giovedì 10 novembre 2011

Quindi, ti levi dai coglioni? (Lettera aperta a una testa di cazzo). - di Rita Pani.




Lustrissima testa di cazzo, permettimi di chiamarti così come ti chiamano anche i piciotti che ti hanno tradito, leggo sui giornali che finalmente sabato ti leverai dai coglioni, e sento l’esigenza di scriverti queste poche righe minatorie, spinta dalla repulsione che ho sempre provato per la tua ridicola figura.

Ricordo il giorno in cui, nata mia figlia, attesi il passaggio dell’omino dei giornali nella corsia dell’ospedale, per acquistare un quotidiano da conservarle ad imperitura memoria. C’era la tua lustrissima faccia di cazzo in prima pagina, e io tra un dolore e un conato lo lessi tutto. Ricordo che c’era un articolo sul tuo capofamigghia: dell’utri. Lo lessi, già si sapeva dei suoi rapporti con la mafia, tenuti sotto controllo dalla Criminalpol e si parlava di lui come mago della pubblicità, colui che avrebbe potuto portare il tuo neonato forza italia esattamente là dove stava: al governo.

Non era tempo di Internet, per quanto fosse già stato inventato, e l’italiano si faceva italiota confidando nelle tue televisioni, quelle dalle quali con la tua lustrissima faccia di culo, cavalcando l’onda di tangentopoli – che ti sfiorava ma non ti toccava, falciando via tutti i tuoi complici – annunciasti la lieta novella. La tua discesa in campo. Mi fece così senso quel giornale, che me ne feci comprare un altro da mio papà; e che sorpresa! Anche nell’altro, in prima pagina, c’era la tua lustrissima faccia di cazzo. C’era qualcosa di più, però, c’era la storia dello stalliere di Arcore, l’eroe Vittorio Mangano e molte altre informazioni sui tuoi trascorsi, da Craxi alla Banca Rasini, nella quale tuo padre aprì il sentiero per la tua ascesa alla malavita, quella seria.

È stato il giorno in cui ho consegnato una creatura al mondo, mia figlia. Non me lo posso scordare, perché tenendola in braccio, bianca, profumata e bella non avrei potuto avere cattivi pensieri. Era naturale augurarle un mondo perfetto nel quale imparare a muoversi, a vivere ed essere libera di esistere per ciò che la natura, e io, avremmo potuto donarle. Per questo, arresa dinnanzi alla tua faccia di cazzo, pensai che prima o poi avresti fatto la fine degli altri, ladro tra i ladri, in esilio o in galera.

Ma l’italiano imparò in fretta quanta comodità ci fosse nell’essere italiota, quanto fosse più semplice credere che ci si potesse fare da soli, quanto fosse più facile non credere che pensare. Poi, non hai mai avuto una faccia di cazzo troppo intelligente, e persino il tuo senso del ridicolo in quei troppi denti, in quella battaglia strenue per l’estetica del pelo, nella tua abissale ignoranza, lasciarono credere all’italiota che, se ce l’avevi fatta tu – stronzo com’eri – ce l’avrebbe potuta fare chiunque.
Il resto venne a devastare le nostre vite. Il resto si fece la storia triste, di un popolo rincoglionito dalle gambe delle veline inquadrate dal basso verso l’alto, per farle sembrare più lunghe. Da una stampa con la mordacchia che millantava la possibilità di essere libera di deridere il padrone che la manteneva – Ricci ne è l’esempio più sublime. Il resto si fece nella storia di quasi un ventennio di angherie, di privazione del pensiero, di decadimento culturale nell’abominio che si è fatto della morale e del diritto. Nell’impoverimento massivo e costante, anche questo nascosto da un falso benessere teso a fare dell’italiota il tuo primo finanziatore, educato allo spreco e al consumo, al sogno da fare ad occhi aperti, in modo tale che non fosse poi così traumatico il risveglio. Il resto è la storia che finisce, ma non a modo mio.

Finalmente ti levi dai coglioni, lasciando le macerie, passeggiandoci sopra a cuor leggere proprio come hai fatto a L’Aquila, o in ogni altro luogo devastato dal malaffare di cui hai fatto sistema (‘o sistema). Sparirai pian piano, purtroppo, e noi subiremo ancora per mesi la tua presenza martirizzata, dell’uomo tradito, non compreso. Ancora e ancora un orchitica propaganda proverà a dire quanto tu sia stato magnanimo e di quanto oro tu abbia sprecato per ricoprire le nostre vite. Tenterai ancora di conservarti, e di rivivere clonato in quella cosa strana che è tua figlia.

Sarebbe meglio, invece, che tu ti togliessi dai coglioni in fretta e senza soffrire. Promettesti di sconfiggere il cancro in tre anni, ma il miracolo non ti riuscì. Fai ammenda, ora! Mantieni almeno questa promessa. Sconfiggiti. Sparati in bocca. Prova il piacere di avere la dignità. Sarebbe un orgasmo che anche tu – pene leso – potresti provare.

Rita Pani (APOLIDE)

Sì al governo Monti, ripartendo dalla legalità. - di Sandra Bonsanti







In queste ore che si susseguono ancora all’insegna dell’incertezza ma appena toccate da un po’ di speranza, nessuno sa se davvero Mario Monti ce la può fare, se l’incubo del fallimento è superato.
L’incertezza è comprensibile in un Paese come l’Italia provato dagli anni di un presidente del consiglio votato all’ inganno: se ne va davvero e cosa chiede o chiederà in cambio, magari all’ultimo momento?
Difficile dunque sottrarsi a questo sentimento di timore. Ma fatta questa premessa, confesso di non capire coloro che comunque si oppongono a questo governo di emergenza e chiedono elezioni anticipate subito.
Cerco, dopo questi terribili 17 anni, di fare il conto delle cose positive che le dimissioni di Berlusconi comportano.
Lui, intanto, se ne va. Dove non ci interessa: a curare gli affari delle sue aziende, oppure soltanto a curare le sue piante esotiche in qualche villa in qualche isola dell’oceano.
Lui non ci sarà più e non ci saranno più leggi contro l’autonomia della magistratura o manovre contro l’informazione. Inoltre sarà stato fatto un passo avanti per cercare di risalire la china del disastro economico.
Non dovremo più preoccuparci di un capo del governo che va in giro raccontando barzellette e pagando giovani donne.
Forse avremo meno dibattiti televisivi fatti di urla e voci stridule e false, di parte berlusconiana che hanno mortificato purtropp0o anche coloro che opponendosi cercavano di tener testa. Non se ne può più, vorremmo più cultura e una politica seria e non gridata e più inchieste.
Forse avremo anche meno intrighi e meno corruzione, meno piduisti in giro e più verità che possono finalmente venire alla luce.
Forse avremo anche meno attacchi alla Costituzione e più rispetto per la nostra Storia.
Forse i giovani potranno cominciare a sperare che i privilegi e le ingiustizie avranno fine.
Forse…. Certo, c’è da attendersi di tutto e lo sappiamo: Letta alla vicepresidenza? Alfano o Nitto Palma o chi per loro alla Giustizia?
E qui, chi fa le trattative e le consultazioni, per primi Mario Monti e il presidente Napolitano, sanno che molto si può chiedere, nel nome di un recupero di credibilità e dunque di un salvataggio in extremis. Ma non di rinunciare a un recupero della legalità perduta. Cominciamo a ricostruire da questo principio fondamentale perché è stato proprio per averlo calpestato ed abbandonato che siamo arrivati nel precipizio.
Vale dunque la pena di imboccare la strada del governo Monti, per difficile che sia. E bisogna crederci, senza retro pensieri. Bisogna aver fiducia che taglierà i privilegi. E che ci porterà alle urne, fra un anno e mezzo, con una legge elettorale giusta e rispettosa della volontà dei cittadini. Lo dico anche a quella sinistra e agli amici dell’Italia dei Valori con i quali in questi anni ci siamo trovati fianco a fianco nelle proteste e nella richiesta di dimissioni.
È una partita difficilissima. Ricordiamoci di quando, prima ancora che finisse del tutto la guerra, gli italiani furono chiamati a darsi governi e organizzazione dello Stato per cominciare a ricostruire: nell’emergenza più drammatica seppero trovare i motivi per collaborare per un breve periodo, sapendo che dopo avrebbero avuto gli strumenti per dividersi ancora e combattersi politicamente  e democraticamente.
Salvato il Paese, le elezioni ci faranno uscire davvero per sempre dagli anni di Berlusconi.

E le tangenti diventano "zucchine" così Finmeccanica pagava i politici. - di CARLO BONINI e MARIA ELENA VINCENZI




I verbali del super-consulente Cola: "Guarguaglini sapeva tutto". "Portai a Borgogni 250 mila euro in contanti ricevuti da Selex. Servivano a pagare gli esponenti dei partiti che avevano nominato i vertici di Enav. Quando parlavo con  il presidente l'attività di sovraffatturare per creare fondi neri e versare le mazzette veniva anche definita 'fare i compiti'.


ROMA - La Finmeccanica di Pierfrancesco Guarguaglini è stata la "tasca" della Politica. Dal nero creato da alcune delle società controllate dalla holding sono state ritagliate in questi anni le provviste - "le zucchine" - per sedare gli appetiti del Palazzo. "Guarguaglini sapeva". Ma quel termine volgare - tangenti - "era bandito dalle discussioni". Quando si pagava e si truccavano i bilanci, si preferiva dirlo con un più morbido "abbiamo fatto bene i compiti". 

Il 19 novembre e il 22 dicembre del 2010, detenuto nel carcere di Regina Coeli, Lorenzo Cola, consulente personale e "speciale" del presidente e ad di Finmeccanica apre uno squarcio sul verminaio che i vertici della holding hanno disperatamente tentato di negare prima, di dissimulare, poi.

Svela i retroscena della trattativa tra il nostro Governo e i fondi sovrani della Libia di Muhammar Gheddafi. L'impegno per sostenere l'Ansaldo in un "progetto di centrale" in Iran. Ecco dunque il suo racconto, per come lo documentano i verbali di interrogatorio con il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, ora depositati con la chiusura delle indagini sull'affare "Digint".

BORGOGNI SMISTAVA
Sostiene Cola che l'ufficiale "pagatore" della holding è Lorenzo Borgogni, potente capo delle relazioni esterne. "Il suo lavoro era quello di tenere i contatti con i politici che avevano i rapporti con le società del Gruppo. Da un lato, Borgogni era informato, attraverso i suoi collaboratori, dei politici che chiedevano un colloquio con responsabili vari delle società e, dall'altro, egli stesso li indirizzava a questa o a quell'altra società, a seconda della loro esigenza. Borgogni era a conoscenza, fin da epoca remota, del sistema di pagamento delle tangenti da parte dei fornitori di "Selex Sistemi Integrati" (controllata di Finmeccanica, al cui vertice siede Marina Grossi, moglie di Guarguaglini ndr). Lui stesso era beneficiario di una parte di queste tangenti. So questo con certezza perché in moltissime occasioni mi è accaduto di parlarne con lui". 

Borgogni dunque, "paga" e "smista" i questuanti del Palazzo, ritagliando per sé una fetta della torta. Ma Guarguaglini ne è consapevole?

COMPITI BEN FATTI
Dice Cola: "Con il Presidente non avevo mai argomenti specifici di discussione di tale natura, anche perché il suo interlocutore naturale era Borgogni. Nelle nostre conversazioni, tale attività di sovraffatturazione e di pagamento delle tangenti veniva definita "fare i compiti". Locuzione che serviva per definire anche l'attività di "mettere a posto le carte", la contabilità e tutto il resto per evitare che si scoprissero i fatti illeciti che intervenivano. Quando qualcuno incappava in qualche vicenda giudiziaria, dicevamo che "avevano fatto male i compiti". Per altro, tutte le mie attività erano coperte dall'input di Guarguaglini". 

FALSE FATTURE
Cola sostiene di non parlare per sentito dire. "Consegnai del denaro in contanti a Borgogni in almeno due occasioni. Tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007. Nella prima circostanza, Borgogni mi disse che aveva bisogno di 300 mila euro. E allora dissi a Marco Iannilli (socio di Cola e titolare della "Arc Trade", società che lavorava in subappalto con la "Selex") di procurarseli, attraverso le sovrafatturazioni delle commesse che riceveva. Consegnai il denaro a Borgogni nel suo ufficio, in Finmeccanica. Ed erano soldi destinati a lui per esigenze private".

BUSTE CON I SOLDI
"Nella seconda occasione - prosegue Cola - portai a Borgo-gni 250 mila euro in contanti, che mi aveva dato per lui Paolo Prudente di "Selex". Io mi trovavo infatti in Selex e Prudente mi disse, sorridendo, che gli avrei risparmiato l'incomodo di portare a Borgogni 250 zucchine. Questi soldi gli servivano per pagare i politici che avevano nominato i vertici di Enav. Già un paio di anni prima, infatti, avevo assistito a un'accesa discussione tra Borgogni e Prudente, in cui Borgogni rimproverava Prudente perché diceva che i politici che avevano provveduto alla nomina dei vertici di Enav si lamentavano con lui. 

La ragione era che gli amministratori di Enav, al cui pagamento provvedeva Prudente, non riconoscevano poi nulla ai loro referenti politici. Ricordo che in occasione di quella discussione, Borgogni aveva detto a Prudente che doveva rendersi disponibile al pagamento di somme, ogni qual volta ne avesse avuto necessità. Quei 250 mila euro, facevano parte di questo accordo. Ricordo che portai i soldi a Borgogni che si trovava nel suo ufficio con altre due persone. Gli dissi che avevo una busta per lui da Prudente e lui mi disse tranquillamente di entrare. Quindi, mise la busta sulla scrivania davanti a queste due persone".

I FONDI LIBICI
L'uomo che all'inizio di questa storia Guarguaglini giura a malapena di ricordare, ma dalla cui possibile confessione è semplicemente atterrito, tanto che il capo della sua sicurezza aziendale, l'ex generale dell'Arma Vittorio Savino, si affanna in contatti con gli apparati della sicurezza (incontra almeno una volta il comandante del Ros, Giampaolo Ganzer, il generale della Finanza e vicecapo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Delle Femmine, telefona con insistenza all'allora direttore della Dia Antonio Girone per chiedere un intervento sulle indagini della Procura) ha altro da dire. 

Perché è Cola l'uomo cui Finmeccanica consegna le chiavi delle operazioni politicamente più sconvenienti. A cominciare dall'accordo con i fondi sovrani libici di Muhammar Gheddafi.

Ricorda Cola: "Nel 2008, circa, Guarguaglini venne convocato nel suo studio da Gianni Letta e dall'ambasciatore libico e gli fu presentata la possibilità che fondi sovrani libici acquisissero quote di Finmeccanica. Il giorno successivo, il presidente mi convocò e insieme cominciammo a lavorare all'ipotesi di un ingresso libico all'8 per cento in Finmeccanica. Una percentuale che ci sembrava eccessiva e che nei nostri colloqui venne ridotta al cinque. Dell'ingresso dei fondi sovrani libici informai personalmente il ministro Tremonti nella primavera-estate del 2009. Lo incontrai a palazzo Madama, nello studio del senatore Andreotti, alla presenza di Andreotti e dell'avvocato Vitali. Tremonti dei libici mi disse di non sapere nulla e comunque suggerì lo strumento della "Newco" per il loro ingresso. La parte operativa venne curata da Amededo Caporaletti, di Agusta, che era in contatto con i libici. Io venni pagato, utilizzando la "Print System" in Libia (società di Tommasso Di Lernia, arrestato per frode fiscale, acquirente a peso d'oro della barca di Marco Milanese e significativamente detto nel giro degli appalti Enav-Finmeccanica "er cowboy"). Guarguaglini sapeva come era stato pagato. Del resto, mi aveva detto di fare come credevo".

ANSALDO IN IRAN
Cola lavora anche per coinvolgere Finmeccanica nella costruzione di centrali nell'Iran di Ahmadinejad. Scrive in un memoriale dal carcere datato 1 ottobre 2010: "In presenza di problematiche di una certa rilevanza, veniva chiesto il mio contributo. Mi sono occupato, ad esempio, della problematica contrattuale che ha coinvolto Ansaldo in ordine alla richiesta dell'Iran di poter costruire una centrale, che poteva essere un ottimo affare per l'Italia e Finmeccanica. Ma con l'Iran ci sono regole internazionali che possono, se gestite male, avere ripercussioni negative". 

Nessuno sa (Cola non ha elaborato sul punto, né è stato stimolato) se e quale accordo "per il bene dell'Italia" l'uomo di Guarguaglini abbia fatto con gli Ayatollah. 



http://www.repubblica.it/politica/2011/11/10/news/verbali_finmeccanica-24758409/ 

Tapiro d'oro a Berlusconi, 'Striscia la notizia' si presenta a Palazzo Grazioli.



Roma, 9 nov. - (Adnkronos) - La redazione di 'Striscia la notizia' ha provato a consegnare un enorme tapiro d'oro arrivato davanti alla residenza romana di Silvio Berlusconi su un furgoncino, aiutato da Valerio Staffelli a far manovra. Il noto volto televisivo è stato però allontanato dalle forze dell'ordine.


Ma 'Striscia' non si è perso d'animo. E dopo essere stato respinto una prima volta, il Tapiro gigante "è stato 'escortato' - scrive l'ufficio stampa del tg satirico di canale 5 - con parrucca e rossetto per facilitarne l'ingresso. Purtroppo soverchianti forze dell'ordine hanno impedito l'accesso. La Tapiressa 'escortata' tenterà un'entrata col favore delle tenebre, comunque ha lasciato il numero di telefonino", concludono dal programma di Antonio Ricci.
I curiosi e il furgoncino che trasportava la provocazione hanno bloccato per qualche minuto il traffico.


http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Tapiro-doro-a-Berlusconi-Striscia-la-notizia-si-presenta-a-Palazzo-Grazioli_312628811001.html

Feltri: “Berlusconi si potrebbe ricandidare”.



“Non vedo nuovi leader nel centrodestra”. Questa l’opinione di Vittorio Feltri, intervistato a margine di un convegno su internet e l’informazione a Milano. “La selezione dei nuovi leader dovrebbe essere naturale”, spiega il direttore del Giornale, che non esclude una possibile ricandidatura di Berlusconi in caso voto anticipato: “Alfano sarebbe in difficoltà al Nord, e un governo tecnico, vista la contrarietà della Lega, chi lo sosterrebbe?”. E ancora: “Ve lo immaginate un tipetto come Vendola che vota le riforme di un Monti contro il welfare?” Comunque vadano le cose, Vittorio Feltri è scoraggiato: “Dopo Berlusconi le cose non possono che peggiorare”, spiega, “la vedo nera”. 
di Franz Baraggino


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/10/feltri-berlusconi-potrebbe-ricandidare/169696/

Governo di larghe intese, Monti prende quota Berlusconi ammorbidito nello sfascio del Pdl.

Improvvisa accelerazione verso la svolta: legge di stabilità approvata in settimana, Napolitano nomina l'economista senatore a vita. Il partito fondato dal premier si spacca tra elezioni subito e governo, sempre meno tecnico e sempre più politico. Nasce il gruppo parlamentare dei delusi, promosso da Antonione.

Mario Monti
Il Popolo della libertà è in frantumi, mentre il presidente della Repubblica dà un segnale forte con la nomina a senatore a vita di Mario Monti, in pole position per la guida di un esecutivo tecnico. I tempi delle decisioni cruciali per Silvio Berlusconi si assottigliano, data l’accelerata impressa al cammino parlamentare del decreto sviluppo, che dovrebbe essere approvato da Senato e Camera entro domenica, con conseguenti dimissioni del premier (qui la cronaca ora per ora della giornata politica). Le ultime indiscrezioni da Palazzo Grazioli dicono che Berlusconi, di fronte al precipitare degli eventi dopo una giornata drammatica sul fronte dei mercati finanziari, stia pensando di ammorbidire la sua posizione, finora nettamente contraria a un nuovo esecutivo non benedetto dagli elettori. Una scelta che però provocherebbe una rottura con la Lega e una bella fetta di colonnelli del Pdl, determinati a perseguire la via delle urne.

Il tutto succede in uno scenario che vede gli uomini di punta del partito creato Berlusconi nettamente divisi. La frattura principale è tra chi, dopo le dimissioni del premier, punta a elezioni immediate e chi preferirebbe un governo tecnico o comunque di transizione. Per sostenere questa ipotesi, il “deluso” del Pdl Roberto Antonione annuncia l’immediata costituzione di un gruppo autonomo alla Camera. La parola del Capo, insomma, non è più oro.

IL PROSSIMO PREMIER. L’improvvisa nomina dell’economista Mario Monti a senatore a vita assomiglia a una pre-investitura da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e un segnale forte ai mercati. Del resto il nome dell’ex commissario europeo alla concorrenza era già in vetta al “borsino”. Un nome che a Berlusconi non va giù (dopo averlo mandato alla Commissione europea nel 1994, nel 2004 non lo confermò preferendogli Rocco Buttiglione agli affari sociali, che però fu bocciato dal parlamento di Strasburgo) . Già rettore della Bocconi, consigliere economico di diversi ministri “laici” nei primi anni Novanta, editorialista del Corriere della Sera, reputato affidabile e inflessibile dalla comunità finanziaria internazionale, potrà sedere sulla poltrona più alta di palazzo Chigi con una copertura politica in più data dal seggio senatoriale.

Si parla ancora comunque di Giuliano Amato, più gradito al Cavaliere e dato anche come possibile vicepremier di Monti, e di Lamberto Dini. Mentre Gianni Letta, più volte citato come successore gradito al Cavaliere, secondo gli ultimi rumour potrebbe conservare il posto di sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Si registra un paradosso intorno al nome di Angelino Alfano. Il maggior sostenitore del segretario del Pdl sembra essere in questo momento il segretario della Lega nord, Umberto Bossi, che lo vedrebbe come una continuità dell’attuale alleanza di governo. Alfano è silurato persino dal suo capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto: “Io lo auspico, ma la situazione di stallo che viviamo non lo rende al momento plausibile”. Una candidatura che dopo l’ascesa di Monti sembra comunque tramontata.

ELEZIONI O GOVERNO DI LARGHE INTESE. Fino agli ultimi sviluppi della serata, la linea di Berlusconi è stata quella delle elezioni subito dopo le dimissioni. Ma all’interno del Pdl non è condivisa. Sarebbero una cinquantina i parlamentari pronti a dar man forte a un nuovo esecutivo. Sono Claudio Scajola e Beppe Pisanu i trascinatori del fronte favorevole al governo tecnico. “Le elezioni anticipate non sono auspicabili”, chiarisce l’ex ministro Scajola, in passato un pilastro della macchina elettorale di Forza Italia. Non si può lasciare il Paese “senza pienezza di poteri per tre mesi”, perché sarebbe “pericoloso per i mercati”. E’ dunque “necessario fare un governo nell’ambito del centrodestra, anche recuperando quanto si e’ rotto”.

Pisanu, già ministro dell’Interno pioniere di Forza Italia, si dice “contrario, anzi contrarissimo” all’ipotesi di elezioni anticipate”. Se si verificassero, ha affermato conversando con alcuni senatori, “esco dal gruppo, dal Pdl, da tutto”, perché gli indici finanziari italiani degli ultimi tempi “sono da default”. Pisanu sta perciò lavorando a un documento che chiede un governo di larghe intese.

Stessa posizione per parlamentari importanti come Giuliano Cazzola e Luigi Vitali, ma anche per il governatore lombardo Roberto Formigoni: “Chiedo al presidente Berlusconi di esplorare tutte le possibilità, nessuna esclusa, perchè l’Italia possa avere dopo le sue dimissioni un governo con una maggioranza larga e forte che riporti sotto controllo la situazione economica”. Perché “andare a elezioni anticipate nelle attuali condizioni drammatiche per l’economia sarebbe un grave danno per l’Italia”. E neanche un fedelissimo del premier come il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi si sente di escludere un governo di emergenza nazionale “ampiamente condiviso”. Nell’area della (ex) maggioranza, sono favorevoli a un governo di transizione anche Gianfranco Miccichè(un altro ex berlusconiano di ferro) e i 7 deputati di Grande Sud.

Restano fedeli alla linea “elezioni subito” diversi colonnelli, con gli ex di An in prima fila: La RussaGasparriMatteoliRonchiSacconi, BrunettaGelmini, che propongono la candidatura del segretario del Pdl Angelino Alfano a guidare una coalizione di centrodestra che includa tutte le forze popolari schierate nel Ppe. “Mai al governo con il Pd”, proclama intanto Gianfranco Rotondi. Elezioni subito anche per il portavoce del partito Daniele Capezzone. Per il ministro della Difesa Ignazio La Russa, andare al voto a febbraio è “l’ipotesi più naturale e più convincente, oltre che più facile a verificarsi”.

TRANSFUGHI. Sarebbero già otto i deputati (“scontenti” pidiellini e del gruppo Misto) pronti a formare, entro la settimana o al massimo all’inizio della prossima, una nuova compagine parlamentare, magari con il sostegno del Terzo polo (a loro si aggiungerebbero i deputati di Api, Mpa, Libdem, attualmente al Misto). Ma l’ipotesi di un altro gruppo autonomo, formato solo da pidiellini, sarebbe in contemporanea al vaglio anche di altri parlamentari, tra cui alcuni vicini aClaudio Scajola. Al Senato Beppe Pisanu sta lavorando a un documento, con le firme di un gruppo di senatori pidiellini, per dire un no chiaro alle elezioni.

A dar voce a questa ipotesi è Roberto Antonione, che aveva già rotto con Berlusconi in occasione del voto sul rendiconto dello Stato che ha sancito la mancanza di una maggioranza alla Camera: “Domani – dice Antonione – abbiamo intenzione di formalizzare la nascita del gruppo”. Della formazione faranno parte Giustina DestroFabio Gava e Giancarlo Pittelli, a cui si unirebbero Santo VersaceCalogero ManninoLuciano Sardelli e quattro deputati dell’Mpa. La costituzione di un gruppo permetterà ai delusi del Pdl di essere convocati come formazione autonoma dal presidente della Repubblica nelle consultazioni che saranno avviate subito dopo le dimissioni di Berlusconi.

L’ipotesi di un nuovo gruppo ha già attirato gli strali del sottosegretario Guido Crosetto.
IL CAPO. Silvio Berlusconi è ancora intenzionato a percorrere la strada delle urne, ma in queste ore sta valutando tutti i sommovimenti interni al Pdl. Viene descritto come deluso e amareggiato nel corso delle riunioni con i fedelissimi a Palazzo Grazioli, ma intento a valutare altre strade. Soprattutto dopo la nomina a senatore di Monti, si sarebbe fatto più insistente il pressing su di lui per fargli accettare un governo tecnico, o meglio di “unità nazionale”: in altre parole, sempre meno tecnico e sempre più politico. Il pressing starebbe funzionando, magari con una contropartita: la promessa di Monti di non candidarsi alle successive elezioni, a maggior ragione dopo l’investitura senatoriale.

Il maxi-emendamento al Senato giallo sulla modifica all'Articolo 18.






Il documento depositato al Senato da Tremonti secondo l'Idv rende i licenziamenti più facili. Bossi annuncia il suo no, ma dal ministero smentiscono: "Mai detta una cosa simile". Ritoccata a 67 anni l'età per la pensione di vecchiaia, aumentano le accise sui carburanti, mobilità per gli statali.


ROMA - Dopo i ripetuti rinvi e aggiustamenti è arrivato finalmente al Senato il maxi-emendamento alla Legge di Stabilità con le misure richieste dall'Europa e dalla Bce per fare fronte alla crisi del debito e rimettere in moto la crescita. Per qualche ora si sparge la notizia che nel provvedimento c'è anche la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per consentire licenziamenti più facili, ma quanto riferito dal senatore Elio Lannutti (Idv) dopo aver ascoltato l'illustrazione del testo in Commissione Bilancio è un evidente abbaglio, come precisa il sottosegretario al Tesoro, Antonio Gentile: "Il ministro Tremonti - afferma - nell'illustrare il maxi-emendamento non ha mai parlato, né accennato, ad una eventuale modifica né dell'art. 8 né dell'art. 18, che sarebbe stata inserita nel testo del decreto presentato al Senato. Il ministro Tremonti ha detto l'esatto contrario. In Commissione ha sostenuto che non saranno apportate modifiche ai due articoli in questione".

Tra le misure incentivi al part time. Le misure contenute nel testo - 25 articoli, 23 Pagine e 10 punti - sono la liberalizzazione degli ordini professionali con l'eliminazione delle tariffe minime dei professionisti, ulteriori privatizzazioni, dismissioni di immobili e terreni agricoli e costituzione di una società veicolo dove immettere i beni, fondo di ricerca, semplificazioni normative, detassazione delle imprese costruttrici. Tra le cessioni, a partire dal primo gennaio 2012, anche 

quelle che l'Anas dovrà trasferire a Fintecna. Lo prevede l'emendamento del governo al ddl stabilità. Il trasferimento sarà fatto "al valore netto contabile risultante al momento della cessione".

Contratto per le donne. Sempre in materia di lavoro c'è la nascita del contratto di inserimento per le donne nelle aree territoriali in cui è più accentuata la differenza di genere nel tasso di disoccupazione e una misura per rendere più facile il ricorso al contratto di lavoro part-time, agevolando l'utilizzo delle clausole flessibili (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa) ed elastiche (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione stessa), che potranno nuovamente essere liberamente stabilite dalle parti individuali, nel rispetto di quanto eventualmente stabilito dalla contrattazione collettiva.

Mobilità per gli statali. Se in un'amministrazione i dipendenti Pubblici verranno ritenuti in soprannumero o si rilevino comunque eccedenze di personale gli statali potranno essere posti in mobilità. Se però, prevede sempre il maxiemendamento, questi non potranno essere ricollocati scatterà una sorta di cassa integrazione della durata massima di due anni con una retribuzione dell'80%. 

Età pensionabile sale a 67 anni. Nel maxiemendamento anche un ritocco dell'età pensionabile. L'età minima di accesso alla pensione di vecchiaia viene fissata a 67 anni a decorrere dal 2026. Fino ad oggi la soglia di vecchiaia è fissata a 65 anni e sarebbe dovuta salire di due anni a regime in modo indotto solo per l'effetto dell'aggancio all'aspettativa di vita e delle finestre mobili. 

Più liberalizzazioni. In arrivo poi una spinta alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Obiettivo della misura è quello di "realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi servizi". Non solo, se gli enti locali non daranno attuazione alle misure, sarà il governo ad esercitare il "potere sostitutivo" per liberalizzare i servizi.

Bonus fiscale ai benzinai. Nel provvedimento pure la definizione di "aree di interesse strategico nazionale" per le zone ed i siti del comune di Chiomonte individuati per la realizzazione del tunnel della linea ferroviaria Torino-Lione, mentre è introdotto lo stop ai contributi per i primi tre anni di contratto di apprendistato e il bonus fiscale per i gestori di impianti di distribuzione carburanti diventa strutturale, come promesso dal governo l'ultima volta giusto ieri, passo che ha depotenziato lo sciopero dei benzinai. Allo stesso modo defiscalizzazione in arrivo per realizzare nuove autostrade. Sempre in materia di carburanti il maxiemendamento prevede nuovi aumenti nel 2012 delle accise sulla benzina e sul gasolio con le aliquote che sono rispettivamente fissate "a 614,20 euro e a 473,20 per mille litri di prodotto; a decorrere dal primo gennaio 2013 a 614,70 euro e a 473,70 per mille litri di prodotto". Nell'articolato anche una riduzione dei tagli all'editoria (come aveva chiesto Giorgio Napolitano 1), con un sostegno in più di 19,5 milioni di euro per il 2012, di 16,2 milioni per il 2013 e di 12,9 milioni per il 2014.

Riduzione debito enti locali. Ulteriori misure è la nascita di una sola zona a burocrazia zero su tutto il territorio nazionale per tutto il 2013 in via sperimentale. Inoltre "ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, a decorrere dall'anno 2013, gli enti territoriali riducono l'entità del debito pubblico". Il maxiemendamento del governo rimanda quindi ad un decreto non regolamentare del ministero dell'Economia con le modalità di attuazione della norma. Il decreto dovrà stabilire "distintamente per regioni, province e comuni, la differenza percentuale, rispetto al debito medio pro capite, oltre la quale i singoli enti territoriali hanno l'obbligo di procedere alla riduzione del debito; la percentuale annua di riduzione del debito; le modalità con le quali può essere raggiunto l'obiettivo di riduzione del debito. A tal fine si considera equivalente alla riduzione il trasferimento di immobili ai fondi o alle società costituiti dallo stato per la dismissione degli immobili pubblici".

Tasse ridotte in Abruzzo. Per quanto riguarda i contribuenti Abruzzesi colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009, l'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, "ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti è ridotto al 40%".

Via gli emendamenti. Per garantire al provvedimento una corsia preferenziale in grado di favorirne il varo, con le conseguenti successive dimissioni di Silvio Berlusconi, il gruppo del Pd si era deciso a ritirare la maggior parte degli emendamenti. Mossa che ha spinto il Pdl a fare altrettanto. "L'iniziativa del gruppo del Pd di questa mattina di ritirare tutti gli emendamenti ad eccezione di circa dieci, ha prodotto il primo risultato. Il PdL ha comunicato il ritiro di tutti gli emendamenti, così come la Lega e Coesione Nazionale. Italia dei Valori ne ha lasciati tredici, il Terzo polo si è riservato di ritirarli dopo aver visionato il maxi-emendamento. Si stanno dunque determinando le condizioni per chiudere in Commissione nella giornata di domani", spiega il senatore democratico Giovanni Legnini.

Bersani annuncia il no. Ad ogni modo, precisa il segretario Pierluigi Bersani, il Pd voterà contro "se le cose stanno come le abbiamo lette fin qui". Non mi risulta - precisa - ci sia una modifica dell'articolo 18 ma se c'è ne discutiamo, perché non possono farci bere tutto". Ad ogni modo, aggiunge, "non metteremo alcun ostacolo perché si chiuda questa fase, perché non c'è tempo: non ci sono settimane, e forse neppure giorni". 

Bossi si smarca. "E annuncia il suo voto contro il maxiemendamento anche Umberto Bossi. "Se ci sono articolo 18 e riforma delle pensioni diremo di no", affema a caldo il leader della Lega, ma la notizia come detto si rivlerà poi infondata.

Si vota entro il weekend. La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha infatti messo in calendario la discussione e la votazione del ddl stabilità per dopodomani, venerdì 11, alle 10.30. L'ok definitivo al provvedimento potrebbe arrivare quindi da Montecitorio il giorno successivo, sabato pomeriggio.