Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 27 marzo 2011
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Libia, insorti riprendono terreno.
"Radiazioni altissime nell'acqua" Fukushima, allarme al reattore 2.
Fotovoltaico galleggiante: i 5 migliori progetti di impianti al mondo. - roberto zambon
Uno degli svantaggi principali del fotovoltaico è la collocazione: servono superfici abbastanza ampie per sistemare i pannelli in modo ottimale, in modo, cioè, che rendano al massimo. Di solito si utilizzano i tetti delle abitazioni, ma abbiamo visto che anche le pensiline dei parcheggivanno bene. In linea teorica, comunque, ogni area, anche quelle verticali, può essere ricoperta di moduli fotovoltaici, e già da ora gli ingegneri di tutto il mondo si stanno sbizzarrendo per trovare materiali innovativi e idee rivoluzionarie.
Tra queste ultime ci sono senza dubbio gli impianti fotovoltaici galleggianti, che utilizzano l'acqua come superficie di appoggio, risolvendo così il problema della collocazione. È un campo ancora inesplorato, in cui noi di greenme.it cercheremo di guidarvi con un breve giro del mondo in 5 tappe. Cominciamo dal nostro paese.
1) Si trova a Solarolo (provincia di Ravenna) ed è entrato in funzione il 2 dicembre 2009. Firmato Enerdaiet s.r.l., azienda di Cisternino, l'impianto è formato da un unico modulo di circa 25 metri di diametro, posizionato nel lago adiacente alla centrale del Consorzio per il canale Emiliano Romagnolo (CER), che si occupa di bonifica di secondo grado. Il progetto, denominato Loto per analogia con la pianta acquatica, è stato il primo di questo tipo in Europa, ed è funzionale all’installazione presso bacini d’acqua o mare aperto poiché presenta un elevato grado di integrazione ambientale, non toglie spazio alle coltivazioni e in alcuni casi riduce l’evaporazione dei bacini stessi. Un impianto simile verrà realizzato, sempre da Enerdaiet s.r.l.che lo ha presentato ufficialmente al Solarexpo di Verona, anche ad Avetrana, in provincia di Taranto.
2) Altro che Far Niente. L'omonima azienda vitivinicola californiana soddisfa da qualche anno il proprio fabbisogno energetico grazie a mille pannelli fotovoltaici posizionati nel proprio stagno (dal quale attinge l'acqua per l'irrigazione), in modo da non sottrarre terreno alla coltivazione dei vigneti. Questa volta il progetto si chiama Flotovoltaics ed è stato realizzato dallaThompson Technology Industries (TTi).
3) Ci spostiamo adesso ancora più a Ovest, in Giappone, dove il team giapponese dellaKyushu University ha progettato Floating Power Plant, un impianto composto di unità galleggianti di forma esagonale all’interno delle quali verranno sistemati generatori eolici efotovoltaici di circa sei metri quadrati. Poiché è pensato per un'installazione in mare, il materiale utilizzato per tali unità, molto leggero, sarà ben 10 volte più resistente alla ruggine rispetto al comune acciaio. Il progetto prevede inoltre l'utilizzo di luci a LED per favorire la crescita delfitoplancton, un'alga in grado di assorbire l'anidride carbonica grazie a una sorta di fotosintesi. Quando si dice pensare a tutto...
4) Rimaniamo in Asia, questa volta negli Emirati Arabi Uniti, per la precisione a Ras al-Khaimah. Si trova qui, a galleggio sul mare del Golfo Persico, una struttura davvero innovativa, dall'eloquente nome di Solar Island.
Il piccolo stato mediorientale che l'ha commissionata, a causa della mancanza di spazio sulla terraferma, ha scelto appunto un'intera “isola”, alta 20 metri e dal diametro di un chilometro, interamente ricoperta da pannelli fotovoltaici in grado di orientarsi, grazie all'utilizzo di svariati motori, per catturare il maggior irragiamento solare a disposizione. Il progetto, opera del Centro di Elettronica e Microtecnologia di Neuchatel (Svizzera), è in grado di produrre fino a 2,2 GWh all'anno, con picchi di potenza pari a circa 1 MW.
Bene, il tour virtuale si conclude qui. Chissà, tra qualche decennio questi progetti ci sembreranno obsoleti e superati, e magari le 5 scelte ci porteranno non più a spasso per la terra, ma a spasso per l'universo. Lassù, in fondo, il sole è ancora più vicino.
L’Europa dà ragione a De Magistris E multa l’Italia per 57 milioni.
L'inchiesta Poseidone aveva svelato la truffa all'Unione europea. L'Olaf ha indagato per quattro anni, poi ha steso un rapporto di 35 pagine che condanna il nostro Paese
La relazione finale dell’Olaf si compone di 35 pagine fitte. Gli investigatori che firmano il rapporto, gli italiani Giorgio Brattoli (funzionario Ue) e Francesco Albore (maggiore dei Carabinieri) coordinati dal capo dell’Unità investigativa Olaf, James Sweeney, hanno fatto la spola con l’Italia per quattro anni per acquisire carte e testimonianze negli uffici della Regione Calabria; del Commissariato per l’emergenza ambientale del Tribunale di Catanzaro, dell’ufficio giuridico presso la Protezione civile e infine del ministero dell’Ambiente.
L’indagine dell’Olaf non cercava i reati come quella dei pm italiani, ma mirava a verificare se i fondi strutturali europei fossero stati spesi correttamente dal Commissariato all’emergenza ambientale guidato dal presidente della Regione di centrodestra, Giuseppe Chiaravalloti (oggi all’Autorità Garante della Privacy), e gestito dall’uomo di Alleanza nazionale Giovambattista Papello, divenuto poi tesoriere della Fondazione del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli.
Nella sintesi finale della relazione si legge che il danno evitato per il bilancio comunitario è pari a 48,8 milioni di euro, dei quali 24,4 milioni di euro provenienti dai fondi strutturali dell’Europa. Purtroppo molti buoi erano già fuggiti dal recinto e così il “danno causato” è stato comunque di 114 milioni di euro dei quali ben 57 milioni di euro provenienti dai fondi strutturali europei.
Ecco perché a pagina 33 della relazione si legge la frase che non farà piacere al ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Alla luce dei risultati sopra descritti si raccomanda all’ordinatore della spesa della Commissione europea, DG REGIO, a prescindere dagli esiti delle indagini giudiziarie italiane (cioè anche se il Tribunale di Catanzaro dovesse dar torto all’impostazione di De Magistris e Borrelli, ndr) il recupero totale dei contributi elargiti per un ammontare alla data del 28 aprile 2009 di 57 milioni di euro” (….) “inoltre si raccomanda all’unità Olaf C1 di raccogliere gli esiti dei procedimenti penali e della Corte dei conti, di inviare il presente rapporto alle autorità giudiziarie italiane e alla magistratura contabile”.
Il rapporto ripercorre la storia dell’indagine: “Nel luglio 2007 a seguito dell’analisi delle informazioni ricevute nell’ambito delle attività di monitoraggio delle indagini giudiziarie condotte dalla Procura di Catanzaro, in Italia, l’OLAF apriva un’indagine amministrativa esterna, al fine di appurare la legittimità dell’uso dei contributi comunitari (…) Nell’ambito dell’indagine amministrativa l’OLAF ha rilevato, come meglio descritto nel corpo del presente rapporto, gravi irregolarità amministrative che hanno permeato tutte le fasi di esecuzione dei progetti co-finanziati nell’ambito delle azioni 1.2 c) e d) del POR Calabria 2000-2006. In particolare: la mancata osservanza delle norme relative agli appalti pubblici dovuta all’utilizzo di deroghe non applicabili a progetti inerenti la programmazione comunitaria; l’assenza di una contabilità analitica; la mancata osservanza delle norme sulla pubblicità; gli enormi ritardi nell’ultimazione dei lavori e nei collaudi; il mancato trasferimento nei tempi previsti delle competenze relative al settore della depurazione agli enti ordinariamente competenti e inoltre l’esiguo numero dei controlli effettuati”.
Per tutte queste ragioni, l’Olaf chiede indietro all’Italia “il recupero in toto dei sussidi elargiti per i 48 interventi oggetto della presente indagine, per un ammontare complessivo, alla data del 28/04/2009, di 57 milioni di euro”, sempre grazie all’inchiesta dell’ex pm “il commissariato delegato per l’emergenza ambientale ha provveduto ad escludere ulteriori 21 interventi per un ammontare di 40,4 ME e ulteriori spese per 8,4 milioni di euro”. L’Italia illegale che guadagna sugli sperperi dei soldi europei non sarà grata a Luigi De Magistris. L’Europa gli deve 57 milioni di ringraziamenti. Forse per questo l’hanno eletto presidente della Commissione di controllo sul Bilancio europeo.
Terremoto in Giappone: dopo soli sei giorni ricostruita un’autostrada.
Sembra incredibile, ma ce l’hanno fatta. Gli ingegneri della società di gestioneNexco, per ripristinare un tratto dell’autostrada a nord di Tokyo devastata dal terremoto dell’11 marzo, hanno impiegato soli sei giorni di lavoro!
Un intervento che rappresenta davvero un record difficilmente uguagliabile, sia dal punto di vista del tempo impiegato, sia per la grande voglia, tenacia e coraggio con cui i giapponesi hanno deciso di reagire di fronte alla catastrofe che li ha colpiti.
Guardando le foto di quest’autostrada, subito dopo essere stata completamente distrutta dal terremoto, ci si domanda come abbiano fatto in così poco tempo, non solo a ricostruirla, ma addirittura a renderla attiva e funzionante, permettendo così l’utilizzo della strada a tutti gli automobilisti.
In altri Paesi, soprattutto nella nostra bell’Italia, si sarebbe immaginata una deviazione o, comunque, almeno un lungo periodo di lavori di ripristino.
Merito dell’ingegner Makoto Ishikawa e della sua squadra, capaci di riaprire al traffico, in pochissimo tempo, il tratto di Naka (150 metri) ma non solo: anche venti differenti strade e autostrade, circa 813 chilometri su 870 danneggiati dal terremoto, sono già stati riaperti al pubblico.
Insomma chissà se un giorno sarà possibile chiedere l’intervento della squadra di Ishikawa anche dalle nostre parti, precisamente sulla Salerno – Reggio Calabria, i cui lavori di ammodernamento sono iniziati negli anni ’90, dietro l’impulso dell’Unione Europea, e ancora non portati a termine. Loro ce l’hanno fatta in sei giorni, noi, ormai, aspettiamo da 20 anni la fine. E credo che dovremo attendere ancora per molto.