domenica 7 agosto 2011

Cersasi supereroe. - di Francesco Guerrera.


A Wall Street, lo chiamano «il concorso di bruttezza» – la battaglia tra America ed Europa per stabilire chi stia peggio, tra economie in tracollo, deficit enormi e monete allo sbando. Venerdì sera la competizione è diventata ancora più brutta. Per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti hanno perso l’importantissima «tripla A». L’agenzia di credit ratingStandard & Poor’s ha bocciato la politica economica Usa, togliendo al Paese il rating più alto – un imprimatur che, per 70 anni, ha rassicurato investitori e governi del fatto che lo zio Sam paga sempre i suoi debiti. La decisione bomba della S&P è stata subito contestata dall’amministrazione Obama che ha accusato l’agenzia di un errore di calcolo di 2 triliardi di dollari. S&P – una delle tre «big» nel mondo del rating che contribuì alla crisi finanziaria del 2008 - non è certo senza peccato. Ma il tempo delle recriminazioni è ormai passato. La mossa-choc di S&P è arrivata alla fine di settimane campali in cui i due pilastri dell’economia mondiale – l’America e l’Europa – hanno vacillato pericolosamente. Gli Stati Uniti sono partiti per primi, con un accordo sulla riduzione del loro debito enorme che non ha soddisfatto nessuno. Il governo Obama e la Federal Reserve ci hanno messo del loro, facendo poco e nulla per convincere i mercati – ed anche la gente comune – che hanno i mezzi economici e la volontà politica per evitare un «doppio tuffo» nella recessione. L’Unione Europea non è stata da meno, con una dimostrazione di inanità politica ed impotenza finanziaria che ha spaventato gli investitori. I mercati sono creature dalla psiche fragilissima e parole come quelle del presidente dell’UeJosé Manuel Barroso e di Silvio Berlusconi hanno rappresentato l’avverarsi di un incubo. Se non si hanno soluzioni concrete, ammettere, come ha fatto Barroso, che l’ultimo summit di meno di un mese fa non ha risolto niente e dichiarare che la crisi non è più confinata alla periferia di Portogallo, Grecia ed Irlanda ma ha contagiato l’Italia e la Spagna, è giocare col fuoco. E se si è il leader di un Paese nel mirino di investitori pieni di paura e scetticismo, dare la colpa a fattori esterni quando il debito pubblico è al 120 per cento del Pil e la crescita è pressoché zero, non è la maniera migliore per rassicurare i mercati. L’inadeguatezza delle istituzioni politiche ha costretto la banca centrale europea a rimangiarsi le sue parole di austerità, probabilmente proferite in tedesco, per dichiararsi pronta a comprare buoni del Tesoro spagnoli ed europei già da domani.

Per la Bce, che da Novembre verrà guidata da Mario Draghi, si tratta di un’ammissione che la crisi sta attaccando il cuore pulsante dell’Europa, una constatazione che a mali estremi bisogna opporre rimedi costosi e rischiosi. I mercati, ovviamente, hanno reagito. Giovedì il Dow Jones – l’indice guida della borsa di New York e il punto di riferimento per investitori di tutto il mondo – è crollato del 4,3 per cento, il giorno peggiore dal 2009. I mercati europei hanno seguito lo stesso copione. «Questa settimana è stato un bagno di sangue», mi ha detto un investitore ieri sera, esausto dal continuo vendere di azioni, poco prima di farsi scappare una volgarità dopo aver visto la notizia del downgrade della S&P. L’aspetto più preoccupante di questa crisi è che il crollo dei mercati non è stato provocato da una ragione sola. Di solito, la caduta a precipizio delle Borse è causata da un elemento catalizzatore: dati economici deboli, problemi politici, guerre e così via. Questa volta, i mercati sono stati mossi dalla scomparsa della fiducia degli investitori nella capacità dei governi di controllare la crisi. Non si è trattato di un «big bang» – uno scoppio immediato della paura – ma piuttosto di un’erosione lenta ed inesorabile della fede del mondo della finanza nel mondo della politica. Wall Street e la City di Londra hanno votato lasfiducia alla Casa Bianca, Bruxelles e Palazzo Chigi. Il problema ora è che, un volta persa, la fiducia dei mercati è difficile da riconquistare. La differenza fondamentale tra il terremoto finanziario del 2007-2008 e quello attuale è che allora la crisi fu causata da banche e risparmiatori incauti ed avidi, non da politici incapaci e banchieri centrali indecisi. Quando le banche vanno in malora, ci sono sempre i governi a salvarle con i miliardi dei contribuenti – una soluzione inefficiente e dolorosa che pero’ riesce a prendere l’economia per i capelli prima che raggiunga il baratro. Nel 2008, le banche centrali coadiuvarono i governi, pompando miliardi di dollari nell’economia mondiale grazie a tassi bassissimi e programmi di liquidità per investitori e istituzioni finanziarie. Quella dose da cavallo di stimolo riuscì ad evitare un’altra Grande Depressione negli Usa e a proteggere i cittadini europei da una dura recessione. Ma oggi? Se i governi e i banchieri centrali non possono, o non vogliono, far nulla, chi si ergerà a super-eroe dell’economia mondiale? Le condizioni e le circostanze sono veramente infelici. In America, la congiuntura politica – con le elezioni presidenziali nel 2012 e un Congresso diviso tra Repubblicani e Democratici – non è favorevole ad un stimolo economico. Il dibattito pubblico negli Stati Uniti è tutto su come ridurre il deficit, con misure di austerità e tagli di spesa. Una posizione senz’altro lodevole nel lungo termine, vista la situazione fiscale del Paese, ma non certo utile quando l’economia è nei guai seri. I luogotenenti di Obama guardano alla Fed, ma la banca centrale può fare poco e nulla in un frangente economico in cui i tassi d’interesse sono già a zero. Il problema non è che non c’è denaro in circolazione ma che aziende, consumatori e banche non vogliono né spenderlo né investirlo. «E’ un problema di fiducia, non di soldi», mi ha detto uno sconsolato funzionario della Fed questa settimana Per l’Europa, la soluzione è più drammatica.

L’unica strada per uscire dalla crisi senza abbandonare l’euro passa per una maggiore integrazione fiscale tra i Paesi membri. Ovvero: Paesi i cui governi si sono dimostrati non all’altezza di gestire la propria economia dovranno delegare le loro politiche di tassazione e spesa ad un’entità europea. E’ un passo enorme, una cessione di sovranità che lascerebbe l’amaro in bocca a molti, soprattutto perché la Germania emergerebbe come leader della nuova Europa – un risultato problematico per ragioni sia storiche sia culturali. Ma l’alternativa – la decomposizione della zona-euro e la balcanizzazione delle economie nazionali – non è auspicabile. Nel concorso di bruttezza tra le due economie-guida del pianeta, non ci può essere una medaglia d’oro ed una d’argento. Per il bene dell’economia mondiale, l’America e l’Europa sono obbligate a tornare a splendere insieme. Speriamo solo che non ci siano due perdenti.

Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York.

http://ilgiornalieri.blogspot.com/2011/08/cersasi-supereroe.html


Nun te scordà de me.





Nun te scordà de me - I primi tepori, verso la fine dell’inverno, fanno rifiorire questa pianticella … L’associazione d’idee fa nascere questi versi dedicati ad una donna che è un fior d’angelo primaverile. Facile è la composizione del sonetto, data dal nome del fiore “nontiscordardimé”, con le divagazioni in esso inserite.






Ho riccorto ’sto fiore cor penziero
de dallo a te, co tutta la speranza
che drento er Paradiso, da stragnero,
t’incontrerò pe quarche circostanza.

Te dico questo, e qui io so’ sincero:
èpperché da ’sta vita d’ignoranza,
che nun me fa venì l’inzogno vero
d’abbraccicatte e vive una romanza,

m’aspetto tanto d’èsse conzolato
si l’anima respira a l’artro monno
quanno che er còrpo lei avrà lassato.

Si accosì fusse, devi da sapé,
te cercherò puranche a lo sprofonno.
Nun te scordà, nun te scordà de me.

Roma, anno 2000

Elio Malloni, detto: Manico d’ombrello


Gli scrupoli mancati di Nitto. - di Liana Milella.


milella

Premessa d’obbligo.
Ho volutamente lasciato “vivere” una settimana il blog per dire “ciao” a Peppe D’Avanzo. E’ tanto tempo per un blog, lo so, ma troppo grande è il senso di sperdutezza per la sua partenza. Mi deprime doverlo sostituire con uno dedicato al neo Guardasigilli Francesco Nitto Palma. Ma se non lo scrivessi credo se ne avrebbe a male il suo predecessore Angelino Alfano per le tante volte che l’ho attaccato.

Ora, va detto subito. Alfano, che è un politico di esperienza e un uomo con il “naso mediatico”, non avrebbe mai rilasciato al giornale di famiglia, il “Giornale” appunto, un’intervista che finisce a pagina 10, pure quella pari, che ha una pecca grande come una bella anguria matura. NON HA IL RICHIAMO IN PRIMA PAGINA. Adesso: il neo ministro della Giustizia parla di fatto per la prima volta, se si escludono le dichiarazioni a caldo, a ridosso della nomina. E qual è il titolo dell’intervista che, per chi se la fosse persa, è uscita sabato 6 agosto? “Ho sfidato i Br e la mafia, adesso non temo nulla”. Palma è stato forse minacciato e nessuno se n’è accorto? Eh no, nessuna minaccia, solo un piccolo gossip, il sito Dagospia scopre che sta per andare in vacanza in Polinesia. Parla di un mese, lui rettifica 16 giorni. Si dilunga sul pagamento, sui tempi della prenotazione, sulla possibilità del ritorno. Mezza pagina di roba. In coda c’è pure lo spazio per parlare di riforma costituzionale della giustizia e di intercettazioni.
Gentile ministro Palma, noi non ci siamo simpatici e la convivenza non sarà facile. Ma stiamo ai fatti. Lei pensa davvero che un Guardasigilli di freschissima nomina possa andarsene in vacanza come se niente fosse? Travaglio, sul Fatto, oltre a ribattezzarla Guitto Palma dallo Zitto Calma della prim’ora, le consiglia di rimanere laggiù per 16 anni. Noi siamo più cauti. E le elenchiamo le dieci questioni di cui si deve occupare subito, senza neppure perdere un giorno.
1. Le carceri innanzitutto, come le scrive giusto in queste ore il Pd. Potrebbe andare a trovare il suo compagno di partito Alfonso Papa, detenuto ormai da quasi 20 giorni a Poggioreale, e farsi dare qualche consiglio. Contro il sovraffollamento e la voglia di uccidersi.
2. La mancanza di magistrati nelle zone di frontiera. Questione su cui ha sbattuto la faccia anche Alfano.
3. Il personale amministrativo che non c’è, con i suoi ex colleghi costretti anche a fare i dattilografi, e gli addetti alle fotocopie.
4. La rete informatica della giustizia italiana che fa in continuazione cilecca.
5. Le auto scassate e senza benzina. Le offriamo un’idea: suggerisca che ai suoi colleghi vadano tutte quelle di palazzo Chigi e dei ministeri che sfrecciano nuovissime per Roma.
6. Lavori a un’idea decente, o quantomeno a un’idea, per sveltire i tempi dei processi. E rifletta se non sia il caso di avere il coraggio di chiedere a Berlusconi e Ghedini di bloccare il cammino parlamentare del processo lungo (ma sono certa che questo lei non lo farà mai).
7. Vada a trovare il Cavaliere in Sardegna (sempre mare no? Anche se non è la Polinesia) e gli dica che lei, da ex pubblico ministero, non ha il coraggio di far approvare alla Camera, a fine settembre, il disegno di legge sulle intercettazioni. Perché sarebbe la morte delle indagini.
8. Poi vada da Ghedini, che tanto veleggia lì vicino, faccia la voce grossa, e imponga di buttare nel cestino (per usare un’espressione garbata) la riforma della giustizia. Se non altro perché in ore di grave crisi economica è un assassinio sprecare il tempo sulle cose inutili. E quella riforma lo è.
9. Liberato il campo dalle leggi-imbroglio, calcoli cosa può fare di necessario in questo scorcio di legislatura. Che non sia una norma per Berlusconi, ovviamente.
10. Organizzi un paio di appuntamenti utili per settembre. Un incontro con i capi degli uffici, per sentire la loro voce e i loro bisogni. E veda pure Palamara, il presidente dell’Anm. Lo so, è stato il suo testimone di nozze. Ma è successo tanto tempo fa.

Voi siete qui - Una task force per salvare il primo ministro. - di Alessandro Robecchi

Alessandro Robecchi, il sito ufficiale: testi, rubriche, giornali, radio, televisione, progetti editoriali e altro

L’impegno della Bce e del Tesoro americano per salvare l’Italia sono davvero ammirevoli, e comprendono una serie di investimenti poderosi. Primo tra tutti, la creazione di una task force per far credere a Silvio Berlusconi di contare ancora qualcosa. A Friburgo è in funzione da settimane uno speciale centralino, dove imitatori di tutti i paesi parlano con Berlusconi. Chi si finge la Merkel, chi Sarkozy, chi Obama. Tutti a dire, certo, Silvio, come no, Silvio, in modo che l’anziano entertainer rimanga convinto di essere il primo ministro italiano. Tremonti sta al gioco: del resto è convinto che anche Tremonti conti qualcosa, un vero caso di autoipnosi. Naturalmente, pensare che Berlusconi risolva la crisi economica italiana è come credere che Barbablù indaghi su certi casi di uxoricidio, o che Marchionne sgancerà 20 miliardi di investimenti, cose manifestamente assurde. Ma proprio a questo serve oggi l’anziano pensionato di Arcore, a fare la sagoma in cartone, a mostrare la sua faccia di gomma buona per ogni occasione. Siamo ricchi, va tutto bene, la Borsa è una finzione, eccetera, eccetera. Uno sprezzo del ridicolo che il mondo ci invidia. Diciamolo: uno che ha un vulcano in giardino e che vi taglia 20 miliardi di welfare non si trova nemmeno in Grecia, nemmeno a Disneyworld. Uno che continua a parlare di ripresa economica mentre precipita da una rupe è il sogno degli speculatori di tutto il mondo, pare di vederli brindare a champagne ad ogni spettacolino approntato in sala stampa, darsi di gomito, sghignazzare… Ehi, guardate! C’è ancora quell’ometto! Sessanta milioni di ostaggi assistono desolati allo show e cominciano a pensare che il biglietto è troppo caro, i fans club sono in rivolta, il cerone si sfalda, le comparse si dileguano, i complici scappano, le spalle sbagliano le battute e il vecchio comico continua a muoversi meccanicamente, per inerzia. La farsa è diventata un film dell’orrore e del resto si sa: il clown è sempre stato una figura triste, inquietante, spaventosa.

http://www.alessandrorobecchi.it/index.php/201108/voi-siete-qui-una-task-force-per-salvare-il-primio-ministro/


Default Italia, 95 Giorni al Fallimento: Le Agenzie di Rating Governano il Mondo


Oggi è una bella domenica di sole in gran parte dell’Italia. E’ agosto, le temperature sono alte, la gente è al mare. Bambini che giocano con la sabbia, uomini che sbirciano le tette della vicina di ombrellone cercando di non farsi beccare dalla moglie, donne che si abbrustoliscono al sole per far schiattare le amiche rimaste in città, ragazzi che si baciano per la prima volta scoprendo il tepore delle labbra sapide di mare. Un’estate come tante. Nel frattempo l’orologio non si ferma, continua a ticchettare. Il mondo, così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, sta per finire.

Ieri Standard & Poor’s, fra le prime tre agenzie di rating al mondo insieme a Moody’s e Fitch Ratings, ha declassato il debito degli Stati Uniti con un outlook negativo. Il che, in parole povere, vuol dire che i debiti degli Stati Uniti non sono più garantiti allo stesso livello di prima e che, sempre secondo Standard & Poor’s, le cose tendono a peggiorare. Per chi ha voglia di leggere le otto pagine che cambiano il mondo, il documento (in inglese) è qui.


Impariamo tutti come si fa che potrà essere utile presto

Oggi più che mai mi fanno ridere quei quattro gonzi che parlano di scie chimiche, complotti dell’11 settembre, progetto HAARP e cazzi vari. Per cambiare i destini del pianeta non serve diffondere gas nell’atmosfera, spiaccicare jet nei grattacieli o produrre terremoti artificiali. Un documento pdf di 8 pagine basta e avanza. La società in cui viviamo è un castello di carta e un’agenzia di rating conta più di un arsenale termonucleare.

Esattamente nell’agosto di venti anni fa, l’Unione Sovietica si dissolse da un giorno all’altro. E non stiamo parlando solo di una superpotenza, ma di un sistema di vita, di un concetto economico e sociale distrutto da un giorno all’altro. Milioni di sovietici si sono addormentati la sera da padroni di metà del mondo e si sono risvegliati la mattina dopo con lo straccetto per lavare i vetri delle macchine in una mano e il pannolone per il vecchietto italiano cacasotto nell’altra. Certo, il comunismo non funzionava, ma chi ci dice che il capitalismo funzioni? Specialmente oggi, direi, non c’è da esserne tanto sicuri.

Dall’altra parte del mondo, dove ora è quasi notte, i nostri futuri padroni, quelli che hanno accettato di giocare al nostro gioco e per anni hanno vissuto con una ciotola di riso, si preparano a raccogliere il frutto del loro sacrificio. Nel giro di qualche anno pretenderanno di fare anche loro due docce al giorno e saranno cazzi perché l’acqua se la potranno permettere solo loro.
La Cina detiene una quota importante del debito americano e incomincia a temere che gli americani stampino troppi dollari per pagarlo (alla faccia del signoraggio). Da domani i titoli americani potrebbero iniziare quella spirale di svalutazione che ha colpito i nostri, ma con effetti molto più gravi in ambito internazionale. Così come l’America sconfisse l’Unione Sovietica senza sparare un solo colpo, la Cina può fare lo stesso in questo agosto rovente del 2011.

E in questo scenario dove energie planetarie si scontrano in battaglie cosmiche quale sarà il nostro destinodopo aver convocato le parti sociali e indirizzato alati discorsi alla nazione? Provate a darvi una risposta da soli, miei cari connazionali, provateci. Non so nemmeno se si riuscirà ad arrivare all’11-11-11 come dice il sole 24 ore. Io incomincerei a tirare fuori la maglietta di lana perché farà tanto freddo che tutti ci ammaleremo di anarchia.

http://www.mentecritica.net/default-italia-95-giorni-al-fallimento-le-agenzie-di-rating-governano-il-mondo/informazione/cronache-italiane/dellefragilicose/20792/

L’Ultima difesa della BCE contro l’isteria dei Mercati da Le Monde del 7-8-2011.


Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha dovuto fissare un incontro speciale nel tardo pomeriggio di oggi per cercare di scongiurare la minaccia imminente di un’altra debacle dei mercati finanziari alla riapertura di lunedì .

“L’incontro non era originariamente all’ordine del giorno, ma non direi che questa è una riunione di emergenza”, ha detto laconicamente una fonte vicina alla vicenda. Tuttavia, dopo due settimane di mercati azionari particolarmente turbolenti, e dopo il downgrade di rating Standard and Poor del debito degli Stati Uniti, la reazione degli europei è particolarmente sotto osservazione.

L’Italia, che è più che mai è nel mirino dei mercati, ha detto venerdì che la BCE potrebbe aiutarla domani acquistando titoli di stato del paese. Ma questo progetto che potrebbe incontrare resistenze da parte di alcuni altri paesi europei, non è stato ancora confermato da Francoforte. La Germania in particolare, ha espresso il suo scetticismo sulla richiesta del presidente della Commissione José Manuel Barroso di aumentare la consistenza del Fondo europeo di sostegno, uno strumento importante per prevenire il contagio. Attualmente, tale fondo può sostenere un esborso di 440 miliardi di euro, una somma sufficiente per aiutare l’Italia, la terza più grande economia della zona euro, ma anche il secondo paese più indebitato. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, Berlino – che ha due seggi nel Consiglio dei governatori – ritiene che l’Italia sia troppo grande per essere salvato dal Fondo.

Trichet fa pressione

Di fronte a questi ritardi, il presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, ha dichiarato pubblicamente che vuole una decisione del suo consiglio di amministrazione sul caso italiano entro domenica. Secondo una fonte vicina all’istituzione, Jean-Claude Trichet è stato ascoltato e una decisione sarà annunciata dopo l’incontro. Se la decisione di intervenire sarà presa, la BCE e le banche centrali nazionali inizieranno a comprare obbligazioni italiane all’apertura dei mercati di lunedì.

Uno scenario a cui sembra credere il consulente Alain Minc, che ha detto in un’intervista al Journal du Dimanche che “la Germania non può permettersi un incidente con l’Italia. La penisola è un partner indispensabile. Se salta l’Italia, salta la Germania, l’Europa e, in ultimo, il mondo . Così l’Italia non sarà abbandonata! ” “Si procede a tappe forzate verso la governance economica europea voluta dalla Francia in cambio dei criteri di buon governo imposti dalla Germania”, dice il saggista, spesso presentato come consigliere informale di Nicolas Sarkozy.

“IL MONDO FALLIRA’?”

Giovedi la BCE ha riattivato il suo programma di riacquisto di azioni del debito sovrano per frenare l’impennata dei tassi di interesse di alcuni paesi nei mercati obbligazionari dell’area dell’euro, ma finora ha comprato solo piccole quantità di bond irlandesi e portoghesi, mentre la speculazione si concentra su Italia e Spagna. La BCE in quell’occasione aveva attirato le ire degli osservatori che non sono irritati dall’indecisione dei capi di Stato.

Oggi, la stampa europea vacilla tra incredulità e messaggi apocalittici. Il tedesco Welt am Sonntag nell’articolo “Der Crash” (Il Crash) scrive: “Nessuno avrebbe potuto prevedere un crash così spettacolare. ora abbiamo bisogno di una sana dose di umorismo macabro per gestire una simile situazione.” Der Spiegel si è chiesto: “il debito Usa, la crisi dell’euro, il caos delle borse porteranno il mondo al fallimento?”

Traduzione dell’articolo “La BCE en dernier rempart contre la frénésie des marchés” di Le Monde.fr

http://www.mentecritica.net/default-italia-95-giorni-al-fallimento-leconomia-italiana-e-troppo-grande-per-essere-salvata-dalla-bce/meccanica-delle-cose/chiamiamola-economia/redazione/20803/

Spagna, “noi non ti aspettiamo” Il benvenuto degli Indignados al Papa. - di Cristina Artoni



“Noi non ti aspettiamo” afferma un adesivo con raffigurato un inconfondibile copricapo papale. E’ il messaggio che una parte della Spagna fa pervenire a Benedetto XVI, in arrivo a Madrid il prossimo 16- 21 agosto per le Giornate della Gioventù.

Un evento che, secondo le previsioni coinvolgerà 2 milioni di persone e che congestionerà completamente la capitale spagnola. Le prime ripercussioni le ha già provate direttamente sulla propria pelle il movimento degli Indignados che lo scorso 2 agosto è stato sgomberato dalla Puerta del Sol. Con dure cariche la polizia ha chiuso l’accesso alla piazza, ferendo una ventina di manifestanti. 4 anche le persone fermate tra cui un giornalista. Il movimento 15-M ha reagito realizzando la sua prima conferenza stampa ufficiale in cui per la violenza esercitata dalla polizia ha chiesto le dimissioni dei vertici e ha annunciato la presentazione di una denuncia collettiva.

“Non vogliamo cadere nella trappola delle autorità – dice Ruben, studente di Madrid – abbiamo conquistato l’appoggio della maggioranza dei cittadini. Dobbiamo dimostrare che anche di fronte alla violenza rimaniamo pacifici e uniti”. Il movimento ha quindi riportato in piazza migliaia di persone, fino a 5 mila a Madrid, più decine di manifestazioni di solidarietà in altre città.

Ora il cuore della capitale spagnola, dopo tanta tensione, è di nuovo il luogo di incontro del movimento: “Non vogliamo occupare la Puerta del Sol – spiega Ana, indignata della prima ora – vogliamo che ci sia concessa libera circolazione e la possibilità di incontrarci. Nella piazza, dopo ogni assemblea, lasciamo uno sportello informazioni per permettere ai cittadini di contattarci”. Ma per il movimento 15-M l’accesso alla Puerta del Sol assume un fattore simbolico importante, la piazza rappresenta le radici dell’onda che sta scuotendo il paese: “Questa piazza è un luogo emblematico per Madrid e per l’intera Spagna – sottolinea Carlos Paredes, uno dei portavoce del 15-M – è una zona di passaggio e di incontro. Ed è per noi importante sapere che è da qui che abbiamo alzato la voce contro i tagli alle pensioni, alle spese mediche e agli stipendi”.

La gestione della piazza ha creato molte polemiche ed è diventato anche un terreno di scontro tra il Partito socialista e il PP. I conservatori già in piena campagna elettorale per la consultazione del prossimo novembre, hanno accusato il governo di aver compiuto “gravissimi errori” con la carica contro gli Indignados. “Il governo – ha detto il rappresentante del PP, Esteban Gonzáles Pons – non interviene quando dovrebbe e lo fa quando non dovrebbe”. Un’uscita surreale da un partito che alla municipalità di Madrid, si è sempre opposto a concedere la Puerta del Sol al 15-M.

Ma indipendentemente dagli attacchi, il Psoe sembra spiazzato davanti al movimento spontaneo, che continua a mantenersi vivo anche in piena estate e attivissimo sulla rete. Oltre a proseguire i gruppi lavoro insieme ad esperti, in particolare su temi economici in cui vengono prese in esame proposte, gli indignados insistono a criticare in modo complessivo il sistema. E’ in questa chiave che la visita del Pontefice presa di mira: “Contestiamo i finanziamenti pubblici che sono sperperati con queste visite – dice Carlos Paredes – Vorremmo che il Papa venisse solo in qualità di leader religioso e che la sua visita sia sovvenzionata dai suoi fedeli e dalle strutture ecclesiastiche”.

In calendario alla Puerta del Sol verranno organizzate alcune azioni di protesta come una via crucis alternativa, dei punti informazione sul 15-M per i pellegrini e una manifestazione durante la celebrazione della messa di martedì 16 agosto, inaugurazione della Giornata della Gioventù.



Caccia a 17 miliardi, nel mirino le pensioni di anzianità. - di Mario Sensini

Giulio Tremonti (LaPresse)Contratti aziendali estesi, il governo preme. Dubbi del sindacato.

ROMA - Gli esperti si sono già messi a fare i conti, arrivando a una conclusione univoca: anche a essere molto cattivi, dalla spesa per l'assistenza sociale sarà impossibile tirar fuori 17 miliardi di euro, quanti ne servono per anticipare il pareggio di bilancio, entro la fine del 2013. E così si fa strada l'ipotesi di nuovi interventi sulle pensioni per evitare di pescare nel serbatoio delle agevolazioni fiscali, destinato a finanziare la riduzione delle aliquote Irpef, e in qualche modo a bilanciare i tagli.

Ufficialmente l'argomento non è all'ordine del giorno, e il governo non ha neanche accennato alle parti sociali nell'incontro di due giorni fa. Prima di tutto, con loro, c'è da affrontare il problema delle norme per estendere "erga omnes" la contrattazione aziendale. Il governo le vuole, la Confindustria le sollecita, ma i sindacati hanno ancora qualche perplessità. Mettere subito sul piatto anche la questione previdenziale sarebbe forse troppo. Resta il fatto che tra i tecnici dell'esecutivo e gli esperti del settore, la discussione sulla previdenza è già avanzata.
Il perché è presto detto: dalla riforma dell'assistenza, in soli due anni, si possono tirare fuori al massimo 4 miliardi di euro. È vero che a regime, cioè in un tempo più lungo, potranno essere molti di più. Ma i soldi per arrivare al pareggio di bilancio un anno prima del previsto, nel 2013, servono subito.

E dunque si ragiona su almeno tre fronti: l'età di pensione delle donne nel settore privato, le pensioni di reversibilità, e soprattutto quelle di anzianità. Per le donne si tratterebbe di accorciare drasticamente il periodo di avvicinamento ai 65 anni degli uomini, che si concluderà solo nel 2030. Mentre sui 5 milioni di pensioni di reversibilità, che l'Italia concede con generosità senza pari in Europa (38 miliardi l'anno), l'intervento sarebbe più graduale, dovendo far salvi i diritti acquisiti.
Il vero problema, come il grosso della spesa e dei possibili risparmi, è nelle pensioni di anzianità. Nel 2010 l'età media effettiva di pensionamento degli uomini è stata di appena 58,5 anni. Nel 2011 salirà a 58,8. Da qui al 2014, a tirar su l'asticella, contribuirà l'aumento progressivo delle "quote", date dalla somma di contributi ed età anagrafica. Tra tre anni, tuttavia, si potrà ancora andare in pensione a 61 anni (a 62 per gli autonomi). E di questo passo, per arrivare a un pensionamento effettivo a 65 anni ci vorranno almeno trent'anni.

Perpetuando ancora a lungo, per giunta, le ingiustizie del "doppio binario". Chi va in pensione anticipata oggi, ci va con il vecchio sistema "retributivo", cioè con un assegno pari alla media degli ultimi dieci anni di stipendio. Chi arriverà alla pensione di anzianità fra quindici anni, invece, ci andrà parecchi mesi dopo, e con il sistema "contributivo", ovvero con una pensione di gran lunga più bassa. C'è dunque anche una ragione di equità, oltreché l'emergenza del momento, che potrebbe spingere il governo a compiere il passo decisivo e finale sul sistema previdenziale.

Gli esperti valutano due strade possibili. La più drastica è l'abolizione tout-courtdelle pensioni di anzianità, lasciando nell'ambito della legge sui lavori usuranti le uniche vie di fuga prima dei 65 anni (che poi saliranno con l'agganciamento alle speranze di vita). C'è chi suggerisce, invece, la strada dei disincentivi: un "x" per cento in meno di pensione per ogni anno che manca al limite della vecchiaia, oppure il ricalcolo dell'assegno solo con il meccanismo contributivo.

http://www.corriere.it/economia/11_agosto_07/sensini-caccia-17-miliardi_c3553e72-c0c5-11e0-a989-deff7adce857.shtml

Israele, 200 mila in piazza contro carovita.


Proteste a Tel Aviv


Netanyahu prepara task force per rispondere a richieste della piazza.


TEL AVIV - "Il popolo chiede giustizia sociale": all'insegna di questo slogan, masse di israeliani di tutte le età, ma soprattutto tanti giovani, sono scesi questa sera in strada In Israele per una nuova manifestazione di protesta contro il caro vita e per denunciare i problemi socioeconomici del paese. Il raduno maggiore per partecipazione di popolo si è verificato a Tel Aviv - la città da dove erano cominciate le agitazioni meno di un mese fa - ma altri si sono pure svolti a Gerusalemme e in altri centri del paese, dal nord a sud. Nelle intenzioni degli organizzatori quella di stasera doveva essere "la madre di tutte le manifestazioni", nella speranza di vedere nelle piazze del paese almeno 250 mila persone. A Tel Aviv, secondo la Tv privata Canale 10, i manifestanti sarebbero 200 mila, più della scorsa settimana: allora furono stimati in circa centomila.

A Tel Aviv i manifestanti si sono assiepati nella grande piazza del teatro nazionale Habima e nelle strade adiacenti: poi si sono mossi lentamente tra grida, canti, battiti di tamburi in direzione del complesso che a meno di un chilometro di distanza, ospita gli uffici di ministeri e il ministero della difesa, davanti al quale era stato eretto un grande palco per gli oratori - tra i quali anche un rabbino e un esponente della minoranza araba ma nessun uomo politico - e per i numerosi artisti che si sono esibiti gratuitamente. Il clima é stato chiassoso ma non violento. Molti i cartelli esposti con lo stesso messaggio per una società più equa in un paese dove il divario tra la classe più abbiente e gli altri ceti è il maggiore tra le economie sviluppate dell'Occidente. Non sono però mancati alcuni cartelli con scritte ostili al governo. All' incirca alla stessa ora migliaia di persone si sono radunate vicino alla residenza del primo ministro a Gerusalemme per lanciare lo stesso messaggio. E così è stato anche in altri centri del paese. Ma la manifestazione odierna, la terza dall'inizio delle agitazioni, non sarà, a quanto pare, l'ultima: un'altra risulta in programma anche per il prossimo sabato. L'intenzione dei manifestanti è di non demordere e di lanciare il chiaro avvertimento che le proteste andranno avanti fino a quando il governo non proverà di aver recepito, nei fatti e non solo a parole, il messaggio della piazza.

NETANYAHU VERSO 'TASK FORCE' PER RISPOSTE A PIAZZA - Il primo ministro israeliano Benyanim Netanyahu intende istituire una task force per rispondere alle richieste dei manifestanti. Lo ha riferito un alto funzionario, che ha voluto mantenere l'anonimato, spiegando che "Netanyahu vuole creare una task force, composta da ministri e accademici, per ascoltare le richieste dei manifestanti e presentare le proprie raccomandazioni". Raccomandazioni che - spiega la stessa fonte - riguarderanno le "misure per contrastare l'alto costo della vita e quelle per permettere un accesso più facile alla casa".

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/08/07/visualizza_new.html_757504878.html

Crisi, presto consulto ministri G7 Trichet: Bce decida oggi su Btp.


(Xinhua)

Tokyo - (Adnkronos) - La video conferenza prima dell'apertura dei mercati asiatici. Il presidente della Bce sollecita l'acquisto di obbligazioni italiane. Debito, declassati gli Usa: perdono tripla A. Il Tesoro americano: errore da 2.000 miliardi di dollari (VIDEO). Obama: priorità ai posti di lavoro. Il capo dell'agenzia di rating cinese Dagong all'Adnkronos: ''Crisi Usa è più grave di quella nell'Eurozona''.

Tokyo, 7 ago. (Adnkronos) - E' stata fissata già per le prossime ore la video conferenza dei ministri delle finanze dei paesi del G7. E' l'agenzia di stampa giapponese Kyodo, a dare la notizia, citando il vice ministro delle finanze, e precisando solo che la telefonata si svolgerà presto domani, prima dell'apertura dei mercati asiatici.

Intanto il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, chiede che venga presa entro oggi una decisione sull'acquisto di obbligazioni italiane da parte della Bce. Dopo l'annuncio di giovedì, sono stati acquistati solo poche quantità di titoli portoghesi e irlandesi, e non dei paesi nell'occhio del ciclone, Spagna e Italia. Una volta che la Bce avrà deciso di intervenire, le banche centrali nazionali inizieranno a loro volta a riacquistare gli stessi titoli sin dalla riapertura dei mercati lunedì, si auspica.

Dal canto suo un alto funzionario del Tesoro cinese, che ha voluto mantenere l'anonimato, ha giudicato "fatta male e frettolosa" l'analisi di Standard & Poor (S&P) sul debito Usa. Aggiungendo che "muovendo così in fretta, hanno preso la decisione sbagliata, senza le giuste informazioni". Le agenzie di rating dovrebbero prestare maggiore attenzione agli sforzi di riduzione del debito di Washington, che nei prossimi dieci anni ridurrà il debito pubblico di circa un milione di miliardi di dollari. Inoltre una commissione bipartisan del Congresso sarà istituita per individuare ulteriori risparmi per un importo di circa 1,5 milioni di miliardi di dollari, ha aggiunto il funzionario. Il funzionario del Tesoro cinese , infine, sostiene che i titoli del Tesoro degli Stati Uniti sono ancora un rifugio sicuro per gli investitori globali, perche' la nazione ha una capacita' enorme di pagare.



Robin Hood, il principe dei ladri … - di Claudia Petrazzuolo


… e dunque, l’Italia è un paese sotto schiaffo!. Istituzioni straniere: capi di stato, banca comune europea, società di rating, insieme, sono riuscite lì dove le Istituzioni Italiane non erano sin qui riuscite: hanno costretto Berlusconi a sbugiardare sé stesso, il suo governo, la sua politica e a dichiarare dopo anni di fandonie raccontate al suo paese, che “sì, la crisi è in atto, siamo in una situazione delicata (gentile eufemismo per non dire che siamo alla canna del gas, ndr) e occorre immediatamente procedere a dei correttivi strutturali … bla, bla, bla … .” Della valenza pratica del resto del discorso in arcoriano corrente fatto dal Prescons (mi dà proprio fastidio citarlo per nome, ndr) non vale la pena dilungarsi oltre il già fatto. La manovra finanziaria, ultima ed approvata, vedrà tutta la sua attuazione, quindi, anticipata di un anno e la prima conseguenza sarà che entro il prossimo settembre, quando chi ha potuto sarà tornato dalle vacanze, troverà correzioni dei conti per almeno 35/40 miliardi di euro: i soliti noti sentono già un fastidioso prurito anale che, c’è da scommetterci, non troverà sollievo con nessuno dei linimenti specifici. I soliti noti sarà bene ricordare quali sono: lavoratori a reddito fisso, pensionati, imprenditori, media borghesia, tutti quelli cioè che hanno le leve del potere, ma che mai le hanno potute usare perché hanno delegato le leve del comando a personaggi tutt’affatto onesti e fidati; quindi a pagare, forse perché geneticamente predisposti, saremo noi e lo faremo in maniera diretta ed in maniera indiretta, attraverso aumenti vari, tagli dei servizi, minori tutele dei diritti, maggiore incidenza della tassazione, sperequazione tra il salario reale ed il suo potere d'acquisto.
Questo governo non ha ritenuto di dover procedere ad un taglio DRASTICO dei costi della politica, non ha ritenuto necessario inserire una tassazione, almeno a livello della media europea, dei redditi da capitale; non ha ritenuto inasprire la lotta all’evasione, magari con un decreto legge che per urgenti e necessari motivi, se ne fanno tanti in Italia, stabilisse la confisca immediata dei beni materiali a coloro sorpresi in flagranza di reato prevedendo una eventuale restituzione del pagato a ricorso vinto; né, infine, ha ritenuto necessaria una tassa patrimoniale che andasse a colpire non soltanto il dichiarato in funzione del dichiarato, ma che lo facesse in funzione del vissuto e dello stimato in base ad una sorta di “ Studio di settore ” il quale, ad esempio, stabilisse che se vai in vacanza alle Seichelles vali un milione anche se dichiari centomila per cui paghi per un milione: vale per i poveri cristi ( commercianti, agenti di commercio ecc. ecc.), perché non deve valere per i ricchi?. Mano al portafogli dunque e zitti in coda e senza troppo vociare onde non disturbare la, di per sé già troppo dispiaciuta, CASSA ERARIALE.
Pagheremo?. Si, pagheremo!. Siamo tutti, chi più e chi meno, vittime del “ ricatto di stato “ e sotto la minaccia perenne dello scheriffo di Notthingam/Equitalia e/o similari: tantissimi hanno una casa, tutti hanno un’auto o un motorino o comunque qualcosa che gli si può portare via e siccome questo stato, forte con i deboli ma debole con i forti, quando deve avere PRETENDE mentre quando deve dare si NASCONDE, NOI, purché ci lascino il nostro orticello, PAGHEREMO.
Ma riflettete un attimo, se Robin Hood avesse fatto la stessa cosa, sarebbe poi riuscito a sposare Marian? E cosa succederebbe se ciascuno di noi decidesse di rischiare quell’orticello e, novello Robin Hood, ne seguisse l’esempio? Quanto tempo pensate sarebbe necessario a LOR SIGNORI per capire che un gettito fiscale dimezzato, ridotto ad un terzo, nullo è solo l’inizio di una rivoluzione incruenta ma molto, molto più dannosa di una fatta a colpi di forconi? E secondo Voi potrebbero confiscare la casa, il motorino o comunque qualcosa a tutti o alla maggioranza degli Italiani? E quand’anche lo facessero, cosa impossibile date le condizioni della giustizia, la carenza di personale, l’arretratezza dei servizi informatici, come potrebbero poi gestire la rabbia conseguente? Quanto tempo sarebbe necessario a cambiare le cose? Io credo POCHISSIMO. E dunque ancora una volta, SIAMO O NON SIAMO NOI QUELLI CHE GODONO A CURARE LA PROPRIA DISPERAZIONE CON UNA CONTINUA TERAPIA A BASE DI SUPPOSTE?
Masochisti … ecco cosa siamo, MASOCHISTI!.