Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 29 agosto 2012
Firth, i discorsi dei popoli. - Concita DeGregori
La storia la fanno i piantagrane, dice Colin Firth nel suo italiano eccellente e a tratti perfino desueto. Troublemakers, piantagrane. I giornali del mattino portano in prima pagina la foto delle Pussy Riot, capaci in questo tempo di fare più rumore di quel che tanti dissidenti fecero nel loro.
Pop star e divi del cinema hanno l' autorevolezza che fu degli intellettuali e il potere dei capi di stato: nella classifica di Forbes delle cento donne più influenti del pianeta Angelina Jolie occupa un posto fra Angela Merkel e Sonia Gandhi alla categoria "benefattrice". Si occupa di bambini. Il potere essendo responsabilità è difatti piuttosto importante, per chi mette la sua fama al servizio di una causa, stabilire che cosa si vuole promuovere oltre se stessi. "Chi aiuta chi", titolava giorni fa con leggerissima ambiguità di senso un settimanale inglese a proposito di star e associazioni benefiche. Colin Firth ha scelto il dissenso. Promuove la voce di chi non ha voce. L' altra storia: quella che la cronaca chiama delitto. Apre il suo computer e scorre la lista dei testi che conosce a memoria. Le ultime parole di un condannato a morte, un discorso di Bobby Sands, la lettera ai figli della donna che non volle abiurare al suo credo religioso, il Sir Thomas More di Shakespeare, il testo scaricato l' altro giorno da Youtube dell' invettiva di una ragazza senza lavoro. Le parole del dissenso, in ogni tempo. "Sono figlio di un professore di storia, ho studiato i testi classici e ho avuto nella vita la ventura di interpretare in teatro molte storie di re. Anche al cinema i re hanno avuto e hanno qualche popolarità" - sorride - "Ho tratto grande gioia nell' esercizio di prestare la mia voce e il mio corpo ai sovrani, gioisco ora del contrario". Il contrario sono le parole della gente, socialisti anarchici agitatori studenti donne senza nome, le voci che salgono dal basso. Voci contro. "La storia non è qualcosa che sta negli scaffali della libreria, la storia è fuori per strada". "The people speak": così si chiama il progetto e lo spettacolo che Colin Firth, premio Oscar per Il discorso del Re, produce dirige e per una parte interpreta a teatro. La voce di chi ha detto no, le ragioni del popolo. Uno spettacolo "virale": è nato in America dal lavoro fortunatissimo dello storico Howard Zinn, l' autore da poco scomparso della monumentale Storia popolare degli Stati Uniti. E' stato importato a Londra l' anno scorso da Firth e dall' agente letterario Antony Arnove, sostenuto da History Channel, tradotto in libro e in dvd. Fra poco più di due settimane sarà di nuovo in scena a Notting Hill, altri interpreti e altri testi. A fine gennaio arriverà in Italia, all' Auditorium di Roma, prodotta da Livia Giuggioli Firth, la moglie italiana di Colin, e da suo fratello Alessandro: in una versione naturalmente originale con brani tratti dalla storia popolare del nostro paese. La data di Londra è il 16 settembre, sette di sera. Al Tabernacle di Nottingh Hill insieme a Firth saliranno sul palco il grande Ian McKellen, Rupert Everett, Anna Chancellor ( Quattro matrimoni e un funerale ), il cantante Tom Robinson, il gruppo The Unthanks, Stephen Rea (V per vendetta ), Emily Blunt ( Il diavolo veste Prada) e molti altri autori e interpreti di grande successo. L' idea è che la popolarità degli interpreti renda popolari anche parole altrimenti destinate a restare sconosciute o ad essere dimenticate, dice Colin. "Qui gli attori sono chiamati non a fare da volto, da sponsor di qualcuno o di qualcosa, non ad abbracciare una causa. Devono fare piuttosto esattamente il loro lavoro, quello per cui sono normalmente pagati, se hanno imparato a farlo: leggere e interpretare le parole di altri".I testi scelti, aggiunge, sono da considerarsi un esempio, un "menu degustazione": "Vanno dal 1500 ad oggi e non abbiamo nessuna ambizione di aver fatto una selezione completa, al contrario. I brani sono stati scelti perché ci sono piaciuti. Grandi quantità di materiale sono state lasciate fuori. Spero che molti siano spinti a farlo notare e compilare un altro elenco, e poi un altro. Soprattutto spero che queste parole possano servire di ispirazione per spingere ciascuno a far sentire la sua voce sulle questioni che gli stanno a cuore. La democrazia è uno sport che non prevede spettatori". La selezione "incompleta e arbitraria" delle voci del dissenso nella storia inglese va da Shakespeare ai Monty Phyton, dalla "grave indecenza" del processo ad Oscar Wilde alla testimonianza anonima di una lesbica negli anni ' 50, le parole del pastore protestante Gerrald Winstanley, l' arringa contro lo schiavismo dell' avvocato Robert Wedderburn, nato nell' 800 in Giamaica, il discorso sullo sciopero del laburista Ben Tillet, 1911, la ballata del cantautore Frank Higgins sulla ragazzina che lavora in miniera, James Connoly sulla causa irlandese, la suffragetta Emmeline Pankhurst sul voto alle donne, Virginia Woolf nella stanza tutta per sé, Elvis Costello, Harold Pinter, le note di Glad to be Gay di Tom Robinson. Nel volume che Canongate ha pubblicato coi testi dello spettacolo dell' anno scorso Colin Firth ha scritto, nella prefazione: "Molte delle vere storie di Inghilterra mi si sono rivelate attraverso piaceri colpevoli. La musica che non avrei dovuto ascoltare, la battuta alla quale non avrei dovuto ridere, il libro che non avrei dovuto leggere. Storie spesso scritte da uomini e donne che non avevano nessun potere politico, che furono imprigionati, torturati, condannati e a volte uccisi per le loro parole e le loro azioni finché alla fine le loro idee sono state adottate e sono arrivate fino a noi come diritti fondamentali. Queste libertà sono ora sotto la nostra responsabilità di cura. Se non lavoriamo su di loro saranno perse molto più facilmente di quanto non siano state guadagnate". Perché la democrazia è uno sport che non prevede pubblico, appunto. Uno show dove non c' è posto per gli spettatori.
da LaRepubblica del 25.08.2012
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=353760888042416&set=a.236707446414428.59232.235982526486920&type=1
Se li conosci li eviti. - Marco Travaglio
Commentando nel web il dibattito di lunedì a La7 sulla trattativa Stato-mafia, molti rimproverano a Mentana di aver invitato Ferrara. Non sono d’accordo. Intanto va apprezzata la perfidia di Mentana, che ha invitato Ferrara a un programma intitolato Bersaglio mobile. E poi Ferrara, specie quando non dialoga con se stesso e veste come Bagonghi, va chiamato spesso, possibilmente sempre. Nessuno meglio di lui riassume, con una franchezza che sconfina nella spudoratezza, come ragiona (si fa per dire) il Potere in Italia. E dimostra, anche fisiognomicamente, la differenza fra i giornalisti che raccontano i fatti e quelli che programmaticamente li ignorano per non disturbare le proprie certezze malate.
Infatti s’è subito trasformato in una gigantesca macchinetta spara-palle, tipo quelle usate per allenare i tennisti: ne sparava così tante che era impossibile respingerle tutte. “Andreotti è stato assolto” (prescritto per “il reato commesso fino al 1980”). “La sentenza Iacoviello della Cassazione ha smentito che Dell’Utri sia mafioso” (Iacoviello è un sostituto Pg e non fa sentenze: la sentenza conferma che Dell’Utri è colpevole per il lungo periodo trascorso al servizio di B., mentre occorre un nuovo appello per provare che lo fosse anche nei tre anni al servizio di Rapisarda). “Anche Falcone trattò con la mafia, vedi Buscetta” (Falcone convinse Buscetta a collaborare non per trattare con la mafia, ma per processarla). “La mafia è stata sconfitta” (senza parole). “L’agenda rossa di Borsellino è una minchiata” (infatti l’han fatta sparire). “L’inchiesta sulla trattativa non è condivisa nemmeno dal procuratore Messineo” (il “visto” del capo non è previsto sull’atto di conclusione delle indagini; lo è invece sulle richieste di rinvio a giudizio ed è prontamente arrivato). “Il pm Di Matteo ha svelato aRepubblica le intercettazioni di Napolitano per ricattarlo” (le svelò Panorama). “Ingroia chiede il segreto di Stato perché alle accuse non crede neanche lui” (Ingroia chiede a chi giustifica la trattativa in nome della ragion di Stato di dire tutto ciò che sa e sfida i politici, se la condividono, a fare una legge che liceizzi ex post quella condotta criminale). “Ingroia fugge in Guatemala per non sostenere l’accusa al processo” (falso: l’invito dell’Onu per l’incarico in Guatemala risale a oltre un anno, e l’accusa ai processi la sostengono di solito i sostituti, non gli aggiunti).
Molto divertente il teorema secondo cui i pm di Palermo indagano sulla trattativa non perché sia una notizia di reato, su cui la Costituzione impone di indagare, ma “per fare carriera”: com’è noto, in Italia, il miglior modo di fare carriera è mettere sotto processo politici di destra e di sinistra più qualche ufficiale del Ros, e ritrovarsi subito dopo alle calcagna Quirinale, Avvocatura dello Stato, Consulta, governo, Parlamento, Pg della Cassazione, Csm, giornaloni e tg a reti unificate. Un carrierone. Molto opportuno anche l’invito di Mentana a Macaluso, che faticava a comprendere la differenza fra un giornale libero e un giornale di partito, scattava come la rana di Galvani solo alla parola “Napolitano”, scambiava per “attacchi al Quirinale” qualunque critica all’inquilino pro tempore ma poi mostrava gravi lacune sul conflitto di attribuzioni (l’amato Presidente non sostiene affatto che “nella Costituzione c’è un vuoto da colmare”, ma che i pm di Palermo han violato le sue presunte prerogative costituzionali).
Era presente, oltre a Di Pietro, un deputato del Pd, tal Boccia, accomunato agli altri due dall’assoluta ignoranza sul tema di cui si parlava: appena si tentava di spiegargli la trattativa, sorrideva beotamente, più divertito ancora di Ferrara. Ma è stato giusto invitare anche lui. Altrimenti non si capirebbe cosa sta diventando il Pd, perché si allea con Casini, perché molti elettori hanno l’ulcera perforata, perché Vendola ha vinto due primarie su due in Puglia e perché non basta essere giovani per essere meglio dei vecchi.
Il Fatto Quotidiano, 29 agosto 2012
Altre notizie da Tiscali
Bersani zombie: non lo dice Grillo, ma il Nobel Paul Krugman.
L'appellativo "zombie", per i politici compromessi col capitalismo dei disastri, è del premio Nobel Paul Krugman. Bersani, invece, non lo sa.
Quello che Bersani, dal palco della Festa Democratica, ha definito linguaggio di tipo fascista, ovvero l'appellativo"zombie" riferito ai politici, è tutt'altro che un'accusa populista di bassa lega. E' una definizione usata da Paul Krugman, premio Nobel per l'Economia, in un articolo del New York Times di due anni fa che titola proprio "Quando vincono gli zombies".
Sì, il premio Nobel usa proprio la parola zombies. Chissà se Bersani sa chi è Paul Krugman, che invece Grillo e i suoi sicuramente conoscono. Dice Krugman:
"I fondamentalisti del libero mercato hanno sbagliato su tutto - eppure ancora dominano la scena politica oggi più che mai."
Non vi ricorda tanto qualcuno? Ancora Krugman:
"Per prendere in prestito il titolo di un libro recente dell'economista australiano John Quiggin sulle dottrine economiche che la crisi dovrebbe aver definitivamente sepolto ma che invece vivono, noi siamo ancora - e forse più che mai - governati dall'economia zombie. Perché? Parte della risposta, di certo, è che coloro che avrebbero dovuto sopprimere le idee zombie hanno invece cercato di scendere a compromessi."
Si, decisamente ci ricorda qualcuno.
Certo, per Bersani è più facile fare la vittima e strillare che si tratta di accuse fasciste, da web, da berlusconiani di ritorno, piuttosto che invitare i propri elettori a leggere e capire Paul Krugman.
A casa mia, questo si chiama populismo.
La ditta del sindaco leghista che inquina le acque della regione. - Andrea Tornago
Vi ricordate di Oscar Lancini? Il sindaco di Adro, quello che voleva vietare la mensa della scuola ai bambini poveri? Sorpresa: la sua ditta era stata chiusa per sversamenti illegali. E ora ha riaperto.
C'è una storia oscura di rifiuti tossici e inquinamento in Franciacorta, cominciata con un'autorizzazione regionale rilasciata nel giugno 1993, in piena Mani Pulite. Una vicenda rimasta nascosta all'ombra delle polemiche sui «Soli delle Alpi» ma che per qualcuno è il vero scandalo della Lega Nord di Adro. È la storia della Elg, una ditta di smaltimento di rifiuti liquidi pericolosi di proprietà del sindaco leghista di Adro Oscar Lancini. Fallita nel 2007, la «Eredi Lancini Giancarlo» è stata accusata di aver scaricato abusivamente nelle fognature e nel fiume Oglio migliaia di tonnellate di scorie tossiche, e dopo due sequestri della magistratura non aveva più riaperto i cancelli. Fino a pochi mesi fa.
L'Elg e la Lega Nord
L'estate in cui cadde la sua giunta Paolino Parzani non l'ha dimenticata. L'ex sindaco di Adro, grande avversario di Oscar Lancini, è un uomo d'altri tempi che si sarebbe trovato molto meglio tra garibaldini e mazziniani. «Repubblicano di sinistra», come ama definirsi, guidava una giunta di centro con tanto di assessore di Forza Italia. La sua rovina? Alcuni principi cui non poteva venir meno. «Mi han fatto cadere proprio sulla Elg - ricorda Parzani - perché avevo fatto piombare lo scarico della ditta dei Lancini che continuava a sversare abusivamente. E nel luglio del 2003 avevo revocato la nomina dell'assessore all'Ecologia Valerio Pagnoni, un fedelissimo di Franco Nicoli Cristiani» (l'ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lombardia del Pdl arrestato lo scorso novembre per corruzione nell'inchiesta sull'autostrada Brebemi, ndr). L'8 settembre 2003 otto consiglieri, compresa l'opposizione di sinistra, rassegnarono le dimissioni su iniziativa politica di Oscar Lancini, all'epoca consigliere comunale di minoranza, causando il commissariamento del Comune. Quella fabbrica che smaltiva rifiuti pericolosi liquidi non si poteva fermare. Lo sapevano bene i funzionari della Regione Lombardia che nel '93 avevano firmato una singolare autorizzazione per la Elg, quando ancora i Lancini non avevano nemmeno un impianto e giravano a raccogliere i rifiuti liquidi con un'autobotte per gli spurghi (il capannone verrà costruito solo nel 1996). Dieci anni dopo la Elg serviva le industrie di mezzo nord Italia e il suo amministratore era segretario della Lega di Adro.
Divina prescrizione
Oscar Lancini viene così eletto sindaco di Adro nel giugno 2004. Pochi mesi prima la magistratura gli aveva notificato il rinvio a giudizio per inquinamento e traffico di rifiuti. In pieno conflitto di interessi assumerà il controllo della pubblica fognatura, arrivando a nominare gli avvocati del Comune che dovevano rivalersi sulla Elg: uno scandalo cancellato dal clamore suscitato in tutto il Paese dal caso della «Gianfranco Miglio», la nuova scuola comunale riempita di simboli leghisti.
La documentazione prodotta in quegli anni dagli enti è a tratti incredibile: centinaia di documenti della polizia municipale di Adro, del Cotas (il consorzio che gestiva il depuratore della zona), dell'Arpa e dei carabinieri del Noe attestano continui scarichi con valori elevatissimi di metalli pesanti, idrocarburi e solventi clorurati. I campionatori automatici posizionati in prossimità dello scarico della ditta erano inspiegabilmente sempre fuori uso.
Ma i tre processi per inquinamento a carico dei soci della Elg (Oscar Lancini, i fratelli Luca e Lionella, la madre Maria Brescianini, tutti soci al 25% della ditta di famiglia) non hanno mai prodotto nemmeno una sentenza di primo grado: finiti prima del tempo per la prescrizione dei reati, i cui tempi erano stati dimezzati proprio in quegli anni dalla «legge Cirielli».
Un nuovo nome per la ditta dei veleni
L'operazione si è svolta con la massima discrezione. L'impianto dei Lancini ha riaperto i battenti nell'aprile scorso, dopo che nel 2009 una ditta ha rilevato la vecchia Elg. All'asta fallimentare (la Elg è stata dichiarata fallita il 14 marzo 2007, pochi giorni prima del verdetto del primo processo) si è presentata un'unica ditta: la ValleSabbiaServizi di Agnosine, il cui responsabile tecnico è il fratello del sindaco Oscar, Luca Lancini, anch'egli rinviato a giudizio e prescritto per inquinamento in qualità di socio della vecchia Elg.
Inutile dire che alle conferenze dei servizi il Comune di Adro non ha sollevato eccezioni, chiedendo come compensazione per l'esercizio dell'impianto la misera cifra di 78mila euro all'anno (1,08 euro a tonnellata), che la ValleSabbiaServizi potrà scomputare realizzando qualche opera pubblica, nonostante il regolamento comunale di Adro vieti espressamente l'avvio di «attività industriali nocive, moleste o pericolose» sul suo territorio.
Grazie alla nuova autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Brescia il 14 marzo 2012, l'impianto della ValleSabbiaServizi (a differenza della vecchia Elg) potrà smaltire quasi tutte le più micidiali scorie industriali liquide contemplate dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (Cer), a fronte di una fidejussione di soli 347mila euro: basti pensare che verranno trattati liquidi contenenti fino a 100mila microgrammi/litro di Cromo esavalente, una concentrazione simile a quella trovata nel 2010 nella falda sotto alla ditta di cromature Baratti Inselvini di Brescia, un gravissimo caso di contaminazione acuta da Cromo (114mila microgrammi/litro).
Inutile dire che alle conferenze dei servizi il Comune di Adro non ha sollevato eccezioni, chiedendo come compensazione per l'esercizio dell'impianto la misera cifra di 78mila euro all'anno (1,08 euro a tonnellata), che la ValleSabbiaServizi potrà scomputare realizzando qualche opera pubblica, nonostante il regolamento comunale di Adro vieti espressamente l'avvio di «attività industriali nocive, moleste o pericolose» sul suo territorio.
Grazie alla nuova autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Brescia il 14 marzo 2012, l'impianto della ValleSabbiaServizi (a differenza della vecchia Elg) potrà smaltire quasi tutte le più micidiali scorie industriali liquide contemplate dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (Cer), a fronte di una fidejussione di soli 347mila euro: basti pensare che verranno trattati liquidi contenenti fino a 100mila microgrammi/litro di Cromo esavalente, una concentrazione simile a quella trovata nel 2010 nella falda sotto alla ditta di cromature Baratti Inselvini di Brescia, un gravissimo caso di contaminazione acuta da Cromo (114mila microgrammi/litro).
Torna l'incubo dei veleni
A giudicare dagli investimenti effettuati (4 milioni e 700mila euro tutti per l'acquisto di impianto, capannone e bonifica) sembra che la ValleSabbiaServizi, a parte qualche riverniciatura, stia sostanzialmente usando ancora il vecchio impianto della Elg. In questi primi quattro mesi di esercizio infatti sono già fioccate denunce alla polizia locale di Adro, da parte delle ditte confinanti, per emissioni moleste «insostenibili ed esasperanti che creano difficoltà a respirare, tosse persistente, bruciore agli occhi e alla gola». Ma chi volesse chiedere l'intervento del sindaco Lancini farebbe meglio a leggere il curioso principio su cui si basa la convenzione firmata dal Comune di Adro e dalla ValleSabbiaServizi il 7 giugno 2012: «Ad ogni attività economica conseguono necessariamente aspetti deleteri per la popolazione (sic!)».
I più maligni sostengono che Oscar Lancini si sia voluto assicurare un futuro per la ditta di famiglia, per mettersi al riparo dalla sconfitta elettorale che (soprattutto dopo l'aperta sconfessione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) potrebbe affacciarsi alle amministrative del 2014. Forse i Lancini, sistemato qualche guaio con la giustizia, torneranno al bel vecchio lavoro di una volta. Persino ad Adro la Lega Nord ormai può avere fatto il suo tempo, ma i traffici di rifiuti devono sopravvivere ad ogni stagione politica.
Poi dicono che la mafia è una prerogativa del sud...questo a me sembra un tipico atteggiamento mafioso...
Fecondazione: Italia "bocciata" Corte Europea, legge 40 incoerente.
(AGI) - Strasburgo, 29 ago. - La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha bocciato un articolo della legge italiana 40 sulla fecondazione assistita. La sentenza riguarda il ricorso di una coppia italiana fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica contro il divieto di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. I sette magistrati hanno condannato lo Stato italiano a pagare 15mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali per la violazione del diritto al rispetto per la vita privata e familiare della coppia italiana. Nella sentenza, i magistrati hanno sottolineato "l'incoerenza del sistema legislativo italiano che da una parte priva i richiedenti dell'accesso alla diagnosi genetica preimpianto, e dall'altra li autorizza a effettuare un'interruzione di gravidanza terapeutica quando il feto e' affetto da questa stessa patologia". Il verdetto diventera' definitivo entro tre mesi se non ci saranno ricorsi di fronte alla Grande Camera.
Il caso era stato sollevato di fronte alla Corte europea di Strasburgo da Rosetta Costa e Walter Pavan: i due, dopo aver scoperto di essere portatori sani di fibrosi cistica, avevano deciso di rivolgersi alla fecondazione in vitro per poter effettuare test genetici sull'embrione prima dell'impianto ed escludere cosi' la trasmissione della malattia. Tale possibilita' e' vietata dalla legge 40. La Corte di Strasburgo fa riferimento anche della sentenza del tribunale di Salerno che il 13 gennaio 2010 autorizzo' per la prima volta in Italia una coppia fertile portatrice sana di atrofia muscolare spinale ad accedere alla diagnosi genetica preimpianto e alle tecniche di procreazione assistita. "Tale decisione - si sottolinea - rimane isolata".
Terremoto 29 AGO.2012--ORE 01.12
TERREMOTO AVVERTITO IN SICILIA E CALABRIA.
EPICENTRO: SCILLA---M.4,6
PROV. REGGIO CALABRIA
AL MOMENTO NON RISULTANO DANNI A PERSONE O A COSE. DIVERSE LE TELEFONATE AI VIGILI DEL FUOCO
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Disoccupato per l'Inps, era titolare ditta abusiva di autotrasporti internazionali.
ASTI - Disoccupato per l'Inps, era il titolare di una ditta abusiva di autotrasporti internazionali con sede legale nell'Europa dell'Est, uffici operativi nell'Astigiano e autisti bulgari e macedoni: con questa accusa un quarantenne di Nizza Monferrato (Asti) e' stato denunciato dalla guardia di finanza. Rispondera' di falso e truffa ai danni dello Stato.
Le Fiamme Gialle hanno accertato ricavi mai dichiarati al fisco per 500 mila euro e 30 mila di Iva non versata.
Le Fiamme Gialle hanno accertato ricavi mai dichiarati al fisco per 500 mila euro e 30 mila di Iva non versata.
ASTI...... in che regione del sud si trova Asti ?
Alessandria, nel comune fallito è una banca a pagare i dipendenti pubblici. - Nicolò Sapellani
Volete gli stipendi? Prendeteli in prestito. Ad Alessandria i circa 500 dipendenti delle municipalizzate Atm (trasporti), Amiu (rifiuti) e Aspal (pluri-servizi) sono da questo mese senza retribuzione, ma hanno ricevuto una (discutibile) proposta: ottenere un finanziamento a titolo di anticipo della buste paga, accollandosi il rischio di insolvibilità dell’ente comunale. Il neo sindaco Rita Rossa (Pd), infatti ha annunciato di aver trovato una soluzione per tamponare la mancanza di liquidità del Comune, il cui fallimento è stato certificato il 12 giugno scorso dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. La Banca di Legnano si è offerta di “finanziare” il 90 per cento della media delle ultime tre mensilità ad ogni lavoratore, per il prossimo bimestre e con possibilità di proroga di ulteriori 30 giorni. A due condizioni: la prima è che chi accede alla linea di credito apra un conto presso i suoi sportelli (a costo e tasso zero), la seconda è che, nel caso non arrivassero i soldi dal Comune, saranno gli stessi dipendenti a dover ripagare, dopo sei mesi, con tanto di interessi, i fondi ricevuti. Nel primo semestre, invece, i prestiti saranno a tasso zero.
Contrari alla proposta i dipendenti di Amiu e Aspal che sono in stato di agitazione. Se le loro richieste di dilazionare i pagamenti, inoltrate questo sabato al presidente del Consiglio Mario Monti, non saranno ascoltate, non sanno come pagare le municipalizzate e queste, i lavoratori. Dalle casse, hanno spiegato dal Comune, “escono dai 103 ai 105 milioni di euro all’anno (di cui 40 vanno alle municipalizzate) ma ne entrano solo 87. Entro ottobre dovremo presentare un’ipotesi di pareggio di bilancio, tagliando 24 milioni. Così è impossibile andare avanti”. Fino a ieri l’amministrazione ha potuto contare su un escamotage, con la tesoreria cittadina che ha anticipato 300mila euro ad ognuna delle società controllate. Ad una in particolare, quella che ha in gestione i rifiuti, pesantemente indebitata con Barclays per 9 milioni di euro, l’amministrazione ha sempre approvato il versamento straordinario per “ragioni di pubblica sicurezza”. Operazione che ora i giudici contabili hanno espressamente vietato a causa del dissesto finanziario.
Questo è uno dei primi effetti del fallimento del Comune. Il dissesto è stato imputato a Piercarlo Fabbio (Pdl), ex sindaco rinviato a giudizio con l’accusa di aver “truccato” il bilancio consuntivo 2010 per rispettare il patto di stabilità. Con lui dovranno rispondere di falso in bilancio, abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato anche l’ex assessore Luciano Vandone e l’ex ragioniere capo,Carlo Alberto Ravazzano. Resta da capire perché la Banca di Legnano abbia accettato di rinunciare agli interessi sui prestiti offerti ai dipendenti delle municipalizzate alessandrine. Alcuni siti di informazione hanno indicato come possibile “suggeritore” dell’operazione Ezio Guerci, marito del primo cittadino, che oltre ad essere un esperto di dinamiche del lavoro è consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, fusa con la Legnano, e azionista della controllata Bpm.
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Monte dei Paschi in rosso per 1,61 miliardi, verso la “nazionalizzazione”. - Franco Ceccuzzi
Nuova pesante svalutazione dell’avviamento da parte del Monte dei Paschi di Siena nel primo semestre dell’anno, che ha prodotto un rosso da 1,61 miliardi di euro che si confronta con l’utile di 261,4 milioni dell’anno prima. La svalutazione dell’avviamento decisa dal cda della banca è di 1,52 miliardi alla quale si aggiunge la svalutazione integrale del marchio Banca Antonveneta. Il risultato operativo netto del semestre è invece calato a 182,5 milioni (-69,1%), mentre migliora al 10,8% (+50 punti base dall’inizio dell’anno) l’indicatore di solidità patrimoniale della banca, il Core Tier 1. Il dato, però, include 1,9 miliardi di Tremonti Bond.
Ancora guai, quindi, per la banca presieduta da Alessandro Profumo, per la quale è in arrivo un paracadute governativo da 2 miliardi di euro sotto forma di obbligazioni sottoscritte dal Tesoro, versione montiana dei Tremonti-bond di cui Siena aveva già usufruito, che saranno rifinanziati con una nuova emissione fino a 3,4 miliardi. E in base agli accordi, gli interessi della nuova emissione, in mancanza di utili da parte della banca verranno pagati in azioni, con la conseguenza abbastanza prevedibile, visti i risultati, che sul medio termine lo Stato italiano torni a fare il banchiere. Ma da azionista di minoranza e, quindi, con tutti gli oneri del caso.
I conti, oltretutto, hanno offerto la sponda ai vertici della banca che da tempo stanno trattando con i sindacati per un corposo piano di tagli. La semestrale di Mps, ha infatti subito commentato il direttore generale della banca, Fabrizio Viola, conferma“l’impossibilità di differire il piano” industriale 2013-2015, “anzi probabilmente anche di accelerare determinate azioni che sono ricomprese nel piano”, che include la chiusura di 400 filiali.
Secondo le ultime dichiarazioni del presidente Alessandro Profumo sul tema, “i dipendenti delle 400 filiali che saranno chiuse saranno reimpiegati: 1.250 saranno spostati in altri sportelli e 500 in attività di sviluppo”. Per quanto riguarda gli oltre 2.000 dipendenti del Consorzio che gestisce il back office, l’ex amministratore delegato di Unicredit si è detto sicuro “che se nel corso delle discussioni con i sindacati verranno identificate soluzioni alternative che diano risparmi strutturali omogenei a quelli del piano industriale a noi andranno bene. Le attività amministrative assorbono e assorbiranno sempre meno valore”.
Non più tardi di ieri, durante un dibattito alla festa locale del Pd, Profumo aveva lanciato il suo aut aut al territorio: “Razionalizzare il sistema distributivo e fare delle scelte. O le facciamo e cerchiamo di stare in piedi, o a un certo punto non ci stiamo più. La banca le sue scelte le vuole fare perché ha vissuto 540 anni e vuole viverne altri 540 – aveva detto-. Il fatto di vivere 540 anni, lo dico in modo chiaro, è messo a forte rischio. Perché noi oggi abbiamo una banca che vale 2,8 miliardi e abbiamo soldi dallo Stato per 3,4. Se si pensa che i 3,4 miliardi dello Stato siano una cosa dovuta al Monte dei Paschi dico che purtroppo non è così, sono aiuti di Stato”.
Quanto ai suoi predecessori e, in particolare, alla gestione di Giuseppe Mussari, attuale presidente della Confindustria delle banche, l’Abi, fresco di riconferma, secondo Profumo “la qualità della gestione precedente non è stata buona perché altrimenti non avremmo dovuto chiedere 3,4 miliardi allo Stato”. Tuttavia per il banchiere il nodo non sarebbe la carissima acquisizione di Banca Antonveneta, ufficialmente nel mirino della Procura dallo scorso 9 maggio.
“L’errore maggiore non è stato l’acquisto di Antonveneta ma l’acquisto 27 miliardi di titoli di Stato. Abbiamo un portafoglio che nessuno di noi avrebbe comprato con i propri soldi. Questi titoli di Stato oggi ci mangiano 5 miliardi di capitale. Senza di loro non avremmo avuto bisogno del supporto pubblico”, ha detto Profumo. “Tolti questi problemi, dobbiamo comunque dire che la banca non guadagna un’euro e negli ultimi anni lo ha fatto con operazioni straordinarie”, ha poi ammesso sottolineando che “la senesità di banca Mps di fatto non c’è più, è stata di fatto perduta e deve essere riconquistata”.
Parole che hanno parzialmente convinto l’associazione senese Confronti che ha invitato Profumo a rendere pubblici tutti gli atti sull’acquisto di Banca Antonveneta “per fare chiarezza e per un dovere di trasparenza che crediamo sia dovuto ai dipendenti, agli azionisti e a tutti i senesi”. Non solo. “Profumo ha detto che Antonveneta non è stato un buon affare e ha criticato pesantemente la gestione precedente di Mussari indicandolo come responsabile della situazione fallimentare che la banca sta vivendo. Viene da chiedersi come mai, allora, lo stesso Profumo lo abbia votato e sostenuto per ben due volte, e quindi anche come presidente della banca Mps, in un ruolo di alta responsabilità qual è quello di presidente dell’Abi”.
“Su Antonveneta, però, Profumo ha alcuni strumenti che gli danno la possibilità di far chiarezza: rendere pubblici tutti gli atti del contratto di acquisto e promuovere un’azione di responsabilità nei confronti dei vertici precedenti, visto che ha criticato aspramente la loro gestione, anche per ciò che riguarda l’acquisto di titoli di stato”, chiosa l’associazione che chiama in causa anche l’ex sindaco di Siena,
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