vitali- e mi ha detto che la esaminera' con attenzione. La prossima settimana la presentero' in conferenza stampa e chiedero' di esaminarla subito in commissione Giustizia".

A leggere i 5 articoli, il progetto di legge sembra proprio pensato, anche se Vitali glissa, per il caso Ruby. E, se venisse approvato dal parlamento, metterebbe un serio freno all'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, che potrebbero incorrere in pesanti sanzioni. I punti principali della proposta sono i seguenti: i pm e i gip non competenti territorialmente e funzionalmente non potranno piu' autorizzare intercettazioni, pena provvedimenti disciplinari stabiliti dal ministro della Giustizia. In caso di assoluzione in un processo, l'imputato, ma anche tutti i testimoni finiti nelle intercettazioni 'spiattellate' sui giornali, avranno diritto a un risarcimento di 100 mila euro, che sara' sborsato di tasca propria dai pm dopo sentenza "di responsabilita' contabile" della Corte dei conti. Ma la vera 'chicca' e' la norma transitoria che rende la legge retroattiva: avranno diritto al risarcimento anche coloro che sono stati coinvolti in indagini risalenti a 5 anni prima della sua entrata in vigore.

La proposta di legge e' stata assegnata alla commissione Giustizia della Camera il 13 dicembre scorso e attende di essere calendarizzata. Il Pdl, a quanto si apprende, dovrebbe chiedere, in un prossimo ufficio di presidenza che venga messo all'ordine del giorno.

C'e' anche un comma che sembra ritagliato apposta per le ragazze di Milano 2 in via Olgettina, quelle finite nelle intercettazioni dei pm della procura di Milano che raccontano delle feste nelle case di Berlusconi. Il risarcimento, infatti, spettera' anche a coloro che, estranei alle indagini o la cui posizione verra' archiviata, avranno visto le loro conversazioni pubblicate sui giornali. Nel testo si parla di "coloro nei cui confronti sia stato pronunziato decreto o ordinanza di archiviazione, ovvero sentenza di non luogo a procedere, nonche' in favore dei terzi, estranei alle indagini, che siano stati intercettati occasionalmente". In quest'ultimo caso, il diritto alla riparazione compete soltanto "qualora le intercettazioni siano state divulgate, in quanto il pubblico ministero non abbia disposto il loro immediato oscuramento all'atto della ricezione delle relative trascrizioni". In ogni caso, prosegue il comma, "anche a prescindere dall'oscuramento, l'avvenuta pubblicazione sulla stampa delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni deve essere valutata ai fini della quantificazione" per il risarcimento. La domanda di riparazione del danno deve essere avanzanzata entro due anni e l'entita' non potra' "comunque eccedere la somma di euro 100 mila". Inoltre, "l'ingiusta intercettazione di conversazioni tra il difensore e il proprio assistito deve essere ulteriormente valutata ai fini dell'entita'" della cifra. Ed ecco, all'articolo 2, la norma transitoria che permetterebbe di applicare la legge anche al caso Ruby: "Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore" potranno presentare istanza di riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e di conversazioni coloro che, assolti, archiviati o estranei alle indagini ma finiti nelle cronache, sono stati oggetto "di ingiusta intercettazioni". Per loro il termine entro cui presentare la domanda diventa di 5 anni.

Ed ecco il cuore delle norme anti-intercettazioni 'punitive' nei confronti dei magistrati, contenute nella proposta di legge, a prima firma Luigi Vitali (Pdl), che attende di essere calendarizzata dalla commissione Giustizia della Camera. L'articolo 3 introduce una nuova fattispecie di illecito disciplinare modificando il Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, quello sulla disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati. Si stabilisce che incapperanno nelle sanzioni per aver "richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato" intercettazioni "il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari che non hanno competenza territoriale o funzionale nell'ambito di un procedimento penale". I provvedimenti disciplinari, continua la proposta di legge all'articolo 4, saranno valutati dal ministro della Giustizia e dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, anche su sollecitazione di coloro che sono stati 'spiati' ingiustamente. Se i magistrati risulteranno 'punibili', allora la Corte dei Conti promuovera' il giudizio di responsabilita' contabile nei confronti del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari che hanno rispettivamente richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l'ingiusta intercettazione".

In pratica, se lo Stato dovra' risarcire, saranno i magistrati a sborsare di tasca propria. Nella relazione di accompagnamento al testo, Vitali spiega: È innegabile che soprattutto negli ultimi anni vi sia stato un abuso" dello strumento delle intercettazioni "che, da un lato, e' enormemente costato alle casse dello Stato e, dall'altro, e' stato largamente invasivo del diritto costituzionale alla riservatezza nei confronti di numerosissimi cittadini che sono usciti dalle rispettive vicende dopo essere passati nel 'tritacarne' mediatico e giudiziario. Il Parlamento e' stato fino a oggi incapace di dettare una disciplina che regolamentasse la materia".



Berlusconi chiama Lerner: ''Postribolo televisivo''. Poi attacca



Durante L'infedele su La7, come già accaduto a Ballarò, il premier telefona in diretta e, dopo un breve sfogo nel quale insulta alcune delle signore presenti, difende Nicole Minetti e invita Iva Zanicchi a lasciare lo studio, attacca. Si stava affrontando il "Caso Ruby"