giovedì 6 settembre 2012

Riforma Fornero, a Roma i primi due licenziamenti post articolo 18. - Cosimo Lanzo


huawei_interna nuova


Il caso sollevato dalla Cisl. La prima azienda ad approfittare della nuova normativa è il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Una ragazza rispedita a casa racconta a ilfattoquotidiano.it: "Via da un giorno all'altro, mi hanno detto che l'azienda è in crisi".

I primi due licenziati con contratto a tempo indeterminato per motivi economici, da poco introdotto con la riforma Fornero. Di cui ha approfittato un’azienda cinese. E’ questo il primato che un ragazzo e una ragazza dipendenti del colosso delle telecomunicazioni Huawei hanno sperimentato sulla propria pelle, il 29 agosto, poco più di due mesi dall’entrata in vigore della riforma che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. I due facevano parte della stessa unità di lavoro, però in due team diversi. La ragazza, 26enne romana, per motivi personali vuole rimanere anonima, ma dice a ilfattoquotidiano.it:”Sono stata convocata dall’azienda il 29 agosto e mi hanno riferito che l’azienda era in crisi. Mi hanno poi detto che la mia figura era superflua perché coperta da altre persone e senza giri di parole mi hanno comunicato che da quel giorno ero fuori dall’azienda. A quel punto – afferma la ragazza – non ci ho pensato due volte e mi sono rivolta al sindacato”.
Nella lettera di licenziamento (leggi il documento), si legge che “la crisi generale del mercato delle telecomunicazioni in Italia, ha causato una significativa contrazione dei ricavi attribuili alla vendita di apparati telefonici. La Huawei poi scrive che “ciò ha comportato l’esigenza di una riorganizzazione della business unit (gruppo di lavoro) finalizzata al contenimento dei costi e alla razionalizzazione del personale”. Infine le comunicano che, a causa di tali condizioni “non sussistono motivi per una ricollocazione interna, con conseguente necessità di procedere al suo licenziamento“.
Huawei è una multinazionale leader nel mercato delle telecomunicazioni in Cina e secondo produttore mondiale di apparecchiature elettroniche. La “telco” cinese in serata ha inviato un comunicato in cui commenta spiega come “non ha, ad oggi, al contrario di quanto asserisce Serao (il sindacalista che ha sollevato il caso) comunicato alcun licenziamento alla lavoratrice avendo semmai avviato la normale procedura di conciliazione prevista dal nuovo art. 7 della legge n. 604/66  (modificato appunto dalla riforma Fornero entrata in vigore il 28 giugno 2012), finalizzata a favorire la risoluzione consensuale del rapporto e a incentivare l’esodo della lavoratrice”. A rispondere all’azienda è proprio Giorgio Serao della Fistel Cisl che sta assistendo la lavoratrice: “Non è vero che non c’è nessun licenziamento in atto. Ho le prove di quello che dico perché alla lavoratice è stata recapitata una raccomandata con una lettera di licenziamento al suo interno, che è inequivocabile. Se l’azienda pensa che ci sia in atto una conciliazione si sbaglia, perché nell’incontro di conciliazione previsto dalla riforma Fornero, il 18 settembre, noi impugneremo la decisione”. 
Data per scontata l’impugnazione, ora toccherà al giudice del lavoro decidere se reintegrare la lavoratrice o come vuole l’azienda, corrisponderle una indennità di licenziamento. Per la ragazza però rimane la beffa di essere stata contattata dall’azienda senza aver mandato mai nessun curriculum vitae e ed essere stata licenziata a due anni dall'assunzione. “Sono stata chiamata quando lavoravo in un’altra azienda. Avevo un buon contratto, circa 26 mila euro lordi l’anno. Quando è arrivata l’offerta della Huawei non ci ho pensato due volte perché mi miglioravano il contratto di circa 6 mila euro, con molti benefit in più”. Secondo l”ex lavoratrice della Huawei il licenziamento è avvenuto “perché 4 mesi fa i miei capi hanno assunto una persona nel mio stesso ruolo”. Inoltre “non ci possono essere motivi economici alla base del gesto dell’azienda, perché lo stesso giorno l’amministratore delegato comunicava via mail l’assunzione di 112 persone da Fastweb”. 
Altre notizie da Tiscali
Sarà che sono per natura una complottista, ma io in questa legge ci vedo solo l'ennesimo favoritismo elargito ai partiti. Con questa legge, infatti, si licenziano i lavoratori che non hanno stipulato alcun patto con i partiti per assumere quelli che hanno accettato il compromesso del voto di scambio.

La lezione di Cerveteri: quando l’onestà paga .


Alessio Pascucci

Dunque, prendete un giovane di 29 anni, consigliere comunale di una città di Provincia, con una laurea in ingegneria informatica in tasca e alle spalle un record di preferenze (il più votato nella storia). Fate che questo giovane politico si veda offrire da un imprenditore del posto una tangente di 375mila euro per una variante urbanistica. E che la rifiuti, denunciando tutto alla Procura della Repubblica.

Fantascienza? No, pura realtà: il giovane, in questione, è Alessio Pascucci, la città invece è Cerveteri, in Provincia di Roma, 36mila anime. Alle ultime amministrative Alessio è stato eletto sindaco della sua città con 8.434 voti. Piccole storie d’Italia che ti rendono orgoglioso.

Ora, pensate un po’ se Alessio avesse accettato quella tangente: sarebbe stato ricchissimo, perché una volta che ne accetti una, poi ti integri nel sistema e vai avanti a prenderne altre: vacanze di lusso, rolex, macchina nuova, ci sono tante cose che si possono comprare. Magari estinguere anche il mutuo della casa, perché no. E se poi l’avessero scoperto? Processi, fango su di sé, la propria storia personale e la famiglia, nonché la nomea di politico corrotto agli occhi della gente.

Il che, per carità, non significa che magari non sarebbe stato rieletto e magari alla fine sindaco, tra una ventina d’anni, una volta dimenticato il peccatuccio di gioventù, lo sarebbe anche diventato. Eppure volete mettere il fatto di essere diventato Sindaco senza scendere a compromessi, senza doversi tenere impresentabili in giunta perché “portano voti”?

In definitiva, volete mettere la serenità di poter guardare senza vergogna in faccia i propri figli, i figli dei propri figli e, anzitutto, se stessi allo specchio? Qualcuno forse non lo capirà. Io dico però che i tanti buoni esempi come Alessio, in Italia, dovrebbero mettersi sotto una stessa bandiera contro corrotti e, anzitutto, corruttori.

E’ da storie come questa, dove la Questione Morale viene affrontata senza guardare alle tessere di partito, che passa il risanamento morale, politico, economico e sociale dell’Italia.


http://www.enricoberlinguer.it/qualcosadisinistra/2012/09/06/la-lezione-di-cerveteri-quando-lonesta-paga/
 — con Matteo Censori e Bruna Marzullo

L'Italia è il paese dove la legalità è l'eccezione.

Noi stiamo con i magistrati.



Marco Travaglio:
Cari amici,
domenica alla festa del Fatto quotidiano alla Versiliana, a Marina di Pietrasanta, insieme alla signora Margherita (la nostra lettrice che ci diede l’idea di raccogliere le firme in difesa dei magistrati di Palermo e Caltanissetta attaccati da varie centrali del potere), consegneremo ai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, alla presenza di Gian Carlo Caselli e Salvatore Borsellino, il dischetto con i nomi di tutte le persone che hanno aderito alla nostra petizione. I nomi sono ormai 140 mila, ma sarebbe meraviglioso fare cifra tonda e arrivare a 150 mila.


Per firmare: http://bit.ly/firme-per-rompere-il-silenzio

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=483829308293923&set=a.438282739515247.107576.438277562849098&type=1&theater

No alla calendarizzazione. E ora la legge bavaglio sulle intercettazioni rischia grosso.


parlamento interna nuova


Il Pd ha impedito la messa in calendario del ddl a Montecitorio e il Pdl potrebbe 'vendicarsi' mettendo i bastoni tra le ruote all'iter parlamentare del disegno di legge anticorruzione. Cade comunque la principale arma in mano al Popolo della Libertà per fare pressing su un esecutivo che in vari settori del partito è stato visto fin dai primi mesi di vita come il fumo negli occhi.

La pistola in mano al Pdl e puntata alla tempia del governo si trasforma in un giocattolo. Il disegno di legge sulle intercettazioni – dopo le mille polemiche degli ultimi mesi rinfocolate dall’affaire Napolitano – resta in “stallo” e non appare all’ordine del giorno dei lavori della Camera di settembre. Anzi, ha dovuto fare un passo in avanti il capogruppo del Popolo delle LibertàFabrizio Cicchitto, per capire le sorti di quella legge che “riposa” alla Camera. Ma alla richiesta di calendarizzazione ha fatto scudo il collega del Pd di Cicchitto, Dario Franceschini. E cosa succede in questi casi? Il regolamento prevede che si possa anticipare un ddl rispetto agli altri solo in caso di unanimità dei gruppi, altrimenti sta alla decisione del presidente della Camera valutare l’opportunità di togliere dal calendario un disegno di legge già previsto per anticiparne un altro. Difficile che Gianfranco Fini possa prendere una decisione del genere. Tradotto: la nuova “legge bavaglio” verosimilmente tornerà a tramontare.
Cade quindi, come detto, la principale arma in mano al Pdl per fare pressing su un esecutivo che in vari settori del partito è stato visto fin dai primi mesi di vita come il fumo negli occhi. E, per contro, questo potrebbe diventare un punto di debolezza per il governo. E’ sufficiente attendere, infatti, che il Pdl realizzi che il disegno di legge sulle intercettazioni è destinato al naufragio, mentre al contrario quello sull’anticorruzione (sul quale Monti e la Severino puntano moltissimo) viaggia a buona velocità di crociera al Senato. Senza più contropartita su cui fare leva alcuni settori del Pdl potrebbero insomma voltare definitivamente le spalle al governo e andare a briglia sciolta, altro che responsabilità. 
Cicchitto, un po’ groggy, dissimula il colpo: “Abbiamo chiesto la calendarizzazione del ddl sulle intercettazioni ma abbiamo avuto risposta negativa dagli altri gruppi e quindi siamo in una situazione di stallo” ha detto. Ma insiste: “E’ chiaro che ritorniamo” sulla questione. Ma c’è di più e c’è di peggio. Il risultato di tutto questo è stato frutto di una serie di veti incrociati tra Pdl e Pd. Lo spiega Franceschini: “Abbiamo insistito perché si mettesse all’ordine del giorno un provvedimento unanimemente deciso in commissione, per risolvere il problema degli esodati, ma abbiamo avuto l’opposizione del Pdl, io mi sono opposto alla calendarizzazione delle intercettazioni, che è un testo, al momento, privo di ogni intesa”. ”Non mi pare il caso di portare in Aula un provvedimento privo di ogni intesa – spiega il capogruppo del Pd – che creerebbe una spaccatura nella maggioranza che sostiene Monti”.
Il Pd, insomma, gongola. Basta leggere qualche altra dichiarazione: “Riteniamo che l’agenda della giustizia non possa essere occupata da altri temi – sottolinea il responsabile giustizia del Pd Andrea Orlando - finché non si giunge all’approvazione definitiva della legge contro la corruzione che giace in Parlamento, fermo restando che il Pd considera prioritari argomenti urgenti che attengono alla dimensione economica e sociale come quello degli esodati”. “Man mano che passano le settimane – rivela – si evidenzia ancor più la volontà del Pdl di non approvare un provvedimento cruciale per la nostra economia e per il funzionamento della pubblica amministrazione, che consentirebbe tra l’altro di impedire che corrotti e corruttori siano candidabili alle prossime elezioni”. Ma ora la legge anticorruzione, sulla quale già il Pdl aveva già fatto partire fulmini e saette, trema ancora di più. 

PIACENZA CHOC, GEMELLINE DI 3 MESI VIVONO IN AUTO. "È LA 'CASA' DEI LORO GENITORI".



PIACENZA - Il sediolino posteriore dell'auto in cui i genitori vivono da anni era diventata la dimora anche di due gemelline di tre mesi, che condividevano lo stesso passeggino singolo. La situazione è stata scoperta dalla sezione Minori della Questura di Piacenza che, insieme al servizio tutela minori dei servizi sociali del Comune emiliano, in poche ore hanno trovato una soluzione, collocando la mamma e le piccine, che godono buona salute, in una struttura protetta. Il padre dovrà trovarsi una sistemazione. La Procura dei minori di Bologna ha aperto un'inchiesta.

Protagonista della vicenda una coppia di trentenni originari di Crotone, che da anni vivono girando l'Italia senza fissa dimora e senza occupazione, utilizzando le mense Caritas e vivendo in auto, una Fiat station wagon, o in alloggi di fortuna. A maggio la donna aveva dato alla luce le gemelline e da poco meno di due settimane la famigliola aveva raggiunto Piacenza. La polizia - ricevuta una segnalazione che riferiva delle neonate costrette a vivere nell'abitacolo di una vettura - ha avviato le ricerche, in stretto raccordo con i servizi sociali; grazie anche alla collaborazione dei volontari della Ronda della Carità, la famiglia è stata rintracciata nella mensa dei frati cappuccini e seguita per qualche ora, poi mamma e bimbe sono state prese in carico dai servizi sociali.

IL COMUNE ACCOGLIE BIMBE E MAMMA I genitori infatti, lui elettricista specializzato con partita Iva ma privo di un'occupazione stabile, lei disoccupata, erano arrivati a Piacenza da una decina di giorni, in cerca di lavoro, dopo aver vissuto per qualche tempo in altre città del Nord-Italia. A Piacenza erano giunti perchè avevano dei conoscenti, tra cui un amico che li avrebbe ospitati per qualche giorno. Tuttavia la coppia non aveva ancora trovato casa. Non solo. Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, la famiglia aveva usufruito della mensa pubblica offerta dai frati agli indigenti. Dopo i primi tentennamenti dovuti al timore di un provvedimento a loro carico, la coppia, avvicinata dagli agenti, ha spiegato la propria situazione di difficoltà economica e si è lasciata aiutare. Viste le buone condizioni di salute delle bambine, nei loro confronti non è scattato alcun provvedimento. Entrambi mantengono pienamente la patria potestà.


http://www.leggo.it/news/cronaca/piacenza_choc_gemelline_di_3_mesi_vivono_in_auto_e_la_casa_dei_loro_genitori/notizie/192899.shtml

Ariccia, smascherata falsa cieca Percepiva 800 euro al mese da 7 anni.


La truffatrice, una 66enne, è stata scoperta dai carabinieri durante un blocco stradale. In un video le prove della truffa: guidava, passeggiava senza accompagnatore, leggeva e firmava documenti.

Guidava la macchina senza problemi, usciva di casa, attraversava sulle strisce pedonali, leggeva e firmava documenti. Eppure da anni fingeva di essere cieca e dal 2005 percepiva un assegno di accompagnamento di oltre 800 euro mensili, oltre ad aver ottenuto un impiego nell'amministrazione di una struttura sanitaria. 

GUARDA IL VIDEO

La truffatrice, una 66enne, è stata però arrestata dai carabinieri della stazione di Ariccia, nei Castelli Romani, per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato. Le indagini proseguono per accertare eventuali responsabilità dei soggetti che hanno seguito negli anni la pratica della donna. La falsa cieca risultava invalida civile e dal giugno 2005 avrebbe percepito indebitamente circa 65 mila euro, secondo i calcoli dei carabinieri. 

Per incastrarla i militari hanno predisposto un posto di controllo stradale e l'hanno fermata, trovandola non in regola con la patente e l'assicurazione. La donna è stata invitata a seguire la pattuglia in caserma: lì ha parcheggiato la sua auto, raggiunto gli uffici, letto e firmato i verbali. Tutte azioni riprese in un video. Quando l'assegno mensile di accompagnamento è stato accreditato come sempre sul conto dell'anziana, i carabinieri l'hanno arrestata sequestrando la relativa documentazione bancaria. Nel corso dell'udienza presso il Tribunale di Velletri l'arresto è stato convalidato e la donna è stata rimessa in libertà in attesa del giudizio. Il caso è stato inoltre segnalato all'Inps e alla Motorizzazione civile di Roma.


http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/09/06/news/falsa_cieca-42037359/

Consorzio Valsusa Piemonte: sequestro di beni per il suo presidente.


(Da notav.eu)E già, mentre si fa del tutto per attirare l’attenzione (magari distorcendo un poco i fatti) sui “cattivi” notav, vien fuori che un’altra figura della controparte ha problemi con la giustizia.
Si tratta di Luigi Massa, ex deputato (PDS-Ulivo), oggi presidente del Consorzio Valsusa Piemonte – Imprese per lo sviluppo che si è aggiudicato parte dei lavori preparatori per il cantiere di Chiomonte. Luigi Massa, dopo la sua esperienza in parlamento (1996-2001) ha ricoperto diversi incarichi presso il comune di Napoli ed oggi è accusato, insieme all’ex sindaco Rosa Russo Iervolino, di aver danneggiato le casse comunali pagando dei canoni di affitto per locali non utilizzati, per un totale di 3 milioni e 287 mila euro.  
Approfittiamo per parlare un pò del Consorzio Valsusa Piemonte.
Nasce il 16.05.2011 con il nome di Consorzio Valsusa che verrà modificato in quello attuale con atto pubblico del 7.12.2011. Con lo stesso atto viene ampliata l’oggetto sociale.
Il 18.01.2012 Luigi Massa ne diventa presidente e la sede viene trasferita da Susa a Torino in via Sacchi 2, presso la sede della società LUIGIMASSA & amp; PARTNERS srl, costituita il 15.9.2011 [*].
Il 29.02.2012 entrano altre aziende nel consorzio e, in barba al nome del consorzio, non tutte aziende valsusine e non tutte piemontesi come ad esempio il CER – Consorzio Emiliano Romagnolo tra le Cooperative di Produzione e Lavoro di cui poi lo stesso Massa diverrà componente del consiglio di amministrazione nell’aprile 2012.
Altre informazioni sulle ditte le trovate nel dossier C’è lavoro e lavoro e sul curriculum di Luigi Massa nel quale oltre ad una serie impressionante di incarichi pubblici ed in consigli d’amministrazioni di società che lavorano con la pubblica amministrazione è riportata una singolare “coincidenza” per quel che riguarda il Tav: è stato Sindaco del comune di Montanaro, il comune indicato come recettore del materiale di risulta degli scavi in val di Susa.
[*] In realtà, nonostante quanto riportato sul curriculum di Luigi Massa, la società LUIGIMASSA & PARTNERS srl risulta, dalla visura, avere sede in Torino in Piazza Maria Teresa 6.
Articolo da vesuvius.it di Mila Orlando, dal titolo Danni alle casse comunali: sequestro di beni per la Iervolino e quattro ex assessori.

Danni alle casse comunali: sequestro di beni per la Iervolino e quattro ex assessori. - Mila Orlando


L’accusa è di aver danneggiato le casse comunali, così tornano in auge l’ex primo cittadino Rosa Russo Iervolino e parte del suo ex esecutivo. A riportare la notizia è il quotidiano Il Mattino, secondo cui parte della passata consiliatura di Palazzo San Giacomo avrebbero provocato un danno erariale, pagando dei canoni di affitto per locali non utilizzati, per un totale di 3 milioni e 287 mila euro.
Per l’ex sindaco Iervolino è scattato il sequestro conservativo in quota di un immobile in via Bernini e di crediti nei confronti del Comune, per un totale di 263.267 euro. Era stato richiesto anche il sequestro della pensione da parlamentare, negato dal giudice.
Il provvedimento è scattato anche per quattro ex assessori e dirigenti ed ex dirigenti del Comune:  Enrico CardilloMichele SaggeseFerdinando Balzamo e Marcello D’Aponte; gli ex direttori generali Vincenzo Masetti e Luigi Massa; i dirigenti Rosaria GuidiGiovanni Annunziata e Domenico Liguori. Per tutti è stato predisposto il sequestro di beni immobili, stipendi e conti correnti.
I provvedimenti sono stati decisi dal giudice della Corte dei Conti Rossella Cassanetti, su richiesta del pm Ferruccio Capaldo.

Progetto Encode getta luce sul DNA spazzatura.

dna spazzatura

Si pensava che oltre il 90% del genoma non servisse a niente: invece ha un ruolo fondamentale nel regolare il funzionamento dei geni.

Quando, ormai una decina di anni fa, il Progetto Genoma Umano pubblicò i primi risultati completi, si scoprì che buona parte del DNA, in apparenza, non serviva a niente.
Una parte di esso venne definita codificante, ossia in grado di fornire le informazioni per la produzione delle proteine; un'altra non-codificante, con il ruolo di regolare le funzioni dei geni; infine, oltre il 90% del DNA umano ricevette la poco gloriosa definizione di DNA spazzatura.
Tale inclemente appellativo era dovuto al fatto che si riteneva che questa porzione non svolgesse alcuna funzione; ovviamente i ricercatori ritennero che fosse quantomeno strano che la maggior parte del genoma fosse inutile, e le ricerche continuarono.
Così non solo si scoprì che il DNA spazzatura ha un ruolo, ma ora emerge con chiarezza che tale ruolo è fondamentale.
Le ultime scoperte in tale senso si devono al progetto Encyclopedia of DNA Elements (o il cui acronimo è ENCODE), portato avanti dall'americano National Genome Research Institute e dal britannico European Bioinformatics Institute.
La parte di DNA finora ritenuta priva di senso ha in realtà importanti funzioni di controllo nella produzione delle proteine, fungendo da "interruttore" per l'attivazione di determinati geni: non si tratta dunque di sequenze inattive, ma di parti che svolgono una fondamentale attività biochimica.
«Capire come i geni si accendono e spengono è vitale nel decifrare il loro ruolo nel determinare le condizioni di salute e quelle di malattia» spiega il dottor John A. Stamatoyannopulos, dell'Università di Washington, che contribuisce al progetto.
«Le istruzioni che spiegano come i geni sono controllati sono contenute in piccoli "interruttori" di DNA, sparsi in quel 98% circa del genoma che non contiene geni. Mappare e decodificare queste istruzioni è una missione centrale del progetto ENCODE. I dati prodotti da questo progetto hanno già mostrato, per esempio, che variazioni comuni del DNA negli interruttori che controllano i geni possono influenzare il rischio di sviluppare diverse malattie comuni» racconta ancora il dottor Stamatoyannopulos.
I risultati ottenuti finora da ENCODE sono stati pubblicati da diverse riviste scientifiche e messi liberamente a disposizione dei ricercatori; Nature, per esempio, ha creato una sezione apposita del proprio sito per facilitare la consultazione della documentazione.

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Terremoto in Costa Rica.


                                   


Tentata estorsione da Dell’Utri, Berlusconi: “Mangano era una persona perbene”.


berlusconi dell'utri interna nuova

Dalle relazioni ''pericolose'' con l'ex stalliere di Arcore e col mafioso Tanino Cinà, al fiume di denaro versato sui conti del senatore di Forza Italia: sono solo alcuni degli argomenti affrontati nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto l’ex presidente del Consiglio.

“Vittorio Mangano? Sapevo che era una persona perbene”. E’ quanto ha detto Silvio Berlusconi durante l’interrogatorio a Roma davanti ai pm Antonio Ingroia e Lia Sava, che lo hanno sentito come testimone nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni commessa da Marcello Dell’Utri.  
Durante la deposizione si è parlato di Mangano, dell’amico mafioso di Dell’Utri, Tanino Cinà ( sposato con una figlia di un capomafia e imparentato attraverso di essa con con la famigli del vecchio boss dei boss  Stefano Bontade), e del  fiume di denaro versato dal Cavaliere sui conti del senatore azzurro, ideatore nel 1993 di Forza Italia. “Mangano e Cinà? Persone apparentemente perbene, dai modi gentili. Era impossibile sospettarne i legami mafiosi”, ha ripetuto con forza Berlusconi, sebbene le carte processuali raccontino una storia del tutto diversa.
Secondo le sentenze Vittorio Mangano era infatti stato assunto ad Arcore nel 1974 con mansioni precise: fattore (guadagnava mezzo milione di lire al mese) e accompagnatore dei figli di Berlusconi a scuola. In quel momento il Cavaliere era terrorizzato dai sequestri di persona e anche per questo, stando ai giudici, incontrò l’allora capomafia Stefano Bontade, ottenendo la sua  protezione, garantita dalla presenza di Mangano a Villa San Martino. L’uomo, destinato a diventare nel 1992 reggente del clan di Porta Nuova, negli anni Ottanta è stato poi condannato nel maxiprocesso  per associazione per delinquere e traffico di droga in seguito alle indagini di Paolo Borsellino (all’epoca non c’era ancora il reato di associazione mafiosa, ndr), che definì Mangano “teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia”. Poi, nel 1995 ha subito una condanna per omicidio, ma il processo non è giunto mai a conclusione perché il mafioso è morto il 23 luglio del 2000. 
Già prima di arrivare ad Arcore Mangano aveva però avuto molti problemi con la giustizia: tra il 1966 e il 1973, sia a Palermo che a Milano, era già stato più volte arrestato, denunciato e, in qualche caso, condannato per truffa, emissione di assegni a vuoto, ricettazione, lesioni volontarie e tentata estorsione.  Almeno una volta, secondo le sentenze contro Dell’Utri, sarebbe poi finito in manette per scontare un pena definitiva quando già si trovava alle dipendenze del Cavaliere. E nonostante questo non fu allontanato.
La parte principale della deposizione ha comunque  riguardato i 40 milioni versati dal Cavaliere Dell’Utri in 10 anni, secondo i pm, estorti dal senatore del Pdl. “Nessuna estorsione” ha giurato Berlusconi. Solo delle donazioni fatte a “un amico e prezioso collaboratore” per le sue esigenze personali. Dalle necessità per ristrutturazioni di immobili, all’acquisito di libri (Dell’Utri è un appassionato bibliofilo) ai bisogni di spesa molto elevati dei familiari del senatore. Per quanto riguarda la villa sul lago di Como che l’ex premier ha comprato da Dell’Utri pagandola, secondo i pm, una cifra spropositata rispetto al suo reale valore, Berlusconi ha sostenuto che la quantificazione del corrispettivo di vendita era stata fatta in base a una perizia che la valutava sui 21 milioni circa.
Durante l’interrogatorio Berlusconi ha consultato una serie di documenti bancari sui bonifici fatti, atti che nei prossimi giorni i legali faranno arrivare ai pm di Palermo. E ha affermato che quel fiume di denaro non è stato versato a Dell’Utri per pagarne il silenzio, ma solo perché il senatore  temeva di essere condannato definitivamente in cassazione (l’ex fondatore di Publitalia era infatti riparato all’estero il giorno del verdetto). Insomma per leader del Pdl  la verità è una sola: Dell’Utri era un amico in difficoltà, perseguitato ingiustamente dai giudici, che lui si sentiva in dovere di aiutare in qualche modo.
”Il presidente Berlusconi ha chiarito compiutamente tutti gli aspetti della vicenda. Quali difensori della persona offesa, abbiamo provveduto al deposito di idonea documentazione a ulteriore comprova delle dichiarazioni rese”: questa la nota diramata dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo poco dopo la fine dell’interrogatorio.
La decisione della Procura di convocare Berlusconi come teste ha spuntato le armi della difesa, privando l’ex premier della chance a cui ricorse il 26 novembre del 2002, quando, citato nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa all’ex manager di Publitalia, a sorpresa, dopo avere fatto spostare il tribunale a Palazzo Chigi, si avvalse della facoltà di non rispondere.
Nonostante le eccezioni dei suoi legali, respinte dalla Procura, la veste del teste assistito, che gli avrebbe permesso di restare in silenzio, non gli è stata concessa. E Berlusconi si è presentato davanti ai pm come un testimone qualunque. O meglio ‘quasi qualunque’, visto che il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia e il pm Lia Sava alla fine su un punto hanno ceduto e, dopo settimane di trattative frenetiche, hanno acconsentito a tenere l’interrogatorio a Roma e non a Palermo come deciso inizialmente. Una scelta, quella del capo dei pm, che ha creato malumori nel pool che indaga sull’estorsione, spaccato tra le ‘colombe’, disponibili a spostarsi nella Capitale, e i ‘falchi’ che ritenevano un errore “cedere”.
Le domande fatte all’ex premier erano state concordate ieri dai magistrati in una lunghissima riunione e ruotavano tutte attorno ai 40 milioni dati, in varie tranche, da Berlusconi a Dell’Utri. Un fiume di denaro che, ipotizzano i pm, l’ex premier avrebbe pagato per comprarsi, tramite l’amico palermitano, la protezione di Cosa nostra, come avvenne negli anni ’70, o per assicurarsi il suo silenzio sui presunti rapporti dell’ex premier coi clan mafiosiSulla questione è stata già interrogata la figlia di Berlusconi, Marina. L’interrogatorio è durato tre ore: convenevoli e verbalizzazione a parte, il botta e risposta tra i magistrati e il leader del Pdl non dovrebbe essersi protratto per più di due. I legali hanno anche riprovato a eccepire l’incompetenza della Procura siciliana sull’inchiesta e hanno  insistito perché il loro cliente fosse sentito come teste assistito, vista la precedente indagine per riciclaggio a suo carico.
Respinte le eccezioni si è entrati nel vivo, partendo dal passato: i rapporti tra Berlusconi e i mafiosi Vittorio Mangano, ex stalliere ad Arcore e Tanino Cinà, vicende che costituivano oggetto dell’interrogatorio sfumato 10 anni fa. Il Cavaliere è stato ascoltato in una caserma della Guardia di Finanza in via dell’Olmata, poi è rientrato a palazzo Grazioli con i suoi legali Niccolò Ghedini ePietro Longo. L’interrogatorio ha fatto slittare a stasera il vertice del Pdl convocato per discutere, tra le altre cose, di legge elettorale. Nella residenza romana finora è rimasto anche il portavoce Paolo Bonaiuti, l’ex ministro Renato Brunetta e il segretario Pdl, Angelino Alfano

Il segreto che soffoca il Colle. - Pino Corrias


telefonate Napolitano Mancino
L’assurdità corrode la scena. Sulla prima fune c’è un Nicola Mancino che telefona al Quirinale per chiedere aiuto: la Procura di Palermo non gli ha creduto, da teste è diventato indagato. Sono telefonate che non dovrebbe fare, per senso delle istituzioni, e che invece fa per senso di sé.
Sull’altra fune c’è un presidente, Giorgio Napolitano, che a quelle telefonate non dovrebbe rispondere, per senso delle istituzioni, e alle quali invece risponde forzando l’irresponsabilità, che è sua prerogativa, in un arbitrio che si sarebbe dissolto nel vento se non ci fossero l’indagine e un registratore a trasformare l’aria delle parole in un po’ di inchiostro segreto.
E l’inchiostro segreto in un nodo che annoda la scena. Immobilizzandola lì, davanti a tutti, ora che si sono accese le luci in sala, sorprendendo gli attori avvinghiati, con indosso i costumi sbagliati, senza un copione da recitare, afasici, storditi dai riflettori della politica e della giurisprudenza. Dovrebbero, per liberarsi, dire quello che si sono detti a vicenda, ma non possono, per senso delle istituzioni e di sé. Accampano Dottrina e Complotto. E invece di chiedere scusa cercano ossigeno nel segreto che li soffoca.
Il Fatto Quotidiano, 5 Settembre 2012