Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 21 gennaio 2012
Adolescente chiede lo scontrino in una cartoleria e lo cacciano via. - di Antonio De Florio
Il papà ha denunciato il titolare del negozio alla Guardia di Finanza: «Anche gli insulti».
ROMA - Francesco ha 16 anni ed è un piccolo marziano. Entra in un negozio di cartoleria e tabacchi, compra dei fogli protocollo per il compito di italiano e pretende lo scontrino fiscale. Probabilmente a casa o a scuola avrà sentito discorsi del genere «se tutti pagano le tasse, ne paghiamo meno», «chi vende in nero frega i concorrenti leali e lo stato».
Il negoziante dietro il bancone, sui quaranta anni,alla timida richiesta del ragazzo, va su tutte le furie, quasi fosse un’offesa personale. «Vuoi lo scontrino fiscale? - attacca - Il registratore di cassa è rotto. Ecco i tuoi 50 centesimi e fuori dal negozio...». Gli ha appena strappato di mano i fogli. Non siamo a Cortina, ma al quartiere Trieste di Roma.
Il ragazzo esce dalla tabaccheria-cartoleria, fa pochi passi e chiama il papà con il telefonino. «È la seconda volta - spiega al genitore - che il tabaccaio dice di aver il registratore rotto e non dà lo scontrino. Mi ha cacciato fuori». «Vai a scuola, passo io dal negoziante...», dice il babbo conciliante. Il papà di Francesco ha superato i 50 anni, è stato ufficiale della guardia di finanza, lavora ora per la security di una grande impresa e va dal negoziante per avere spiegazioni.
«Scusi, sono il papà del ragazzo dei fogli protocollo - dice - ma lei quando ha un guasto al registratore di cassa annota sul registro dei corrispettivi le entrate delle vendite?». Il tabaccaio raggiunto nel frattempo da un amico si irrigidisce subito. «Io non ho nessun registro dei corrispettivi - sbotta - lei faccia il padre, vada a tagliare i capelli a quel ragazzaccio. Anzi... mi dia il suo nome. Voglio querelarla...».
Esce da dietro il bancone e e si piazza davanti alla porta del negozio. Ci sono un paio di avventori. Loro assistono muti al battibecco e non vogliono prendere partito. «Mi dia il suo nome», ripete il tabaccaio. E il genitore: «Che fa, mi vuole sequestrare?». Il papà di Francesco chiede agli avventori di testimoniare e loro rispondono «Non abbiamo visto niente». Il negoziante, forse capisce di aver passato il segno, riapre la porta e urla al genitore: «Fuori da qui, mi lasci lavorare...».
Il papà di Francesco ha presentato una denuncia alla Guardia di finanza. «Mio figlio è rimasto molto turbato - dice - chiedere lo scontrino fiscale gli è sembrato la cosa più naturale e invece...». Per l’esercizio commerciale del quartiere Trieste molto probabilmente scatterà un accertamento fiscale. Ma si può cacciare un ragazzo dal negozio solo perché chiede uno scontrino?
Il negoziante dietro il bancone, sui quaranta anni,alla timida richiesta del ragazzo, va su tutte le furie, quasi fosse un’offesa personale. «Vuoi lo scontrino fiscale? - attacca - Il registratore di cassa è rotto. Ecco i tuoi 50 centesimi e fuori dal negozio...». Gli ha appena strappato di mano i fogli. Non siamo a Cortina, ma al quartiere Trieste di Roma.
Il ragazzo esce dalla tabaccheria-cartoleria, fa pochi passi e chiama il papà con il telefonino. «È la seconda volta - spiega al genitore - che il tabaccaio dice di aver il registratore rotto e non dà lo scontrino. Mi ha cacciato fuori». «Vai a scuola, passo io dal negoziante...», dice il babbo conciliante. Il papà di Francesco ha superato i 50 anni, è stato ufficiale della guardia di finanza, lavora ora per la security di una grande impresa e va dal negoziante per avere spiegazioni.
«Scusi, sono il papà del ragazzo dei fogli protocollo - dice - ma lei quando ha un guasto al registratore di cassa annota sul registro dei corrispettivi le entrate delle vendite?». Il tabaccaio raggiunto nel frattempo da un amico si irrigidisce subito. «Io non ho nessun registro dei corrispettivi - sbotta - lei faccia il padre, vada a tagliare i capelli a quel ragazzaccio. Anzi... mi dia il suo nome. Voglio querelarla...».
Esce da dietro il bancone e e si piazza davanti alla porta del negozio. Ci sono un paio di avventori. Loro assistono muti al battibecco e non vogliono prendere partito. «Mi dia il suo nome», ripete il tabaccaio. E il genitore: «Che fa, mi vuole sequestrare?». Il papà di Francesco chiede agli avventori di testimoniare e loro rispondono «Non abbiamo visto niente». Il negoziante, forse capisce di aver passato il segno, riapre la porta e urla al genitore: «Fuori da qui, mi lasci lavorare...».
Il papà di Francesco ha presentato una denuncia alla Guardia di finanza. «Mio figlio è rimasto molto turbato - dice - chiedere lo scontrino fiscale gli è sembrato la cosa più naturale e invece...». Per l’esercizio commerciale del quartiere Trieste molto probabilmente scatterà un accertamento fiscale. Ma si può cacciare un ragazzo dal negozio solo perché chiede uno scontrino?
Sicilia, auto blu per accompagnare la fidanzata magistrato: è bufera sull’assessore Armao. - di Giuseppe Pipitone
L'uso improprio del mezzo d'ordinanza - con tanto di autista e lampeggiante - rivelato da l'Espresso. Il titolare del Bilancio regionale è un fedelissimo del governatore Raffaele Lombardo, ma dice di essere un tecnico. Il suo nome è stato fatto più volte - e da tutti i partiti - come candidato sindaco di Palermo.
La dottoressa Bartolozzi, quindi, in quanto magistrato dovrebbe ben sapere che l’utilizzo di quel mezzo non dovrebbe esserle consentito. E dovrebbe saperlo bene anche Armao, che in quanto esperto avvocato amministrativista è stato chiamato ad amministrare i conti dell’isola, non certo floridi. Ed è proprio per sanare questi conti che negli ultimi tempi il governatore Lombardo, incalzato dai giornali, ha deciso di dichiarare guerra agli sprechi: niente più Audi A6 per gli assessori, ma soltanto Audi A4, berline più piccole, che ai contribuenti costano ‘al massimo’ 35 mila euro. Armao però finora non ha voluto rinunciare ai suoi atti di galanteria. Anzi, in certi casi avrebbe addirittura utilizzato l’auto blu con autista per accompagnare a casa la tata della figlia.
Già consulente e consigliere di Gianfranco Miccichè, ex console onorario del piccolo stato del Belize (incarico che gli garantisce ancora oggi un parcheggio riservato sotto casa), custode giudiziario dei beni di Stefano Ricucci, Armao ci tiene a sottolineare spesso la sua lontananza dalla politica. “Io sono un tecnico” ripete sempre nelle sue uscite pubbliche come custode del bilancio regionale. Un tecnico che piace a tanti, a tutti. Piace talmente tanto da essere considerato il possibile candidato a sindaco di Palermo praticamente di tutte le possibili alleanze elettorali: un giorno lo candiderebbero il Pd e l’Mpa, un altro il Terzo polo, un altro ancora lo appoggerebbe volentieri il centrodestra e l’Udc. Un tecnico trasversalissimo. Che nonostante abbia assunto dal 2008 l’incarico di assessore regionale non ha rinunciato nel frattempo a difendere da avvocato i suoi clienti nelle cause contro la Regione Sicilia, ovvero contro lo stesso ente che gli paga l’unico stipendio (11mila euro al mese) che dichiara. Addirittura come legale di una società di energia è arrivato a fare causa all’assessorato ai Beni Culturali, che aveva negato la realizzazione di un parco eolico a Caltanissetta. Assessorato che Armao ha guidato ad interim nel 2009: in quel caso quindi l’avvocato galante che spedisce l’auto blu a fare da scorta alla compagna è riuscito nell’intento di farsi causa da solo.
To know or not to Know …- di Claudia Petrazzuolo
Nel regno di Bengodia, divenuto famoso nel mondo per le facezie dei suoi governanti, per la profonda conoscenza del genere umano dei suoi arcivescovi, per la sapidità dei suoi poeti, per l’eclettismo dei suoi naviganti (rispettivamente: il nano, l’arcivescovo Nosiglia, l’on. Bondi ed il comandante Schettino, ndr) ogni giorno si va incontro a novità eclatanti e di sicuro effetto scenografico quando non si riesca, ma non sempre questo è possibile, ad assurgere alle vette Himalaiane della “sepsi cerebrale”.
Ma prima di dare spiegazione di quanto affermato, lasciatemi fare una divagazione; un mio amico una volta si lasciò andare a questa affermazione:” TRA IL BIANCO ED IL NERO CI SONO INFINITE SFUMATURE DI GRIGIO “.
Oh!, non è che lui volesse negare l’esistenza dei colori, intendeva solo dire che ogni aspetto della vita, ogni accadimento e persino ciascuno di noi, tutto e tutti insomma, se osservati e non semplicemente guardati, istante per istante, mostriamo una soggettiva, singolare, ed a volte, sincera verità. La cosa, a pensarci bene, è così vera che se, ad esempio, volessimo dare una spiegazione a ciò che accade, si riuscirebbe a trovare non solo argomenti in tal senso, ma addirittura giustificazioni anche ai fatti più efferati, prova ne sono le argomentazioni naziste al processo di Norimberga che pur sbagliate avevano, comunque, una loro logica. Quindi, una infinità di sfaccettature possibili legano due punti pur distanti tra loro, due visioni opposte della vita, due conseguenti comportamenti.
Ora succede, in questo paese geneticamente caotico, politicamente irriverente, tendenzialmente fascista, profeticamente schiavo, in nome di non si capisce bene quali interessi economici, Sua Maestà Giorgio I re di Napoli ed imperatore delle terre Italiche, abbia imposto al giullare di corte che reggeva “l’anormale” amministrazione di lasciare il passo ad altri per non nuocere ulteriormente al regno; e, succede anche, che coloro che erano stati eletti in funzione di una pseudo idea o per assonanza di intenti o, ancora, per interessi di lobby, si siano guardati in faccia e, appellandosi ognuno alla sua personale, singolare, sfaccettatura, abbiamo risposto, in coro ed all’unisono, all’invito alla sostituzione con il classico : “ Tu si’ pazz’ “ esponendo, molto chiaramente nell’idioma comprensibile al sovrano, la loro furbizia nel non togliere castagne dal fuoco con le quali sicuramente si sarebbero bruciati nel corso delle, prima o poi, possibili elezioni. E’ stato, così, ex abrupto nominato un nuovo cavaliere della tavola emicicla, al quale è stato affidato il rognoso compito di continuare a VESSARE ed IMPALARE un popolo remissivo, abituato bue quando già non lo fosse di suo.
Ma la parola POPOLO, che nell’accezione bengodiana, indica un termine astratto così come l’altra parola, molto spesso usata, GENTE, nella realtà quotidiana si rivela piena di densi significati ed entità che si chiamano PERSONE. Queste ultime, però, sono quelle che circadianamente, giorno per giorno, devono fare i conti con le varie sfaccettature dei singoli momenti e che quindi devono fare fronte alle bollette in scadenza, ai debiti accumulati, ai mutui, ai rifornimenti di carburante, ai vari canoni (TV, Bollo auto, assicurazioni …), ai vari versamenti al regno, e giù, sempre più giù, fino ad arrivare a dover fare il conto con la pura e semplice sopravvivenza. Capita, perciò, che ad un certo punto le PERSONE, ed all’inizio solo una parte di esse, si stanchino di vivere una vita fatta di ogni surrogazione possibile, e capita, persino, che ad un certo punto queste persone, prima singolarmente e poi in gruppo decidano di dire basta e decidano di ricorrere alla sepsi cerebrale dando dimostrazione di sé e della loro rabbia in maniera, forse sbagliata, ma comunque giustificabile, dando ascolto al primo che intuendone la capacità rivoluzionante ne solleciti e ne incalzi la legittima indignazione.
Le altre persone, QUELLE CHE ANCORA CREDONO ALLA LORO PERSONALE SFACCETTATURA ATTENDISTA, rimaste sorprese dal coraggio delle prime, forse un po’ pentite di non essere al primo posto o forse un po’ invidiose o, forse ancora, perché non ancora hanno raggiunto l’acme saturo della propria condizione, cominciano a cercare dietrologie, cominciano a fare dei distinguo, cominciano ad accusarli di un passato ignave, senza mai chiedere a sé stessi, però, nulla della propria singola dietrologia, dei propri distinguo, del PROPRIO PERSONALE IGNAVE PASSATO, correndo l’immenso rischio di PERDERE UN OCCASIONE, di MANCARE AD UN SUPPORTO, di PARTECIPARE, unificandolo, ad un TENTATIVO DI CAMBIAMENTO.
“ La LIBERTA’, diceva un grande, NON E’ STAR SOPRA UN ALBERO …, LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE … “
Buon week end amici, perché io potrò dire, a torto o a ragione: “ IO C’ERO! ”.
https://www.facebook.com/notes/claudia-petrazzuolo/to-be-or-not-to-be/232815323464748
Chissà cosa si fuma Calderoli - di Marco Travaglio
Ha un curriculum agghiacciante: dal finto rogo di leggi inutili alla difesa di Igor Marini, dalla moneta padana a cui voleva dare il suo nome agli aerei di Stato usati per andare a trovare la fidanzata. Eppure, in Italia, uno così è ancora in giro a pontificare.
Se non fosse l'autore della legge elettorale appena imbalsamata dalla Consulta, per gli amici "porcellum"; se con una t-shirt antislamica non avesse provocato una rivolta a Bengasi costata la vita a 11 persone; se non avesse riscritto mezza Costituzione in una baita del Cadore; se non fosse stato ministro delle Riforme e poi della Semplificazione; se non avesse preso soldi da Gianpiero Fiorani ai tempi della scalata ad Antonveneta e del salvataggio di Credieuronord; se non chiamasse i gay "culattoni ricchioni" e gli immigrati "bingo-bongo"; se non avesse proposto il "Maiale Day" contro la moschea di Bologna; se non avesse depenalizzato la banda armata a fini politici per salvare i leghisti imputatii al Tribunale di Verona per le camicie verdi, tra i quali se medesimo; insomma se non fosse Roberto Calderoli, Roberto Calderoli sarebbe un tipo simpatico.
E' stato il più antiberlusconiano e il più berlusconiano dei leghisti. Ha proposto di rimpiazzare la lira con una moneta padana chiamata "calderolo". Ha definito Igor Marini, il pataccaro della Telekom-Serbia, "una persona di una memoria che fa impallidire Pico della Mirandola, intelligente, sveglia, preparata". Ha salutato l'elezione di papa Ratzinger dicendo "a Benedetto XVI avrei preferito Crautus I".
Divenuto ministro, ha confessato: "Su di me non avrei scommesso un euro".
Due anni fa convocò giornalisti e cameraman perché lo immortalassero mentre incendiava con la fiamma ossidrica un cumulo di carte che spacciò per "375 mila leggi inutili che ho abrogato come ministro della Semplificazione". Si scoprì poi che il Parlamento, per produrre 375 mila leggi, avrebbe dovuto lavorare ininterrottamente per 150 anni, compresi quelli di guerra e i mesi di ferie, dall'Unità d'Italia a oggi, con una media di 7,8 norme al giorno. Dunque non s'è mai capito che diavolo abbia bruciato Calderoli quel giorno. E soprattutto che si era fumato.
Di recente, passato all'opposizione, ha scagliato un'interrogazione parlamentare contro Mario Monti, reo di aver cenato la sera di San Silvestro con i parenti stretti nell'alloggio di servizio di Palazzo Chigi, per invocarne le immediate dimissioni e sapere "se risponda al vero la notizia secondo cui la notte dell'ultimo dell'anno si siano tenuti dei festeggiamenti presso la presidenza del Consiglio" e "chi ha sostenuto gli oneri diretti e indiretti della serata", perché "mentre i cittadini sono costretti a tirare la cinghia dalle misure del governo, sarebbe davvero incredibile, oltre che gravissimo, se venisse confermato che il premier ha utilizzato un palazzo istituzionale e il relativo personale per una festa di natura privata".
Monti ha risposto sobrio e mesto che "gli acquisti di cotechino, lenticchie, tortellini e dolce sono stati effettuati a proprie spese dalla signora Monti", che ha pure cucinato e servito in tavola. Oneri per lo Stato: zero. Ma il Pota non s'è dato per vinto: la cena "è assolutamente inaccettabile" perché "la signora Monti che sparecchia e lava i piatti e Monti che scende ad aprire il portone non me li vedo, sicuramente c'erano quelli della sicurezza e i commessi... Avessi proposto io una cena con famiglia al ministero, avrebbero chiamato il 118".
Ora però si scopre, come rivela "Libero", che Calderoli è indagato dalla Procura di Roma con l'accusa di aver truffato la presidenza del Consiglio per usare un aereo di Stato che non gli spettava.
Il 19 gennaio 2011 si librò da Roma, atterrò a Levaldigi (Cuneo) per visitare il figlio della sua compagna Giovanna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo), finito in ospedale dopo un incidente stradale. Fatti privati spacciati da Calderoli per "comprovate inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'esercizio di funzioni istituzionali". Costo della trasvolata: 10.271,56 euro.
Il Tribunale dei ministri ha chiesto al Senato l'autorizzazione a processarlo. Ma il Senato la negherà, come fa sempre e com'è giusto che sia. Calderoli dev'essere per forza innocente. Se davvero avesse speso 10 mila euro di soldi nostri per i comodi suoi e avesse poi chiesto le dimissioni di Monti per un cotechino, bisognerebbe chiamare il 118.
(L'Espresso 20/1/2012)
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