giovedì 26 luglio 2012

Spending Review, Irpef più cara nelle regioni con la sanità in rosso.




MILANO - Le regioni in deficit sanitario potranno anticipare al 2013 lo sblocco dell'addizionale Irpef, previsto per il 2014 (dell'1,1%). Lo prevede un emendamento al decreto legge spending review, approvato dalla commissione Bilancio del Senato. La proposta di modifica, presentata dai senatori Vicari, Tancredi, Bonfrisco ed Esposito, consente a otto regioni (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia) di incrementare l'addizionale irpef all'1,1% invece che allo 0,5% (come previsto dalla legge 68 del 2011).
L'ITER PARLAMENTARE - L'emendamento consente alle Regioni sottoposte a piani di stabilizzazione finanziaria di disporre, «con propria legge» l'anticipo al 2013 della maggiorazione dell'aliquota addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, fissata per il 2014 dalla legge numero 68 del 2011. La norma dello scorso anno disponeva la possibilità di sbloccare, per quest'anno e per il prossimo, l'aliquota Irpef fino a un massimo dello 0,5%. Un ulteriore sblocco era previsto per il 2014 e consentiva di salire fino all'1,1%. Con l'emendamento approvato sará possibile anticipare di un anno l'incremento di 0,6 punti percentuali (differenza tra lo 0,5% e l'1,1%).
FARMACIE IN RIVOLTA -

Patron Riva agli arresti, operai bloccano Statali.


Lavoratori proclamano lo sciopero ad oltranza. Passera: fare di tutto per la continuità operativa.


I sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato uno sciopero ad oltranza all'Ilva di Taranto. Restano i presidi all'esterno dello stabilimento e il blocco del ponte girevole. E' ancora in corso la riunione azienda-sindacati in fabbrica. Intanto per domani alle 7 e' stata indetta una assemblea dei lavoratori all'interno dello stabilimento
''Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilita' produttiva'' dell'Ilva di Taranto. Lo afferma in una nota il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, secondo cui e' fondamentale che, nel pieno rispetto delle procedure di legge, si garantisca la continuita'.
Circa ottomila lavoratori dell'Ilva usciti dallo stabilimento siderurgico dopo aver appreso dell'ordinanza di sequestro degli impianti dell'area a caldo hanno raggiunto la città di Taranto, dove stanno sfilando in corteo. I manifestanti sono entrati dalla città vecchia e attraversato il ponte girevole per raggiungere la prefettura. Una delegazione cercherà di incontrare il prefetto Claudio Sammartino. I sindacati non escludono un sit in sotto la sede del tribunale
I lavoratori dell'Ilva che stanno protestando per il provvedimento della chiusura degli impianti dell'area a caldo, che avrebbe pesanti conseguenze dal punto di vista occupazionale, hanno bloccato la statale 106 jonica Taranto-Reggio Calabria, la statale 100 Taranto-Bari e i due ingressi alla città di Taranto: la città vecchia e il ponte Punta Penna. Una delegazione di sindacalisti e lavoratori sta incontrando il prefetto di Taranto Claudio Sammartino.
I lavoratori dell'Ilva hanno bloccato il ponte girevole di Taranto: la decisione è stata presa a conclusione dell'incontro che si è svolto nella sede della Prefettura tra il prefetto Claudio Sammartino, sindacati e lavoratori per discutere della situazione dopo il sequestro degli impianti disposto dal gip Patrizia Todisco.
Il gip Patrizia Todisco - secondo quanto apprende l'ANSA - ha firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d'uso) degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva di Taranto e misure cautelari per alcuni indagati nell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva.
Sono 8 gli indagati, tra dirigenti ed ex dirigenti dell'Ilva, per i quali il gip Patrizia Todisco ha disposto gli arresti domiciliari. Cinque di questi erano già inquisiti e avevano nominato propri consulenti nell'ambito dell'incidente probatorio. I provvedimenti sono stati firmati ma non ancora notificati. Gli arresti riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell'Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica e si è dimesso un paio di settimane fa, l'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell'area agglomerato, Angelo Cavallo. La misura cautelare, però riguarderebbe anche altri tre dirigenti.
Il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento di sequestro senza facoltà d'uso dell'intera area a caldo dello stabilimento siderurgico Ilva. I sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l'area agglomerazione, l'area altiforni, le acciaierie e la gestione materiali ferrosi. Sono state individuate anche tre figure tecniche (due funzionari dell'Arpa Puglia e uno dei Dipartimenti di prevenzione dell'Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Della gestione delle fasi che attengono al personale si occuperà un commercialista e revisore contabile.
 
Circa 5mila lavoratori dell'Ilva di Taranto, usciti dallo stabilimento siderurgico dopo aver appreso dell'imminente notifica del sequestro degli impianti e della chiusura dell'area a caldo, si stanno dirigendo in corteo verso Taranto per raggiungere la Prefettura e probabilmente bloccare il ponte girevole. 
CLINI, CHIEDERO' RIESAME CON MASSIMA URGENZA - "Chiederò che il provvedimento di riesame avvenga con la massima urgenza". Così il ministro Clini sulle misure della magistratura per l'Ilva di Taranto. "Verrà affrontata l'emergenza - continua - per almeno 15.000 persone in seguito a iniziative della magistratura che sta procedendo al sequestro e a altre misure cautelari".  Le risorse per "interventi urgenti di riqualificazione ambientale" a Taranto saranno pari a "un importo complessivo di 336 milioni di euro". Lo annuncia il ministro dell'Ambiente Corrado Clini spiegando i contenuti del protocollo d'intesa firmato oggi al ministero. L'accordo prevede una "cabina di regia" presieduta dal presidente Vendola. "L'intenzione è di sostenere la continuazione delle attività produttive e portuali nel sito di Taranto". A dirlo il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, alla fine della riunione sull'Ilva, dove si è firmato un protocollo per lo stabilimento. "Il protocollo - prosegue - non é una risposta alla magistratura ma è un impegno ad andare avanti per impedire che tutto questo si blocchi. Noi vogliamo che l'azienda resti a Taranto e che allo stesso tempo l'intervento ambientale si faccia di corsa".
VENDOLA, SE CI SARA' PROCESSO NOI PARTE CIVILE- La Puglia si costituirà parte civile se si dovesse arrivare al processo nell'inchiesta della magistratura sull'Ilva. Lo afferma il governatore della Puglia, Nichi Vendola. "Se la Magistratura - dice - avesse indicato delle prescrizioni, l'Ilva avrebbe il dovere di adempierle".
FRANCESCHINI, GOVERNO VENGA A RIFERIRE IN AULA - "Ho chiesto alla Conferenza dei capigruppo che il governo venga a riferire al più presto sull'Ilva di Taranto. E mi hanno detto che questo potrà avvenire all'inizio della prossima settimana". Lo ha detto il capogruppo del Pd alla Camera, Enrico Franceschini, uscendo dalla riunione dei capigruppo di Montecitorio che si è appena conclusa. E' molto probabile che un esponente del governo verrà a riferire martedì prossimo.
REALACCI, CHIUSURA NON E' UNA SOLUZIONE - "Quanto sta accadendo all'Ilva di Taranto è il frutto avvelenato di una politica sbagliata, di colpe gravissime ed omissioni che partono da lontano e arrivano fino ad oggi. Pesantissime le responsabilità dell'azienda e di chi l'ha diretta. Ma la chiusura dell'impianto non è una soluzione". Lo afferma Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, commentando le indiscrezioni sul provvedimento di sequestro con relativo blocco dell'attività di tre aree degli impianti dell'Ilva di Taranto. "E' necessario - conclude Realacci - che le istituzioni presentino con la massima urgenza un percorso immediato e credibile per una drastica riduzione dell'impatto ambientale dell'azienda e per la bonifica dell'area".

Il fisico Hawking presenta Cosmos il supercomputer che studierà l’Universo. - Elio Cogno

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Il famoso scienziato ha presentato al pubblico il più potente calcolatore a memoria condivisa che sia mai stato ospitato in Europa all’interno del programma del Numerical Cosmology 2012 che si è svolto all’Università di Cambridge.

Un super computer per lo studio dell’Universo. All’interno del fitto programma del Numerical Cosmology 2012 che si è svolto all’Università di Cambridge, il fisico Stephen Hawking ha presentato al pubblico il più potente calcolatore a memoria condivisa che sia mai stato ospitato in Europa. Si chiama Cosmos e avrà il compito di indagare a fondo l’universo alla ricerca di conferme che possano spiegare in modo più chiaro la nascita di tutto quello che ci circonda. “Il supercomputer Cosmos – ha commentato Jeremy Yates – è parte essenziale e vitale del progetto DiRAC e permetterà ai team di ricerca di assumere il ruolo di leader nell’analisi di come si sono formate le strutture chimiche nei primi istanti dell’Universo, così come nella composizione dell’atmosfera dei pianeti extra-solari. Queste ricerche potranno dare molte risposte sull’origine del cosmo e della vita dando un vitale contributo alla conoscenza globale dell’uomo”. Il supercomputer fa parte del servizio nazionale utilizzato in Gran Bretagna da cosmologi, astronomi e fisici delle particelle chiamato STFC, ossia il Consiglio “Science and Tecnology Facilities”. La presentazione è avvenuta all’interno del seminario sponsorizzato da Intel che si è svolto all’Università di Cambridge: una tre giorni di conferenze e tavoli di lavoro con l’obiettivo di creare sinergie tra i vari aspetti della cosmologia numerica sia sul piano scientifico che tecnologico.
A presentare al grande pubblico il nuovo gioiello inglese è stato direttamente Stephen Hawking che ha commentato: “Recentemente abbiamo compiuto passi da gigante nell’ambito della cosmologia e della fisica delle particelle. La cosmologia è una scienza di precisione e per questo abbiamo di macchine come Cosmos che ci permettano di toccare con mano l’universo reale, così da verificare se i nostri modelli matematici sono corretti”. Lo scopo del nuovo supercomputer sarà proprio quello di studiare e confrontare i modelli matematici della fisica teorica con ciò che avviene concretamente nell’universo ogni giorno. “Mi auguro – ha continuato il professor Hawking – che in breve tempo si riesca a trovare una teoria definitiva che, in linea di principio, ci permetta di prevedere ogni cosa nell’Universo. Tuttavia, i partecipanti a questo seminario saranno lieti di sapere che questo non fermerà la nostra ricerca di una comprensione completa. Anche se riusciremo a trovare una teoria definitiva, avremo ancora bisogno di supercomputer per descrivere qualcosa di così grande e complesso come l’evolversi dell’Universo, per non parlare poi del perchè gli uomini si comportino in un certo modo!”. 
Nulla a che vedere quindi con il supercomputer per le simulazioni nucleari che detiene il titolo come calcolatore più veloce al mondo, ma un aiuto concreto per i ricercatori dell’Università di Cambridge come spiega Paul Shellard, direttore del centro di Cosmologia teorica: “La flessibilità di questo sistema a memoria condivisa rafforzerà le capacità dei ricercatori in tutti i centri del Regno Unito e farà in modo che essi rimangano in prima linea nella ricerca cosmologica a livello internazionale”. 

Quirinale, morto D’Ambrosio. Napolitano: “Campagna violenta e irresponsabile”.


Il consigliere giuridico del capo dello Stato colpito da infarto. Aveva 65 anni. L'ex presidente del Senato Nicola Mancino, indagato nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, lo aveva ripetutamente chiamato per lamentarsi dell'indagine della Procura di Palermo. Il presidente: "E' stato esposto a insinuazioni ed escogitazioni ingiuriose".

E’ morto per infarto il consigliere giuridico del presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio. Il magistrato, al centro delle polemiche per le telefonate di Nicola Mancino che si lamentava dell’indagine della Procura di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, soffriva da tempo di problemi cardiaci. Napolitano però punta il dito contro quanti hanno sollevato in queste settimane dubbi sul ruolo di D’Ambrosio in questa vicenda. Critiche sono arrivate da partiti politici e dai media, con inchieste come quelle condotte anche dal Fatto Quotidiano. Ecco le parole del Capo dello Stato, che annuncia “con animo sconvolto e con profondo dolore la repentina scomparsa del dott. Loris D’Ambrosio, prezioso collaboratore mio come già del mio predecessore e infaticabile e lealissimo servitore dello Stato”. Poi l’affondo con l’espressione di “rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose”.
D’Ambrosio, 65 anni, “ha per lunghi anni – continua Napolitano – prestato alla Presidenza della Repubblica l’apporto impareggiabile della sua alta cultura giuridica, delle sue molteplici esperienze e competenze di magistrato giunto ai livelli più alti della carriera. Egli è stato infaticabile e lealissimo servitore dello Stato democratico, impegnato in prima linea anche al fianco di Giovanni Falcone nel costruire più solide basi di dottrina e normative per la lotta contro la mafia, così come è stato coraggioso combattente della causa della legalità repubblicana contro il terrorismo. In tutte le collaborazioni che da magistrato ha esplicato al servizio delle istituzioni di governo e infine presso la più alta magistratura dello Stato, ha guadagnato generali riconoscimenti e attestati di stima non solo professionale ma innanzitutto morale”. 
Il comunicato del presidente della Repubblica alterna il ricordo del percorso professionale e umano di D’Ambrosio agli attacchi rivolti a chi ha recentemente gettato ombre: “Atroce è il rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità di magistrato intemerato, che ha fatto onore all’amministrazione della giustizia del nostro Paese. Mi stringo con infinita pena e grandissimo affetto – conclude Napolitano – alla consorte, ai figli, a tutti i famigliari e al mondo della magistratura e del diritto”. D’Ambrosio, secondo alcuni parlamentari, soffriva da tempo di problemi cardiaci. E le reazioni politiche non si sono fatte attendere, da Antonio Di Pietro che esprime cordoglio ma chiede di evitare strumentalizzazioni, a Maurizio Gasparri che parla di “una scomparsa condizionata da eventi recenti”, fino a Fabrizio Cicchittoche usa le stesse parole del Capo dello Stato facendo riferimento a “un’indegna campagna”.
LE TELEFONATE SULL’INCHIESTA DI PALERMO – D’Ambrosio, magistrato e consigliere giuridico del presidente, era stato più volte contattato dall’ex presidente del Senato Nicola Mancino che si lamentava del trattamento ricevuto da parte della Procura di Palermo. In un colloquio con il Fatto il magistrato aveva spiegato di aver ricevuto molte telefonate e lettere da Mancino e di averlo ascoltato perché l’ex ministro dell’Interno era stato tra l’altro presidente del Senato. In quelle conversazioni Mancino si definiva “un uomo solo” Il presidente della Repubblica ha poi sollevato un conflitto di attribuzione con la Corte Costituzionale per la presenza negli atti dell’inchiesta di intercettazioni che lo riguardano. Prive di interesse e di rilevanza penale per la Procura di Palermo che ha più volte spiegato che il capo dello Stato è stato intercettato indirettamente perché al telefono conversava con un indagato ovvero Mancino. Il 22 giugno scorso il Fatto aveva pubblicato l’intercettazione tra D’Ambrosio e Mancino, in cui l’ex ministro dell’Interno fa un riferimento al capo dello Stato parlando di Claudio Martelli che ai magistrati di Palermo ha dato una versione diversa di alcuni eventi rispetto alle stragi del ’92-’93 e le loro conseguenze, rivolgendo otto domande a Napolitano. 
Per cercare di mettere in collegamento le ricostruzioni dei vari esponenti politici dell’epoca, gli inquirenti palermitani avevano chiesto nei mesi scorsi un confronto tra l’ex ministro della Giustizia Martelli e lo stesso Mancino. Colloquio che l’ex vicepresidente del Csm ha cercato in tutti i modi di evitare appellandosi segretamente ad un intervento diretto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alla fine però il confronto si è fatto ed è emersa un’insanabile discrepanza tra i racconti di Martelli e quelli di Mancino. Il nodo è rappresentato da un incontro tra i due ministri (Mancino era responsabile del ministero dell’Interno, ndr) ai primi di luglio del 1992. L’ex numero due di Bettino Craxi ha raccontato che in quell’incontro si sarebbe lamentato per le attività non autorizzate del Ros. Secondo la procura palermitana, proprio in quei giorni il generale Mario Mori e il suo braccio destro Giuseppe De Donno incontravano in segreto don Vito Ciancimino. Mancino però ha negato che quei colloqui tra il Ros e Ciancimino siano stati oggetti di discussione con Martelli o almeno di non ricordarsi: “Abbiamo parlato di altro e in particolare dell’opportunità di lavorare in sintonia”. I magistrati però non gli hanno creduto iscrivendolo nel registro degli indagati per falsa testimonianza. E non hanno creduto neanche al suo collega Giovanni Conso, iscritto nei giorni scorsi nel registro degli indagati per false informazioni al pm, lo stesso reato contestato ad altri elementi di spicco delle istituzioni. Mancino ha anche affermato di non ricordarsi anche del contenuto delle conversazioni al telefono con il capo dello Stato.

Il posto fisso.


In Italia, da un po' di tempo a questa parte, i politici, quelli con la "pi minuscolissima", dis-onorevoli anzicchennò, lavorano solo per assicurarsi il posto fisso in Parlamento.
Chi pensava di averli eletti perchè ci amministrassero, ha sbagliato tutto.
Infatti, mentre l'economia della nazione va a rotoli per colpa della loro incapacità ed inefficienza come amministratori della "res pubblica", i loro conti in banca crescono a suon di appannaggi da nababbi, ai quali si aggiungono vari benefit, finanziamento pubblico (camuffato da rimborso elettorale in virtù di un referendum abrogativo, disatteso, come sempre) e mazzette varie. 
Naturalmente, per mantenersi il posto fisso, in un periodo in cui gli elettori (il cosiddetto "popolo sovrano" ma solo sulla carta) gli stanno addosso e vorrebbero vederli tutti nelle patrie galere piuttosto che in Parlamento, sono costretti a fare accordi con chiunque sia disposto a colludere sia a suon di mazzette che variegati apparentamenti.
Questi loro intrallazzi, inizialmente realizzati con cautela, in sordina e di nascosto, ora stanno venendo a galla e loro, temendo di perdere il posto fisso, si stanno adoperando per coprire le evidentissime magagne saltate agli occhi dalla magistratura.
Ma Berlusconi ha insegnato loro come fare per mettere alla berlina la Magistratura parlandone male ovunque andasse, ovunque la carica istituzionale lo portasse.
Siamo, pertanto, giunti allo scontro istituzionale: la politica che non sa fare il suo mestiere che si scontra con la Magistratura che, viceversa, cerca di fare il suo dovere.
E così succede anche che:
- il PdR, Napisan-Napolitano, convoca la Consulta per "lesa maestà" contro la Procura di Palermo;
- un giudice viene inviato in Namibia dove, non si sa come ed in quali circostanze, si scontra con un camion e muore;
- un pm che indaga su fatti scabrossissimi che li riguarda da vicino viene inviato in Guatemala (speriamo non succeda a lui ciò che è successo a quello inviato in Namibia);
- un terzo magistrato, procuratore generale a Caltanissetta, viene messo sotto inchiesta dal CSM per aver pronunciato parole poco gradevoli nei loro confronti.

La lettura dei fatti è chiara, si vuole lanciare un monito alla magistratura ed ai magistrati ritenuti "troppo zelanti": vuoi campare a lungo?
<<<<<<<<<<<<<<<<Fatti una carrettata di quelli tuoi!>>>>>>>>>>>>>>
Non meno eclatante è la presa di posizione dei cosiddetti partiti di maggioranza: PdL, PD e UDC.
(Poi qualcuno mi spiegherà come l'UDC venga considerato partito di maggioranza con un margine del 7% a voler essere magnanimi e come mai il PD venga considerato ancora partito di sinistra anche se va somigliando sempre più alla vecchia DC).
Come riuscire a mantenere il posto fisso dopo aver portato la Nazione sull'orlo del disastro?
Presto fatto!
Con l'aiuto di Napisan che lancia moniti ed anatemi contro chiunque non faccia parte dei suddetti partiti, quasi ad indicare, imporre quelli che sono i prediletti del nonno, oltre non si deve andare, e che ha nominato un Governo Tecnico succube di un parlamento di corrotti, invece di sciogliere le Camere, come sarebbe stato più opportuno che facesse.
E tutto per far scemare la rabbia accumulata dal cosiddetto popolo sovrano (sempre solo sulla Carta, sic!).
Nel frattempo si lancia una campagna di discredito verso chiunque osi contrastare la volontà di nonno Napisan.
Si assiste pertanto ad accuse, le più svariate e variegate possibili: tu hai una pagliuzza nell'occhio; tu, invece, hai pochi follower; lui è più bello, tu sei più brutto; tu hai fatto una scorreggina; ... e via discorrendo.
Ma di ciò che hanno fatto loro, a cominciare da Napisan che non ha sciolto le camere, o ciò che ha fatto il PdL durante il governo dello sfascio e del degrado morale ed istituzionale, o di ciò che hanno fatto la Lega-ladrona, o lo stesso PD, o di Formigoni, niente, neanche una parola....sono i partiti prediletti del nonno!
Coraggio però, perchè sempre solo sulla Carta, siamo in DEMOCRAZIA!
By Cetta.

I quattro silenzi nel quadro della vicenda Stato-mafia. - Emiliano Morrone


Minaccia o violenza a corpo politico dello Stato. È l’accusa dei pm di Palermo che, nell’inchiesta sulla trattativa, ieri hanno chiesto il rinvio a giudizio per sei uomini dello Stato e altrettanti di Cosa nostra. Silenzio della politica e dell’“ermo Colle”, ha osservato Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi.
Eppure, la trattativa, assieme di tre momenti, tre passaggi correlati, funzionali, organici, dell’alleanza mortale fra Stato e mafia, è stata negata a oltranza da onorevoli, giornalisti e voci onnipresenti.
Per anni, abbiamo sentito il coro d’una falsa destra sui “giudici comunisti” e, a compendio, le sortite pseudogarantiste d’una finta sinistra, che dall’altra sponda ha delegittimato l’azione penale, obbligatoria, rivolta a suoi membri. Si ricordi, per tutte, la vicenda dei “furbetti del quartierino”, con intercettazioni, fra gli altri, nei confronti di Massimo D’AlemaPiero Fassino e Nicola Latorre.
Leonardo Sciascia, “di spirito profetico dotato” come Gioacchino Fiore, scrisse che “ci sono in molti paesi delle fratellanze, specie di sette che diconsi partiti”. Ai tempi dello scrittore di Racalmuto (Ag), però, le convergenze degli opposti nella comunicazione pubblica non erano quelle di oggi. Negli anni, demolire la magistratura è diventato un esercizio necessario, a destra come a sinistra. E sappiamo quali ne siano stati ribalte e canali, nella tv privata e pubblica.
Prima dell’arrivo a palazzo di Berlusconi, Vittorio Sgarbi iniziò su Canale 5 l’alzo zero contro Giancarlo CaselliAgostino Cordova, il dimenticato protagonista dell’inchiesta sulla massoneria italiana, e i magistrati che accusarono Bruno Contrada (in archivio Mediaset, nda); ex superpoliziotto nel quadro della trattativa e a casa per malattia, benché condannato in Cassazione. In crescendo, poi, ogni spazio, scandalosamente anche del servizio pubblico, venne utilizzato per screditare toghe e penne alla ricerca della verità. Non so quanti politici o prime firme siano intervenuti per difendere dagli attacchi subiti Ferruccio Pinotti e il sostituto Luca Tescaroli, autori di Colletti sporchi, libro su enigmi chiave della vicenda Stato-mafia.
Travaglio ha ragione a rilevare il silenzio assordante e doloroso rispetto alla richiesta, di ieri, dei pm di Palermo. Un silenzio che conferma le alleanze metaelettorali in seno alla politica, bisognosa di autoalimentarsi e resistere a incontrollabili moti di cambiamento. Non si scordi lo scenario, presente e futuro, prospettato fuori dell’Italia e dentro: lo spread che s’impenna, la paura generale della fine e, come sbocco, l’accettazione d’ogni taglio disumano. Rispetto al passato, il fenomeno nuovo è che con Monti – imposto da Napolitano e retto da una maggioranza trasversale, coesa nel difendere l’impossibile – nulla si può più dire e scrivere. È obbligatorio il silenzio. Ne sa qualcosa Antonio Di Pietro, che, per aver chiesto al presidente Napolitano di spiegare le telefonate di Mancino, s’è ritrovato all’angolo, isolato anche intra moenia.
Ci sono, allora, più silenzi fragorosi: uno lunghissimo sulla trattativa; uno, con eccezioni, di parlamento e stampa sulla complessiva review di Monti; uno, della politica, sulle conclusioni dei pm di Palermo. E c’è il silenzio di fatto, senza nostre congetture, di Napolitano. 

Un errore genetico di 500 milioni di anni fa ha portato all’evoluzione dell’uomo. - Jennifer Viegas

anfiossoUn anfiosso, cugino molto lontano di altri vertebrati  e degli esseri umani . E ‘la creatura più simile a quella dell’organismo originale senza spina dorsale che esisteva prima di un evento genomico importante.MacKintosh Carol


Una creatura senza spina dorsale ha avuto due raddoppi nel DNA, innescando l’evoluzione degli esseri umani e altri animali secondo una nuova ricerca . L’evento, che ha portato al raddoppio di geni, ha anche portato a proteine ​​responsabili di molte malattie di oggi.Studiare queste proteine ​​potrebbe aiutare i ricercatori a saperne di più sull’evoluzione umana e sul funzionamento interno delle malattie.

Oltre 500 milioni di anni fa una creatura senza spina dorsale sul fondo dell’oceano ha avuto due raddoppi successivi del suo DNA, un “errore” che alla fine ha innescato l’evoluzione degli esseri umani e molti altri animali, dice un nuovo studio.
La buona notizia è che questi antichi  raddoppi di DNA hanno potenziato i sistemi di comunicazione cellulare, in modo che le cellule del nostro corpo ora sono in grado  di integrare le informazioni  anche meglio degli smartphone più evoluti. La parte negativa è che guasti di comunicazione, riconducibili alle duplicazioni del genoma del periodo Cambriano, possono causare disturbi neurologici, cancro e diabete.
Gli organismi che si riproducono sessualmente di solito hanno due copie del loro intero genoma, uno ereditato da ciascuno dei due genitori. Ciò che è successo più di 500 milioni di anni fa, è che questo processo è ‘andato storto in un animale invertebrato, che in qualche modo ha ereditato il doppio del solito numero di geni. Una generazione più tardi, ancora una  volta  c’è stato il raddoppiamento dell numero di copie di ogni gene.
MacKintosh, professore presso la Facolta ‘di Scienze della Vita presso l’Università di Dundee, ha detto che tali duplicazioni sono avvenute  anche nell’evoluzione delle piante. Per quanto riguarda la progenie degli animali di recente formazione, sono sopravvissute e hanno prosperato.
“Le duplicazioni non erano stabili, e la maggior parte dei geni duplicati sono stati persi velocemente, molto prima degli esseri umani evoluti”. Ma alcune di queste duplicazioni sono sopravvissute, come MacKintosh e il suo team ha scoperto.
Il suo gruppo di ricerca studia una rete di centinaia di proteine ​​che lavorano all’interno delle cellule umane per coordinare le loro risposte ai fattori di crescita e di insulina. Proteine ​​chiave coinvolte in questo processo sono chiamate 14-3-3.
Per questo recente studio, gli scienziati hanno mappato, classificato e  condotto una analisi biochimica delle proteine. Si è scoperto che risalgono alle duplicazioni del genoma, che si sono verificate durante il periodo Cambriano.
Il primo animale che ha avuto queste duplicazioni genetiche rimane sconosciuto, ma la sequenza genica dimostra che un moderno invertebrato conosciuto come anfiosso “è più simile alla creatura originale, senza spina dorsale, prima che ci siano stati  i due turni di tutta la duplicazione del genoma”, ha spiegato MacKintosh. ”L’Amphioxus può quindi essere considerato come un ‘cugino molto lontano’ di tutte le specie di vertebrati.”
Le proteine ​​ereditate  sembra si siano evolute per formare una “squadra” che può entrare in sintonia con le istruzioni del fattore di crescita meglio di una singola proteina.
“Questi sistemi all’interno delle cellule umane si comportano come i sistemi di multiplazione dei segnali che permettono ai nostri smartphone di raccogliere più messaggi”.
Il lavoro di gruppo può non essere sempre una buona cosa, però. I ricercatori propongono che se una funzione critica è stata eseguita da una singola proteina, come nell’anfiosso,la sua perdita o mutazione sarebbe probabilmente letale.
Se le proteine ​​stanno lavorando  come una squadra, comunque, se una o più si perdono o mutano, l’individuo può sopravvivere, ma con una malattia debilitante. Tali guasti potrebbero contribuire a spiegare perchè le malattie, come il diabete e il cancro, sono così radicate negli esseri umani.
“Nel diabete di tipo 2, le cellule muscolari perdono la loro capacità di assorbire gli zuccheri in risposta all’insulina,” ha detto MacKintosh. ”Al contrario, le cellule tumorali avide non attendono istruzioni, ma eliminano le sostanze nutritive e crescono fuori controllo”.
Chris Marshall, professore di biologia cellulare presso l’Istituto di Ricerca sul Cancro al Royal Cancer Hospital, ha dichiarato a Discovery News che pensa che la ricerca “fornisce nuove informazioni sulla evoluzione dei meccanismi di segnalazione sul comportamento delle cellule di controllo.”
MacKintosh e il suo team si stanno ora concentrando sulle famiglie di proteine ​​che provocano il melanoma e disturbi neurologici. A causa della probabile connessione di antichi eventi genetici, la ricerca potrebbe far luce sull’evoluzione  degli animali,dell’ uomo e  allo stesso tempo contribuendo a svelare i segreti delle malattie.

Crisi auto, Marchionne: “Politica dei prezzi Volkswagen è bagno di sangue”

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L'amministratore delegato di Fiat-Chrysler in un’intervista all’International Herald Tribune parla di difficoltà del settore senza precedenti e attacca la casa automobilistica tedesca. Che, però, chiude il semestre con vendite a livelli record grazie ai mercati Usa e Cina.

E’ crisi profonda per l’industria automobilistica europea secondo l’amministratore delegato di Fiat e Chrysler Sergio Marchionne, che in un’intervista all’International Herald Tribune parla di “una crisi che non ha precedenti” e attacca la politica di sconti aggressivi messa in atto da Volkswagen, che “è un bagno di sangue sui prezzi e sui margini”. Per parte sua, però, la casa automobilistica tedesca ha chiuso il primo semestre con un rialzo dell’utile operativo del 7% a 6,49 miliardi di euro, al di sopra delle stime degli analisti e, secondo l’agenzia Bloomberg, a livelli record. Le vendite sono in rialzo del 23% a 95,4 miliardi di euro, grazie al buon andamento di Audi in Cina e negli Usa che ha permesso di compensare gli effetti della crisi in Europa.
Tuttavia, ci sono differenze tra i modelli gestionali e di business delle due società. Diversamente dal modello autoritario Fiat, che precipita sui mercati e taglia i posti di lavoro, nel colosso tedesco i manager e gli operai decidono insieme e l’azienda registra utili. Diverso anche il trattamento dei lavoratori, se si mettono a confronto le buste paga erogate dai due grandi gruppi: 2600 euro netti contro 1.400. Il lavoratore italiano prende di meno, paga più tasse e si ritrova welfare e servizi più scadenti. Nonostante questo, i bilanci della casa di Wolfsburg battono quelli del concorrente torinese. 
”Non l’ho mai vista così difficile”, dice Marchionne riferendosi, secondo il giornale, alle sfide di un settore auto europeo allo stremo, con un’eccesso di capacità produttiva e di personale impiegato, esacerbato dalla rigidità del mercato del lavoro, che minaccia gli utili da anni e che la crisi sta peggiorando. L’amministratore delegato di Fiat torna a fare appello alla Commissione europea che “dovrebbe coordinare una razionalizzazione del settore in tutte le compagnie” e “quelli che davvero non si sono mossi in questo senso sono i francesi e i tedeschi, che non hanno ridotto minimamente la capacità”.