domenica 22 aprile 2012

Lazio, fondi per gli impianti sportivi a palestre private. E restano fuori 230 centri pubblici. - di Luca Teolato






Una legge nata nel marzo 2009 per garantire la sicurezza dei tanti impianti sportivi pubblici della capitale e del Lazio estesa dall’amministrazione Polverini anche ai centri fitness extralusso.

E’ successo così che campetti di periferia che spesso necessitano di piccoli finanziamenti per interventi minimi – dallo spostare un muretto al rifare una recinzione – sono stati messi sullo stesso piano di palestre da mille e una notte, con tariffe da centinaia di euro, saune, massaggi estetici, salsa cubana, corsi di pilates e via discorrendo. Complessivamente 1 milione e mezzo di euro erogati dalla Regione: 500mila sono stati dati a centri fitness, wellness center e circoli ippici, sottraendoli a decine e decine di centri sportivi pubblici esclusi che necessitano di interventi immediati. Si calcola siano circa 230.

La legge era nata in memoria di Alessandro Bini, un giovane calciatore del Cinecittà Bettini, morto sul campo dell’Almas Roma nel 2008 dopo aver sbattuto violentemente il petto contro un rubinetto dell’impianto di irrigazione, è diventata strumento della politica perdendo il suo spirito originario. Il Fatto Quotidiano un paio di mesi fa aveva già denunciato lo stravolgimento di questa norma e la mamma di Alessandro, Delia Santalucia Bini, aveva chiesto di avere accesso agli atti di gara non pubblicati sul sito della Regione, non potendo credere che la “sua” legge fosse finita così. Con i primi bandi durante l’amministrazione Marrazzo, la Regione fu in grado di mettere in sicurezza un migliaio di impianti, ora la Polverini ha pensato di spartire la torta anche con i privati, e dalle domande presentate dagli stessi risultano alcune anomalie e sorge qualche dubbio sulla trasparenza dei finanziamenti.

Effettivamente, al di là del buon senso che suggerirebbe di privilegiare i finanziamenti pubblici per impianti e società sportive che non hanno entrate per centinaia di migliaia di euro, alcune domande delle strutture private, sembra che gli amici degli amici abbiano avuto il sopravvento. Nella lista dei 13 impianti privati che usufruiranno del finanziamento, infatti, vi sono ben due centri Dabliu che fanno capo alla Profit Spa di Cesare Pambianchi, infaticabile ex presidente di Confcommercio Roma e Lazio, collezionista di cariche e onori, sotto inchiesta per una presunta evasione fiscale da 600 milioni di euro, grande elettore di Alemanno ed amico intimo della Polverini. Fin qui si potrebbe pensare ad una semplice “coincidenza”, ma non è l’unica.

Dalla lettura degli atti di gara risulta che sono state fatte ben tre graduatorie ed altrettante proroghe per gli impianti privati e le due società che usano gli impianti Dabliu – la “Salario” del figlio di Pambianchi e la Soc. Pol. Dil. Arl – avevano presentato la domanda in ritardo rientrando dalla finestra con la proroga. Entrambi i centri sono nati nel 2008 e nella proroga cambia una clausola che sembra fatta ad hoc per i centri Dabliu: la titolarità della gestione del soggetto richiedente è passata da 5 a 3 anni, facendo rientrare in gioco i centri di Pambianchi nati appunto nel 2008.

Altra coincidenza è che entrambi gli impianti sportivi Dabliu hanno ottenuto il massimo dei finanziamenti previsti da questa legge, 22.800 euro ciascuno, l’80% della spesa ammissibile su un importo di spesa massima di 30mila euro. “C’è un po’ di torbido in questa operazione e per questo ho deciso di presentare a breve un’interrogazione alla Polverini in merito a questa faccenda – spiega il consigliere regionale Ivano Peduzzi, capogruppo della Federazione della Sinistra – Anche perché questi sono gli ultimi soldi; per quest’anno la Regione non ha finanziato il bando. Tra l’altro il vincolo dei 5 anni non era stato messo lì a caso visto che se un centro è nato nel 2008 ed ottiene i finanziamenti nel 2011 per l’adeguamento alle norme di sicurezza vigenti che sono le stesse del 2008, non avrebbe dovuto neanche aprire se non aveva gli impianti a norma”. Un dettaglio significativo anche perché nel 2008 è nato pure il Centro Body Life, anch’esso impianto sportivo privato di alto livello che ha ottenuto i finanziamenti dalla Regione Lazio. Una sorta di autodenuncia quindi, quella dei centri fitness privati nati neanche 4 anni fa, premiati dalla Regione Lazio con migliaia di euro.

“Lo sport deve essere sicuro ovunque, senza distinzioni tra impianti pubblici e privati. E’ questa la ragione per la quale abbiamo promosso nel 2010 la modifica della legge regionale 11 del 2009 che introduce anche per gli impianti sportivi privati la possibilità di beneficiare di finanziamenti regionali diretti alla loro messa in scurezza”, ha spiegato Fabiana Santini, assessore Cultura, Arte e sport della Regione Lazio. E’ ovvio che non bisogna fare delle distinzioni tra pubblico e privato quando si parla di sicurezza, peccato però che per finanziare centri fitness di lusso siano rimasti esclusi circa 230 centri pubblici che, al contrario degli impianti privati, non potranno mai affrontare senza un sostegno economico spese per la messa in sicurezza. “La proroga – precisa poi l’assessore – non è stata fatta per il solo centro Dabliu ma per tutti i centri privati”.

Chiarimenti forse insufficienti per la mamma del povero Alessandro che ha avuto la conferma che la legge nata in memoria di suo figlio è stata sacrificata sull’altare di una politica che poco ha a che vedere con le esigenze e le priorità dei cittadini.

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Movimento 5 Stelle: “Se vinciamo, assunti gli assessori solo con curriculum professionale”. - di Annalisa Dall’Oca e Giulia Zaccariello



A Parma esperimenti di "democrazia diretta" per l'ipotetica squadra di giunta. L'obiettivo è assegnare ogni delega, dall'urbanistica alla cultura, dando la priorità non tanto all'appartenenza politica, ma alle esperienze lavorative precedenti.

Addio totonomine e spartizioni di incarichi nelle giunte cittadine. Gli assessori si scelgono direttamente online. Valutando un curriculum, aiutandosi magari con un video o qualche riga di autopresentazione. La proposta arriva dal Movimento 5 stelle di Parma che, seguendo l’esempio dei colleghi di Asti, ha deciso di sottoporre al giudizio dei cittadini non solo l’aspirante primo cittadino, ma anche le singole persone che sperano di entrare a far parte della squadra del sindaco. In questo caso però non si vota tracciando un segno sulla scheda, ma con un clic direttamente sul sito internet del Movimento.

L’obiettivo è assegnare ogni delega, dall’urbanistica alla cultura, dando la priorità non tanto all’appartenenza politica o ai voti ottenuti, ma alle esperienze professionali precedenti, alle capacità  e alle competenze del singolo candidato, proprio come avviene in qualunque colloquio di lavoro.  “La politica attuale nomina gli assessori dopo il voto, usando il manuale Cencelli per nominare amici o persone fidate. Noi non ragioniamo così” ha spiegato il candidato sindaco a 5 stelle di Parma, Federico Pizzarotti, sul blog del Movimento.

In caso di vittoria del Movimento 5 stelle alle elezioni del 6 e 7 maggio, dunque, la nuova giunta di Parma sarà decisa con il contributo del popolo del web. La corsa è aperta a tutti. È sufficiente inviare il proprio curriculum vitae (indicando a quale assessorato si aspira) al Movimento, che provvederà poi a pubblicarlo sul proprio sito internet. Unici requisiti richiesti sono l’adesione al programma del Movimento 5 stelle e una fedina penale immacolata.

“Analizzeremo la visione che il candidato ha del mondo e del suo futuro, che inevitabilmente deve essere simile alla nostra – spiegano sulla loro pagina online -. Ma soprattutto faremo attenzione al certificato penale, dal quale dovrà risultare nulla”. Il popolo del web potrà poi dare la propria valutazione, lasciando un commento o mandando un suggerimento. “Successivamente, il nostro portavoce e candidato Sindaco, Federico Pizzarotti, tenendo presente i commenti della rete, sceglierà gli assessori a 5 stelle. Durante il mandato sarà il sindaco a farsi garante per il rispetto del programma” si legge ancora sul sito.

“Si tratta di un’iniziativa di democrazia diretta  – ha spiegato Marco Bosi, capolista del Movimento 5 stelle a Parma – troppo spesso nella politica italiana a governare finiscono persone incompetenti e non qualificate a svolgere l’incarico per il quale sono state nominate. A Parma, per risolvere i problemi della città, crediamo invece che ci sia bisogno di assessori capaci. Questo sistema – ha aggiunto Bosi – nelle aziende, nel mercato del lavoro, funziona da sempre. I dipendenti vengono selezionati, ai colloqui, per il loro merito e non perché fanno parte di un gruppo”.

Prima di Parma il sistema era stato lanciato dal Movimento 5 stelle di Asti, che a fine marzo aveva invitato gli utenti a lasciare un giudizio sulle proposte per i vari assessorati. Per il gruppo piemontese la ricetta è la stessa di quella adottata Parma: “Nessun altro candidato sindaco rivelerà i nomi dei componenti della giunta prima del 7 maggio – scrivono sulla pagine online – Nel nostro caso invece, gli assessori li scelgono i cittadini prima del voto”. Un esperimento, quello della selezione online della giunta, che fa della rete uno strumento principe dell’attività politica, confermando la vocazione 2.0 del Movimento ispirato a Beppe Grillo. Ma il metodo potrebbe anche rivelarsi come una “prova di collaudo”, in vista della più complessa scelta del candidato premier per la corsa al Parlamento.

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Il ministero dell’Interno: “Responsabilità di Sgarbi nell’infiltrazione mafiosa a Salemi”. - di Rino Giacalone



La relazione sullo scioglimento del comune siciliano, firmata dal ministro Cancellieri, accusa il critico-politico: "Non ha arginato le interferenze dell'onorevole Giammarinaro", già sorvegliato speciale. Sottolineati i "vincoli criminali" del vicesindaco Favuzza. E l'amministrazione del polemista televisivo faceva soltanto "antimafia di facciata".

Vittorio Sgarbi
Nell’infiltrazione mafiosa nel Comune di Salemi “il sindaco ha precise responsabilità”. Il sindaco è Vittorio Sgarbi, critico d’arte, polemista televisivo, politico ed ex onorevole di area berlusconiana. E a scrivere questo atto d’accusa è il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, nella relazione sullo scioglimento dell’amministrazione della cittadina in provincia di Trapani.

“Ritardi e inerzie nell’assegnazione e gestione dei beni confiscati, formazione degli atti fuori dalle sedi istituzionali, libera determinazione fortemente ostacolata, applicazione di facciata dei protocolli di legalità”. Tutto a favore dei voleri delle cosche mafiose locali. E’ pesantemente sanzionatorio il risultato dell’ispezione prefettizia condotta presso il Comune di Salemi, tanto che il ministro dell’Interno Cancellieri ha chiesto e ottenuto dal governo il via libera allo scioglimento per mafia degli organi amministrativi. Un’amministrazione controllata da un ex sorvegliato speciale, l’ex deputato regionale della Dc, l’andreottiano Pino Giammarinaro. “Puparo e regista nemmeno tanto occulto”, così indicato nel rapporto investigativo che lo scorso anno ha portato il questore di Trapani, Carmine Esposito, a chiedere al Tribunale l’applicazione di 5 anni di sorveglianza speciale, e il sequestro di beni per 30 milioni di euro.

Tutto racchiuso nel rapporto “Salus Iniqua” frutto del lavoro investigativo della direzione anticrimine guidata dal dirigente Giuseppe Linares. In quel rapporto, l’onorevole Giammarinaro è indicato a capo di un “regno”, tra mafia, politica e sanità. Da quel rapporto ha preso il via l’ispezione al Comune di Salemi dove nel 2008, voluto e sostenuto proprio da Giammarinaro, è stato eletto sindaco Vittorio Sgarbi. Nei confronti di Sgarbi la relazione firmata dal ministro Cancellieri è severa: “l’amministrazione, col sindaco e vicesindaco, non ha posto alcun argine al condizionamento esercitato dall’on. Giammarinaro”. Il giudizio è drastico. Secondo il Viminale, nel procurato inquinamento mafioso “il sindaco ha precise responsabilità”. E che tutto giostrasse attorno all’on. Giammarinaro, l’ispezione lo conferma con le parole dello stesso Sgarbi: “E’ il sindaco ad affermare la centralità della figura di Giammarinaro, anche a proposito della attribuzione di incariche e nomine”.

Sono stati registrati casi in cui l’on. Giammarinaro raggiungeva in auto l’aeroporto di Palermo, andando a prelevare di persona il sindaco Sgarbi, per fargli firmare in auto provvedimenti che poi risulteranno sottoscritti a palazzo Municipale. La relazione sottolinea inoltre il ruolo del vicesindaco Antonella Favuzza: “Il vicesindaco è legato da stretti vincoli con noti e storici esponenti delle locali famiglie criminali….”. Un’amministrazione che praticava una antimafia di facciata, a proposito di appalti pubblici. Applicava il protocollo di legalità intestato al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e poi aggiudicava i lavori di ristrutturazione del Municipio ad un imprenditore che era stato in carcere per turbativa d’asta.

In giunta sedeva poi un assessore che nel 2011 fu condannato per truffa aggravata. A Pino Giammarinaro, il sindaco Sgarbi ha permesso partecipare a riunioni di giunta, senza verbalizzarne la presenza ovviamente. E a casa dell’ex deputato fu scritto un bilancio di previsione del Comune. Tra i casi sottolineati, quello della mancata assegnazione di un terreno di 70 ettari confiscati al narcotrafficante mafioso Totò Miceli, uomo fidato del latitante Matteo Messina Denaro. La relazione evidenzia come quel terreno stesse per essere assegnato all’associazione di assistenza sanitaria Aias. Su questo Sgarbi chiese a un assessore: “Pino che ne pensa?”. L’onorevole ne poteva pensare solo bene: il presidente dell’Aias, l’ingegner Francesco Lo Troivato, risulta essere uno dei soggetti del potere esercitato dall’ex deputato sulla sanità.

Ora Vittorio Sgarbi ci riprova: vuole correre come candidato sindaco di Cefalù alle imminenti elezioni amministrative. Con una lista battezzata “Concorso esterno”. Ma il Tribunale di Marsala lo ha giudicato incandidabile proprio in seguito allo scioglimento del “suo” precedente Comune. E il critico-politico ha già annunciato un ricorso alla Corte d’appello di Palermo.

Web e liste civiche, Berlusconi organizza il Pdl del dopo Berlusconi. Insieme a Dell’Utri.


Il cambio di strategia, discusso con il senatore e con Scajola, è legato all'accelerazione di Casini per il Partito della nazione. "Faremo una forza di azionariato popolare che impedirà che qualcuno possa dirsi proprietario", spiega Alfano. Si pensa anche a una Fondazione. Spazio alla società civile e alle liste "Forza tutto", offensiva sui social network.

Predellone o sarchiapone? Sarà davvero l’upgrade del Pdl, il tentativo di lanciare definitivamente i berlusconiani nel futuro? Oppure tutti, come ironizzano i detrattori di Alfano, si affannano per indovinare un’idea che per il momento è solo una creatura immaginaria, come Walter Chiari nel famoso sketch? La frenesia con la quale Pier Ferdinando Casini – che ha azzerato i vertici del suo partito, circondato per dire il vero da reazioni tiepide di Fli e Api – sta lavorando per erodere elettorato moderato al centrodestra pare aver acceso una miccia ai piedi di Angelino Alfano, costretto così a correre ai ripari e ad anticipare la mossa che altrimenti sarebbe stata resa nota solo dopo i ballottaggi. Ieri l’ha definita, in poche parole affiancate da molti superlativi, “la più grossa novità della politica italiana” che sarà accompagnata fino alle elezioni 2013 “dalla più innovativa campagna elettorale che il nostro Paese abbia conosciuto”.

Cambio di strategia. L’assaggio del restyling che verrà è stato obbligatorio innanzitutto per ridimensionare subito il “partito della Nazione” o comunque si chiamerà, soggetto che il segretario politico del Pdl ha infatti prontamente definito un prodotto stantio, “da naftalina”. E poi per spingere subito nel pantano il documento dei 29 di Beppe Pisanu, per i quali dal “nuovo” Popolo delle Libertà si avrà buon gioco a far passare come facce piombate dal passato remoto (l’altro primo firmatario del documento è Lamberto Dini) e che peraltro hanno registrato già un buon numero di distinguo pronunciati dai seguaci dell’ex ministro dell’Interno (un po’ come i finiani quando “scoprirono” che andare nel Fli voleva dire togliere l’appoggio al governo).

A questo si aggiunge, tra le tattiche del percorso verso le Politiche del prossimo anno, lo schiribizzo che ha portato Alfano a dire che i vertici collettivi di maggioranza a Palazzo Chigi lo hanno stufato ed è molto meglio proseguire il sostegno a Monti con incontri bilaterali. Sarà più facile spiegare tutto ai propri elettori, un giorno.

Gli organizzatori: Dell’Utri e Scajola. Non c’è solo il nome del partito sotto i ferri dei vertici del Pdl, sigla che al capo non è mai piaciuta. E non è solo Alfano a studiare il piano: lo stesso Silvio Berlusconidato per quasi certo un risultato deludente alle amministrative, ha rimesso insieme le energie migliori, quelle di cui si fida di più. Si intende, per esempio, l’intramontabile Marcello Dell’Utri: si sono incontrati ieri pomeriggio ad Arcore, dopo il processo Ruby. Un altro consulente, visto che la stella polare è lo “spirito del Novantaquattro”, è Claudio Scajola: il Cavaliere non lo ha visto, ma lo ha sentito per telefono. L’ex ministro pluridimissionario ha tanta voglia di tornare in prima linea, dopo essere stato in ombra per un po’.

Movimento più che partito. L’idea sarebbe quella di un movimento, più che di un partito. Una fondazione, un soggetto che – al tempo dei sondaggi che spalancano praterie di fronte a Beppe Grillo – allontani dagli elettori l’idea di partito come collettore di privilegi, anche liberandosi di qualche vecchio attrezzo all’ennesima legislatura.

Che anzi ricominci a parlare di un’economia più solidale (oggi stesso Alfano ha spedito di nuovo un messaggio al governo: “Basta tasse”), che magari dia anche qualche servizio gratuito agli affiliati (come l’Arci o l’Acli, come i sindacati) e che si faccia contaminare dalla società civile che per il nuovo Pdl potrebbe chiamarsi soprattutto mondo delle imprese. Anzi: dove gli iscritti sono anche soci. Del partito di plastica, insomma, gettata da tempo la plastica, se ne andrebbe anche il partito. La missione è far dimenticare tutto ciò che riguarda le vicende dell’ultimo governo (e non solo quelle del governo).

Quanto vale Montezemolo. Anche per questo Berlusconi ha incontrato Luca Cordero di Montezemolo, alcuni giorni fa. L’intesa con l’ex presidente di Confindustria potrebbe valere svariati punti percentuali, suggerisce qualche sondaggio. Tuttavia il risultato del faccia a faccia, al momento, non sembra un grande successo. “La strabiliante novità annunciata da Alfano e l’azzeramento delle cariche dell’Udc disposto da Casini non rappresentano un modo né serio né utile di rifondare l’area moderata e liberale della politica italiana, che non può realizzarsi solo attraverso la cooptazione di qualche tecnico o il cambiamento di un nome”, scrive in un editoriale ItaliaFutura, l’associazione presieduta dal presidente della Ferrari. La verità è che Montezemolo non si imbarcherà mai in un’avventura dove ci sia ancora Berlusconi.

La penetrazione sul territorio. La strategia politica passerà, inoltre, da una presenza più capillare del territorio. Ben oltre e ben meglio di quanto hanno fatto i Club delle Libertà inventati dalla Brambilla: si punta a una struttura snella, all’americana: un movimento in stile Tea Party, che protesti e discuta su alcuni argomenti ritenuti centrali, che poggi su comitati elettorali locali. Di nuovo lo “spirito del Novantaquattro”: perché Forza Italia è nata e cresciuta con i circoli.

Da qui le liste territoriali tornate al vecchio “Forza” (Forza Lecco, Forza Piacenza, Forza Emilia Romagna e via andando) sono più di un volano. E sono certo qualcosa di più di iniziative estemporanee: è un esperimento. L’obiettivo è presentarsi con il partitone nazionale affiancato da liste civiche locali che attirerebbero voti che il centrodestra potrebbe perdere.

Tutto questo con buona pace degli ex An, lo stato d’animo dei quali potrebbe essere riassunto daAltero Matteoli: “Il partito moderato c’è già ed è il Pdl” e quindi “non ne serve un altro” (e men che meno il partito della Nazione con Fini).

La campagna web. Infine la comunicazione. Lo “spirito del Novantaquattro”, ancora una volta. Se quasi vent’anni fa l’offensiva arrivò con “L’Italia è il Paese che amo” (incipit della videocassetta spedita ai tg) ora l’avanguardia è per forza di cose rappresentata dai social network: facebook e twitter (per i quali Alfano va pazzo). Su questo certo Berlusconi non può dire granché. Per il compito, oltre ad alcuni giovani del partito (Maria Rosaria Rossi, già nota per essere stata presente alle “cene eleganti”, e Roberto Gasparotti) e al gestore del sito del segretario Davide Tedesco, sarebbe già della partita anche Marco Montemagno: esperto di web 2.0, blog e evoluzione dei media, presidente e amministratore delegato di Blogosfere, consulente di aziende ed enti, è anche molto abile per eventi e presentazioni con una costante interazione con chi ascolta. Quanto a internet – per chi ha più di 70 anni – vale il discorso del Cavaliere e così è pronta l’offensiva tramite sms.

“Rinunciamo ai rimborsi”. Non sarà solo il nome, dunque, a occupare il lavoro di riverniciatura. “Faremo il primo movimento politico del tutto autofinanziato – si è lasciato scappare oggi durante un comizio Alfano – perché noi vivremo solo con il contributo volontario di chi vorrà finanziare le nostre idee, il nostro ideale politico, la nostra azione parlamentare”. Una “forza di azionariato popolare – ha proseguito – che impedirà che qualcuno possa dirsi proprietario”, una “una partecipazione diffusa senza che uno possa dire ‘E’ mio’”. In realtà c’è qualcuno che lo può ben dire, ancora oggi, e continuerà a poterlo dire nel “nuovo” partito. Quel qualcuno non è Alfano.