Il parlamentare Pdl già pupillo del procuratore Cordova da Napoli a via Arenula, fa carriera grazie ai misteri (veri o presunti).
Glielo hanno detto così: «Alfonso, hai saputo?». Cortile di Montecitorio, mercoledì mattina: gli amici del Pdl - Denis Verdini, Maurizio Paniz - si avvicinano ad Alfonso Papa e, senza tanti perifrasi, sono costretti a dargli la notizia: i magistrati di Napoli lo vogliono arrestare. Lui, sempre così spavaldo e allusivo, sbianca. E, con gli occhi rossi, il primo pensiero è per la moglie. Le telefona e le dice: «Usciranno tante menzogne sul mio conto, non è vero niente!». A qualcuno dei colleghi che nel frattempo ingrossano il capannello, torna in mente una delle battute preferite da Alfonso: «E’ che a me piacciono troppo e’ femmene...».
Certo, nelle carte della pubblica accusa compaiono diverse e colorite testimonianze femminili, eppure ben altro è il tratto originale del personaggio, ciò che ne fa un prototipo senza precedenti. Ex magistrato, da quando era diventato deputato Pdl, Alfonso Papa si era inventato un ruolo scoperto nella destra italiana: il trafficante di informazioni segrete provenienti dalle Procure. Merce preziosissima per lo schieramento di centrodestra che ai giudici ha dichiarato guerra 17 anni or sono, sposando un atteggiamento diversissimo dalla Dc, che per mezzo secolo aveva trasformato la Procura di Roma nel «porto delle nebbie», ma anche dalla sinistra, che da due decenni mantiene rapporti di ottimo «vicinato» con la magistratura.
La specialità di Papa, secondo l’accusa, era promettere e in qualche caso fornire informazioni su segreti giudiziari, terrorizzare imputati reali (o solo potenziali), in cambio di regali, soldi, posizioni. Un millantatore? Un arruffone napoletano di quelli che ti dicono, conosco quello, stai tranquillo e poi non succede nulla? Lo dirà l’inchiesta. Ma Alfonso Papa, a Napoli e a Roma, era conosciuto anche prima che si occupassero di lui i magistrati. Quarantuno anni, napoletano, figlio di un piccolo imprenditore di scuole private dell’alto Casertano (zona di Teano) a suo tempo lambito da fastidi giudiziari, prima di compiere 30 anni Papa entra nella Procura di Napoli e diventa uno dei pupilli del Procuratore capo Agostino Cordova.
Sono anni in cui mostra un piglio investigativo con esiti controversi. Nel 1999, sui pontili napoletani, sequestra ormeggi e oltre cinquecento imbarcazioni, iscrive nel registro degli indagati un’ottantina di persone, ma un anno più tardi si sgonfia tutto. Per far carriera in magistratura, talora, è utile iscriversi ad una delle sue correnti, Papa sta con Unicost, della quale fa parte anche il suo amico Umberto Marconi, col quale rompe ed oggi è diventato un suo accusatore. Vice-capo di gabinetto del Guardasigilli leghista Roberto Castelli, promosso alla direzione generale degli Affari civili dal Guardasigilli unionista Clemente Mastella, nel 2008 Papa fa il salto nella politica romana.
E nel salto c’è tutto il personaggio. La sua ascesa, come dimostrano le testimonianze raccolte dai pm, non è il premio ad un merito, ma l’opera collettiva di tante mani, di tante spinte più o meno oscure. Ha detto l’ex notabile democristiano Alfredo Vito: «La candidatura fu conseguenza di un intervento diretto del generale Nicola Pollari, essendo Papa legato all’ambiente dei servizi segreti», oltreché «vicino a Nicola Cosentino». Per Fulvio Martusciello «la voce era quella che fu candidato tramite Previti», mentre Luigi Bisignani, che suggerisce Alfonso a Denis Verdini, mette a verbale: «Papa fu sicuramente appoggiato da Pera e da Castelli».
La ciliegina è di Gianni Letta: «Berlusconi mi disse che per la candidatura di Papa si erano già espresse altre persone autorevoli». Un battesimo collettivo, che a differenza di quanto scrivono i magistrati nella richiesta di arresto, non frutta a Papa «l’inserimento in un posto sicuro». Nella lista Pdl Campania-1 Papa è inserito al diciannovesimo posto, al di sotto della soglia di sicurezza, fissata a quota 15. E una volta entrato in Parlamento, Papa confida di «voler diventare ministro». Aspirazione stroncata, pare, per effetto di un intervento dell’avvocato Nicolò Ghedini, ma rilanciata, come racconta Gianni Letta: «Papa mi chiese di fare il sottosegretario, ma non è mai stato accontentato».
Ma anche senza poltrone dorate, Papa dispiega il suo mestiere: trafficante di segreti più o meno autentici. Avvalendosi di supporti speciali. Ha raccontato il magistrato Marconi: «Papa era solito girare per Napoli con un servizio di accompagnamento della Finanza», «intrecciando rapporti con i Servizi» e avendo «a disposizione “truppe” che utilizza per perseguire scopi personali». E’ così che Papa scardina segreti istruttori. Dalla Procura di Nola riesce a sapere in anticipo la dritta giusta: vogliono arrestare l’ex convivente di Bisignani. Ma Papa regala dritte a tutti. A Letta, a Verdini.
A parlamentari intimoriti da voci sul loro conto. A tanti imprenditori. In cambio ottiene favori e regali, conducendo una vita sbrigliata: dispone di una casa per ognuno dei suoi ménages, si fa vedere con una Jaguar d’argento, una verde e una Mercedes. Ma quando è lui a fare regali, induce in qualche sospetto. Diverse amiche raccontano di aver ricevuto braccialetti e orologi in scatole anonime, senza garanzie o logo del negozio. Ha raccontato una delle ragazze: «Mi diede il Rolex così, “nudo”...». E intanto, nei confronti di Papa, magistrato in aspettativa, la Corte di Cassazione ha avviato una pratica di accertamento disciplinare, mentre l’Anm ha aperto un’istruttoria «per valutare la compatibilità di alcuni comportamenti con l’appartenenza all’Associazione».