Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 11 agosto 2012
Riserva dello Zingaro. Questa è la Sicilia … era bella e dannata, ora è solo dannata.
Lo Zingaro com'era
Non ci sono parole per condannare il gesto infame che ha distrutto un’oasi di verde e natura unica nel suo genere nel mondo. Un’area incontaminata dove da tempo occhi malefici hanno messo gli occhi per la speculazione costiera completamente distrutta.
Grazie ad una politica siciliana incapace e poco interessata alla tutela dell’ambiente, anche lo ZINGARO non esiste più e non esisterà più come prima.
L’assordante silenzio della politica è palese. A Palazzo dei Normanni da tempo qualche deputato, o gruppi di deputati, cercano di far approvare una legge che distruggerà defintivamente l’ambiente costiero siciliano … si dice “riodino delle coste”, si legge “SANATORIA GENERALE PER FURBI E DISONESTI”.
Sarebbe ora che la politica siciliana dimostrasse intelligenza e capacità proponendo e facendo approvare una legge che possa dare il VIA LIBERA ALLE DEMOLIZIONI ABUSIVE entro la fascia dei 150 dalla battigia.
Ma siamo quasi certi che non lo faranno anche perchè l’abusivismo costiero, vedi Marsala, coinvolge molti della nomenclatura siciliana. Politici, funzionari dello stato, magistrati, forze dell’ordine, dipendenti comunali, provinciali regionali.
Un esercito di VIP abusivi che nell’Isola hanno potuto, e ancora possono, contare del silenzio e dell’inattività di sindaci attenti alle politiche elettorali piuttosto che all’ambiente ed alla tutela del bene pubblico.
Quello che rimane
Caos WindJet, a rischio trecentomila passeggeri. Ed è scontro Enac-Alitalia.
"Intesa per la riprotezione dei viaggiatori"
Sempre più probabile un "piccolo supplemento" con cui le altre compagnie italiane potrebbero imbarcare chi ha comprato i biglietti del vettore siciliano. Il ministro Passera convoca Alitalia e Windjet.
Un aereo della WindJet (foto Ansa)
Roma, 11 agosto 2012 - Dopo la rottura della trattativa fra Alitalia e WindJet, la situazione per i passeggeri del vettore siciliano si fa tutt'altro che rosea. Trecentomila persone che hanno prenotato un volo con Windjet fino a fine ottobre rischiano di restare a terra, se non si trova una soluzione a breve. Il dato lo ha riferito il Presidente Enac, Vito Riggio, a margine dell’inaugurazione del nuovo aeroporto di Pantelleria.
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"FAREMO DI TUTTO" - “E’ chiaro che faremo passare intanto agosto e poi si vedrà - ha spiegato Riggio - sono passeggeri che si trovano in difficoltà e noi stiamo cercando di riproteggerli con il massimo sforzo possibile perché non siamo una società che gestisce aerei ma un ente di controllo, ma avendo anche nella missione la tutela dei diritti del passeggero lo stiamo facendo”.Nel frattempo, Fiavet denuncia: "Anche in queste ore vengono venduti biglietti, anche se in misura limitata e dando una serie di avvertimenti ai clienti".
BOTTA E RISPOSTA CON ALITALIA - Poi la frecciata alla compagnia di bandiera: "Sarebbe stato meglio chiudere ad aprile, ora diciamo ad Alitalia visto che hanno tenuto aperta la trattativa fino ad agosto, si faccia carico di un problema che anche l’Alitalia ha creato”.
LOW COST - Secondo Riggio, una parte del problema risiederebbe nella forte concorrenza portata dalle compagnie low cost. “Quello che sta succedendo dimostra ciò che avevo detto a maggio - spiega il numero uno dell'Enac - cioè che il sistema dell’aviazione civile italiana sta subendo una forte concorrenza delle low cost irlandesi e inglesi da un lato e dall’altro tutto il sistema europeo è sotto schiaffo. In queste condizioni la situazione diventa drammatica”.Pronta la replica della compagnia che afferma di non essere "in alcun modo responsabile della situazione di caos” della Wind Jet. Alitalia “respinge con forza le dichiarazioni" di Riggio. “Queste affermazioni - sottolinea la compagnia - stupiscono in particolar modo, visto che da aprile Alitalia ha sempre informato tutte le autorità competenti e le ha tenute quotidianamente al corrente sullo stato reale delle trattative. Le autorità erano anche a conoscenza delle enormi difficoltà dell’operazione, dovute agli inadempimenti di WindJet”.
UNITA' DI CRISI - “Tanti passeggeri avevano fatto i biglietti nella speranza che la situazione si concludesse positivamente - aggiunge Riggio -. Adesso abbiamo istituito un’unità di crisi (VIDEO). Sulla base dell’operativo di Wind Jet abbiamo convocato tutte le compagnie italiane, a partire da Alitalia, perché proteggano i passeggeri con un piccolo supplemento e non li lascino a terra perché questo non si può consentire”.
"I POSTI CI SONO" - “Dai primi dati che risultano dall’unità di crisi - riferisce il presidente Enac - c’è un’ampia disponibilità di posti da mettere e disposizione dei passeggeri Windjet". "Meridiana - aggiunge - manterrebbe gli stessi orari mentre Alitalia riproteggerebbe i passeggeri sui voli notturni. Noi, inoltre, spingeremo per fare pagare ai passeggeri una differenza di costo più bassa possibile”. Il presidente Enac mette anche in guardia: “Evitiamo inutili aspettative che andrebbero deluse. Chiediamo alla Wind Jet di darci l’operativo e di dirci quello che è in grado di fare”.
IL PIANO DI RIPROTEZIONE - Sarà garantita da cinque compagnie nazionali la riprotezione dei passeggeri Wind Jet. Lo afferma l’Enac al termine delle riunioni dell’unità di crisi sul vettore siciliano, sottolineando che l’Ente, "in collaborazione con, Alitalia, Meridiana Fly - Air Italy, Livingston, Blu Panorama e Neos, unitamente alla compagnia Wind Jet, ha coordinato la rimodulazione dei voli in modo tale che venga garantita la riprotezione dei passeggeri”. Per permettere di effettuare tutti i voli, l’Enac "ha disposto che i principali scali italiani rimangano aperti durante la notte". I voli di riprotezione “effettuati sulle singole tratte nazionali dirette avranno un sovrapprezzo di massimo 80 euro (tasse incluse). Per i voli internazionali il sovrapprezzo sarà maggiore, a seconda delle tratte”. Per i voli programmati a settembre, "i prezzi potrebbero subire delle variazioni".
ALITALIA: GIA' RIPROTETTI 2MILA VIAGGIATORI - Dal 4 agosto a oggi, sono oltre 2.100 i viaggiatori di WindJet che, senza nessun aggravio di costi, sono riusciti a partire grazie alle riprotezioni messe in atto da Alitalia e da Air One e all’organizzazione, finora, di 8 voli speciali. Lo rende noto Alitalia.
INTERVIENE PASSERA - L’unità per la gestione delle vertenze aziendali del ministero dello Sviluppo - dietro indicazione del ministro Passera - ha convocato WindJet e Alitalia per martedì 14, per fare il punto "sull’improvvisa e inaspettata interruzione di una trattativa rispetto alla quale il Governo aveva ricevuto informazioni di un esito positivo". Al tavolo, che si occuperà anche della questione occupazionale, saranno presenti anche Enac, le organizzazioni sindacali e le competenti istituzioni ed enti locali.
I CONSUMATORI ATTACCANO - Federconsumatori denuncia: "l'ennesima beffa di fine estate dopo il fallimento degli ultimi anni di compagnie aeree fragili ed improvvisate" e si scaglia contro Enac: "Non possiamo essere soddisfatti del ruolo svolto dall’ente per l'aviazione civile su questa vicenda per troppa superficialità e senza un minimo di prevenzione".
FIAVET SUI SUPPLEMENTI - Il presidente di Fiavet, la Federazione italiana delle imprese di viaggi e turismo, Fortunato Giovannoni, critica fortemente la novità comunicata dall'Enac sui "supplementi" salva-passeggeri: "Chiedere un supplemento, seppur piccolo, per i passeggeri che hanno acquistato biglietti della compagnia Windjet, è completamente sbagliato", afferma Giovannini.
È solo l’inizio. - Antonio Padellaro
Adesso la domanda è: bravi, ma poi che ve ne farete di tutte quelle firme? Il retropensiero è abbastanza chiaro: siamo a Ferragosto, l’Italia va in ferie, tempo qualche giorno e dell’iniziativa de Il Fatto nessuno parlerà più.
L’eterno cinismo nazionale del tanto non serve niente perché tanto non cambia niente, ha già sentenziato che 70mila nomi sotto un appello (ma quando leggerete quest’articolo saranno molti di più) sono in fondo un’entità virtuale di puro valore simbolico, condannata a restare inerte dentro un recinto elettronico o cartaceo e quindi, in buona sostanza, a non contare nulla. Certo che il rischio esiste: non da oggi i fatti si fanno scomparire con destrezza, mentre a quelli che tenacemente resistono si applica l’infallibile tecnica del silenziatore.
Con il berlusconismo imperante, l’antidoto era l’antiberlusconismo di facciata che, costretto dall’impudenza del sultano o per ragioni strumentali, levava ogni tanto alti lamenti o mobilitava qualche piazza. Ma il tramonto di B., invece di liberare energie positive, ha determinato l’improvvisa chiusura di porte e finestre. Siamo diventati un Paese immiserito dalla crisi, terrorizzato dallo spread, commissariato dagli eurotecnici, e dove nella testa dei cittadini si tenta di ficcare quella regola che un tempo ammoniva i passeggeri dei tram: vietato disturbare il manovratore. Messa all’angolo dal discredito montante, la casta dei partiti si fa scudo del Capo dello Stato, di cui si ignorano bellamente i moniti, ma a cui si concede una sorta di immunità sacrale e assoluta. La grande e la piccola stampa, in crisi di copie e contributi pubblici, sigillano (con rare eccezioni) le notizie sgradite.
E se la Procura di Palermo decide di vederci chiaro riguardo a certe telefonate sull’utenza Quirinale, apriti cielo. Ma se scatta l’accerchiamento di quei pm non in riga, nessuno lo deve sapere. Ora tutte quelle firme dicono semplicemente: basta. E stiano pure tranquilli i professionisti del cinismo nazionale: quelle firme non resteranno simboliche e inerti. Intanto fanno sentire alta e forte la loro voce sul nostro giornale. Poi cominceranno a muoversi e a camminare per affermare civilmente un principio elementare di democrazia: se necessario, il manovratore si può e anzi si deve disturbare.
Il Fatto Quotidiano, 11 Agosto 2012
Altre notizie da Tiscali
Dagli ex-pneumatici nasce l’asfalto silenzioso
- La sperimentazione effettuata sulla statale della val Venosta ha dato i suoi risultati: l’impatto acustico dei veicoli segna 4 decibel di rumore in meno
(Rinnovabili.it) - Combattere l’inquinamento acustico partendo dal basso, praticamente da terra. In Provincia di Bolzano è così che si lotta contro i decibel. L’amministrazione ha, infatti, avviato nel 2011 un progetto sperimentale finalizzato all’abbattimento del rumore su un tratto della statale della Val Venosta; 400 metri di strada in tutto, che sono stati asfaltati con un mix di composti bituminosi e pneumatici fuori uso triturati e riciclati.
Il risultato del test, a un anno di distanza, è stato decisamente positivo: l’asfalto silenzioso, così è stato ribattezzato, è in grado di far registra 4 decibel di rumore in meno. Un valore significativo che spinge oggi la Provincia a voler mappare la rete stradale altoatesina con l’intento di evidenziare i passaggi nei quali eventualmente sfruttare questa tecnologia come alternativa alle tradizionali barriere antirumore. Verrebbero in tal modo eliminati i problemi storicamente legati all’installazione di ingombranti strutture fonoassorbenti come l’impatto paesaggistico o la limitazione delle vie di fuga in caso di incidenti.
“Il segreto del composto che stiamo testando - spiega Paolo Montagner, direttore del Servizio strade – è che rende possibile la posa di un asfalto con coefficienti di aderenza superiori e minore rumorosità”. E inoltre, nonostante necessiti di manutenzione e periodici interventi di nuova posa, il suo costo è all’incirca la metà rispetto a quello delle barriere antirumore. “In tempi difficili come questi – sottolinea l’assessore ai lavori pubblici Florian Mussner - mi sembra una motivazione più che valida: con meno impegno finanziario potremmo migliorare in maniera concreta il problema del rumore lungo le nostre strade”.
I limiti? I decibel in menosono quelli, per così dire, “sottratti” all’impatto degli pneumatici sul suolo stradale, pertanto l’asfalto silenzioso si dimostra più utile se posato su arterie che i veicoli percorrono ad una velocità piuttosto sostenuta, altrimenti il risultato sarebbe difficile da apprezzare.
Castigo senza delitto. - Marco Travaglio
Ora qualcuno dirà che il Fatto Quotidiano, schierandosi senza se e senza ma dalla parte dei pm di Palermo, Francesco Messineo e Nino Di Matteo, finiti sotto inchiesta disciplinare per l’intervista rilasciata dal secondo a Repubblica sulle telefonate Mancino-Napolitano, vuole una magistratura “legibus soluta”, con licenza di violare le regole: quelle che affidano al Pg della Cassazione (e al ministro della Giustizia) l’azione disciplinare contro le toghe che infrangono le regole dell’ordinamento giudiziario. Bene, chiunque si apprestasse a scriverlo o a pensarlo, se ne inventi un’altra: noi siamo per il rispetto delle regole da parte di tutti, a cominciare da chi deve farle osservare, cioè i magistrati.
Il fatto è che, nel procedimento avviato contro Messineo e Di Matteo, il Pg della Cassazione contesta un illecito disciplinare che non esiste. Nella richiesta di chiarimenti inviata dal sostituto Pg Mario Fresa, infatti, si chiede al procuratore capo se abbia autorizzato per iscritto il suo sostituto a rilasciare l’intervista su un procedimento in corso (come prevede l’ordinamento giudiziario Castelli-Mastella, comma 3 dlgs 106/2006: i pm non possono “rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l’attività giudiziaria dell’Ufficio”); e, nel caso in cui “ciò non fosse avvenuto, perché non ha segnalato il caso”. L’accusa è chiara: illecito per Di Matteo che dà un’intervista non autorizzata dal suo capo; illecito per Messineo che non lo denuncia per averla data.
Già, ma la legge Castelli-Mastella, nell’elenco degli illeciti disciplinari “tipizzati” dei magistrati (art. 2 del dlgs 109/2006), non contempla le interviste di pm non autorizzati dal capo, né dunque il dovere di segnalarle da parte del capo. Le sole “dichiarazioni pubbliche o interviste” disciplinarmente vietate sono quelle che “riguardino i soggetti coinvolti” in un procedimento, e solo “quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui” (e Di Matteo, con Repubblica, non solo non ledeva, ma nemmeno citava alcun soggetto coinvolto: spiegava solo la scelta di stralciare le intercettazioni penalmente irrilevanti per l’inchiesta sulla trattativa, in vista della loro distruzione o del loro utilizzo in altri, futuri filoni d’indagine); oppure quando fanno riferimenti personali ai pm impegnati nel procedimento (e Di Matteo non ne faceva).
Ne consegue che, anche se fosse vero che Di Matteo ha parlato con Repubblica senza il permesso scritto del capo, non avrebbe commesso comunque alcun illecito disciplinare, e nemmeno il capo che non l’ha denunciato. Non perché lo diciamo noi del Fatto, ma perché quel comportamento, anche se fosse stato commesso, non costituirebbe illecito disciplinare. È come se un tizio venisse processato perché ha attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali, mentre il Codice penale non punisce l’attraversamento fuori dalle strisce. Si dirà: ma allora non c’è motivo di allarmarsi tanto. Se l’illecito non esiste, i due pm saranno archiviati dal Pg oppure, in caso di incolpazione formale, assolti dal Csm. Può darsi, anche se è presto per fare previsioni. Ma, anche se così fosse, quel che accade è ancor più grave di quanto si immaginasse: che cosa dobbiamo pensare di uno dei più alti magistrati d’Italia, il Pg della Cassazione, che inquisisce due pm per un illecito che non esiste? Se fossimo berlusconiani o dalemiani, grideremmo al complotto di Qualcuno che, dietro o sopra di lui, ha deciso di punire comunque i pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia. E se il “reato” non si trova, pazienza: lo si inventa.
Ma, siccome siamo Il Fatto, ci limitiamo a ricordare che già una volta quel Pg fu attivato dal Quirinale perché intervenisse sull’inchiesta-trattativa, e respinto con perdite. A fare 2 più 2 e a trarne le conseguenze, ci arrivano da soli i nostri lettori. Che, a giudicare dalla valanga di firme in difesa dei pm di Palermo, hanno già capito tutto.
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Top manager strapagati, ma anche incoerenti e incapaci. Parola ai sottoposti.
Malcontento verso i manager in salita. E non solo per i ricchi stipendi spesso sproporzionati rispetto ai risultati ottenuti, come rilevato da una recente indagine sugli imprenditori che ai capi azienda delle grandi società quotate in Borsa chiedono maggiore trasparenza, condivisione e austerità. C’è anche il fronte interno, che registra una crescente sfiducia dei lavoratori italiani nei confronti di senior e immediate manager. Secondo il Global Work force Study, una ricerca globale condotta ogni due anni da Towers Watson che indaga le aspettative e le percezioni dei dipendenti del settore privato su vari aspetti della loro vita lavorativa, individuando gli elementi che maggiormente impattano sulla loro motivazione a contribuire al successo dell’azienda, infatti, la preoccupazione per l’incertezza economica incide negativamente sulla fiducia nell’operato dei propri leader, ritenuti non sempre in grado di fronteggiare le sfide che la situazione attuale impone.
In particolare il 37% degli intervistati italiani ha dichiarato di non aver fiducia nel lavoro fatto dal senior management della propria azienda (3% in meno rispetto alla media europea), e solo il 38% ritiene che i senior leader si comportino in modo coerente rispetto ai valori aziendali (5% in meno rispetto alla media europea). Meno della metà, il 42%, pensa poi che la propria azienda stia facendo un buon lavoro nel fornire informazioni su come stia performando rispetto agli obiettivi di business, mentre soltanto il 39% (-10% rispetto alla media europea) crede alle informazioni che riceve dai senior leader.
Senior manager bocciati anche in relazione alla capacità di puntare sull’innovazione. Solo il 33% degli intervistati ritiene che la propria azienda faccia un buon lavoro nel premiare chi porta idee innovative, e il 36% pensa che sia efficace nel muoversi velocemente nel passaggio dalla creazione di idee alla loro implementazione. Emerge inoltre che le persone desidererebbero una maggiore responsabilizzazione: solo il 44% (-8% rispetto alla media europea) crede che i lavoratori siano ritenuti responsabili della performance della propria azienda.
Critici i giudizi dei lavoratori anche nei confronti dei capi diretti: solo il 31% (ben il 14% sotto la media europea) dichiara di aver un riconoscimento verbale per un lavoro ben fatto, mentre il 39% (-7%) ritiene che il proprio capo sia in grado di differenziare la performance fra i bravi e i meno bravi. E solo il 42% afferma di vedere coerenza fra l’operato del proprio capo e le sue parole (-7% rispetto alla media europea e -7% rispetto ai risultati 2010). Sfiducia anche nella capacità del proprio capo di ascoltare attentamente opinioni diverse dalla propria prima di prendere una decisione (solo il 42% da risposta favorevole) e di incoraggiare nuove idee e nuovi modi di fare le cose (42%). Dulcis in fundo, meno della metà, il 45%, ritiene che il proprio capo diretto lo aiuti a migliorare la propria performance.
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