lunedì 21 marzo 2011

Allarme atomico evacuato Giannino. - di Marco Travaglio.




Prima vittima italiana del disastro nucleare giapponese: da cinque giorni non si hanno più notizie di Oscar Giannino, editorialista di Panorama, Messaggero, Gazzettino, Mattino, Radio 24. Precisamente da sabato, quando sulla prima pagina del quotidiano romano del costruttore Caltagirone è apparso un suo commento dal titolo definitivo: "Nucleare sicuro, è la prova del nove". Sdegnato contro chi osava "diffondere e amplificare notizie sull'allarme nucleare", il variopinto esperto sentenziava: "Orbene, se allo stato degli atti una prima cosa si può dire, è che proprio la terribile intensità del fenomeno abbattutosi sul Giappone ci consegna una nuova conferma del fatto che, in materia di sicurezza di impianti nucleari, i passi in avanti compiuti negli ultimi decenni sono stati notevolissimi, tali da reggere nella realtà dei fatti, senza creare pericoli per ambienti e popolazioni" ecc.

Insomma "le procedure automatiche d'arresto dei reattori si sono subitaneamente attivate" e "le centrali hanno tenuto". Ergo "tentare di dimostrare che il nucleare non possiamo permettercelo è dimostrazione di crassa ignoranza tecnologica". Purtroppo quel crasso ignorante tecnologico del premier Naoto Kan non legge il Messaggero: infatti ha intimato ai residenti nel raggio di 30 km da Fukushima di evacuare di corsa o di barricarsi in casa. Nel frattempo il Giannino ha fatto perdere le sue tracce: fonti non confermate lo segnalano tutto fosforescente col costumino fucsia nel reattore 2, mentre fa l'aerosol e i tuffi nella vasca di raffreddamento. Il Messaggero lo rimpiazza prontamente con Alberto Clò ("Dal nucleare non si può prescindere") ed Ennio Di Nolfo (guai a "trarre conclusioni frettolose e improvvisate. Sarebbe un esercizio futile"). Questi giganti del pensiero andrebbero spediti immantinente in Giappone come motivatori delle popolazioni in fuga. Uno abita sotto una centrale, la sente esplodere tre volte a notte, vede uscirne simpatici funghi atomici e sarebbe quasi tentato di turarsi il naso e darsela a gambe.

Ma ecco sull'uscio il professor Di Nolfo, giunto appositamente dall'Italia per ammonirlo: "Alt! Niente frettolose o improvvisate conclusioni, sarebbe esercizio futile. Faccia un bel respiro e si rilassi col Messaggero". Dove si segnalano altri titoli memorabili: "Le emozioni influenzano le scelte dell'Occidente", "Un incidente che frena il Rinascimento Nucleare". Già, perché al confronto la Firenze di Lorenzo il Magnifico era Neanderthal. Del resto, rassicurano gli esperti del Messaggero, le centrali italiane prossime venture avranno "un sistema ridondante di sicurezza", con ben "quattro sistemi di raffreddamento" (più Oscar Giannino che succhia la mentina e soffia aria fresca); "il rischio che la nube giapponese arrivi in Italia è davvero remoto, vista la distanza molto elevata" (ma va?); e comunque anche in Giappone è tutto sotto controllo, anche se il governo giapponese non lo sa: "Nessuna fuoriuscita dal nocciolo, solo fughe radioattive di lieve entità", per giunta "indotte dai tecnici degli impianti per far uscire il vapore in eccesso". Due scoreggine, non di più. Intanto il Pompiere della Sera, che ha tra i suoi azionisti i costruttori Ligresti e Toti, ci regala un ardito calcolo di Massimo Nava: "È scientifico che il rischio zero non esista. Ma in Francia nessun grave incidente è avvenuto in 1450 anni (dato ottenuto moltiplicando 58 reattori per 25 anni di funzionamento medio ciascuno)".

Moltiplicando poi per Pi greco, si può desumere che nessun grave incidente nucleare s'è verificato in 4553 anni, a partire dal 2542 a.C., quando i fenici s'insediarono nel Mediterraneo. Sono soddisfazioni. Del resto Il Tempo del costruttore Bonifaci – "non possiamo chiudere tutte le centrali francesi" che stanno a due passi da noi: dunque tanto vale farcene qualcuna in casa. È logica pura: siccome ho un vicino piromane che potrebbe incendiare la casa, la incendio prima io.
Così lo frego.




Birgi primo avamposto della Nato Lampedusa, continuano gli sbarchi.


L'aeroporto di Trapani chiuso ai civili da questa mattina. Appena decollati due F16, faranno da scorta ai tornado, ma è rebus sulla missione (leggi l'articolo). Nel frattempo nuovi sbarchi a Lampedusa e a Catania. Si dichiarano libici ma sono egiziani (leggi l'articolo). Ancora nessuna notizia del rimorchiatore scomparso con otto italiani a bordo. La Russa: "Procede a zig zag"(leggi l'articolo).

L'aeroporto di Trapani

Un rimorchiatore con otto italiani a bordo sequestrato da militari libici armati . L’aeroporto di Trapani-Birgi chiuso al traffico civile per permettere ai militari dell’aeronautica di organizzare le operazioni. Le coste di Lampedusa e quelle di Catania prese d’assalto dai migranti in fuga. Sono i primi effetti delle operazioni militari avviate dalla coalizione Nato in Libia. Ieri sera sono già partiti dalla base trapanese quattro tornado italiani. Dopo l’operazione contro la contraerei libica della notte scorsa - che ha distrutto anche alcune abitazioni a pochi metri dal bunker diGheddafi - i velivoli sono nuovamente tornati allo scalo di Birgi che da questa mattina appare completamente deserto.

Gli unici viaggiatori presenti sono in attesa di trasferirsi all’aeroporto di Palermo ''Falcone–Borsellino'', dove sono stati dirottati tutti i voli Ryanair previsti in partenza da Trapani.

“Mi auguro che questo blocco duri poco'', ha dichiarato Salvatore Ombra, presidente dell’Airgest, società che gestisce l’aeroporto civile di Birgi “Vincenzo Florio” . Ma fonti provenienti dal Pentagono annunciano che l’operazione “Odissea all’alba” si protrarrà per diverse settimane. Dallo stesso aeroporto arriva l'indiscrezione secondo cui sarebbe gia' stata programmata una chiusura di tre mesi.

Da due giorni non si hanno notizie precise del rimorchiatore Asso 22, che è in mano ad alcuni militari libici. Il rimorchiatore stava facendo rotta sulla piattaforma Eni al largo delle coste libiche, quando sabato scorso, poco prima dell’attacco francese, ha improvvisamente cambiato destinazione. Ed e' svanito dai radar. Da quel momento in poi i suoi spostamenti nel Mediterraneo sono avvolti nel mistero. Il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva escluso che l'imbarcazionee fosse stata fermata dai libici per ritorsione nei confronti dell’Italia, ma è stato immediatamente smentito da Ignazio La Russa. “A bordo del rimorchiatore si trovano alcuni marittimi di nazionalita' italiana insieme a libici armati. L'imbarcazionesta andando verso ovest, ma non sappiamo dove sia veramente diretta perché va zig zagando nel mare”. Tra gli otto marinai italiani che si troverebbero a bordo del rimorchiatore, quattro sono siciliani. “Siamo preoccupatissimi, ci sentiamo abbandonati”, così si è sfogato Salvo Arena, il padre di Antonino, 34 anni, uno dei marittimi a bordo del rimorchiatore Asso 22. Arena, sposato, e' padre di un bambino di 4 anni.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=50


Lettera geniale inviata a Radio Maria.

Tempo fa un NOTO RELIGIOSO, dalle onde radio di Radio Maria, ha risposto ad un ascoltatore che l’OMOSESSUALITA’ E’ UN ABOMINIO, perchè a dirlo è la BIBBIA (Levetico, 18,22). Un ABOMINIO CHE NON PUO’ ESSERE TOLLERATO IN NESSUN CASO.

10 giorni fa quello stesso ascoltatore ha scritto questa lettera al NOTO RELIGIOSO…

Lettera del 16 maggio 2009
Caro sacerdote, le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore.
Ho imparato davvero molto dal suo programma, e ho cercato di condividere tale conoscenza con più persone possibile.
Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che nel Levitico 18:22 si afferma che ciò è un abominio. Fine della discussione.
Però, avrei bisogno di alcun consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e come applicarle.

  • Vorrei vendere mia figlia come schiava, come prevede Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita?
  • Quando do fuoco ad un toro sull’altare sacrificale, so dalle scritture che ciò produce un piacevole profumo per il Signore (Levitico 1.9). Il problema è con i miei vicini. Quei blasfemi sostengono che l’ odore non è piacevole per loro. Devo forse percuoterli?
  • So che posso avere contatti con una donna quando non ha le mestruazioni (Levitico 15:19-24). Il problema è: come faccio a chiederle se ce le ha oppure no? Molte donne s’offendono.
  • Levitico 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perché non posso possedere schiavi francesi?
  • Un mio vicino insiste per lavorare di sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo personalmente?
  • Un mio amico ha la sensazione che anche se mangiare crostacei è un abominio (Levitico 11:10), lo è meno dell’omosessualità. Non sono d’accordo. Può illuminarci sulla questione?
  • Levitico 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all’ altare di Dio se ho difetti di vista. Devo effettivamente ammettere che uso occhiali per leggere … La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c’è qualche scappatoia alla questione?
  • Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Levitico 19:27). In che modo devono esser messi a morte?
  • In Levitico 11:6-8 viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti?
  • Mio zio possiede una fattoria. E’ andato contro Levitico 19:19, poiché ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto (cotone/acrilico).
  • Non solo: mio zio bestemmia a tutto andare. È proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le scritture? Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Levitico 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei?

So che Lei ha studiato approfonditamente questi argomenti, per cui sono sicuro che potrà rispondermi a queste semplici domande. Nell’occasione, la ringrazio ancora per ricordare a tutti noi che i comandamenti sono eterni e immutabili. Sempre suo ammiratore devoto.”

http://www.culturame.it/costume-e-societa/lettera-geniale-inviata-a-radio-maria/



La santa alleanza dei “no war” - di Francesco Persili

Pacifisti e bastian contrari. Da Sgarbi a Di Pietro, passando per Feltri, tutti quelli che l’Italia in guerra contro il Colonnello è meglio di no.

C’è chi dice no, senza se e con qualche “ma anche”. Il fronte contrario all’intervento Nato in Libia mette insieme i nemici di ieri, Sgarbi e Di Pietro, la Lega neutralista alla tedesca e la sinistra radicale. Pacifisti di rito antagonista e bastian contrari di professione saltano sulla carovana del dissenso, comandante in capo Vittorio Feltri, che su Libero ha dato la linea: «Con tutti i guai che abbiamo ci mancava solo la guerra al beduino».
L’ex direttore del Giornale scava nei «rischi altissimi» di un conflitto in cui si fatica a distinguere «buoni e cattivi», e sembra, addirittura, indossare l’eskimo per dire di un «Occidente che interviene a corrente alternata contro i despoti». Certo, pone domande non retoriche sul dopo Gheddafi mentre plaude alla Merkel, come, del resto, fanno anche leghisti che sottoscrivono l’astensione di Frau Angela sulla decisione dell’Onu, «non ponderata al cento per cento». Il Carroccio si (ri)allinea a Berlino, dopo le polemiche che qualche anno fa accompagnarono l’intemerata, dalle colonne della Padania, dell’attuale presidente della commissione esteri di Montecitorio, Stefano Stefani, contro i tedeschi «biondi, iper-nazionalisti, stereotipati, ubriachi di tronfie certezze» invasori delle spiagge italiane.
Nessun effetto Turigliatto sulla maggioranza, la Lega tiene il punto e una strategia non interventista politica estera. Fin dai tempi della guerra in Kosovo, le camicie verdi hanno mostrato di preferire la via dell’appeasement e di un disimpegno militare italiano dalle zone calde: Libano e Afghanistan. «Bossi, poi, assomiglia un po’ a Gheddafi», ha scherzato, alle Invasioni barbariche, Vittorio Sgarbi. Il sindaco di Salemi ha invitato il governo a non concedere le nostre basi militari agli americani: «Gheddafi uccide il suo popolo ma gli americani chi uccideranno? Massacreranno il popolo libico anche loro».
L’estetizzante critico d’arte ha ricordato il volo su Tripoli, la violazione dell’embargo aereo, la missione umanitaria in stile dannunziano, lo stupor mundi tra le rovine di Leptis Magna, e poi, sotto la tenda, con il Colonnello e la mamma Rina, a concionare di incontro di civiltà, politica, libertà e diritti umani. Lo stesso afflato ideale che ispirò un’altra beffa libertaria: la violazione dello spazio aereo in Iraq per protestare contro le sanzioni Onu che infliggevano patimenti alla popolazione. Sgarbi prende le distanze dalla cultura a stelle e strisce («Noi abbiamo avuto Beccaria e Manzoni, loro hanno ancora la pena di morte») e avendo visto da vicino «la miseria e la povertà» della Libia mostra di avere scarsa fiducia su una transizione democratica: «Il popolo si ribella perché presume che il prossimo governo sia meglio, credono che arriverà un salvatore che non ha la faccia di Gheddafi. Non ci sarà la democrazia ma un altro gruppo di potere altrettanto criminale».
Mota quietare, sì ma come? Il carattere equi-vicino che ha caratterizzato la politica italiana nel Mediterraneo, fin dai tempi di Moro e Andreotti, consiglia prudenza. «Saremo i primi a pagare con gli sbarchi», ammonisce Sgarbi, che dice no alla “no fly zone” e ai raid aerei. «Avremo tutto da perdere e nessun vantaggio». Anche se la pace – come ha detto Napolitano – oggi significa andare incontro alle popolazioni perseguitate, l’invito a sostenere il risorgimento del popolo libico fa i conti con la posizione di non belligeranza di Sgarbi e Lega e l’intransigenza del pacifismo barricadero.
Dal Pdci-Federazione della sinistra Oliviero Diliberto tuona: «Siamo in guerra con la Libia, in sfregio alla Costituzione italiana», mentre il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero teme «una escalation militare che trasformi la Libia in un nuovo Afghanistan». Sceglie la navigazione ferma l’Idv che chiede l’annullamento del Trattato di amicizia Italia-Libia, ma è contro «la presenza attiva» di militari armati. Stefano Pedica, capogruppo commissione Esteri del Senato, spiega che l’astensione vuol dire «non esportare la guerra, né partecipare a un intervento che non abbia scopi militari, in nome dell’articolo 11 della Costituzione». Anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso, infila il passaggio stretto della «necessità di fermare il genocidio, senza però usare strumenti di guerra».
Un’azione sì, ma senza l’uso della forza. Lo spettro del “ma anche” si allunga anche sul leader di Sel Vendola: «Impedire la macelleria civile ma vigilare con cautela perché l’opzione militare non si trasformi in qualcosa d’altro». Ecco, allora, che la soluzione per impedire il massacro ed evitare il pantano può essere l’intervento«limitato e chirurgico», con molti se e altrettanti ma. Pacifisti critici? Diversamente interventisti, via
.




«Questo mafioso finanziò Berlusconi» - di Lirio Abbate





Si chiama Giovannello Greco, era un killer fedelissimo di Bontate. E secondo le accuse di Giovanni Brusca avrebbe prestato centinaia di milioni al Cavaliere. Uscito dal carcere, è ancora vivo, non si sa dove.

Decine di miliardi di vecchie lire: quello che negli anni Settanta era un vero tesoro, pari a centinaia di milioni di euro odierni. E' l'investimento che una cordata di mafiosi palermitani avrebbe affidato allora a Silvio Berlusconi: denaro raccolto con i proventi del narcotraffico. In prima fila in questa operazione ci sarebbe stato Stefano Bontate. Assieme a lui, un pool di altri boss avrebbe consegnato pacchi di milioni di lire al fondatore dell'Edilnord. Boss sterminati nella spietata guerra lanciata dai killer corleonesi di Totò Riina all'inizio degli anni Ottanta. Tutti morti, tranne uno. Almeno a dare fiducia alle ultimissime dichiarazioni di Giovanni Brusca: uno dei presunti finanziatori di Berlusconi sarebbe ancora vivo. E libero, perché è anche l'unico mafioso che ha ottenuto la revisione del celebre maxiprocesso.

Il nome messo a verbale da Brusca lo scorso 25 novembre è quello di Giovannello Greco, un sopravvissuto: scampato alla strage corleonese, fuggito in Spagna, arrestato 16 anni dopo e poi tornato in libertà grazie alla revisione della condanna definitiva. A 14 anni dal suo arresto si è scoperto che Brusca aveva custodito nel silenzio molte conoscenze. A partire dalla storia del presunto tesoro mafioso affidato a Berlusconi.

Il racconto – scrive l'Espresso nel numero in edicola domani - messo nero su bianco negli ultimi mesi secondo gli inquirenti è importante perché descrive nel dettaglio tutti i tentativi da parte dei boss di recuperare il capitale consegnato all'imprenditore milanese.

Brusca sostiene che ogni anno il Cavaliere avrebbe pagato 600 milioni di lire ai finanziatori siciliani. Poi la guerra corleonese tra il 1981 e il 1982 ha falcidiato Bontate e il suo gruppo, facendo interrompere i rapporti.

Oggi Brusca ha fornito nuovi racconti sui boss che negli anni Settanta avrebbero puntato sul Cavaliere. Tra loro ci sarebbe stato Pietro Marchese, ucciso in carcere nel 1982. E soprattutto Giovannello Greco, un fedelissimo di Bontate, accusato di aver commesso numerosi omicidi: uno dei pochi uomini del padrino palermitano sopravvissuto alla mattanza corleonese. Brusca racconta come Greco riuscì a spiazzare i sicari di Riina con un'azione improvvisa: sarebbe piombato nell'abitazione del mafioso Gaetano Cinà, amico di Dell'Utri e in quel momento alleato dei corleonesi. «Giovannello Greco torna da dove si trovava e fa una specie di sorpresa a questo Cinà, per recuperare i soldi». Cinà, secondo Brusca, è l'uomo che all'epoca poteva arrivare direttamente al braccio destro del Cavaliere. E tramite questo canale sarebbe riuscito a farsi riconsegnare la sua quota dell'investimento. Fuggito dalla Sicilia dopo la morte del suo capomafia, Giovannello Greco è stato arrestato dopo 16 anni di latitanza a Ibiza e – dopo una lunga resistenza all'estradizione – ha poi accettato di tornare in carcere in Italia. Nel 2001 Gaetano Grado, un altro degli alleati di Bontate che secondo i pentiti frequentava Arcore, ha deciso di collaborare e si è autoaccusato dell'unico tentato omicidio per cui Greco era stato condannato nel maxiprocesso.

Su questa base Greco ha ottenuto la revisione della sentenza, con l'assoluzione riconosciuta dalla Corte d'appello di Catania. Dopo avere scontato un'altra pena per associazione mafiosa, oggi Giovannello è libero e vive lontano dalla Sicilia insieme alla moglie e alle figlie.