Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 17 settembre 2012
“L’ATTACCO ALL’AMBASCIATA USA A BENGASI NON È MAI AVVENUTO”.
LE DICHIARAZIONI SHOCK DEL GIORNALISTA FREELANCE JIM STONE.
La notizia è stata diffusa dal quotidiano online IbTimes. Il giornalista freelance Jim Stone, sostiene con convinzione che l’attacco all’ambasciata di Benghazi non sia mai avvenuto. Lo scrive sul suo blog. Il giornalista, si legge su IbTimes, “afferma la non esistenza di un’ambasciata Usa a Benghazi in quanto, secondo il sito ufficiale del Dipartimento di Stato Usa, l’unica ambasciata in Libia risulta essere quella di Tripoli“.
L’ambasciata di Benghazi, quindi, non esisterebbe. La prova è anche su Google Maps, dove non è possibile individuare ambasciate americane a Benghazi. Anche su Wikipedia, la lista delle ambasciate Usa confermata la presenza dell’unica ambasciata a Tripoli.
A Benghazi, secondo il giornalista, non esisterebbe neanche un consolato e nessun edificio diplomatico americano.
THERE IS NO U.S. EMBASSY, CONSULATE, OR ANY U.S. REPRESENTATION OF ANY SORT IN BENGHAZI LIBYA. EMBASSY KILLINGS NEVER HAPPENED.
Le foto che circolano in rete, e che ritrarrebbero l’edificio di Benghazi distrutto, sarebbero, secondo il giornalista, false. Nessuno ne può confermare la veridicità.
“Sarete preoccupati di ciò che potrà succedere in futuro. Questa menzogna è talmente ovvia che potremmo distruggere la credibilità di Cnn, Fox, Abc e quant’altro. Non perdiamo questa occasione.” Queste le pesanti parole che il giornalista ha pubblicato sul suo blog.
Il freelance ha poi pubblicato gli articoli di alcuni autorevoli quotidiani che parlano dell’attacco a Benghazi: entrambi danno due location differenti per l’ambasciata. Si tratta del Guardian e del Daily Mail. Questo va ad avvolarare la tesi della non veridicità della notizia.
Amo moltissimo Beppe Grillo! - Jacopo Fo
In questo momento i media embedded si stanno scatenando contro Beppe. Con la storia del fuori onda di Savia ci vanno a nozze. E Grillo viene iscritto tra gli estremisti, a braccetto con Al Qaeda. Ci si dimentica che Grillo è quello che ha raccolto le firme per leggi di iniziativa popolare e per i referendum, e ogni volta la Casta è riuscita a bloccare i suoi tentativi di far funzionare la democrazia italiana. Dov’è l’antipolitica? Dov’è l’estremismo?
Nel pretendere che al parlamento non ci vadano i pregiudicati? Nel pretendere buon senso energetico, vietare le industrie inquinanti? E, tanto per dirla tutta, Grillo dovrebbe avere il rispetto di tanti tromboni, visto che ha previsto con grande anticipo il crollo dell’economia. E ha anche presentato a Prodi, quando questi era a capo del governo, un piano dettagliato su come evitare il collasso, risparmiare miliardi, ridurre l’inquinamento… E cosa ne ha fatto Prodi di quel progetto?
Intanto i politici non riescono a varare uno straccio di legge anti corruzione (che quegli estremisti dell’Unione Europea pretendono da tempo, compresa quell’antipolitica della Merkel). E anche tutte queste storie sulla democrazia interna al Movimento 5 Stelle mi paiono molto pretestuose. Il M5S ha scelto democraticamente il suo programma con un dibattito unico nel suo genere che ha impegnato migliaia di persone per mesi. Sceglie democraticamente i suoi candidati. Ma se Grillo non facesse da controllore e garante il movimento sarebbe facile preda di arrivisti e furbastri. I partiti appena nati sono fragili… Non si sono ancora fatti le ossa, non hanno ancora costruito una rete di quadri intermedi sperimentati.
Grillo è riuscito da solo e senza mezzi a mettere insieme un movimento di opposizione che oggi è dato al 18%. Lo ha messo insieme dal nulla in pochissimi anni. E credo che se oggi Monti riesce a fare qualche indispensabile riforma deve ringraziare l’estremista Grillo: la paura dannata che il M5S fa alla Casta (insieme al rischio bancarotta) sono la ragione per la quale i partiti stanno accettando i cambiamenti (minimi) che hanno bloccato per 40 anni.
Quel che manca al Movimento 5 Stelle non è tanto la democrazia quanto la difficoltà di passare da un movimento virtuale a un’organizzazione radicata sul territorio che selezioni i suoi leader a partire da battaglie locali. Quando questo processo sarà maggiormente sviluppato si ridurrà la necessità da parte di Grillo di fare da garante.
Imputare a Grillo il fatto che il suo movimento sia ancora infante non ha senso.
Detto questo voglio chiarire che io non faccio parte del M5S. Li stimo, collaboro con loro ma preferisco impegnarmi sulla costruzione di pezzi di economia alternativa. Robe che funzionino nel piccolo. Grillo attraverserà a nuoto lo Stretto di Messina (geniale) noi consegneremo i primi 19 appartamenti dell’Ecovillaggio Solare. Non è meglio o peggio. Conduciamo la stessa lotta con strumenti diversi. Credo che il nostro lavoro sia parallelo ma credo anche che non sia sovrapponibile o unificabile. Lo penso perché fin’ora siamo restati amici ma separati. E credo anche che le migliaia di persone che oggi sono impegnate nella creazione di cooperative sociali, percorsi formativi, produzioni culturali, sostegno a nuove imprese ecologiche, commercio solidale, finanza etica, abbiano bisogno di darsi una rappresentanza politica propria.
Questa parte del movimento progressista (il nostro partito dei tecnici) ha un’identità e una metodologia che a volte collidono con quella del M5S. Questo non perché non siamo d’accordo con le rivendicazioni di Grillo ma perché il nostro orizzonte è differente.
Il bersaglio di Grillo è la rete, i media. Il nostro bersaglio sta nelle relazioni con le persone. E per questo non ci sentiamo rappresentati dagli slogan e dai vaffanculo. E vorrei spendere due parole anche sullo stato di quella parte del movimento dedica alla pratica che generalmente viene indicata come movimenti civici. Oggi queste persone meravigliose dovrebbero dedicare un minimo di energie al creare una cooperazione a livello nazionale tra tutte le realtà dell’economia indipendente, etica ed ecologica. E' assurdo che se cerco su internet “turismo solidale” i risultati riportino diverse centrali che propongono viaggi senza che si sia creato un portale unitario e meccanismi di reciproca promozione (e relativo guadagno). E' assurdo che non vi sia una centrale in grado di aiutare i gruppi locali a fare domande per i finanziamenti dell’UE. Trovo incredibile che tutto sia spezzettato in congreghe che non si parlano. A volte neanche si conoscono. Anche perché quando ci si incontra si riesce a metter su discussioni sui peli del culo di Barbablù eterne e noiosissime…
Tanto bravi sul campo quando noiosi in assemblea. Da questo punto Grillo, con la sua fantasia, avrebbe da insegnare molto ai movimenti civici…
Nel pretendere che al parlamento non ci vadano i pregiudicati? Nel pretendere buon senso energetico, vietare le industrie inquinanti? E, tanto per dirla tutta, Grillo dovrebbe avere il rispetto di tanti tromboni, visto che ha previsto con grande anticipo il crollo dell’economia. E ha anche presentato a Prodi, quando questi era a capo del governo, un piano dettagliato su come evitare il collasso, risparmiare miliardi, ridurre l’inquinamento… E cosa ne ha fatto Prodi di quel progetto?
Intanto i politici non riescono a varare uno straccio di legge anti corruzione (che quegli estremisti dell’Unione Europea pretendono da tempo, compresa quell’antipolitica della Merkel). E anche tutte queste storie sulla democrazia interna al Movimento 5 Stelle mi paiono molto pretestuose. Il M5S ha scelto democraticamente il suo programma con un dibattito unico nel suo genere che ha impegnato migliaia di persone per mesi. Sceglie democraticamente i suoi candidati. Ma se Grillo non facesse da controllore e garante il movimento sarebbe facile preda di arrivisti e furbastri. I partiti appena nati sono fragili… Non si sono ancora fatti le ossa, non hanno ancora costruito una rete di quadri intermedi sperimentati.
Grillo è riuscito da solo e senza mezzi a mettere insieme un movimento di opposizione che oggi è dato al 18%. Lo ha messo insieme dal nulla in pochissimi anni. E credo che se oggi Monti riesce a fare qualche indispensabile riforma deve ringraziare l’estremista Grillo: la paura dannata che il M5S fa alla Casta (insieme al rischio bancarotta) sono la ragione per la quale i partiti stanno accettando i cambiamenti (minimi) che hanno bloccato per 40 anni.
Quel che manca al Movimento 5 Stelle non è tanto la democrazia quanto la difficoltà di passare da un movimento virtuale a un’organizzazione radicata sul territorio che selezioni i suoi leader a partire da battaglie locali. Quando questo processo sarà maggiormente sviluppato si ridurrà la necessità da parte di Grillo di fare da garante.
Imputare a Grillo il fatto che il suo movimento sia ancora infante non ha senso.
Detto questo voglio chiarire che io non faccio parte del M5S. Li stimo, collaboro con loro ma preferisco impegnarmi sulla costruzione di pezzi di economia alternativa. Robe che funzionino nel piccolo. Grillo attraverserà a nuoto lo Stretto di Messina (geniale) noi consegneremo i primi 19 appartamenti dell’Ecovillaggio Solare. Non è meglio o peggio. Conduciamo la stessa lotta con strumenti diversi. Credo che il nostro lavoro sia parallelo ma credo anche che non sia sovrapponibile o unificabile. Lo penso perché fin’ora siamo restati amici ma separati. E credo anche che le migliaia di persone che oggi sono impegnate nella creazione di cooperative sociali, percorsi formativi, produzioni culturali, sostegno a nuove imprese ecologiche, commercio solidale, finanza etica, abbiano bisogno di darsi una rappresentanza politica propria.
Questa parte del movimento progressista (il nostro partito dei tecnici) ha un’identità e una metodologia che a volte collidono con quella del M5S. Questo non perché non siamo d’accordo con le rivendicazioni di Grillo ma perché il nostro orizzonte è differente.
Il bersaglio di Grillo è la rete, i media. Il nostro bersaglio sta nelle relazioni con le persone. E per questo non ci sentiamo rappresentati dagli slogan e dai vaffanculo. E vorrei spendere due parole anche sullo stato di quella parte del movimento dedica alla pratica che generalmente viene indicata come movimenti civici. Oggi queste persone meravigliose dovrebbero dedicare un minimo di energie al creare una cooperazione a livello nazionale tra tutte le realtà dell’economia indipendente, etica ed ecologica. E' assurdo che se cerco su internet “turismo solidale” i risultati riportino diverse centrali che propongono viaggi senza che si sia creato un portale unitario e meccanismi di reciproca promozione (e relativo guadagno). E' assurdo che non vi sia una centrale in grado di aiutare i gruppi locali a fare domande per i finanziamenti dell’UE. Trovo incredibile che tutto sia spezzettato in congreghe che non si parlano. A volte neanche si conoscono. Anche perché quando ci si incontra si riesce a metter su discussioni sui peli del culo di Barbablù eterne e noiosissime…
Tanto bravi sul campo quando noiosi in assemblea. Da questo punto Grillo, con la sua fantasia, avrebbe da insegnare molto ai movimenti civici…
Infine, credo che un obiettivo strategico sia quello di unire tutte le forze eco-etico-pacifiste.
Qualcuno dirà: allora perché non lo facciamo subito?
Perché al momento ci sono interessi divergenti.
Oggi il M5S ha bisogno di contarsi e, comunque vada, riuscirà a mandare in parlamento un numero spaventoso di rappresentanti e sicuramente questo farà la differenza, perché credo che faranno un lavoro straordinario e utile per tutto il Paese. Saranno un presidio di legalità. I movimenti civici invece non si riconoscono nelle modalità di organizzazione basate sul web.
C’è un dna di partenza diverso: quelli bravi nel lavoro sul campo, quelli capaci di far quadrare i bilanci di una cooperativa, hanno una testa diversa, si sentono lontani dai Vaffanculo Day.
È gente abituata a lavorare nel piccolo, a misurare i compagni di strada sulla base della professionalità, sono allergici a qualunque tipo di leader. Anche il migliore li rende nervosi. Sono artigiani, sono attaccati in modo spasmodico alla loro indipendenza. E questo spiega anche perché abbiano così tante difficoltà a diventare visibili o a coordinarsi a livello nazionale. In effetti, è curioso che i militanti dei movimenti civici-economici siano numericamente di più dei militanti del M5S, eppure hanno una visibilità che non arriva a un centesimo di quella degli amici di Grillo. Certo se si unissero tutti… Ma per ora resta una divisione netta, anche se poi quotidianamente, in strada, si collabora… E molti compagni del M5S sono contemporaneamente validissimi imprenditori sociali, attivissimi nei movimenti civici…
E, ripeto, i punti di contrasto ideologico tra queste due anime del movimento progressista sono minimi, ma le modalità sono strutturalmente diverse.
E va bene così: ci sono due strade, ci sono storie diverse, io credo che si andrà verso la fusione ma evidentemente i tempi non sono ancora maturi. Però è importante dirsi che andiamo dalla stessa parte. Il settarismo mi ha un po’ rotto i coglioni, da qualunque parte venga.
Viva Grillo! Viva l’M5S! Viva tutti quelli che fanno RESISTENZA alla cultura del dolore!
Qualcuno dirà: allora perché non lo facciamo subito?
Perché al momento ci sono interessi divergenti.
Oggi il M5S ha bisogno di contarsi e, comunque vada, riuscirà a mandare in parlamento un numero spaventoso di rappresentanti e sicuramente questo farà la differenza, perché credo che faranno un lavoro straordinario e utile per tutto il Paese. Saranno un presidio di legalità. I movimenti civici invece non si riconoscono nelle modalità di organizzazione basate sul web.
C’è un dna di partenza diverso: quelli bravi nel lavoro sul campo, quelli capaci di far quadrare i bilanci di una cooperativa, hanno una testa diversa, si sentono lontani dai Vaffanculo Day.
È gente abituata a lavorare nel piccolo, a misurare i compagni di strada sulla base della professionalità, sono allergici a qualunque tipo di leader. Anche il migliore li rende nervosi. Sono artigiani, sono attaccati in modo spasmodico alla loro indipendenza. E questo spiega anche perché abbiano così tante difficoltà a diventare visibili o a coordinarsi a livello nazionale. In effetti, è curioso che i militanti dei movimenti civici-economici siano numericamente di più dei militanti del M5S, eppure hanno una visibilità che non arriva a un centesimo di quella degli amici di Grillo. Certo se si unissero tutti… Ma per ora resta una divisione netta, anche se poi quotidianamente, in strada, si collabora… E molti compagni del M5S sono contemporaneamente validissimi imprenditori sociali, attivissimi nei movimenti civici…
E, ripeto, i punti di contrasto ideologico tra queste due anime del movimento progressista sono minimi, ma le modalità sono strutturalmente diverse.
E va bene così: ci sono due strade, ci sono storie diverse, io credo che si andrà verso la fusione ma evidentemente i tempi non sono ancora maturi. Però è importante dirsi che andiamo dalla stessa parte. Il settarismo mi ha un po’ rotto i coglioni, da qualunque parte venga.
Viva Grillo! Viva l’M5S! Viva tutti quelli che fanno RESISTENZA alla cultura del dolore!
Multe: aumenti scandalosi in 10 anni siamo a +1512%. - Agnese Ananasso
Italia, paese di multati. Se ci fosse un campionato europeo il Bel Paese salirebbe sul gradino più alto del podio dell'incremento delle multe automobilistiche negli ultimi 10 anni, con un bel +1.512%. È quanto emerge dall'indagine svolta dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche Antonella Di Benedetto di Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti. it Magazine dell'Associazione Contribuenti Italiani.
Un lavoro enorme che ha messo a confronto i dati delle Polizie locali e stradali dei singoli stati dell'Ue. Dopo l'Italia, nella triste lista degli incrementi figurano la Romania con il 341%, la Grecia con il 315%, la Bulgaria con il 285%, l'Estonia con il 236%, la Slovacchia con il 222% e Cipro con il 194%. I Paesi dove l'aumento è stato più basso sono Francia con il 46%, la Spagna con il 44%, il Belgio con il 41%, l'Inghilterra con il 38, la Germania con il 23 e infine la Svezia con il 19.
Se si analizza la distribuzione territoriale italiana, il Nord Est è l'area con la maglia nera, con un +1.534%, seguito dal Centro con il 1.515%, dal 1501% del Nord Ovest, mentre sotto l'incremento medio si collocano il Sud (+1.496%) e le isole (+1.432%).
Secondo la ricerca a Milano, Napoli e Aosta viene elevata una multa ogni 10 secondi; a Roma, Torino e Venezia una ogni 12; a Genova, Firenze e Bari ogni 13, a Pescara, Bologna, Ancona e Perugia una ogni 15, mentre a Caserta, Verona e Palermo una contravvenzione ogni 19 secondi. Si sale a 24 a Potenza, Reggio Calabria, Cagliari e Campobasso.
"Solo due italiani
su dieci pagano la multa senza contestazione" dice Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti. it "mentre l'80% impugna il verbale innanzi al Prefetto o al Giudice di pace".
Fare contravvenzioni è diventato un bel sistema per far cassa in un periodo di magra delle casse degli enti locali, spesso installando dispositivi anche non omologati che rilevano l'invasione di corsia preferenziale o l'ingresso in ztl. Senza parlare di tutor e autovelox che invece di essere piazzati per ridurre la velocità sono sistemati ad arte per "fregare" gli automobilisti. Ecco perché tanta gente fa ricorso. Ma anche i ricorsi sono diventati un modo per far cassa. Anche il ricorso al giudice di pace è infatti diventato oneroso. Per esempio se si riceve una contravvenzione per essere passati su una corsia preferenziale dove la rilevazione sia fatta da un dispositivo Sirio Ves 1.0, che è omologato solo per le infrazioni relative all'accesso in zone a traffico limitato, oppure perché il tutor che ha segnalato l'eccesso di velocità non è stato revisionato, si può fare ricorso al giudice di pace entro 60 giorni.
Ma ecco che iniziano i problemi. Perché bisogna redigere il ricorso, che va scritto nel rispetto di certi formalismi legali, va firmato e allegato in 5 copie a 5 copie della contravvenzione, 5 copie della busta o del certificato postale se si è ritirata la multa all'ufficio postale (indispensabili per provare la data di ricevimento). E non bisogna dimenticare di allegare il contributo unificato di 37 euro. Dopodiché si spedisce tutto il pesante plico con raccomandata con ricevuta di ritorno (altri 10 euro circa), altrimenti si può consegnare a mano al giudice di pace, passaggio che in una grande città come Roma richiede mezza giornata da trascorrere in fila. Se si considera che per l'invasione di corsia preferenziale la sanzione ammonta a 87 euro, che ce ne vogliono quasi 50 solo per il contributo unificato la raccomandata (senza contare che se ci si fa scrivere la lettera da un avvocato un minimo compenso va contabilizzato), conviene pagare, senza fare storie. Poi va considerato che in Italia il procedimento di esazione non si blocca e quindi si corre il rischio di vedersi recapitare anche la cartella esattoriale dopo due anni - è folle credere che nel frattempo ci sia stata l'udienza del ricorso - che moltiplica per due e anche tre volte l'ammontare della sanzione iniziale. E poi c'è da contestare anche alla cartella esattoriale, con altre spese. In sostanza: abbandonate ogni speranza, o voi multati. Conviene pagare perché questo non è un Paese dove si possano far valere i propri diritti. O almeno senza rimetterci.
Un lavoro enorme che ha messo a confronto i dati delle Polizie locali e stradali dei singoli stati dell'Ue. Dopo l'Italia, nella triste lista degli incrementi figurano la Romania con il 341%, la Grecia con il 315%, la Bulgaria con il 285%, l'Estonia con il 236%, la Slovacchia con il 222% e Cipro con il 194%. I Paesi dove l'aumento è stato più basso sono Francia con il 46%, la Spagna con il 44%, il Belgio con il 41%, l'Inghilterra con il 38, la Germania con il 23 e infine la Svezia con il 19.
Se si analizza la distribuzione territoriale italiana, il Nord Est è l'area con la maglia nera, con un +1.534%, seguito dal Centro con il 1.515%, dal 1501% del Nord Ovest, mentre sotto l'incremento medio si collocano il Sud (+1.496%) e le isole (+1.432%).
Secondo la ricerca a Milano, Napoli e Aosta viene elevata una multa ogni 10 secondi; a Roma, Torino e Venezia una ogni 12; a Genova, Firenze e Bari ogni 13, a Pescara, Bologna, Ancona e Perugia una ogni 15, mentre a Caserta, Verona e Palermo una contravvenzione ogni 19 secondi. Si sale a 24 a Potenza, Reggio Calabria, Cagliari e Campobasso.
"Solo due italiani
Fare contravvenzioni è diventato un bel sistema per far cassa in un periodo di magra delle casse degli enti locali, spesso installando dispositivi anche non omologati che rilevano l'invasione di corsia preferenziale o l'ingresso in ztl. Senza parlare di tutor e autovelox che invece di essere piazzati per ridurre la velocità sono sistemati ad arte per "fregare" gli automobilisti. Ecco perché tanta gente fa ricorso. Ma anche i ricorsi sono diventati un modo per far cassa. Anche il ricorso al giudice di pace è infatti diventato oneroso. Per esempio se si riceve una contravvenzione per essere passati su una corsia preferenziale dove la rilevazione sia fatta da un dispositivo Sirio Ves 1.0, che è omologato solo per le infrazioni relative all'accesso in zone a traffico limitato, oppure perché il tutor che ha segnalato l'eccesso di velocità non è stato revisionato, si può fare ricorso al giudice di pace entro 60 giorni.
Ma ecco che iniziano i problemi. Perché bisogna redigere il ricorso, che va scritto nel rispetto di certi formalismi legali, va firmato e allegato in 5 copie a 5 copie della contravvenzione, 5 copie della busta o del certificato postale se si è ritirata la multa all'ufficio postale (indispensabili per provare la data di ricevimento). E non bisogna dimenticare di allegare il contributo unificato di 37 euro. Dopodiché si spedisce tutto il pesante plico con raccomandata con ricevuta di ritorno (altri 10 euro circa), altrimenti si può consegnare a mano al giudice di pace, passaggio che in una grande città come Roma richiede mezza giornata da trascorrere in fila. Se si considera che per l'invasione di corsia preferenziale la sanzione ammonta a 87 euro, che ce ne vogliono quasi 50 solo per il contributo unificato la raccomandata (senza contare che se ci si fa scrivere la lettera da un avvocato un minimo compenso va contabilizzato), conviene pagare, senza fare storie. Poi va considerato che in Italia il procedimento di esazione non si blocca e quindi si corre il rischio di vedersi recapitare anche la cartella esattoriale dopo due anni - è folle credere che nel frattempo ci sia stata l'udienza del ricorso - che moltiplica per due e anche tre volte l'ammontare della sanzione iniziale. E poi c'è da contestare anche alla cartella esattoriale, con altre spese. In sostanza: abbandonate ogni speranza, o voi multati. Conviene pagare perché questo non è un Paese dove si possano far valere i propri diritti. O almeno senza rimetterci.
Airpod, auto ad aria compressa fa 100km con un euro: sarà prodotta in Sardegna.
di Giorgio Scura
ROMA - Sarà finalmente arrivata la volta buona? Il mercato aspetta da 5 anni AirPod, la prima automobile ad aria compressa che promette discrete prestazioni con consumi irrisori. Dopo infiniti rinvii, sembra che finalmente i tempi siano maturi. Il piccolo guscio in vetroresina sarà messo in produzione nei prossimi mesi e disponibile a partire dai primi mesi del 2013.
Si tratta di un progetto della casa francese Mdi in collaborazione con il colosso indiano Tata e non prevede concessionarie, ma la vendita direttamente nelle mini fabbriche (solo in Italia saranno una ventina) che potranno arrivare a una produzione di 140 mila esemplari all'anno per ciascun stabilimento: "La prima sarà in Sardegna che ha le caratteristiche ideali per questa innovazione" ha detto il progettista francese Cyril Negré.
Il punto di forza della AirPod è sicuramente il prezzo (circa 7 mila euro per il modello base) e gli irrisori costi di esercizio: con un pieno di 1-2 euro si dovrebbero arrivare a percorrere 100 km. Il rifornimento si potrà fare in stazioni di servizio abilitate oppure con metodi fai da te. Non avrà il volante, ma un joystick e potrà arrivare alla velocità massima di 80 km/h (anche se con queste prestazioni l'autonomia cala).
Inutile nascondersi dietro a un dito, il punto debole è un design davvero pessimo, ma necessario per ridurre il peso e permettere al debole motore (appena 4 kW) di spingere il mezzo e i tre passeggeri massimi. Riuscirà l'AirPod a conquistare il cuore degli italiani?
Si tratta di un progetto della casa francese Mdi in collaborazione con il colosso indiano Tata e non prevede concessionarie, ma la vendita direttamente nelle mini fabbriche (solo in Italia saranno una ventina) che potranno arrivare a una produzione di 140 mila esemplari all'anno per ciascun stabilimento: "La prima sarà in Sardegna che ha le caratteristiche ideali per questa innovazione" ha detto il progettista francese Cyril Negré.
Il punto di forza della AirPod è sicuramente il prezzo (circa 7 mila euro per il modello base) e gli irrisori costi di esercizio: con un pieno di 1-2 euro si dovrebbero arrivare a percorrere 100 km. Il rifornimento si potrà fare in stazioni di servizio abilitate oppure con metodi fai da te. Non avrà il volante, ma un joystick e potrà arrivare alla velocità massima di 80 km/h (anche se con queste prestazioni l'autonomia cala).
Inutile nascondersi dietro a un dito, il punto debole è un design davvero pessimo, ma necessario per ridurre il peso e permettere al debole motore (appena 4 kW) di spingere il mezzo e i tre passeggeri massimi. Riuscirà l'AirPod a conquistare il cuore degli italiani?
http://www.nocensura.com/2012/09/airpod-auto-ad-aria-compressa-fa-100km.html
Dopo 60 anni ancora a fare cabaret sulle navi da crociera ...
Il nostro ex premier Silvio Berlusconi si trova a bordo della Msc Divina, in crociera assieme ai lettori de Il Giornale. In oltre due ore di "chiacchierata" con il direttore Alessandro Sallusti - immaginatevi l'asprezza delle domande - naturalmente ne sono uscite di ogni colore. Impossibile non fare una selezione, e pubblicare "il meglio". Perché sì, tutto quello che leggerete, è vero.
«In questi quasi dieci anni di governo io ho l'orgoglio di dire che abbiamo fatto tante cose giuste. Abbiamo fatto circa quaranta riforme».
«Grazie alle nostre riforme mezzo milione d'italiani ha smesso di fumare e sono calati i casi di cancro ai polmoni».
«Il voto non va frazionato. Lo inizio a dire adesso perché poi con la parcondicio non avremo più la possibilità di parlare».
«In politica estera abbiamo fatto miracoli: l'Italia non contava niente, era in ginocchio in Europa di fronte alla Germania e alla Francia. Io in ginocchio non mi sono mai messo di fronte ai leader di questi due Paesi».
«Abbiamo rafforzato l'amicizia con moltissimi Paesi, con i Paesi africani del Mediterraneo, Egitto, Tunisia, Libia, Libano».
«In politica estera mi hanno accusato di praticare la politica del "cucù". Non è vero, ho fatto non la politica del “"cucù”", o delle pacche sulle spalle, ma ho stabilito con i miei colleghi un'amicizia non solo cordiale ma affettuosa. Per cui è facilissimo trattare le cose direttamente al telefono».
«Il "cucù" con la Merkel? La Merkel aveva avuto il “cucù” da Vladimir Putin, che me l'aveva raccontato, e io quindi l'ho bissato per la facilità di rapporto che avevo con la Merkel che, oltre tutto, è una mia compagna di partito».
«Dopo la vicenda Bini Smaghi l'ex presidente francese Sarkozy si rivolgeva a me come se io non avessi mantenuto la parola. Addirittura una volta ci incontrammo fuori dal Consiglio europeo, gli tesi la mano e lui la scartò. Una persona in cui l'arroganza vince sull'intelligenza».
«Noi, sommando il Pil emerso e sommerso e guardando per il debito e attivo, siamo la seconda nazione dall'economia più solida in Europa subito dopo la Germania. E non a caso il tenore di vita delle famiglie italiane è considerato il primo in Europa».
«Come abbiamo abrogato l'Ici così abrogheremo subito l'Imu».
«Vi chiederete perché sono qui oggi ... Non sono andato nemmeno ad Atreju. Per cui oggi è la prima intervista dopo le dimissioni . Ho pensato che qui avrei incontrato tante persone che la pensano come me e che sono fedeli alla nostra idea di democrazia e libertà dalla fondazione del Giornale. E siccome il Giornale è stata la principale e forse l'unica bandiera di libertà che è sventolata in Italia dal '92-'93 e anche prima con Indro, ho pensato che se ancora ci sono degli abbonati al Giornale che hanno ritenuto di riunirsi tutti insieme per venire qui anche per sentire questa conversazione, per incontrare Silvio Berlusconi, dovevo ringraziarli».
«Con tutto quello che gli hanno fatto, è incredibile la forza che ha ancora», (commento di Nancy Sartorelli, "bresciana di talento" presente a bordo, riporta Il Giornale)
«Angelino Alfano è una persona speciale. Di tutti i politici in campo è il migliore. È una persona di grande e profonda intelligenza, di grandissima lealtà, di grandissimo amore per l'Italia. Io gli voglio bene come a un figlio, sono sicuro di essere ricambiato di un amore filiale verso colui che lui considera il suo padre nel servizio ai cittadini. È 35 anni più giovane di me e ha portato e porterà un'ondata di freschezza, di gioventù, di novità, nella vita politica italiana».
«Matteo Renzi porta avanti le nostre idee. Se vincesse le primarie e fosse lui il leader del Pd si verificherebbe in Italia questo miracolo: che finalmente il Partito comunista italiano diventerebbe un partito socialdemocratico. Quindi tanti auguri a Matteo Renzi».
«Beppe Grillo è uno straordinario attore comico. È sempre stato bravissimo. Io l'ho avuto in televisione. Adesso sta facendo esattamente lo stesso mestiere che faceva prima. Ha qualcuno che gli scrive il copione e lui recita con un'adesione totale al copione in tutte le città d'Italia. Io ho visto tre interventi di Grillo, a Gorizia, a Verona, a Palermo».
«Noi dobbiamo cominciare da adesso a raccontare agli italiani come si deve votare».
«Io non sono mai uscito dal campo, in questi mesi ho sempre lavorato dalle 7 di mattina alle 2 di notte nella politica e nella mia formazione politica. Il mio futuro dipende dalla legge elettorale».
«Non ho mai sentito un politico fare una scelta migliore di aggettivi e sostantivi» (insegnante in pensione presente a bordo, riporta Il Giornale).
«All'università inanellavo 110 e lode».
«Mi imbarcavo d'estate, per portare a casa qualche soldo, sulle navi Costa e Grandi Viaggi. Di mattina facevo i giochi sul ponte, di pomeriggio la guida turistica anche in città che non avevo mai visitato in vita mia, ma su cui mi preparavo sui libri; di sera prima cantavo nell'orchestra jazz, poi di notte, da solista voce e chitarra, sempre Dani Daniel. Dopo le tre, invece ...».
«Quando cantavo a Parigi con lo pseudonimo di Dani Daniel, Le Figaro scrisse che davo particolare espressione alle parole delle canzoni».
«Da bambino andavo nei mercati vicino a casa mia il martedì e il sabato, raccogliendo i fogli di carta gialla che si usavano allora, li portavo a casa, li bagnavo nella vasca, poi li asciugavo e li vendevo per accendere le stufe».
«Quando andavo a comprare chili di mais e li portavo a casa a piedi, davo a una vecchietta bisognosa i soldi che la mamma mi aveva dato per il tram».http://nonleggerlo.blogspot.it/2012/09/dopo-60-anni-ancora-fare-cabaret-sulle.html ...
Quanto costa Bankitalia: dai 7 milioni per i giardini agli 819 per il personale. Thomas Mackinson
A Bruxelles arriva la resa dei conti sull’acquisto di titoli di Stato dei Paesi in crisi e già si profila lo tsunami della vigilanza centralizzata che porterà ulteriore scompiglio negli assetti di potere delle banche nazionali. Come risponderà a tutto questo la Banca d’Italia? In via Nazionale si guarda ai prossimi direttivi della Bce con crescente apprensione e intanto si varano speciali contromisure: un plotone di giardinieri armati di semi, piante ornamentali e annaffiatoi pronti a sparare sul mercato una micidiale raffica di fiori. Fiori per sette milioni di euro. Tanto costa la manutenzione delle piante e dei giardini nelle sedi di rappresentanza e nel parco sportivo del Tuscolano a Frascati, quartier generale dell’istituto con campi da tennis, calcio e piscina. Non mancano progetti per l’orto didattico e la raccolta delle olive made in Bankitalia. E se non si fermano gli attacchi speculativi? Suoniamo l’allarme generale aggrappati ai videocitofoni e campanelli nuovi di zecca da 15 milioni di euro appena acquistati.
Tutto pagato con fondi propri della Banca d’Italia, cioè nostri. Perché pur essendo in mano a banche private, che detengono il 94,33% delle quote, la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico ed esercita su mandato la funzione di Tesoreria dello Stato. Alla fine dei conti il bilancio è sempre attivo grazie alla gestione del portafoglio di titoli pubblici e riserve (nel 2011 ha prodotto utili per 1,1 miliardi): in pratica, l’istituto ha nel suo forziere i buoni dello stato acquistati dagli italiani e le riserve auree. Ma tanti sono anche i soldi che volano letteralmente fuori dalla finestra di Palazzo Koch.
Spese difficili da mandar giù in tempi di crisi e più ancora da quando la Banca d’Italia s’è ristretta. Da tempo non si occupa più di politica monetaria e presto anche i compiti di vigilanza andranno a Francoforte. “Sprechi e inefficienze ci sono ovunque ma la Banca d’Italia è un’eccellenza rispetto alle altre banche centrali europee”, spiega Donato Masciandaro, docente di economia monetaria alla Bocconi e direttore del Centro Paolo Baffi su banche centrali e regolamentazione finanziaria: “Il punto vero – continua – è che presto dovrà essere presto riformata in profondità per sostenere l’urto del nascente sistema di vigilanza accentrato nella Bce”. Intanto, però, i costi restano extra-large. Sulle spalle degli italiani è infatti rimasto il carrozzone dei tempi gloriosi, con un carico di settemila dipendenti, centinaia di immobili di pregio e una serie di costi, sprechi e privilegi che partono dall’alto: il presidente Ignazio Visco, per fare un esempio, guadagna 750mila euro l’anno, cioè il doppio dell’omologo tedesco Jens Weidmann, capo della potente Bundesbank che ha tenuto al guinzaglio i governi di mezza Europa sull’acquisto di titolo di Stato dei Paesi in crisi.
Ai tempi del rigore era inevitabile che la spending review bussasse al 91 di via Nazionale. Lo ha fatto però in punta di piedi, battendo un colpo all’ultimo minuto con un emendamento dei relatori al Senato poi ribadito dal governo, nero su bianco, giusto la settimana scorsa: a partire dal 2013 anche il salotto delle banche dovrà adeguarsi ai dettami della revisione di spesa con tagli su auto blu, ferie, buoni pasto e consulenze. Ma a ben guardare sarà una potatura leggera perché bilancio, affidamenti, acquisti della Banca d’Italia rivelano ben altri sprechi e risorse, mele d’oro in un giardino delle Esperidi dove neppure i super tecnici s’addentrano. E allora ecco come si disperde l’oro degli italiani sotto l’occhio distratto del governo.
Esercito di dipendenti e poltrone d’oro. Visco: un tecnico da 750mila euroA scorrere il bilancio della Banca d’Italia due voci balzano all’occhio: il costo del personale per 819 milioni e le spese di amministrazione per 420. Cifre mostruose a discapito di un ruolo sempre più ridotto a favore della Bce. Partiamo dalla punta dell’iceberg perché in Banca d’Italia è d’oro anche quella. Il direttorio di nomina governativa che controlla l’autorità bancaria costa in organi collegiali e periferici 3,1 milioni di euro l’anno in compensi. Ma non si tratta di centinaia di persone ma poche decine: i 13 consiglieri superiori prendono 371mila euro, i cinque componenti del collegio sindacale 137mila. Ed ecco la punta, platino: al governatore Ignazio Visco, come detto, vanno 757.714 euro, al direttore generale Fabrizio Saccomanni vanno 593mila euro, i quattro vice-direttori (oggi tre, perché il 12 luglio Anna Maria Tarantola ha lasciato l’incarico per assumere la presidenza della Rai) hanno emolumenti da 441mila euro.
I dipendenti sono 7.315 con 2mila tra funzionari e dirigenti mentre il precariato è poco da queste parti, il personale a contratto si ferma a 33 unità. Il punto è che questo personale da anni è in sovrannumero e finisce per costare una follia: 819 milioni di euro l’anno tra stipendi, accantonamenti per oneri maturati, diarie per missioni e trasferimenti. La spesa media per dipendente è di 109.300 euro. Com’è possibile? Semplice, il personale della Banca d’Italia eredita le conquiste degli anni migliori sul fronte dei trattamenti economici e dei servizi interni. Roba da gridare hip hip hooray! se il costo poi non ricadesse sugli altri italiani che questi “servizi” ormai se li sognano. Ecco alcuni esempi. L’assistenza sanitaria privata costa 32 milioni di euro l’anno, l’assicurazione 33,5 (fino al 2015). Il taglio dei buoni pasto della spending si farà sentire poco da queste parti. Le sedi di Roma, Frascati e 11 filiali hanno la sede interna: in cinque anni costa 41 milioni, otto all’anno. Le altre filiali hanno servizi mensa in convenzione. Il servizio di trasporto per i tragitti casa-lavoro per il personale dell’area romana un milione e due.
Prima che Draghi lasciasse via Nazionale per andare in Europa ha preferito esser certo che laggiù, a Roma, capissero bene quando dall’Eurotower parla di spread e fiscal compact. Così la Banca d’Italia ha affidato a un’agenzia un programma di formazione di inglese da 620mila euro, che per dei corsi di lingua non sono noccioline, soprattutto perché i bandi di assunzione dell’ente richiedono espressamente una conoscenza avanzata dell’inglese. Prima dell’assunzione, non dopo. Senza contare che da anni sette consulenti-traduttori sono a libro paga dell’ente al costo di mezzo milione di euro. E qui si apre il capitolo consulenze, un dossier sempre corposo e soprattutto costoso visto che al 30 agosto i consulenti esterni a libro paga di Bankitalia sono già 112 e totalizzano incarichi per due milioni e mezzo di euro. Alcuni sono plurimi e molti affondano le radici in rapporti che si sono persi nel tempo, rinnovati di anno in anno fin dagli anni Novanta e senza un termine o soluzione di continuità. La spending review qui non ci mette mano.
Bankitalia real estateFin qui il personale. Ma a gravare sui conti dell’istituto sono anche i costi di struttura legati alla manutenzione di un patrimonio immobiliare sterminato che la Banca d’Italia ha collezionato dai tempi della sua nascita a oggi. Correva l’anno 1893, la capitale era Firenze e c’era ancora Umberto I. Da allora la corsa al mattone dell’istituto non si è più fermata e nell’anno corrente – dicono i bilanci di via Nazionale – il patrimonio per fini istituzionali ha raggiunto una consistenza pari 4,2 miliardi (1.3 quelli a garanzia dei trattamenti di quiescenza del personale). Un centinaio di immobili, per la maggior parte stabili di gran pregio nei centri storici delle città capoluogo di regione e provincia dello Stivale (oltre a terreni per una valore di quasi due miliardi). Alcuni beni non più necessari sono in affitto (dalle locazioni entrano 27 milioni) mentre nel triennio 2008-2010 una parte eccedente del patrimonio è stata razionalizzata fino alla chiusura di 39 sedi provinciali. Nel 2010 è partita l’operazione di vendita di oltre 60 immobili affidata a un’advisor (Colliers International Italia – EXITone) per due milioni di euro. Dovevano arrivare 326 milioni ma ancora nessuno è stato venduto e i tempi stringono perché l’operazione era prevista entro tre anni. Siamo ancora alla pubblicazione del primo lotto da 16 immobili. Il secondo dovrebbe arrivare in autunno.
L’attuale rete operativa conta 20 filiali regionali e provinciali, 25 sportelli e 18 centri per la vigilanza, trattamento del contante, tesoreria dello Stato. Più tre sedi distaccate a New York, Londra e Tokyo.
Il budget per la manutenzione di questo patrimonio, stando agli affidamenti in corso, ha un budget 30 milioni di euro. Gli edifici del centro storico della Capitale ne impegneranno altri 14,6. Solo per mettere telecamere e citofoni al complesso di via Nazionale 91, Tuscolana e del Centro Donato Menichella a Frascati si stanno per spendere in progettazione, installazione e mantenimento 15 milioni (oltre Iva). Poi c’è l’area di via Tuscolano 417, quartier generale dell’istituto, che ha in corso affidamenti per 21 milioni. Per gli edifici romani e per il “Centro Donato Menichella” di Frascati, che ospita buona parte delle strutture di elaborazione dati, è in arrivo una green revolution: è in corso di affidamento una gara per la manutenzione del verde e il noleggio di piante ornamentali, fioriere, composizioni di fiori recisi e aiuole per sette milioni di euro. Solo gli interventi di manutenzione dell’ex Cinema Quirinale, portone di rappresentanza della Banca, costano 3 milioni di euro.
Il turismo è in crisi? Domanda da 8 milioni di euroIl fiore all’occhiello di Bankitalia è sempre stato il suo Ufficio Studi, munifico produttore di studi comparati, analisi dei settori produttivi e degli scenari economici. Alcuni studiosi, imprenditori e giornalisti hanno però iniziato a rimpiangere gli anni d’oro, la stessa Confindustria ha lamentato che anche questo ramo di attività si sta seccando. L’ultima relazione annuale al Parlamento, a onor del vero, da conto di una grande attività con 950 note congiunturali sull’Italia, l’area euro e i mercati internazionali e ancora studi su studi. Ma i programmi di ricerca vengono fatti spesso all’esterno con costi esorbitanti.
Qualche esempio. Che il turismo sia fiacco lo sanno tutti, basta chiedere a un albergatore di Venezia o Riccione. Ma a Palazzo Koch vogliono vederci chiaro e così hanno commissionato una Indagine statistica campionaria (in pratica interviste) sul turismo internazionale. L’intento, semplificando, è capire quanto spendono turisti e uomini d’affari durante il loro soggiorno italiano. Peccato che per saperlo spenda otto milioni di euro e che l’ultima ricerca di questo tipo risalga ad appena tre anni fa. Bankitalia pensa anche ai bilanci delle famiglie italiane. E lo fa commissionando un’indagine per gli anni dal 2013 al 2016. Anche qui l’intento è nobile perché si tratta di capire come si distribuiscono nel tempo la ricchezza e il reddito in un Paese in crisi. Le modalità sono le classiche interviste su un campione di 10mila famiglie in 600 comuni ma il costo è di tre milioni di euro. Qualche famiglia, questa è una certezza, si sarebbe accontentata di qualche dato in meno e qualche soldo in più.
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Domanda retorica.
Ma se la Fiat dovesse CHIUDERE DEFINITIVAMENTE gli stabilimenti italiani (come presto farà, ora che la legge Fornero permette i licenziamenti), creando CENTINAIA DI MIGLIAIA di disoccupati nell'indotto, questi BUFFONI "demoKratici" convintamente pro-Marchionne CON CHE FACCIA pensano di poter chiedere ancora il "voto dei lavoratori" alle prossime elezioni? (VB)
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=452770344761008&set=a.177181535653225.35255.177013559003356&type=1&theater
PROCEDIMENTI GIUDIZIARI A CARICO DI SILVIO BERLUSCONI.
1 Elenco riassuntivo
2.1 Indagine su rapporti con società svizzere
2.2 Traffico di droga
2.3 Falsa testimonianza
2.4 Tangenti alla Guardia di Finanza
2.5 Bilanci Fininvest 1988-1992
2.6 Processo All Iberian
2.6.1 All Iberian 1 (finanziamento illecito al PSI)
2.6.2 All Iberian 2 (falso in bilancio aggravato)
2.7 Processo Lentini (falso in bilancio)
2.8 Medusa cinematografica
2.9 Falso in bilancio nell'acquisto dei terreni di Macherio
2.10 Lodo Mondadori
2.11 Consolidato Fininvest
2.12 Processo SME
2.12.1 Processo SME, capo di accusa A
2.13 Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest
2.14 Tangenti fiscali sulle pay-tv
2.15 Stragi del 1992-1993
2.16 Concorso esterno in associazione mafiosa
2.17 Diffamazione aggravata dall'uso del mezzo televisivo
2.18 Telecinco (in Spagna)
2.19 Caso Saccà
2.20 Compravendita di diritti televisivi
2.21 Mediatrade
2.22 Inchiesta Mediatrade di Roma
2.23 Corruzione dell'avvocato David Mills
2.24 Voli di Stato
2.25 Inchiesta di Trani
2.26 Il caso Ruby
2.27 Unipol
2.28 Laurea di Antonio Di Pietro
2.4 Tangenti alla Guardia di Finanza
2.5 Bilanci Fininvest 1988-1992
2.6 Processo All Iberian
2.6.1 All Iberian 1 (finanziamento illecito al PSI)
2.6.2 All Iberian 2 (falso in bilancio aggravato)
2.7 Processo Lentini (falso in bilancio)
2.8 Medusa cinematografica
2.9 Falso in bilancio nell'acquisto dei terreni di Macherio
2.10 Lodo Mondadori
2.11 Consolidato Fininvest
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2.14 Tangenti fiscali sulle pay-tv
2.15 Stragi del 1992-1993
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2.21 Mediatrade
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2.23 Corruzione dell'avvocato David Mills
2.24 Voli di Stato
2.25 Inchiesta di Trani
2.26 Il caso Ruby
2.27 Unipol
2.28 Laurea di Antonio Di Pietro
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=369249013152033&set=a.167172016693068.42388.163818167028453&type=1&theater
Romano, ambasciator porta ritardo. - Marco Travaglio
Carta Canta - l'Espresso, 14 settembre 2012
Con tutto il rispetto per l'ambasciatore Sergio Romano, quando si legge un suo editoriale sulCorriere della sera, non si capisce mai se ci è o ci fa. L'altro giorno, in uno stupefacente articolo intitolato “Le liste pulite prima garanzia”, auspicava partiti “capaci di accordarsi sui concetti di corruzione e concussione” per punirle più adeguatamente con una nuova legge. Come se non fosse fin troppo chiaro che non ne vogliono sapere, visto che corruzione e concussione sono due specialità della casa. Poi, tomo tomo cacchio cacchio, Romano si spingeva a scrivere: “Non vorremmo trovare nelle liste persone impresentabili”. Come se fosse appena calato da Marte e non fosse al corrente del fatto che dal 1996 i maggiori partiti italiani inbottiscono le loro liste di personaggi impresentabili. A cominciare dal leader del centrodestra che, essendo lui stesso impresentabile, attira e candida i suoi simili. E che un certo Sergio Romano, in tutti questi anni, ha ripetutamente difeso dall'”accanimento” dei magistrati cattivi e dei giornalisti giustizialisti. Il 14 marzo 2001, per esempio, chi scrive fu ospite del “Satyricon” di Daniele Luttazzi e rivolse alcune domande a Silvio Berlusconi sui suoi rapporti con la mafia e sull'odore dei suoi soldi. Tre giorni dopo un certo Sergio Romano scrisse sul Corriere: “Non si può pretendere che Berlusconi spieghi come si è arricchito. Una pretesa inquisitoria, frutto di vecchio anticapitalismo, a cui non furono assoggettate le dinastie dei Kennedy e dei Bush”. Lo svagato ambasciatore dimenticava, pur avendo girato il mondo, le centinaio di inchieste, programmi tv e libri sui Kennedy e su tutti gli altri presidenti e aspiranti presidenti degli Stati Uniti, culla del capitalismo. Tant'è che di lì a poco la bibbia del capitalismo, The Economist, uscì con la copertina dedicata ai misteri delle fortune del Cavaliere, anche per questo “unfit” a governare l'Italia.
Ora, d'improvviso, Romano scopre le “liste pulite”. Il finale dell'articolo è roba da far impallidire il Tartuffe di Molière: “Siamo garantisti e sappiamo che un'indagine non equivale a una condanna. Ma le segreterie, dal momento che non vogliono privarsi del diritto di scegliere i candidati, dovrebbero almeno impegnarsi pubblicamente a rispettare questo elementare principio di moralità politica: non servirsi del Parlamento per mettere qualche loro compagno al riparo dalla giustizia”. E quando mai, di grazia, negli ultimi 15 anni, Romano ha denunciato con nomi e cognomi i leader che candidavano inquisiti per sottrarli alla giustizia, compresi se stessi? Nei “V-day” del 2007 e del 2008 Beppe Grillo riunì centinaia di migliaia di persone nelle principali piazze d'Italia per raccogliere firme su tre referendum e tre leggi d'iniziativa popolare che chiedevano, fra l'altro, un “Parlamento pulito”: una norma semplice semplice, già in vigore negli enti locali, per l'ineleggibilità dei condannati per reati dolosi di una certa entità. Non risulta che Romano abbia mai sostenuto quella battaglia, anzi, al contrario, la demonizzò dalle colonne del Corriere. A suo avviso, quelle centinaia di migliaia di cittadini che chiedevano “liste pulite” cinque anni prima di lui, erano protagonisti di un “carnevale plebeo e volgare”, animati da “sentimenti beceri e forcaioli”. Infine l'ambasciatore fulminava Grillo, che quella proposta lanciava, con una memorabile previsione-maledizione: “La irresistibile ascesa del comico-politico dura generalmente qualche mese o pochi anni e si spegne quando il pubblico si stanca di ascoltare sempre le stesse battute o si accorge che nessuna soluzione politica potrà mai venire dal mondo dell'avanspettacolo. Cosa che accadrà, suppongo, anche nel caso di Beppe Grillo”.
Ora che il Movimento 5 Stelle si è talmente “spento” da insidiare il Pdl e il Pdl e finalmente, con la dovuta calma, Romano è giunto alle stesse conclusioni, gli basterebbero tre paroline per riconoscerne la primogenitura al legittimo titolare e magari fare ammenda: “Aveva ragione Grillo”. Invece Romano scrive come se le liste pulite fossero una sua folgorante invenzione. Ambasciator non porta pena. Ma porta parecchio ritardo.
Ora, d'improvviso, Romano scopre le “liste pulite”. Il finale dell'articolo è roba da far impallidire il Tartuffe di Molière: “Siamo garantisti e sappiamo che un'indagine non equivale a una condanna. Ma le segreterie, dal momento che non vogliono privarsi del diritto di scegliere i candidati, dovrebbero almeno impegnarsi pubblicamente a rispettare questo elementare principio di moralità politica: non servirsi del Parlamento per mettere qualche loro compagno al riparo dalla giustizia”. E quando mai, di grazia, negli ultimi 15 anni, Romano ha denunciato con nomi e cognomi i leader che candidavano inquisiti per sottrarli alla giustizia, compresi se stessi? Nei “V-day” del 2007 e del 2008 Beppe Grillo riunì centinaia di migliaia di persone nelle principali piazze d'Italia per raccogliere firme su tre referendum e tre leggi d'iniziativa popolare che chiedevano, fra l'altro, un “Parlamento pulito”: una norma semplice semplice, già in vigore negli enti locali, per l'ineleggibilità dei condannati per reati dolosi di una certa entità. Non risulta che Romano abbia mai sostenuto quella battaglia, anzi, al contrario, la demonizzò dalle colonne del Corriere. A suo avviso, quelle centinaia di migliaia di cittadini che chiedevano “liste pulite” cinque anni prima di lui, erano protagonisti di un “carnevale plebeo e volgare”, animati da “sentimenti beceri e forcaioli”. Infine l'ambasciatore fulminava Grillo, che quella proposta lanciava, con una memorabile previsione-maledizione: “La irresistibile ascesa del comico-politico dura generalmente qualche mese o pochi anni e si spegne quando il pubblico si stanca di ascoltare sempre le stesse battute o si accorge che nessuna soluzione politica potrà mai venire dal mondo dell'avanspettacolo. Cosa che accadrà, suppongo, anche nel caso di Beppe Grillo”.
Ora che il Movimento 5 Stelle si è talmente “spento” da insidiare il Pdl e il Pdl e finalmente, con la dovuta calma, Romano è giunto alle stesse conclusioni, gli basterebbero tre paroline per riconoscerne la primogenitura al legittimo titolare e magari fare ammenda: “Aveva ragione Grillo”. Invece Romano scrive come se le liste pulite fossero una sua folgorante invenzione. Ambasciator non porta pena. Ma porta parecchio ritardo.
Caro presidente, non è stagione di segreti. - Guido Scorza
Caro Presidente,
milioni di cittadini italiani, in un momento di crisi economica ed istituzionale senza precedenti nella storia nel nostro Paese, stanno assistendo ad un indecoroso spettacolo nel quale alla magistratura che indaga su una presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, cercando di accertare fatti e responsabilità, la Presidenza della Repubblica oppone il segreto e la riservatezza delle conversazioni telefoniche del Capo dello Stato.
Questo media e politici, ormai da settimane, vanno raccontando – a torto o a ragione – e di questo i cittadini sono ormai convinti.
Che si tratti di una distorsione dei fatti o della realtà, conta, a questo punto, davvero poco.
Milioni di cittadini italiani assistono o sono convinti di assistere ad un vergognoso scontro tra poteri dello Stato, proprio nel momento in cui avrebbero più bisogno di guardare verso il colle che Lei abita e di trovarvi la più alta e rassicurante espressione delle istituzioni e dei valori democratici sui quali è fondato il nostro Paese.
Non sono tra quelli – e come sa ce ne sono molti anche illustri – che ritengono che Lei non avrebbe dovuto chiedere alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità o illegittimità delle intercettazioni di alcune conversazioni tra Lei e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino.
Se lo ha fatto nella sincera convinzione che il segreto delle conversazioni del Presidente della Repubblica anche rispetto alle orecchie dei magistrati sia una garanzia prevista dalla legge ed indispensabile a consentire al Capo dello Stato – chiunque esso sia – di svolgere al meglio il proprio compito, ha fatto il suo dovere.
Personalmente non credo che certi segreti siano istituzionalmente né utili né sostenibili, ma questo, naturalmente, conta davvero poco.
Il punto, ora, è un altro.
Lei sa benissimo, caro Presidente, che il contenuto delle conversazioni tra Lei e Nicola Mancino è, ormai, noto ad alcuni – non molti ma neppure pochissimi – e non può sfuggirLe da grande ed attento osservatore della storia che, come insegna la recente vicenda Wikileaks, il contenuto di quelle conversazioni, nelle mani di pochi, rappresenta, allo stato, uno straordinario strumento di ricatto e minaccia democratica e istituzionale.
Nelle prossime settimane – se non è già avvenuto – il contenuto di quelle conversazioni finirà nell’agone politico pre-elettorale e sarà utilizzato per influenzare l’esito delle consultazioni, per garantire a qualcuno seggi, poltrone e potere e chissà per quali altri imponderabili impropri utilizzi.
Il privilegio informativo sul contenuto di quelle telefonate costituisce una pericolosissima mina di destabilizzazione istituzionale che deve essere disinnescata senza ritardo.
Solo Lei può farlo.
È per questo che Le chiedo di procedere alla pubblicazione, sul sito internet del Quirinale, del contenuto di quelle conversazioni che prima che l’accidentale risultato investigativo di una procura, rappresenta un fatto storico di grandissimo rilievo: il Capo dello Stato e l’ex seconda carica dello Stato che parlano al telefono a proposito – presumibilmente – di una trattativa tra lo Stato e la mafia.
È l’unico modo per disinnescare la vera minaccia che incombe sul Paese, per dimostrare ai cittadini italiani che esiste ancora un’Istituzionie repubblicana che antepone il bene democratico all’egoistico interesse di chi la rappresenta e, soprattutto, per insegnare che nell’era di Internet e dell’informazione globale la migliore medicina democratica è la trasparenza perché non è più stagione di segreti anche ammesso che esistano ancora.
La ringrazio, se avrà avuto la bontà di leggermi, per l’attenzione e aspetto di leggerLa sul sito del Quirinale.
Trattativa: un iscritto al Pci e un difensore di Berlusconi i relatori alla Consulta. Gianni Barbacetto
Gaetano Silvestri e Giuseppe Frigo: saranno loro, gemelli diversi, i giudici relatori della Consulta a cui toccherà d’impostare il lavoro della Corte costituzionale sul conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal presidente Giorgio Napolitano contro la procura di Palermo. Silvestri e Frigo avranno una parte importante nel disporre le carte sul tavolo da gioco, per la delicatissima partita che sarà poi decisa dai giudici costituzionali, alle prese con la questione spinosa delle telefonate del capo della Stato restate indirettamente registrate nei file dei pm palermitani che indagano sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra. Sono due giuristi che provengono da opposte sponde politiche, il centrosinistra per Silvestri, il centrodestra per Frigo. Ora si troveranno a dover affrontare insieme il caso più spinoso tra quelli capitati alla Corte costituzionale negli ultimi anni e forse in tutta la storia della Repubblica.
Gaetano Silvestri è entrato alla Corte costituzionale nel giugno 2005, eletto (con 587 voti) dal Parlamento in seduta comune, su indicazione del centrosinistra. Resterà in carica fino al 28 giugno 2014. Giurista e professore universitario, ma anche uomo di partito. Nato a Patti nel giugno del 1944, è dal 1970 docente all’università di Messina, di cui diventa rettore nel 1998, dopo gli scandali (“il verminaio”) che coinvolsero l’ateneo e i poteri della città siciliana. Resterà rettore fino al 2004, anno in cui diventa vicepresidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane. Iscritto al Pci e poi al Pds, dunque compagno di partito di Napolitano negli anni Ottanta e Novanta, mantiene sempre buoni rapporti con i vertici del partito, che nel 1990 lo mandano a Roma, al Consiglio superiore della magistratura, come membro laico. Ci resterà fino al 1994 (sono gli anni roventi delle stragi di mafia e della trattativa). Tra il 1988 e il 1991 era stato membro del Comitato direttivo dell’associazione italiana dei costituzionalisti. Dal 1997, dopo la morte del professor Temistocle Martines, porta a compimento il lavoro di quest’ultimo, curando il suo manuale universitario di Diritto costituzionale.
Nel maggio 2010 i giornali scrivono che il nome di Gaetano Silvestri sarebbe presente nella cosiddetta “lista Anemone”, ossia l’elenco di 370 persone che avrebbero usufruito di ristrutturazioni edilizie fornite dall’immobiliarista della “cricca”, Diego Anemone. Il giudice Silvestri smentisce con decisione e dichiara la sua assoluta estraneità a quella vicenda. La primavera scorsa è un suo parente, invece, a inciampare in un caso giudiziario: il cognato Giuseppe Fortino, avvocato a Messina, è condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per corruzione, in relazione a una speculazione edilizia realizzata con l’intervento di politici locali. L’avvocato Fortino è ora in attesa dell’appello.
L’altro relatore del caso Napolitano-trattativa presso la Corte costituzionale è Giuseppe Frigo, entrato alla Consulta nell’ottobre 2008, eletto dal Parlamento in seduta comune con 690 voti, su proposta del centrodestra. Bresciano, nato nel 1935, Frigo diventa avvocato di fama e docente all’università di Brescia. Nella sua carriera legale ha difeso Silvio Berlusconi, suo fratello Paolo e Cesare Previti in più processi. Ha rappresentato in aula la famiglia Soffiantini nel dibattimento per il sequestro dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini. Ha chiesto la revisione del processo sull’assassinio del commissario Luigi Calabresi, a nome del suo assistito Adriano Sofri, condannato per omicidio. Ha patrocinato il finanziere bresciano Emilio Gnutti nel processo per la scalata alla banca Antonveneta. E ha difeso il cantante napoletano Gigi D’Alessio dall’accusa di concorso esterno in associazione camorrista. Dal 1998 al 2002, per due mandati consecutivi, è stato presidente dell’Unione delle Camere penali, che rappresenta 9 mila legali italiani. In questa veste, si è particolarmente distinto nella battaglia per la separazione delle carriere dei magistrati (pm e giudici) e in quella per il cosiddetto “giusto processo”. L’inserimento nella Costituzione dell’articolo 111 può essere considerata anche una sua vittoria, ottenuta da leader dei penalisti italiani. Ha sostenuto con vigore il principio dell’oralità della prova, che si deve formare in aula, davanti a un giudice terzo, nel contraddittorio delle parti. Chissà se ora avrà dubbi sul caso di cui è chiamato a fare il relatore: elementi raccolti nelle indagini (le telefonate del capo dello Stato) dovrebbero essere distrutti direttamente dal pm, senza intervento del giudice e senza il controllo delle parti…
Da Il Fatto Quotidiano del 15 settembre 2012
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