domenica 3 giugno 2012

5 Euro di commissione bancaria per bonifici solidarieta’ terremoto.



C’è rimasto male il dottor Francesco Baldisserotto. Non più giovanissimo ma sempre in gamba, si è fatto ieri una bella camminata per andare a versare la sua donazione per il terremoto dell’Emilia sul conto Mediafriends- Intesa San Paolo.
Per farlo aveva scelto una banca di cui non è nemmeno correntista, la banca più vicina, tre chilometri da casa sua: la Cassa di Risparmio del Veneto in via Romea, 90 a Legnaro. Non gli abbiamo chiesto la cifra che avrebbe voluto versare, poco o tanto non importa. Importa invece che lui abbia rinunciato a versare la donazione. O, meglio, che sia stato costretto a rinunciare alla donazione dopo essersi sentito chiedere dall’impiegato allo sportello una commissione bancaria di cinque-euro-cinque per il bonifico.
(…) Le banche, specie se non sono la banca di riferimento, cioè se non si tratta della banca in cui il donatore ha un conto corrente, non fanno alcuna distinzione e applicano alla lettera i loro balzelli e le loro commissioni di bonifico.
In altre parole non interessa affatto alla banca che sulla causale del bonifico ci sia scritto: terremotati o una qualsiasi altra parola che evochi generosità e solidarietà. Provate dunque a immaginare in queste ore quante persone, migliaia di persone si stanno prodigando a versare piccoli o grandi gruzzoli, e vengono puntualmente tartassate arricchendo le banche dove si recano a fare il loro bravo bonifico.
(…)  Davvero – abbiamo chiesto a tre funzionari di tre banche differenti – sarebbe così difficile togliere l’odiosa commissione sui versamenti di beneficenza? «Ci vorrebbe una disposizione ufficiale, una normativa ben precisa per uniformare il comportamento di tutte le banche in questo tipo di situazioni: commissione zero o infinitesimali per donazioni di qualsiasi importo», è stata la risposta univoca.
Potrebbe pensarci l’Abi,suggeriamo timidamente noi. Quella stessa Abi tanto solerte a prendere provvedimenti come quello di dar «mandato al Comitato di presidenza e al direttore generale affinché vengano al più presto messi in atto interventi finanziari a sostegno delle famiglie e delle imprese così duramente provate dal terremoto di questi giorni, grazie al coinvolgimento delle banche che operano nei territori colpiti dal sisma».
Generosità disinteressata ovviamente, confermata dal fatto che già venerdì scorso, dopo il primo terribile sisma, funzionari dell’Abi avevano incontrato a Bologna il presidente della Regione, Vasco Errani per confermargli che le banche «hanno già messo a disposizione un plafond di 800 milioni per finanziamenti a condizioni di favore, alla quale si aggiunge un moratoria delle rate dei mutui».

l Quirinale: NO a rivelare la spesa per il 2 giugno. Questione di sicurezza Nazionale.


Quando ho letto il titolo della notizia, ho pensato: spero sia una sorta di scherzo da prete. Poi ho iniziato a leggere e più leggevo e più mi venivano i brividi. Perché al di là della bontà o meno dell’iniziativa, il cittadino ha il sacrosanto diritto di sapere quanto costano certe celebrazioni.
E invece nulla. Sentite qui. Ecco la nota del Quirinale alla richiesta del Codacons di sapere a quanto ammontano le spese per le celebrazioni della Repubblica:
"I documenti di cui viene richiesta l’ostensione dovrebbero essere esclusi perché ’inaccessibili’, per motivi attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale ed alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali."
Ma… ma che cazzo c’entrano la “difesa nazionale”, la “sicurezza nazionale”, “l’esercizio della sovranità nazionale”, con la richiesta di sapere quanto si spende per parate e celebrazioni? Possono essere due milioni come possono essere dieci milioni. E allora? Dove sta il pregiudizio alla sovranità e alla difesa nazionale?
E poi è un paradosso assurdo: il popolo italiano, che ai sensi dell’art. 1 è sovrano, non può sapere quanto spende per assicurare… cosa? La sua sovranità? 
Mi fermo qui. Anzi, è meglio che io mi fermi qui!

L'eredità.



Qualche giorno fa mi necessitava richiedere uno stato di famiglia per cui mi reco all’anagrafe del mio Comune. 
Dopo averlo cercato, trovo un parcheggio, rigorosamente a pagamento, posteggio la macchina, scendo ed entro nell'anagrafe. Dopo aver aspettato, arriva il mio turno e chiedo all’operatore allo sportello il mio stato di famiglia. Lui inserisce i miei dati e noto, con sorpresa, che la stampante, emessa la prima pagina resta in movimento...penso: “la mia famiglia è una”...ma la stampante emette una seconda pagina  e, finalmente, si ferma. Nel frattempo, mentalmente cerco di capire come mai due pagine anziché la solita scarna paginetta...forse nuove comunicazioni allegate...chissà.
Nel mentre, l’operatore inchioda le pagine con la spillatrice, e me le porge. La prima cosa che faccio, prima ancora di pagare, è di vedere il contenuto delle pagine: prima pagina tutto regolare: la mia famiglia; seconda pagina: un nucleo familiare di tre persone, con note annesse, ma a me sconosciuto. Incredulo apostrofo l’operatore dicendogli: "guardi che c’è un errore la mia famiglia è composta da tre persone, gli altri non so chi siano". L’operatore mi guarda e mi dice: "caro signore non c’è alcun errore, deve sapere che sono entrate in vigore le nuove norme sulla trasparenza, per cui ogni capo famiglia,da oggi saprà in realtà ed effettivamente come è composto il proprio carico familiare; abbiamo tolto il velo, non è contento?  Vada tranquillo e poi ci sono le note esplicative, le legga e tutto le sembrerà più semplice."
Non sapendo come e cosa ribattere, penso che la cosa migliore da fare sia tornare a casa e parlare della novità con mia moglie. Arrivato a casa, mia moglie nota subito la mia perplessità e mi chiede: "stai bene?" rispondo:  "non lo so, guarda un po’ qua" e le porgo le due pagine; lei prende le due pagine le guarda e si siede di botto, ed è più stranita di me; la rincuoro subito dicendole: "non ti preoccupare, mi hanno detto che adesso è cosi" e aggiungo: "più tardi leggiamo le note e cerchiamo di capire, adesso pranziamo." 
Spesso dopo pranzo ci concediamo un riposino, ma quel giorno niente da fare, solo dubbi e nervosismo, per cui decidiamo di desistere e seduti con un buon caffè davanti, cerchiamo di capire e risolvere il dilemma.   
Pagina uno siamo noi, non v'è dubbio, marito, moglie e un figlio; giriamo pagina e riscontriamo quanto già avevo notato in precedenza, altre tre persone: marito, moglie e un ragazzo con a fianco di ciascun nominativo, indirizzo, numero telefonico e attività lavorativa. 
A questo punto mia moglie dice: "proviamo a telefonare a questa famiglia, vediamo di capirci qualcosa", io le rispondo: "senti dato che c’è l’indirizzo, forse è meglio andarci di persona e chiedere spiegazioni." La decisione è presa. 
Prendiamo la  macchina e ci rechiamo all'indirizzo segnato.
Il quartiere dove abita questa famiglia è in una periferia-residenziale; individuato il numero civico, suoniamo al citofono; dall’altro capo una voce maschile chiede chi è che suona, rispondo: "sa io sono il signor…. " Lui subito risponde: "prego salga si accomodi, primo piano." Guardo mia moglie e lei sussurra:  "pare che ci conosca." Sulla porta un signore di mezza età ci fa accomodare in salotto e ci dice: "scusate un attimo che chiamo mia moglie" una manciata di secondi dopo arrivano; fatte le presentazioni, il signore ci spiega con sussiego: "so il motivo della visita, adesso vi spiego tutto." Ancora,rintronati, ascoltiamo. Il signore comincia a parlare e ci dice: "dovete sapere che io sono un dipendente pubblico e, in quanto tale, il mio stipendio è pagato dai contribuenti; e poichè tutti voi contribuenti vi lamentate sempre di quanto e cosa pagate, per una questione di trasparenza si è  deciso che ogni contribuente debba sapere chi paga, cosa paga e perchè. Io e la mia famiglia siamo stati messi a vostro carico, di ciò siamo contenti, perché sappiamo che siete dei contribuenti regolari nei pagamenti, e questo facilita la nostra vita, perchè abbiamo da pagare  il mutuo, le bollette, l’università del ragazzo, il dentista, e qualche piccolo sfizio," 
Ancora frastornati dalla spiegazione, ci alziamo e, senza proferire parola, ci avviamo verso porta.
Sull’uscio in un lampo di rabbia gli chiedo: "e proprio ora doveva comprarsi un SUV nuovo?" Lui ci guarda e risponde: "non se la prenda tanto poi….!" Io di rimando "tanto poi che?" lui allarga le braccia e con un sorriso sentenzia: "emetteremo altro debito pubblico e se non ce la farà lei a pagarlo, ci sarà suo figlio. Non se la prenda, funziona cosi da sempre."

Saliamo nella nostra macchina, 11 anni di vita, e andiamo via sfiduciati.

Ciao a tutti alla prossima by Navajo 50

“Truffa aggravata”, si aggrava la posizione di Melchiorre Fidelbo (marito della Finocchiaro) - By Marco Benanti


Ha fama di giudice inflessibile, scrupoloso, un modello: il Gip del Tribunale di Catania Marina Rizza si sta occupando da qualche tempo di vicende che coinvolgono personaggi molto in vista a Catania e in generale in tutta la Sicilia. La dottoressa Rizza è il gup davanti al quale si sta celebrando l’udienza preliminare per il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo, parlamentare nazionale dell’Mpa, accusati, dopo l’imputazione coatta disposta dal Gip Luigi Barone, di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato. Prossima udienza il 28 giugno. E’ uno dei “capitoli” della mega-inchiesta su mafia-politica-imprenditoria “Iblis” (in arabo “diavolo”) condotta dai Ros e coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania.
Non solo, ma in altro procedimento, il Gip Marina Rizza ha da poco ordinato al Pm Alessandro La Rosa di riformulare il capo d’imputazione contestando agli indagati la truffa aggravata nell’erogazione di pubbliche forniture oltre all’abuso d’ufficio. Si tratta della vicenda dell’appalto affidato senza gara per l’informatizzazione del Pta (Presidio Territoriale di Assistenza) di Giarre, grosso centro in provincia di Catania, alla “Solsamb srl” rappresentata dal dott. Melchiorre Fidelbo, ginecologo, marito di Anna Finocchiaro (nella foto sopra presente al taglio del nastro). Un appalto da 1,7 milioni di euro.
Il gip ha, inoltre, ordinato al Pm di valutare l’iscrizione nel registro degli indagati del manager Antonio Scavone, medico radiologo, uomo molto vicino al Presidente Lombardo nel mondo della sanità. Scavone, sino al 2009 manager dell’Asp 3 di Catania, avrebbe messo in moto la macchina che dal punto di vista burocratico ha consentito l’affidamento dell’appalto per l’informatizzazione del Pta di Giarre alla “Solsamb”.
Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, risalente all’ottobre scorso, Scavone non risultava tra gli indagati. Ora, dopo l’ordinanza del gip Rizza, si aprono possibili nuovi scenari: uno è l’eventuale l’incompatibilità dello stesso giudice nello stesso procedimento. Di certo, è che adesso il Pm La Rosa, che si occupa in Procura in particolare di pubblica amministrazione, dovrà rivedere giuridicamente le motivazioni che lo hanno portato ad escludere Scavone dai possibili responsabili dell’appalto.
Melchiorre Fidelbo è indagato in qualità di amministratore unico della “Solsamb”, insieme all’ex direttore amministrativo dell’azienda sanitaria provinciale di Catania, Giuseppe Calaciura, al direttore amministrativo dell’Asp, Giovanni Puglisi, e alla responsabile del procedimento, Elisabetta Caponetto. Al centro dell’inchiesta c’è la delibera n.1719 del 30 luglio del 2010 che ha autorizzato l’Asp di Catania a stipulare un convenzione con la “Solsamb” per il Pta di Giarre. Una delibera per un appalto milionario che, secondo l’accusa, sarebbe stata redatta “senza previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica e comunque in violazione del divieto di affidare incarichi di consulenza esterna”.
Una vicenda che ha fatto scalpore questa dell’appalto del Pta di Giarre: un evento immortalato, fra l’altro, da una foto del taglio del nastro, nel novembre del 2010, alla presenza, tra gli altri,  dell’ex Ministro Livia Turco, dell’assessore regionale alla sanità Massimo Russo, del dott. Fidelbo e di Anna Finocchiaro. La “Solsamb” ha sempre sostenuto che il progetto non aveva bisogno di gara d’appalto perché “opera dell’ingegno” e che non esiste alcuna connessione tra il ruolo di Melchiorre Fidelbo nella società e il ruolo politico della moglie, la senatrice Finocchiaro, estranea alla vicenda e all’inchiesta.