giovedì 7 luglio 2011

Vizzini: "Mi sospendo da cariche e gruppo Pdl".


Il presidente della Commissioni affari costituzionali accusato dalla Procura di Palermo di concorso in corruzione aggravata "Sono vittima attacco mediatico per rapporto con Lapis : mai preso tangenti". Il politico riconferna la sospensione anche dopo le attestazioni di stima dal suo partito.

Il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato Carlo Vizzini ha deciso di sospendersi dalla sua carica e dal gruppo del Pdl ( ed ha riconfermato la propria scelta anche dopo le numerose attestazioni di stima venute dal suo partito e non solo) per difendersi nell'ambito dell'inchiesta su presunte tangenti pagate del tributarista Gianni Lapis con denaro di don Vito Ciancimino.
Accusato dalla procura di Palermo di concorso in corruzione aggravata in relazione a sospette tangenti da Vito Ciancimino, si autosospende dal partito e dal gruppo in attesa della conclusione delle indagini preliminari.
E in una lettera inviata al presidente Schifani, al presidente Berlusconi, al segretario Alfano, al capogruppo Gasparri rivendica la sua estraneità ai fatti.

"Mi sono sempre comportato con correttezza e lealtà nel rispetto delle istituzioni della Repubblica - scrive Vizzini -. Proprio per questo decido, con animo sereno, di astenermi dall'esercizio delle funzioni inerenti agli incarichi che ricopro in parlamento e di sospendermi dal gruppo parlamentare e dal partito per attendere la conclusione dell'indagine preliminare. Ribadisco di non essermi mai occupato di appalti e di affari della società gas e di non avere mai conosciuto, come lui stesso ha dichiarato, nè Massimo nè Vito Ciancimino che in realtà, a detta del figlio, mi considerava ostile in quanto 'sbirrò'".
"Mi trovo oggi di fronte ad un attacco mediatico di un quotidiano che mi indica come percettore di somme illecite da me mai ricevute, nell'ambito di un'indagine che mi riguarda e per la quale, da due anni a questa parte, ho fornito tutta la mia collaborazione alla procura della repubblica di Palermo" spiega ancora nella lettera inviata al presidente del Senato e al vertice del partito Vizzini.

"Mi sono spogliato di ogni prerogativa parlamentare, ho fornito conti bancari, documentazioni e corrispondenze private che provano come il mio rapporto con il professor Lapis, mio consulente e già collega all'università di Palermo, abbia avuto come oggetto la restituzione di una somma, proveniente dai miei risparmi e dalle mie liquidazioni, da me lecitamente investita per il suo tramite nel 1994 (non ero più parlamentare) e restituitami dopo ben 10 anni per un importo finale pari a circa 130 mila euro - aggiunge -. Ho anche indicato alla procura cinque testimoni dei fatti, dei quali quattro già ascoltati, mentre il quinto è un avvocato civilista che mi ha assistito per operare il riconoscimento del debito da parte del professor Lapis.
Adesso, come è giusto che sia, vengono depositate intercettazioni dell'epoca 2003/2004, che ritengo superate dai documenti depositati".

"In un clima politico esasperato - sottolinea ancora Vizzini - vengono pubblicate notizie artefatte che possono fuorviare l'opinione pubblica e, proprio perchè io sono uomo pubblico, voglio che la verità sia accertata con equilibrio e rigore perchè è giusto che i cittadini e coloro che mi hanno sempre dato fiducia sappiano che mi sono sempre comportato con correttezza e lealtà nel rispetto delle istituzioni della Repubblica".
"Ricordo - conclude infine Vizzini - che ho denunciato per calunnia chiunque abbia affermato di avermi consegnato somme non dovute e dato contestualmente mandato al mio legale di perseguire chiunque dica o scriva il falso su questa mia vicenda. Mi riservo, appena possibile, di rendere pubblici tutti i documenti che provano la mia correttezza".

REAZIONI PDL
"Chi conosce bene la realtà siciliana sa che il senatore Vizzini è uomo di grande onestà.
La sua storia personale e politica tramanda decine e decine di atti concreti formulati in politica contro la mafia, l'illegalità, il malaffare. L'inchiesta che oggi lo vede coinvolto non potrà che certificare la sua assoluta estraneità ad ogni ipotesi di reato. Per questo a lui, vittima di una bolla giudiziaria, esprimiamo convinta solidarietà". Lo scrivono, in una nota, i deputati siciliani Marinello, Misuraca, Germanà, Gibiino, Garofalo, Torrisi, Vincenzo Fontana.
Il ministro della Giustizia e neosegretario del Pdl, Angelino Alfano, ha sentito, "in una lunga e cordiale telefonata", il senatore Carlo Vizzini. "Nel corso dell'affettuosa conversazione - spiega una nota del ministero della Giustizia - il Guardasigilli gli ha confermato ferma stima che si basa anche su una profonda conoscenza della sua storia personale". "Per queste motivazioni", Alfano, "nella sua qualità di segretario del Pdl, ha respinto la decisione del senatore Vizzini di autosospendersi dal partito, esprimendogli solidarietà personale e politica".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/07/07/news/vizzini_mi_sospendo_da_cariche_e_gruppo_pdl-18791526/?ref=HREC1-9



Bersani: «Un non senso confondere le Province con i costi politica».



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Il no all'abolizione delle Province solleva polemiche tra gli elettori di sinistra. Che criticano l'astensione del Pd alla Camera al disegno di legge dell'Idv: tanti hanno interpretato questa scelta come una difesa del sistema partito. Perciò Pier Luigi Bersani ha preso carta e penna e in una nota ha voluto chiarire come stanno le cose: «Il Partito Democratico ha le sue precise proposte sia sui costi della politica sia sulle riforme istituzionali. Noi siamo pronti a discutere con tutti. Ma confondere i costi della politica con il tema delle istituzioni, come si sta facendo in una confusa discussione sulle province, è un nonsenso. Di questo passo si potrebbe arrivare a reintrodurre la figura dei podestà, tanto per risparmiare».

L'abolizione delle province è vissuta da molti cittadini, dai più probabilmente, come un passo per togliere spese inutili. Soprattutto a sinistra, i malumori si sono diffusi a macchia d'olio dopo la bocciatura alla loro abolizione. Lo confermano i commenti che appaiono alla pagina on line sulla proposta di legge del Partito Democratico proprio sulle province: dove gli elettori e le elettrici manifestano delusione verso la scelta dei Democratici e la vivono come una scelta della “casta” della politica (per vedere la pagina del Pd CLICCA QUI)
Così il segretario dei Democratici risponde alle polemiche dentro e fuori dal partito.



In Sicilia il record di auto blu Ma sono ferme: è finita la benzina.





Non è più possibile fare rifornimento alle auto blu dell'intero parco macchine regionale, salvi solo i mezzi del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. Sono finiti, infatti, i soldi per la benzina, come scrive il Giornale di Sicilia. Ieri il responsabile dell'autoparco regionale, Walter Burrescia, ha informato tutti i vertici della Regione della decisione di fermare le auto e che «chiunque utilizzerà un mezzo della Regione dovrà pagare di tasca propria la benzina». Le auto blu si fermeranno tutte ufficialmente il 15 luglio prossimo, ma già in questi giorni potrebbero verificarsi problemi nel finanziamento del rifornimento dei carburanti.

La notizia, che ha già dell'incredibile, diventa ancor più bizzarra se si considera l'elevatissimo numero di berline di cui si è dotata la Regione, un numero spropositato rispetto alla media nazionale: ben 90 auto blu e altre 55 di media cilindrata, dotate comunque di autista e spesso usate per sola rappresentanza. L'uso delle auto blu costa alla collettività 8,7 milioni di euro, 1,3 solo per il leasing delle macchine di servizio. Cifre e flotta abnorme se paragonata alle sole 11 auto di servizio della Regione Lombardia, le 28 della Campania, e le 5 dell'Emilia Romagna, con un trend in diminuzione: la giunta piemontese ha ridotto le auto blu di 5 veicoli, quella toscana di 10.


P4, Gip: “Stretto e attuale rapporto fiduciario tra Milanese e Tremonti”. - di Davide Vecchi





Corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e associazione per delinquere: sono i capi d’accusa contestati al deputato del Pdl, Marco Mario Milanese, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti e trasmessa oggi alla Camera dei Deputati per l’autorizzazione all’arresto.

Nelle 73 pagine è ricostruita la rete di favori e ricatti che Milanese ha imbastito dal 2004 sfruttando, scrivono gli inquirenti, la sua “posizione privilegiata” di “consulente del ministro Giulio Tremonti e alto ufficiale della Guardia di Finanza, tra i massimi esponenti del Ministero istituzionalmente preposto alla repressione dell’ evasione fiscale”. Milanese, secondo quanto ricostruito dalle indagini, in cambio di informazioni riservate in merito a indagini e con la promessa di fermare l’attività delle Fiamme gialle sull’imprenditore irpino Paolo Viscione ha chiesto e ottenuto gioielli, orologi, auto di lusso (Aston Martin e Ferrari), viaggi e 450 mila euro in contanti. Per una somma complessiva di “oltre un milione di euro”.

Determinante è il ruolo che Milanese svolge in via XX Settembre. E soprattutto il rapporto che lo lega al ministro dell’Economia. Gli inquirenti si dicono convinti del fatto “le dimissioni presentate il 28.6.2011 dal Milanese non facciano venir meno il pericolo, tuttora concerto ed attuale, di inquinamento probatorio, in considerazione del fatto che, nonostante la cessazione dall’incarico, permane una situazione di oggettiva vicinanza tra l’odierno indagato ed il Ministro Tremonti, al quale il primo è legato da un rapporto di stretta fiducia che prescinde dall’incarico formale rivestito dal parlamentare e sopravvive alle dimissioni rassegnate”. Emblematica “dell’attualità del rapporto fiduciario esistente tra i due uomini politici è la vicenda relativa all’immobile sito in Roma, in via (…), di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Detto immobile, infatti, è stato concesso in locazione a Milanese Marco per un canone mensile di 8.500 euro, ma viene di fatto utilizzato dal Ministro Tremonti, il quale, a sua volta, risulta aver emesso, nel febbraio 2008, un assegno di 8.000 euro in favore del Milanese”.

Del resto, prosegue il Gip: ”I rapporti finanziari tra Tremonti e Milanese sono assolutamente poco chiari”. Milanese paga l’affitto dell’abitazione in uso al ministro a Roma. Si legge a pagina 70: “Milanese paga mensilmente un canone molto alto il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro; le fonti di rimborso da parte del beneficiario Tremonti non risultano dall’esame dei conti esplorati dal Ctu, il quale, riferisce di non aver rinvenuto assegni o bonifici provenienti da Tremonti; un assegno del febbraio 2008 attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due”. Dopo una serie di accertamenti e grazie ad altri elementi acquisiti, si “evince l’esistenza di uno stretto ed attuale rapporto fiduciario tra i due esponenti politici che prescinde, evidentemente, dal ruolo istituzionale rivestito dal Milanese”.

Milanese, consigliere politico del ministero dell’Economia, aveva lasciato l’incarico a fine giugno, spiegando le sue ragioni in un comunicato che faceva riferimento al caso Adinolfi, il generale della Finanza accusato dallo stesso Milanese di avere rivelato segreti sulle indagini che riguardano Luigi Bisignani: “Le ultime vicende che vedono coinvolti altissimi ufficiali della Guardia di Finanza in un’indagine della Procura della Repubblica di Napoli mi vedono interessato quale persona informata sui fatti. Ritengo opportuno rassegnare le dimissioni da consigliere politico del ministro dell’Economia e delle Finanze al fine di salvaguardare l’importante ufficio dalle polemiche sollevate da una doverosa testimonianza”, aveva detto allora.

Le indagini rappresentano lo sviluppo dell’inchiesta in cui è coinvolto, tra gli altri, Paolo Viscione, in relazione alle attività della società assicurativa Eig. Secondo l’accusa, Milanese avrebbe ricevuto da Viscione e dalla società somme di denaro nonchè orologi di valore, gioielli e auto di lusso come una Ferrari e una Bentley, viaggi e soggiorni all’estero. Tali regali, secondo le affermazioni fatte da Viscione costituivano il corrispettivo della rivelazione di notizie riservate e interventi per rallentare le indagini della Guardia di Finanza sulla società assicurativa. Nell’ambito dell’inchiesta, gli agenti della Digos di Napoli hanno eseguito anche altre due ordinanze agli arresti domiciliari nei confronti del sindaco di Voghera, Carlo Barbieri, e del commercialista Guido Marchesi, anch’egli di Voghera.



Salerno, il Crescent fa acqua, i cittadini pagano un conto da 8 milioni. - di Vincenzo Iurillo




Troppa acqua sotto il mega progetto da 90mila metri cubi, fiore all'occhiello del sindaco Vincenzo De Luca - che per questa vicenda è indagato per abuso d'ufficio - e il Comune è costretto a deliberare uno stanziamento ulteriore di 8 milioni di euro per migliorare l'impermeabilizzazione delle fondamenta. Gli ambientalisti temono una nuova cattedrale nel deserto.


Salerno – La scoperta dell’acqua fresca. Forse non era difficile immaginare la sua presenza nel sottosuolo di un’area davanti al mare. Di più, in quella che sta per di diventare la piazza di mare più grande d’Europa, la nuova piazza della Libertà a Salerno, disegnata dall’archistar Ricardo Bofill, col corredo – contestato duramente da ambientalisti e dalle associazioni di cittadini – del monumentale caseggiato semicircolare da quasi 30 metri altezza e 215 di estensione chiamato ‘Crescent’. Si tratta del serpentone di cemento da 90.000 metri cubi sul quale la Procura di Salerno ha aperto un’inchiesta per abuso d’ufficio che vede indagati il sindaco Vincenzo De Luca e l’ex soprintendenteGiuseppe Zampino.

Un po’ d’acqua in effetti è sfuggita ai sondaggi dei professionisti che hanno redatto i progetti preliminari ed esecutivi della piazza che accoglierà il Crescent, definito da Vittorio Sgarbi “una delle dieci cose più brutte del mondo”. Troppa acqua sotto lo slargo di tante polemiche. E De Luca, che invece è convinto che il Crescent rappresenterà per Salerno l’equivalente del Colosseo per Roma, insieme alla sua giunta ha dovuto metterci una pezza, approvando con la delibera 177 una perizia di variante che farà lievitare di circa 8 milioni di euro i costi dell’intervento. Fondi necessari, si legge nel corpo del provvedimento, “per potenziare le misure di impermeabilizzazione delle strutture interrate, in relazione ai livelli di falda rilevati in corso d’opera, maggiori dei corrispondenti riscontrati all’epoca della progettazione”.

Traduzione: non s’erano accorti di quanta acqua passa lì sotto. Di fronte al mare di Salerno. Una vicenda che irrita il comitato No Crescent, autore dell’esposto che ha dato il via all’inchiesta penale e che ora annuncia di voler spedire tutti gli incartamenti della variante alla Corte dei conti: I gravissimi rischi connessi alla costruzione di piazza della Libertà, e ancor di più dell’enorme caseggiato Crescent, da anni sono stati previsti e puntualmente denunciati da noi e da Italia Nostra – si legge in una nota – si tratta di rischi che nei ricorsi promossi innanzi al Tribunale amministrativo cittadino sono segnalati nelle relazioni tecniche elaborate dai geologi del movimento No Crescent”. Secondo gli esponenti del No Crescent “non è possibile dire che siamo di fronte a eventi imprevedibili. Già nella fase preliminare e in quella definitiva esistevano tutte le evidenze e le prove della presenza di una falda idrica molto superficiale nell’area del cantiere”. Però, affermano dal comitato presieduto dall’avvocato Pierluigi Morena, “non sono bastati i tre milioni di euro spesi in progettazione per considerare quanto già risultava dalle indagini geologiche realizzate: i pericoli gravissimi di dissesto e le difficoltà esecutive per la presenza della falda idrica”.

A proposito del ricorso al Tar promosso da Italia Nostra, la discussione dell’udienza cautelare è prevista a breve. L’obiettivo è quello di ottenere la sospensiva e di impedire così l’inizio dei lavori dell’edificio (quelli della piazza sono già in corso). Il ricorso si fonda su alcune presunte irregolarità nella procedura di vendita dell’area di Santa Teresa alla società Crescent srl. Procedura viziata, secondo gli ambientalisti, perché compiuta senza la completa ”sdemanializzazione” dell’area. Circostanza che per i legali di Italia Nostra non è stata mai confutata dall’ente municipale agli atti del giudizio.

Il ricorso verrà discusso dinanzi alla Prima Sezione del Tar di Salerno, composta dal Presidente Antonio Onorato, relatore il Consigliere Palliggiano. “Abbiamo fiducia nella Giustizia” afferma Raffaella Di Leo, presidente di Italia Nostra, “e crediamo nella opportunità della sospensione dei lavori perché laddove riscontrata successivamente qualche illegittimità saranno a carico dell’Erario i versamenti a favore della Crescent Srl per le opere che intanto verranno realizzate”.

“Inoltre auspichiamo”, continua Raffaella Di Leo, “che questa vicenda non ripercorra la strada del Fuenti, di Punta Perotti e più recentemente dell’ecomostro sulla Mingardina per i quali le istituzioni hanno prima consentito la realizzazione delle opere e poi hanno disposto onerosi abbattimenti per riconosciuto scempio paesaggistico”.




Fuori onda - Brunetta parla, Tremonti lo demolisce: ''E' un cretino''.



Il luogo è il ministero dell'Economia in via XX Settembre. Il titolare Giulio Tremonti presenta alla stampa la manovra economica appena firmata dal presidente della Repubblica. Al suo fianco, vari colleghi del governo. Tutti seduti allo stesso tavolo. Quando tocca al responsabile della Funzione pubblica, Renato Brunetta, illustrare i correttivi alla spesa del pubblico impiego, Tremonti sembra subito spazientirsi. E, rivolgendosi prima al ragionere generale dello Stato Mario Canzio, poi al capo di gabinetto del suo ministero Vincenzo Fortunato, quindi al ministro del Welfare Maurizio Sacconi, commenta: "E' proprio un cretino", "questo è il tipico intervento suicida". Sussurri taglienti, con una nota di divertita perfidia. I suoi interlocutori non lo contraddicono. Anzi. Intanto allo stesso tavolo, a pochi centimetri di distanza, Brunetta continua a parlare. E, nel parlare dei provvedimenti per il taglio alle auto blu, cita proprio Tremonti. Che sbuffa e si prende la testa fra le mani.


Caso Ruby, La7: un’altra marocchina accusa il premier di violenze


Il tg diretto da Enrico Mentana riporta una notizia pubblicata dal quotidiano Liberation Maroc: una 21enne, di professione porno star, ha denunciato di esser stata violentata da Berlusconi per due settimane

Non solo Ruby. Nelle notti del premier a ritmo di bunga bunga ci sarebbe anche un’altra giovane marocchina. Le nuove accuse a Silvio Berlusconi arrivano dal Marocco: il telegiornale de La7 ha mostrato il sito del quotidiano marocchino Liberation Maroc che riporta la denuncia shock di una ragazza, Mouna Rajli – di professione porno-star con nome d’arte Aurora Barzatta – che riferisce di essere stata violentata nel 2008 dal presidente del Consiglio. Manca al momento ogni tipo di conferma: il telegiornale di Enrico Mentana ha riportato la notizia con grande prudenza sottolineando che mancano riscontri alla denuncia del media marocchino. Anche uno dei difensori del premier, Pietro Longo, ha detto – interpellato dall’emittente – di non sapere assolutamente niente di queste accuse.



Nel sito del giornale si legge che la ragazza accusa il premier di averla “violentata e di aver abusato sessualmente di lei per due settimane”. I fatti risalirebbero al 16 marzo 2008 e Berlusconi avrebbe offerto la somma di 100 mila euro ed un lavoro alla ragazza per farla tacere. La testimonianza è ovviamente tutta da verificare. Tanto che lo stesso autore dell’articolo, intervistato da La7, non negato di conoscere la ragazza sostenendo però che vivrebbe a Milano. Ma dalla procura del capoluogo lombardo il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha fatto sapere che “non risulta nulla. Non abbiamo ricevuto nessuna denuncia”, ha detto.