mercoledì 18 gennaio 2012

Ponzoni, il denaro dei boss finiva sui conti della nonna. - di SANDRO DE RICCARDIS e EMILIO RANDACIO


I verbali che hanno portato all'arresto dell'ex assessore pdl della Regione Lombardia.

Favori elargiti anche sugli appalti per la bonifica del Lambro dopo il disastro ambientale.



Ponzoni, il denaro dei boss finiva sui conti della nonna
Massimo Ponzoni con il governatore Roberto Formigoni

Per far arrivare i soldi della ‘ndrangheta alla sua campagna elettorale, l’ex assessore regionale Massimo Ponzoni usava anche i conti correnti di sua nonna. Scrive il gip che «Nocera Pasquale, “stretto collaboratore” di Salvatore Strangio, boss di San Luca, che si era impadronito per conto delle ‘ndrine di Platì delle società del gruppo edile lombardo Perego, ha emesso un assegno incassato sul conto della nonna di Ponzoni, Elide Grassi». Dagli accertamenti della guardia di finanza «il conto risulta assai movimentato e appare riconducibile al nipote e non all’anziana». Per gli investigatori, l’uso del conto della nonna per schermare i finanziamenti inconfessabili dei clan non è una sorpresa.

L’appoggio della ‘ndrangheta
«Il fatto che una costola dell’organizzazione criminale abbia veicolato voti su Ponzoni, per lo meno in relazione alle Regionali del 2005, risulta per altro riferito dallo stesso interessato», scrive il gip. Ponzoni, «a seguito dell’ottimo risultato conseguito nelle successive elezioni del marzo 2010, si compiaceva di averne fatto a meno, questa volta». A proposito dei voti sporchi dei clan dice, intercettato: «Mi sono tolto i voti di certi personaggi affiliati a certi clan». Per le precedenti regionali, scrive il gip, «risulta che Natale Marrone(arrestato in Infinito, la maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta) è stato finanziatore di Ponzoni, consegnandogli oltre duecentomila euro in contanti, poi utilizzati nella società S.M. Piermarini srl».

Le minacce ai soci ribelli

Il politico del Pdl si faceva forza, secondo le indagini, non solo del peso economico dei calabresi ma anche del loro potere d’intimidazione. Lo racconta ai magistrati l’ex socio Sergio Pennati, la cui collaborazione ha dato nuovo impulso all’inchiesta: «Ho ricevuto delle minacce da Ponzoni, almeno tre volte in un mese. Nella prima occasione, in seguito al mio diniego ad uscire dalle società Pellicano e La Perla, mi ha detto: “Stai attento che ti schiaccio”. Fuori dal bar di Cesano, mi ha detto: “Stai attento che qui sopravvive chi ha gli amici”. Io ho percepito che lui facesse riferimento ad un gruppo di persone che frequentano il bar: persone di origine calabrese, lo posso dire dall’accento, dal cui atteggiamento si ricavava una certa preoccupazione». 

«Avrò una delega all’Expo»Già travolto dal fallimento delle società e dall’inchiesta monzese, la carriera politica di Ponzoni sembrava comunque non subire contraccolpi. «La circostanza che a seguito dell’indagine in corso non sia stato riconfermato in giunta in Regione — scrive il gip — non ha certo intaccato l’incisività dell’influenza che esercita verso gli altri pubblici ufficiali, oltre che il credito verso gli imprenditori». Nel maggio del 2010 assicura: «Avrò una delega per i lavori dell’Expo 2015». Le indagini documentano come il politico «sia solo sporadicamente interessato agli impegni istituzionali propri della carica ricoperta, tanto che la Gdf perquisisce il suo ufficio e trova ancora carte appartenenti al suo predecessore. In realtà Ponzoni, «è completamente assorbito da una molteplicità di affari».

Il disastro della Lombardia Petroli
Il gip riporta la conversazione tra Ponzoni e l’imprenditore Addamiano, il quale già il giorno dopo il disastro ambientale della sua Lombardia Petroli a Villasanta, con tonnellate di petrolio finito nel Lambro, contattato da Ponzoni — allora assessore all’ambiente — che «lo informava della sua candidatura, lo sollecitava a un incontro urgente per decidere le aziende che avrebbero dovuto occuparsi della bonifica» del sito. «Tu chiami, io corro». «Io faccio come dici tu», dichiarava in altre telefonate l’assessore a Addamiano.

Le finte caparre

Dalle carte dell’inchiesta emerge il costante ricorso al sistema del pagamento delle caparre per finte vendite immobiliari per nascondere, in realtà, tangenti. Un meccanismo già individuato dalla Procura di Monza anche nell’inchiesta sul presunto sistema di tangenti a Sesto San Giovanni che ha colpito l’ex presidente della provincia Filippo Penati, del Pd, e molti suoi collaboratori. Anche nell’inchiesta su Ponzoni, «la stipula del preliminare celava il preventivo accordo tra le parti a rinunciare alla stipula del contratto definitivo per consentire al venditore di incassare l’acconto». I giudici citano le conversazioni di alcune riunioni. «Già ne ho fatti sei o sette di compromessi — dice Ponzoni — questi qua mica vogliono degli appartamenti, non gliene frega niente! Fanno il compromesso e a loro poi decade..!». Una pratica finalizzata ad «assicurarsi in maniera formalmente lecita provviste di liquidità con un duplice vantaggio per i contraenti: da un lato giustificano l’immediato trasferimento del denaro, dall’altro si riservano la possibilità di dare o meno esecuzione al contratto».

L'ufficiale di collegamento

Ruolo centrale nell’inchiesta ricopre Filippo Duzioni, bergamasco, uno degli arrestati. La finanza accerta che «Duzioni, pur non percependo redditi in Italia dal 2004, è gestore di fatto di innumerevoli compagini societarie». È attraverso di esse che spesso si realizza il meccanismo della rinuncia al preliminare con cui «avevano sostanzialmente ceduto alle società di Ponzoni caparre per un ammontare di 310mila euro». In più «risultano ulteriori finanziamenti dalle società di Duzioni verso quelle di Ponzoni». Duzioni è definito dai giudici «collegamento tra imprenditori e pubblici amministratori», convincimento rafforzato dal sequestro di numerose mail di imprenditori e politici che segnalano le loro esigenze a Duzioni in merito ad accordi di programma, raccomandazioni, nomine, consorzi e altro. Tra le mail, anche una per un invito alla cena di gala “Berlusconi per Formigoni”.

Il Pgt di Monza e l’onorevole Romani
Fondamentali per Ponzoni sono le questioni legate ai piani di gestione del territorio dei comuni della Brianza. «Significativa — riporta il gip — è una telefonata» in cui Ponzoni dava conto dell’apporto di Antonino Brambilla, tra gli arrestati, ex assessore all’urbanistica di Desio, all’onorevole Paolo Romani, allora assessore all’urbanistica di Monza. «Ho visto Tonino — dice Ponzoni a Romani — m’ha portato il Pgt di Desio... io gli ho detto: e a Monza.. “eh parla con Romani”, m’ha detto.. “parla con Romani”». 

«È finita la pacchia...»
Gli arresti di Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche di Santa Giulia, recentemente scomparso, e di Rosanna Gariboldi, ex assessore della giunta provinciale di Pavia e moglie di Gian Carlo Abelli, ex assessore in Regione, allarma Ponzoni. «Emerge la necessita di occultare documentazione compromettente» scrive il gip. Che riporta anche una conversazione del politico con la moglie: «“Hanno arrestato la Rosanna... E il Pino! Hai capito?... È finita la pacchia per tutti adesso”». Poi in una telefonata alla sorella, «chiede di portare via della documentazione dall’ufficio di Desio: “Ci sono delle cartellette sopra... sotto... portali via! Dietro la poltrona! Ti chiamo dopo! Vai via!”».

"Cinquecentomila euro in contanti nei tubi in casa dell'ex assessore".



"Cinquecentomila euro in contanti nei tubi in casa dell'ex assessore"

L'ex assessore brianzolo Rosario Perri


Nuovi sviluppi dell'inchiesta che a Monza ha portato in carcere il pdl Ponzoni. L'ingente
quantità di denaro venne trovata durante una perquisizione nell'abitazione di Rosario Perri.


C'erano 500mila euro nascosti in contanti nei tubi di casa. Anche di questo si trova traccia nell'ordinanza firmata dal gip monzese Maria Rosaria Correra, che ha disposto l'arresto dell'ex assessore regionale lombardo pdl Massimo Ponzoni e di altre persone appartenenti a quella che è stata definita la "squadra" di Ponzoni, tra cui l'ex assessore provinciale (e tecnico del Comune di Desio) Rosario Perri. E proprio nelle tubature dell'abitazione di Perri sarebbero stati nascosti 500 mila euro in contanti.

La presenza del denaro, come riportato nell'ordinanza, era emersa il 10 aprile del 2009 nel corso dell'indagine della Dda di Milano ed effettuata dai carabinieri di Desio. Il sospetto è che quella somma "sia stata costituita, almeno in parte - scrive il gip - con l'illecita contropartita riconosciuta a Perri (dallo stesso Ponzoni o da Ponzoni e taluno degli altri soggetti beneficiati) per gli atti contrari mantenuti in relazione al Pgt di Desio appena licenziato".

Il gip rimarca sia "la prossimità temporale tra la detenzione illecita e gli atti amministrativi di cui si tratta" sia il fatto che "non pare logico pensare che l'accorto Perri abbia tenuto nei tubi il 'bottino' per lungo tempo". Sempre nelle carte si richiama il contesto di intercettazioni di allora in cui si faceva riferimento al denaro. Lo stesso Perri avrebbe riferito di aver nascosto la somma in casa all'interno di alcuni tubi. Perri faceva poi riferimento a un conto cifrato in svizzera.

Giglio, nessuna traccia della bimba dispersa. Dopo tre giorni di ricerche si teme il peggio. - di Enrico Bandini



Passate 72 ore dal naufragio, Dayana di 5 anni e il padre William di 36 ancora non risultano in nessuna lista d'ospedali o strutture ricettive. Il prefetto di Rimini ha trascorso la giornata a Livorno in attesa di notizie che non sono arrivate. L'ansia dei parenti e della mamma.


Ancora nessuna traccia del trentaseienne riminese William Arlotti e della sua bambinaDaiana di 5 anni. Padre e figlia sono dispersi da venerdì notte, in seguito all’incidente della nave da crociera Costa Concordia.

Anche stamani, dall’operatrice del numero telefonico speciale che Costa Crociere ha messo a disposizione dei familiari dei dispersi, la risposta è stata sempre la medesima: i due “non risultano nelle liste in nostro possesso”. E ora s’inizia a temere per il peggio. Papà William è una persona malata, dipendente da farmaci salvavita. Difficile ritenere che lui e la sua bimba, scivolati in mare in seguito alla inclinazione della nave, abbiano potuto guadagnare autonomamente la costa e trascorrere più di 72 ore in qualche anfratto del litorale. Sono trascorsi dal naufragio tre lunghi giorni, in cui le speranze della famiglia e dei soccorritori si sono sempre più affievolite.

L’ufficio stampa dell’Ausl di Grosseto ha dichiarato che padre e figlia non risultano sulle listeche registrano i tanti accessi ai pronto soccorsi di Orbetello e Grosseto. Sono in pochi a essere ancora ospiti delle strutture ospedaliere della zona, solo i feriti più gravi. La gran parte delle persone soccorse sono già state dimesse e hanno raggiunto le loro abitazioni.

Man mano che passano le ore la disperazione aumenta e sembra smentire anche la speranza, accesasi nella nonna materna della piccola Daiana, che aveva avuto l’impressione di riconoscere la bimba in alcune immagini trasmesse da Pomeriggio Cinque. La nonna avrebbe riconosciuto la nipotina tra i volti dei ricoverati in ospedale. “Non esiste nessun ospedale” smentisce affranta la madre Susanna Albertini, che continua a dire di non sapere niente di più di ciò che le televisioni riferiscono.

Gli ultimi momenti sulla nave, quando ancora Michela Maroncelli, la fidanzata di William, non si era separata dal compagno e da Daiana, li ha raccontati lei stessa a Sabrina Ottaviani, cugina di William. La donna, titolare dell’agenzia di viaggi Myricae di Gambettola aveva venduto la crociera al cugino e ora su facebook pubblica quel poco che sa: “Ho ancora mio cugino e la mia nipotina fra i dispersi”. “Si trovavano inizialmente con Michela dalla parte dove la gente si è salvata, poi li hanno fatti andare dall’altra, quella che successivamente ha iniziato a inclinarsi. Se ne sono accorti e sono tornati indietro” prosegue la Ottaviani. In un passaggio da un ponte all’altro della Costa Concordia la bimba “è scivolata in acqua nel corridoio fra il punto di ritrovo A e B e il babbo dietro. La fidanzata era qualche passo avanti ed è riuscita a salire sul secondo ponte”, dal quale ha raggiunto la scialuppa. Qualcuno ha detto alla sua compagna che li avevano tirati su con delle corde, ma di loro non c’è traccia”. Michela Maroncelli infatti è riuscita a salire su di una scialuppa di salvataggio, ma da quel momento ha perso le tracce del fidanzato e della bambina. “Se qualcuno lo ha detto solo per salvare la compagna –aggiunge Sabrina Ottaviani- ha fatto una cosa buona, ma se li ha visti veramente legati alle corde lo faccia sapere!”. Poi, avverte la cugina: “William e Daiana avevano un solo salvagente. Il personale della nave, quando erano ancora tutti uniti, gliene aveva forniti solo due, dicendo che non ce n’erano altri e uno l’ha preso Michela”.

Questo dato preoccupante si aggiunge al fatto che “William è diabetico. Tre-quattro anni fa ha subito un trapianto di due organi. Deve prendere farmaci salvavita diverse volte al giorno”. Sabrina Ottaviani si è anche sfogata sul social network, accusando quei media che hanno preso d’assalto la casa dei suoi zii, senza permettere ai parenti di avvicinarsi, se non tempestati da domande. “In mia zia –ha scritto sulla bacheca- una dolorosa rassegnazione sta rubando spazio alla speranza”.

Il comandante Filippo Marini capo delle relazioni esterne della capitaneria di porto di Grosseto non ha potuto fornire ulteriori notizie sul padre riminese e sua figlia. “La nave per ora è ferma sul fondale marino –garantisce- e le condizioni meteo consentono la prosecuzione dei soccorsi”. Fino a ieri sera il comandante sosteneva che la speranza di trovare qualcuno vivo ci fosse ancora. Dalcomando dei Carabinieri di Orbetello arriva sconsolata la stessa risposta: “Sembra che gli Arlotti siano saliti sulle scialuppe, ma poi nelle liste dei dispersi non risultano”.

La protezione civile di Grosseto non è in grado di aggiungere null’altro al quadro emerso in queste ore. “Notizie più chiare sui superstiti –dichiara- potrebbero venire dalla prefettura di Grosseto, ma dubitiamo che le rilascino”. Contattata, la prefettura ha dichiarato di possedere solo una lista delle persone soccorse, facenti parte del personale di bordo e ha ribadito che, per le informazioni sui passeggeri dispersi il numero di riferimento è quello fornito dalla compagnia navale.

Intanto Costa Crociere ha divulgato un lungo comunicato stampa nel quale “ribadisce il suo più profondo dolore per questo terribile incidente che ha colpito i suoi affetti più cari: i suoi ospiti, i suoi dipendenti, una propria nave;  si scusa per le sofferenze e il disagio che queste persone hanno subito e porge le più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime accertate”.

“Il comandante Francesco Schettino –prosegue la nota- che era al comando di Costa Concordia, è entrato in Costa Crociere nel 2002, come ufficiale responsabile della sicurezza e promosso comandante nel 2006, dopo essere stato comandante in seconda. Come tutti i comandanti della flotta egli ha partecipato ad un continuo programma di aggiornamento e addestramento e ha superato positivamente tutte le verifiche di idoneità previste”.

Nonostante ciò la compagnia sembra non essere disposta a difendere l’operato di Schettino: “La magistratura, con cui Costa Crociere sta collaborando, ha disposto il fermo del comandante, verso il quale sono state mosse gravi accuse. Sembra che abbia commesso errori di giudizio, che hanno avuto gravissime conseguenze: la rotta seguita dalla nave è risultata troppo vicina alla costa, e sembra che le sue decisioni nella gestione dell’emergenza non abbiano seguito le procedure di Costa Crociere che sono in linea e, in alcuni casi vanno oltre, gli standard internazionali”.

Sulla Costa Concordia c’erano 4242 persone, 3216 ospiti e 1026 uomini del personale di bordo, provenienti da tutto il mondo. Tra i passeggeri 989 erano italiani, 568 tedeschi, 462 francesi, 177 spagnoli, 129 americani, 108 russi. Erano 60 i passeggeri, nati in Emilia Romagna, sulla Concordia. Sono stati tratti in salvo. Ora tutti hanno il fiato sospeso per il giovane padre William e la piccola Daiana.

Da Daccò a Ponzoni fino alla “vicenda Obelix”. La devozione alle barche di lusso di Formigoni. - di Gianni Barbacetto



Secondo il commercialista dell'ex assessore arrestato ieri, il governatore lombardo si è fatto pagare le ferie a cinque stelle. Come nel caso del faccendiere coinvolto nel crack del San Raffaele. Per non parlare dell'imbarcazione acquistata dal gruppo d'acciaio di Comunione e Liberazione per 670 milioni di lire: 200 sono stati pagati in nero.


Chissà che cosa pensa don Julián delle vacanze di Roberto Formigoni. Don Julián Carrón è l’erede di don Luigi Giussani che da sette anni guida Comunione e liberazione. I “ciellologi” sostengono stia ora tentando, assieme al cardinale di Milano Angelo Scola, di raddrizzare la rotta al movimento, dopo l’ubriacatura berlusconiana e gli scandali all’ombra del Pirellone.

L’ultimo colpo è stato l’arresto di Massimo Ponzoni, ex assessore del presidentissimo della Regione Lombardia. Il ragioniere che curava i conti (piuttosto disastrati) delle società di Ponzoni,Sergio Pennati, in una sua lettera-testamento scrive: “La stessa Immobiliare Mais ha pagato varie volte noleggi di barche e vacanze esotiche allo stesso Ponzoni e al suo capo Formigoni”. Una società di Ponzoni dunque, la Immobiliare Mais, secondo il ragioniere avrebbe saldato il conto di barche e vacanze al “Celeste”. Più che imbarazzante, se si dimostrasse vero: ma Formigoni ha smentito subito con decisione e ieri ha cinguettato su Twitter: Whoever wishes to delegitimize the political system of the Lombardy Region is deluding himself (Chiunque speri di delegittimare il sistema politico della Regione Lombardia sta deludendo se stesso).

Non può negare di essere salito sullo yacht di un altro arrestato, il faccendiere Piero Daccò: lo incastrano le foto. Pantaloni bianchi, torso nudo o canottiera fucsia, il “Formiga” se la gode in buona compagnia, nel mare cristallino della Costa Smeralda. E Daccò è il mediatore targato Cl accusato dalla Procura di Milano di aver fatto sparire nei suoi conti all’estero i soldi sottratti alSan Raffaele di don Luigi Verzé. E non c’è solo la barca del faccendiere che sussurrava a Formigoni. C’è anche l’aereo di don Verzé. Su quel velivolo il Celeste è volato a Saint Marteen, Caraibi. Parola di Stefania Galli, fedele segretaria di Mario Cal, sventurato braccio destro di don Verzé: “Ricordo che una volta”, detta a verbale, “mi fu chiesto dal dottor Cal di prenotare un volo per Saint Marteen a bordo del quale ci sarebbero stato Daccò e Formigoni”.

Ci aveva provato, a non avere la tentazione di andare sulle barche degli altri. Nei primi anni del Duemila aveva la sua, 15 metri e due motori da 400 cavalli: Obelix, ormeggiata nel porto diLavagna, in Liguria. Oddio, non era proprio sua: in quanto membro dei Memores Domini, nucleo d’acciaio di Cl, ha fatto il voto di povertà, oltre che di obbedienza e di castità. Era una barca comunitaria, Obelix, proprietà collettiva dei Memores. Il vecchio proprietario, Adelio Garavaglia, l’aveva venduta nel 2002 a persone tutte del “Gruppo Adulto” di Cl: Fabrizio Rota, Alberto Perego, Alfredo Perico e Formigoni. In più, c’era anche Oriana Ruozi, unica non appartenente ai Memores e moglie di Mazarino De Petro, braccio destro del presidentissimo (condannato e poi prescritto per le tangenti degli affari petroliferi Oil for food con Saddam).

Garavaglia aveva incassato 670 milioni di lire, 470 dichiarati e 200 in nero. Il pagamento di Obelix è un’avventura. Formigoni versa a Garavaglia 111 mila euro dai suoi conti: 10 mila nel gennaio 2002 con un assegno della Banca Popolare di Sondrio; 51 mila euro nel febbraio 2002 con un bonifico che parte dalla Banque Populaire d’Alsace; e 50 mila euro nel luglio 2002 con un altro assegno della Popolare di Sondrio. Il resto lo paga De Petro un po ’ alla volta, per lo più in contanti. Racconta Garavaglia: “Ci incontravamo nei fine settimana a Lavagna, nei pressi della mia ex imbarcazione; io chiedevo a De Petro se avesse portato qualcosa per me, e lui tirava fuori dal suo borsello a tracolla mazzette di banconote tenute insieme da un elastico, sempre tra i 10 e i 15 mila euro per volta”. In altre occasioni, Garavaglia incassava assegni, a volte intestati a nomi falsi (gli inesistenti Carlo Rossi e Giancarlo Rossi). I Memores si affollano a portar soldi per pagare Obelix. Alberto Villa, per esempio, versa 10 mila euro presi da una cassetta di legno che tiene sotto il letto. È “la mia esigua quota di partecipazione”, spiega al pm Alfredo Robledo. Quando questi gli dice che dagli atti non risulta tra i proprietari, Villa cade dalle nuvole: “Apprendo solo in questa sede di non avere alcuna partecipazione nella proprietà dell’imbarcazione, ero convinto di esserne proprietario anch’io”.

Chissà se don Julián Carrón sa queste cose. Dicono che il suo programma sia ora quello di mettere al riparo Cl-movimento ecclesiale da Cl-Compagnia delle Opere-movimento economico e politico. Ha addirittura minacciato di dimettersi e di tornarsene in Spagna: vedremo chi vincerà, tra l’erede spirituale di don Giussani e il presidentissimo dalle vacanze pericolose.

Vada a bordo, cazzo. (E il gioco è fatto). - di Rita Pani



Rita Pani



Il capitano è già a casa, scrivono i giornali questa mattina. Agli arresti domiciliari, è arrivato al suo paese nottetempo, criticato ma protetto dalla cittadinanza che ora teme il circo mediatico, in questo paese di panem et circenses.

Quel che resterà di questa storia, quando tutte le telecamere saranno spente, temo sarà quella frase disperata: "Vada a bordo, cazzo!" che da ieri gira, e si annuncia già come il "tormentone" dell'anno. Finirà, immagino, dopo che un po' di bare allineate saranno benedette tutte insieme, in diretta TV, così come si usa fare quando la morte fa spettacolo, e aiuta la sopravvivenza dei vivi. Sappiamo tutto ormai di quella nave, e di quella crociera. Tutto il visibile è stato visto, le persone allineate come formichine, le immagini sottomarine, l'inchino al capitano, la faccia da coglione del capitano, la sua codardia - ancora da decifrare - e altro sapremo in ore e ore di dirette televisive alla ricerca di uno scoop che ci tenga distanti dal resto e obnubilati.

L'invisibile è quello che si dovrà dimenticare, di quella nave come troppe altre, che forse resterà inghiottita dal mare, e chissà, magari diventerà un altro reperto di archeologia sottomarina, che si potrà anche sfruttare negli anni a venire, quando finalmente avremo scordato i morti, la strage e tutte le altre anomalie.

L'invisibile è comprendere finalmente che le crociere Costa sono diventate accessibili a quasi tutti, anche a coloro che vogliono fingere di essere un po' ricchi comprando pacchetti offerta sul modello "low cost", perché come tutte le altre aziende che si rispettino, c'erano a bordo le maestranze extracomunitarie, quelle invisibili anche loro, che muovendosi con discrezione pulivano cessi o preparavano pietanze della tradizione italiana, in cucina. Lo si evince dai nomi dei dispersi, e c'è da gioire del fatto che forse, almeno per una volta, essendo sulla lista dei dispersi, son diventati persone anche loro, che se non fossero morti non ce li saremo mai nemmeno immaginati.

Poi, come per ogni tragedia che si rispetti, ecco nascere gli eroi. Anche di quelli sentiamo un bisogno disperato. Di solito sono uomini (quasi mai donne) che non hanno fatto nulla di più che il loro dovere; ma anche questo, ormai, fa parte delle eccezioni in questo paese al contrario, dove è speciale quello che dovrebbe essere normale.

E così un'altra tragedia è giunta in soccorso di questo paese che come la Concordia, affonda lentamente, piegandosi su sé stesso sulle proteste che non trovano spazio sotto il tendone del circo mediatico, e non attecchiscono, non coinvolgono e non contagiano. "Vada a bordo, cazzo!" è più simpatico di uno slogan lanciato in Sicilia, forcone in mano, e senza dubbio più sensato dei cartelli dei taxisti romani, che hanno paura di "Questo governo comunista".

Ci sarà solo da aspettare per vedere tutti i numeri del gradimento popolare, soprattutto quando finalmente il comandante codardo siederà al banco degli imputati, nel processo che ci sarà. Per assistere a quello dell'omicidio Scazzi, per entrare a teatro si fanno due ore di fila, chissà come andrà per Schettino!

Rita Pani (APOLIDE)

« La jaquerie siciliana » - di Francesco Iagher



Come ai Vespri, il popolo siciliano si sta ribellando dalla morsa degli aumenti incontrollati e vessatori, da sempre soggetto di consorterie e clan tentando di riavere la sua identità, sta adesso dimostrando la sua capacità d’aggregarsi e dare voce al malcontento che accomuna tutti gli isolani , ma anche il resto del paese. L’averlo denominato : “Movimento dei forconi”, è in perfetta sintonia con il sinonimo di “jacquerie”, da una rivolta contadina in Francia che prese il nome da Jacques Bonhomme avvenuta nel 10 giugno 1358, ed era abbastanza prevedibile che ciò avvenisse ; ormai la gente è esasperata e d esacerbata nel vedere l’ingrassamento della ‘casta siciliana’ a danno di tutta la comunità isolana.
Questa manifestazione nasce per il caro gasolio, ma può estendersi a macchia d’olio per tanti altri fattori, già se ne vedono le avvisaglie in rete con messaggi e pagine di sostegno su Facebook, altre dai cinguettii di Twitter.
Quanto agli altri, che s’incatenano o fanno i presidi, il pensiero comune che stanno difendendo il proprio orticello d’interessi, poi vedendo quello che dichiarano certe categorie al disotto di un impiegato o metalmeccanico, viene proprio da ridere, ancor di più leggendo il Sole 24 Ore leggi articolo.
E’ ovvio che in ogni manifestazione, qualche colore politico ci mette il cappello, ma comunque sia è una marea montante che ha preso coscienza delle gabole del 2008 che la crisi non esisteva ; sarà ben difficile rifarsi una credibilità, alla stessa stregua di chi adesso sta all’opposizione scordandosi che fino a ieri gozzovigliava sugli scranni.
Questa goliardata della “zanzara” la dice tutta ascolta la telefonata ; di sicuro un effettone sulla base dura e pura leghista.
Vedremo come andrà a finire, questo è solo l’inizio.



http://www.lavocediquasitutti.it/?p=11845

Tir e “forconi’ paralizzano la Sicilia. Carburante quasi esaurito sull’Isola. - di Giuiseppe Pipitone



Bloccano strade, ferrovie, porti. La protesta continuerà fino alla mezzanotte di venerdì prossimo, portata avanti da un movimento che raccoglie camionisti, agricoltori e pescatori. Categorie unite nella protesta dall’esponenziale aumento del prezzo dei carburanti. E al caro-gasolio per i padroni dei tir si aggiunge la crescita delle tariffe autostradali.


A Palermo sono duecento e con quaranta mezzi pesanti stanno bloccando l’accesso alla strada statale per Sciacca. A Catania i presidi degli autotrasportatori si moltiplicano di ora in ora, e hanno interrotto quasi completamente la circolazione in tangenziale. A Messina hanno iniziato a scioperare i dipendenti marittimi, che hanno occupato il porto. A Gela sono migliaia, tra agricoltori riuniti in sit – in di protesta e blocchi di tir a guardia del petrolchimico dell’Eni.

Il secondo giorno di protesta del neonato Movimento dei Forconi sta letteralmente paralizzando la Sicilia. Gli improvvisati capi popolo del movimento – che annovera tra le sue fila soprattutto agricoltori e autotrasportatori – le avevano annunciate come “le cinque giornate di Sicilia”: una sorta di Vespri formato terzo millennio (leggi). Una manifestazione di massa contro l’aumento vorticoso del costo dei carburanti, le sempre più precarie condizioni lavorative nel campo dell’agricoltura, il cartello imposto dalle compagnie assicurative e una rete infrastrutturale inadeguata. In pochi ci avevano creduto veramente. Compresi i telegiornali che ieri hanno dato pochissimo spazio all’avvio del maxi sciopero che dovrebbe durare fino alla mezzanotte di venerdì. Stamattina però l’Isola si è svegliata in uno stato permanente d’assedio: bloccate le autostrade, le strade statali, le ferrovie e a breve saranno “congelati” anche i porti.

Oltre allo scalo di Messina anche a Termini Imerese il porto industriale e stato preso d’assalto dagli operai marittimi. A Santa Flavia, 20 chilometri a est di Palermo, la ferrovia è stata occupata da duecento pescatori arrabbiati per l’aumento del carburante per le imbarcazioni. Erano certi che il treno proveniente da Messina si sarebbe fermato. Invece il macchinista ha appena rallentato, i manifestanti si sono scansati per un soffio e la tragedia è stata appena sfiorata. Da stamattina la linea ferrata Palermo – Messina è stata comunque sospesa.

La zona più calda per ora è la parte orientale dell’Isola. A Gela lo stabilimento petrolchimico dell’Eni è off limits: passano soltanto i mezzi che trasportano medicinali e dopo parecchie ore di coda le automobili. Bloccati tutti gli altri automezzi. A Lentini, in provincia di Siracusa, lo sbarramento non è andato a genio ad un venditore ambulante che, estratto un coltello, ha ferito al volto un camionista che gli bloccava il passaggio.

Lungo le strade la temperatura sale di ora in ora. “A morte questa classe politica, come si è fatto con i francesi, con il Vespro. A raccolta tutti i siciliani per liberare la Sicilia dalla schiavitù di questa classe politica” gridano in coro i manifestanti di “Forza d’urto”, il gruppo più numeroso e acceso che costituisce il movimento dei Forconi. Che tra le sue file annovera anche l’Aias, il sindacato degli autotrasportatori che già nel 2001 aveva bloccato l’isola, associazioni ambientaliste e anche organizzazioni di studenti.

Già ieri però erano arrivate le prime critiche al movimento che si è più volte dichiarato lontano da qualsiasi partito. Sotto accusa è finito il leader dei Forconi Mariano Ferro, ex agricoltore con un passato nell’Mpa del Governatore siciliano Raffaele Lombardo. Proprio oggi però, proprio dalle parti di Catania, i Forconi hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente della regione: “Lombardo ha tradito i siciliani – dicono alcuni manifestanti – li ha imbrogliati promettendo loro la defiscalizzazione della benzina”.

Più controverso invece il ruolo di Gaetano Bonanno, leader della sezione catanese di Forza Nuova, che è intervenuto alla manifestazione etnea dei Forconi il 15 gennaio. “Il Movimento dei Forconi, non è strumentalizzato da nessuna forza politica. Abbiamo più volte detto che il Movimento è apolitico e apartitico – scrivono i manifestanti sulla loro pagina Facebook – Certamente non possiamo impedire a nessuno di partecipare chiedendogli la tessera elettorale”. Una certa vicinanza di Forza Nuova al movimento siciliano però è certificata anche dall’appello di “pieno sostegno al Movimento dei Forconi” che i militanti del partito di Roberto Fiore hanno  diffuso su internet.

Nel frattempo i cittadini delle varie città siciliane potenzialmente “isolate” hanno iniziato a reagire alla protesta. Dopo aver sottovalutato il potenziale della manifestazione dei Forconi adesso si è aperta la corsa ai rifornitori di benzina: ci sono ancora tre giorni di manifestazione e il rischio di rimanere a secco ha allarmato i siciliani. O almeno quelli che non manifestano.

Costa Concordia, disperso il batterista Lasciò il posto sulla scialuppa a un bambino.



La famiglia appende le foto in vari luoghi all'isola del Giglio: «Se sapete qualcosa, se l'avete visto, chiamateci».

Giuseppe Girolamo (Facebook)
Giuseppe Girolamo (Facebook)

MILANO- Apprensione e angoscia. E quel filo di speranza che non si spezza. Nemmeno con il passare delle ore che inesorabilmente sono diventati giorni. Continuano le ricerche dei dispersi della Costa Concordia. Tra le decine di persone che non si trovano più, c'è anche Giuseppe Girolamo. La famiglia è arrivata al Giglio e ha appeso in vari luoghi dell'isola una sua foto e la richiesta: «Se sapete qualcosa, chiamateci». L'ultima volta che è stato visto era venerdì notte. Sul ponte con i migliaia di passeggeri. Testimoni raccontano che «aveva un posto sulla scialuppa di salvataggio, ma l'ha lasciato a un bambino».
Costa Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersiCosta Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersi    Costa Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersi    Costa Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersi    Costa Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersi    Costa Concordia, Giuseppe Girolamo tra i dispersi
IL BATTERISTA - Da quel momento si sono perse le sue tracce. Nessuno sa più nulla di questo trentenne, di Alberobello, dai capelli lunghi e gli occhi scuri. Un giovane che ama il poker e la musica. Si era imbarcato sulla Concordia come batterista della band Dee Dee Smith a ottobre. Il collega Roberto Napoleone lo descrive come «educato e rispettoso di tutto e tutti come ce ne sono pochi, timido e fragile e se sta li dentro al buio e al freddo sarà spaventato come un bambino indifeso».
LA FAMIGLIA - Per il musicista si sono mobilitati tutti i suoi amici. Su una pagina Facebook continuano ad arrivare messaggi. «Sappiamo che ci sei, fatti sentire», oppure: «Siamo qui che ti aspettiamo». Al Giglio sono arrivati i familiari. La voce rotta al telefono: «La prego non vorrei che proprio ora chiamasse qualcuno per darci notizie». Ma per il momento nulla. Il suo nome è ancora nella lista dei dispersi. Un elenco di nomi a cui ne è stato tolto uno, quello di un tedesco che era tornato a casa senza darne notizia alle autorità locali. E così la speranza rimane ancora nel cuore di molti. Anche perché «si è comportato da eroe».