Auto 'inghiottita' da voragine su litorale ravennate, ancora gravi due donne.




Ravenna - (Adnkronos) - Sono in corso accertamenti per capire cosa abbia causato l'improvviso cedimento della sede stradale in viale Manzoni a Lido Adriano. Il Codacons presenta un esposto in Procura.

Ravenna, 26 mar. - (Adnkronos) - Restano gravi le condizioni delle due donne di 58 e 60 anni che ieri sono state inghiottite da una grossa voragine mentre percorrevano in auto viale Alessandro Manzoni a Lido Adriano, sul litorale ravennate. Le due, che viaggiavano su una Fiat 600, sono state ricoverate al Bufalini' di Cesena e al Santa Maria delle Croci di Ravenna. Sono in corso accertamenti per capire cosa abbia causato l'improvviso cedimento della sede stradale.

Il Codacons annuncia un esposto alla Procura della Repubblica di Ravenna in merito alla voragine apertasi sulla strada provinciale per Lido Adriano.

''Si tratta di un incidente assurdo che avrebbe potuto provocare una strage - afferma il presidente Codacons, Carlo Rienzi - Per tale motivo presenteremo lunedi' un esposto alla Procura di Ravenna, chiedendo di indagare alla luce delle possibili fattispecie di attentato alla sicurezza dei trasporti e concorso in strage''.

''Vogliamo sapere se vi siano state o meno negligenze od omissioni che abbiano provocato la rottura del manto stradale, e di chi siano le relative responsabilita' - prosegue Rienzi - Gli automobilisti della zona hanno corso un serio pericolo: non vogliamo pensare a cosa sarebbe successo se a transitare nel punto della voragine fosse stato un autobus carico di bambini''.



Libia, insorti riprendono terreno.



Roma - (Adnkronos/Ign) - I ribelli avanzano verso ovest e dono pronti a vendere il petrolio: stretta intesa con il Qatar. Il ministro degli Esteri: "Bisogna pensare anche un processo di riconciliazione nazionale ed è necessario coinvolgere il tessuto tribale. Spunta la proposta italo-tedesca per il dopo Gheddafi. Il Papa: stop alle armi, sì al dialogo. 'Odyssey Dawn', per le navi da guerra Usa in arrivo viveri e munizioni.

Roma, 27 mar. (Adnkronos/Ign) - La controffensiva dei ribelli sembra coronata dal successo. Anche grazie all'impegno internazionale gli insorti, nelle ultime ore, stanno riguadagnando posizione, entrando nelle città che Gheddafi controllava con i suoi miliziani.

Oggi dopo aver preso il porto petrolifero di al-Burayqa, i ribelli hanno conquistato anche il controllo della città di Uqaliya abbandonata dalle truppe lealiste. Questa città si trova un centinaio di chilometri a ovest di Ajdabiya, che da venerdì è sotto il comando degli insorti. Le armate dei ribelli sono anche a Ras Lanouf, dove si trova uno dei maggiori terminal petroliferi.

Non solo. Ora gli insorti controllano anche la città di Bin Jawad e avanzano verso Sirte, 400 chilometri a nord est di Tripoli. E' questo il prossimo obiettivo dopo la riconquista ieri di Ajdabiya e Brega. Poi si punta a Misurata, terza città del paese assediata dalle forze di Gheddafi fin dal 19 febbraio, considerata la porta per raggiungere la capitale e mettere in scacco il raìs.

La forza dei ribelli è ora anche l'oro nero, visto che la loro avanzata è lungo i porti petroliferi della costa libica e, pare, abbiano già stretto un accordo con il Qatar per iniziare le esportazioni di greggio. "Abbiamo fatto un accordo con il Qatar. Il prossimo carico potrebbe avvenire in meno di una settimana", ha detto Ali Tarhouni, incaricato dai ribelli delle questioni economiche e del petrolio, citato dalla Bbc.

Secondo Tarhouni, la produzione libica di 100-130 mila barili al giorno potrebbe arrivare fino a 300 mila barili al giorno. L'accordo con il Qatar, che partecipa all'operazione per l'imposizione di una no-fly zone sulla Libia, permetterà agli insorti di aver accesso a liquidi in valuta estera.

E la questione è confermata anche dal segretario britannico alla Difesa Liam Fox, secondo il quale il controllo dei terminal petroliferi da parte deir ibelli crescerà a mano a mano che procederà l'avanzata lungo la costa lasciandogli "gran parte del controllo delle esportazioni di petrolio". E questo "produrrà una nuova dinamica con un diverso equilibrio in seno alla Libia".

"Stiamo assistendo sul terreno all'avanzata dei ribelli verso ovest da Ajdabiya a Brega, lungo la costa. Cio' produce naturalemte una dinamica politica molto diversa", ha detto Fox alla Bbc. Il controllo dei terminal petroliferi crescera' a mano a mano che procedera' l'avanzata lungo la costa, ha spiegato, lasciando ai ribelli "gran parte del controllo delle esporatzioni di petrolio... cio' produrra' una nuova dinamica con un diverso equilibrio in seno alla Libia".

Intanto, la Nato è pronta a prendere il pieno comando della missione in Libia. La decisione dovrebbe arrivare questa sera a conclusione del vertice degli ambasciatori dell'Alleanza Atlantica oggi a Bruxelles.



"Radiazioni altissime nell'acqua" Fukushima, allarme al reattore 2.



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okyo - (Ign) - Aiea: Radioattività dell'acqua è 10 milioni di volte superiore ai livelli normali. Tokyo: ''Difficile dire quando finirà la crisi'' Greenpeace: livello 7 incidente Fukushima. Ultimo bilancio del sisma e dello tsunami: oltre 27mila tra morti e dispersi.Premier Kan: la situazione è grave. Tracce di iodio radioattivo in Germania.

Tokyo, 27 mar. (Ign) - Radioattività dell'acqua è 10 milioni di volte superiore ai livelli normali. Scatta il nuovo allarme a Fukushima, dopo le notizie diffuse dall'Agenzia per la sicurezza nucleare. La radioattività dell’acqua al reattore n.2 della centrale di Fukushima è infatti estremamente elevata ed è pari a 10 milioni di volte i livelli normali. Il livello di iodio-131 presente nel reattore n.2 è estremamente alto -spiegano da Vienna-. L’Agenzia sospetta che la radioattività dell’acqua possa essere legata in qualche modo direttamente a un problema del nocciolo del reattore, visto il livello toccato di 1.000 millisievert/ora.

"Siamo ancora lontani dalla fine dell'incidente", ha affermato Yukiya Amano, intervistato dal New York Times. L'ex diplomatico nipponico, che è stato recentemente in missione in Giappone per seguire gli sviluppi della crisi, ha dichiarato che la sua maggior preoccupazione sono le barre di combustibile usato stoccate nelle vasche di raffreddamento. Non e' infatti chiaro, ha spiegato, se abbiano avuto successo gli sforzi per impedire che le barre prendano fuoco rilasciando grandi quantità di materiale radioattivo. Se i tecnici continuano a riempire le vasche di acqua, senza però riuscire a riparare i sistemi di raffreddamento, allora "la temperatura salirà". Amano si dice poi particolarmente preoccupato per la vasca del reattore numero 4 che contiene l'intero nucleo del reattore, rimosso poco prima del sisma e lo tsunami dell'11 marzo e particolarmente radioattivo. "Servono maggiori sforzi per porre fine all'incidente", sostiene Amano, esprimendo preoccupazione anche per la radioattività nell'ambiente. Il capo dell'Aiea si dice convinto che il governo di Tokio non stia nascondendo informazioni. Ma aggiunge che "vi sono aree dove non abbiamo informazioni. Non le abbiamo e non le hanno i giapponesi".

Il reattore 2 è stato subito evacuato, mentre oggi era previsto l'utilizzo di pompe elettriche per iniettare acqua nei reattori della centrale, proprio per accelerare i tempi di raffredamento.

La notizia della radioattività dell'acqua è stata confermata dalla compagnia che gestisce l'impianto, la Tepco, spiegando che vi è dell'acqua radioattiva nei sotterranei dell'edificio della turbina collegata al reattore numero 2. Gli alti livelli radioattivi, afferma la Tepco, potrebbero originare dal nucleo del reattore, che potrebbe essere stato danneggiato dalle conseguenze del sisma e lo tsunami dell'11 marzo, riferisce l'emittente pubblica Nhk. Acqua contaminata si trova vicino a quattro dei sei reattori dell'impianto.



Fotovoltaico galleggiante: i 5 migliori progetti di impianti al mondo. - roberto zambon

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Uno degli svantaggi principali del fotovoltaico è la collocazione: servono superfici abbastanza ampie per sistemare i pannelli in modo ottimale, in modo, cioè, che rendano al massimo. Di solito si utilizzano i tetti delle abitazioni, ma abbiamo visto che anche le pensiline dei parcheggivanno bene. In linea teorica, comunque, ogni area, anche quelle verticali, può essere ricoperta di moduli fotovoltaici, e già da ora gli ingegneri di tutto il mondo si stanno sbizzarrendo per trovare materiali innovativi e idee rivoluzionarie.

Tra queste ultime ci sono senza dubbio gli impianti fotovoltaici galleggianti, che utilizzano l'acqua come superficie di appoggio, risolvendo così il problema della collocazione. È un campo ancora inesplorato, in cui noi di greenme.it cercheremo di guidarvi con un breve giro del mondo in 5 tappe. Cominciamo dal nostro paese.

1) Si trova a Solarolo (provincia di Ravenna) ed è entrato in funzione il 2 dicembre 2009. Firmato Enerdaiet s.r.l., azienda di Cisternino, l'impianto è formato da un unico modulo di circa 25 metri di diametro, posizionato nel lago adiacente alla centrale del Consorzio per il canale Emiliano Romagnolo (CER), che si occupa di bonifica di secondo grado. Il progetto, denominato Loto per analogia con la pianta acquatica, è stato il primo di questo tipo in Europa, ed è funzionale all’installazione presso bacini d’acqua o mare aperto poiché presenta un elevato grado di integrazione ambientale, non toglie spazio alle coltivazioni e in alcuni casi riduce l’evaporazione dei bacini stessi. Un impianto simile verrà realizzato, sempre da Enerdaiet s.r.l.che lo ha presentato ufficialmente al Solarexpo di Verona, anche ad Avetrana, in provincia di Taranto.

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2) Altro che Far Niente. L'omonima azienda vitivinicola californiana soddisfa da qualche anno il proprio fabbisogno energetico grazie a mille pannelli fotovoltaici posizionati nel proprio stagno (dal quale attinge l'acqua per l'irrigazione), in modo da non sottrarre terreno alla coltivazione dei vigneti. Questa volta il progetto si chiama Flotovoltaics ed è stato realizzato dallaThompson Technology Industries (TTi).

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3) Ci spostiamo adesso ancora più a Ovest, in Giappone, dove il team giapponese dellaKyushu University ha progettato Floating Power Plant, un impianto composto di unità galleggianti di forma esagonale all’interno delle quali verranno sistemati generatori eolici efotovoltaici di circa sei metri quadrati. Poiché è pensato per un'installazione in mare, il materiale utilizzato per tali unità, molto leggero, sarà ben 10 volte più resistente alla ruggine rispetto al comune acciaio. Il progetto prevede inoltre l'utilizzo di luci a LED per favorire la crescita delfitoplancton, un'alga in grado di assorbire l'anidride carbonica grazie a una sorta di fotosintesi. Quando si dice pensare a tutto...

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4) Rimaniamo in Asia, questa volta negli Emirati Arabi Uniti, per la precisione a Ras al-Khaimah. Si trova qui, a galleggio sul mare del Golfo Persico, una struttura davvero innovativa, dall'eloquente nome di Solar Island.

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Il piccolo stato mediorientale che l'ha commissionata, a causa della mancanza di spazio sulla terraferma, ha scelto appunto un'intera “isola”, alta 20 metri e dal diametro di un chilometro, interamente ricoperta da pannelli fotovoltaici in grado di orientarsi, grazie all'utilizzo di svariati motori, per catturare il maggior irragiamento solare a disposizione. Il progetto, opera del Centro di Elettronica e Microtecnologia di Neuchatel (Svizzera), è in grado di produrre fino a 2,2 GWh all'anno, con picchi di potenza pari a circa 1 MW.

5) Torniamo infine in Europa, a Glasgow. La città scozzese è sede di un curioso esperimento, vincitore tra l'altro dell'International Design Award 2008 (categoria Land and Sea): si tratta delle Solar lily pad progettate dallo studio ZM Architecture, piccole “isole” dall'aspetto di ninfe poste lungo il Glasgow's River Clyde, facili da trasportare, smontare, molto efficienti e soprattutto – aspetto non da poco – esteticamente... carine!

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Bene, il tour virtuale si conclude qui. Chissà, tra qualche decennio questi progetti ci sembreranno obsoleti e superati, e magari le 5 scelte ci porteranno non più a spasso per la terra, ma a spasso per l'universo. Lassù, in fondo, il sole è ancora più vicino.

http://www.greenme.it/informarsi/energie-rinnovabili/2368-fotovoltaico-galleggiante-i-5-migliori-progetti-di-impianti-al-mondo



L’Europa dà ragione a De Magistris E multa l’Italia per 57 milioni.


L'inchiesta Poseidone aveva svelato la truffa all'Unione europea. L'Olaf ha indagato per quattro anni, poi ha steso un rapporto di 35 pagine che condanna il nostro Paese

L’Europa chiede all’Italia 57 milioni di euro per gli sperperi del precedente governo regionale calabrese di centrodestra sui quali ha indagatoLuigi De Magistris. Radio Londra chiama e Bruxelles risponde. Secondo Giuliano Ferrara, “Luigi De Magistris non sarebbe diventato nessuno se avesse impostato delle inchieste che mettevano capo a qualcosa di vero e di concreto”. Secondo l’Olaf, l’Ufficio Antifrode Europea, qualcosa di concreto quelle inchieste lo hanno prodotto. Grazie all’indagine Poseidone, per esempio, sono stati risparmiati 48,8 milioni di euro. Lo dice il rapporto 12127-I-2010 dell’Olaf, appena trasmesso agli uffici giudiziari italiani. Il Fatto Quotidiano è riuscito a visionarlo. Porta la data del 6 ottobre 2010 e si intitola “Depuratori-Procura di Catanzaro”. L’Olaf, una direzione generale composta di 500 uomini, fa proprie le ipotesi di accusa formulate nel lontano 2005. Sei anni dopo l’avvio dell’inchiesta sui depuratori calabresi a Catanzaro e quattro anni dopo l’apertura dell’indagine parallela a Bruxelles (essendo coinvolti i fondi europei) si può fare finalmente un bilancio. Nel febbraio scorso c’erano state le 35 richieste di rinvio a giudizio (su 40 indagati) del procuratore aggiunto di Catanzaro Giuseppe Borrelli (subentrato nell’accusa) ora l’Olaf presenta il suo conto: 114 milioni di euro di danno (“vero e concreto”, come dicono a Radio Londra) per il bilancio comunitario, il più grande mai accertato dall’Ufficio anti-frode comunitaria.

La relazione finale dell’Olaf si compone di 35 pagine fitte. Gli investigatori che firmano il rapporto, gli italiani Giorgio Brattoli (funzionario Ue) e Francesco Albore (maggiore dei Carabinieri) coordinati dal capo dell’Unità investigativa Olaf, James Sweeney, hanno fatto la spola con l’Italia per quattro anni per acquisire carte e testimonianze negli uffici della Regione Calabria; del Commissariato per l’emergenza ambientale del Tribunale di Catanzaro, dell’ufficio giuridico presso la Protezione civile e infine del ministero dell’Ambiente.
L’indagine dell’Olaf non cercava i reati come quella dei pm italiani, ma mirava a verificare se i fondi strutturali europei fossero stati spesi correttamente dal Commissariato all’emergenza ambientale guidato dal presidente della Regione di centrodestra, Giuseppe Chiaravalloti (oggi all’Autorità Garante della Privacy), e gestito dall’uomo di Alleanza nazionale Giovambattista Papello, divenuto poi tesoriere della Fondazione del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli.

Nella sintesi finale della relazione si legge che il danno evitato per il bilancio comunitario è pari a 48,8 milioni di euro, dei quali 24,4 milioni di euro provenienti dai fondi strutturali dell’Europa. Purtroppo molti buoi erano già fuggiti dal recinto e così il “danno causato” è stato comunque di 114 milioni di euro dei quali ben 57 milioni di euro provenienti dai fondi strutturali europei.

Ecco perché a pagina 33 della relazione si legge la frase che non farà piacere al ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Alla luce dei risultati sopra descritti si raccomanda all’ordinatore della spesa della Commissione europea, DG REGIO, a prescindere dagli esiti delle indagini giudiziarie italiane (cioè anche se il Tribunale di Catanzaro dovesse dar torto all’impostazione di De Magistris e Borrelli, ndr) il recupero totale dei contributi elargiti per un ammontare alla data del 28 aprile 2009 di 57 milioni di euro” (….) “inoltre si raccomanda all’unità Olaf C1 di raccogliere gli esiti dei procedimenti penali e della Corte dei conti, di inviare il presente rapporto alle autorità giudiziarie italiane e alla magistratura contabile”.

Il rapporto ripercorre la storia dell’indagine: “Nel luglio 2007 a seguito dell’analisi delle informazioni ricevute nell’ambito delle attività di monitoraggio delle indagini giudiziarie condotte dalla Procura di Catanzaro, in Italia, l’OLAF apriva un’indagine amministrativa esterna, al fine di appurare la legittimità dell’uso dei contributi comunitari (…) Nell’ambito dell’indagine amministrativa l’OLAF ha rilevato, come meglio descritto nel corpo del presente rapporto, gravi irregolarità amministrative che hanno permeato tutte le fasi di esecuzione dei progetti co-finanziati nell’ambito delle azioni 1.2 c) e d) del POR Calabria 2000-2006. In particolare: la mancata osservanza delle norme relative agli appalti pubblici dovuta all’utilizzo di deroghe non applicabili a progetti inerenti la programmazione comunitaria; l’assenza di una contabilità analitica; la mancata osservanza delle norme sulla pubblicità; gli enormi ritardi nell’ultimazione dei lavori e nei collaudi; il mancato trasferimento nei tempi previsti delle competenze relative al settore della depurazione agli enti ordinariamente competenti e inoltre l’esiguo numero dei controlli effettuati”.

Per tutte queste ragioni, l’Olaf chiede indietro all’Italia “il recupero in toto dei sussidi elargiti per i 48 interventi oggetto della presente indagine, per un ammontare complessivo, alla data del 28/04/2009, di 57 milioni di euro”, sempre grazie all’inchiesta dell’ex pm “il commissariato delegato per l’emergenza ambientale ha provveduto ad escludere ulteriori 21 interventi per un ammontare di 40,4 ME e ulteriori spese per 8,4 milioni di euro”. L’Italia illegale che guadagna sugli sperperi dei soldi europei non sarà grata a Luigi De Magistris. L’Europa gli deve 57 milioni di ringraziamenti. Forse per questo l’hanno eletto presidente della Commissione di controllo sul Bilancio europeo.




Terremoto in Giappone: dopo soli sei giorni ricostruita un’autostrada.



Sembra incredibile, ma ce l’hanno fatta. Gli ingegneri della società di gestioneNexco, per ripristinare un tratto dell’autostrada a nord di Tokyo devastata dal terremoto dell’11 marzo, hanno impiegato soli sei giorni di lavoro!

Un intervento che rappresenta davvero un record difficilmente uguagliabile, sia dal punto di vista del tempo impiegato, sia per la grande voglia, tenacia e coraggio con cui i giapponesi hanno deciso di reagire di fronte alla catastrofe che li ha colpiti.

Guardando le foto di quest’autostrada, subito dopo essere stata completamente distrutta dal terremoto, ci si domanda come abbiano fatto in così poco tempo, non solo a ricostruirla, ma addirittura a renderla attiva e funzionante, permettendo così l’utilizzo della strada a tutti gli automobilisti.

In altri Paesi, soprattutto nella nostra bell’Italia, si sarebbe immaginata una deviazione o, comunque, almeno un lungo periodo di lavori di ripristino.

Merito dell’ingegner Makoto Ishikawa e della sua squadra, capaci di riaprire al traffico, in pochissimo tempo, il tratto di Naka (150 metri) ma non solo: anche venti differenti strade e autostrade, circa 813 chilometri su 870 danneggiati dal terremoto, sono già stati riaperti al pubblico.

Insomma chissà se un giorno sarà possibile chiedere l’intervento della squadra di Ishikawa anche dalle nostre parti, precisamente sulla Salerno – Reggio Calabria, i cui lavori di ammodernamento sono iniziati negli anni ’90, dietro l’impulso dell’Unione Europea, e ancora non portati a termine. Loro ce l’hanno fatta in sei giorni, noi, ormai, aspettiamo da 20 anni la fine. E credo che dovremo attendere ancora per molto.


http://www.mondonews24.com/attualita/terremoto-in-giappone-dopo-soli-sei-giorni-ricostruita-unautostrada/7606