Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 30 marzo 2013
Nuovo governo, ecco le schede dei dieci saggi nominati da Napolitano.
Il presidente della Repubblica sceglie dieci personalità per mettere a punto le riforme istituzionali. Tutti uomini nessuna donna. E tutti legati alla vecchia nomenkaltura del potere che ha portato il nostro Paese sull'orlo del baratro.
Nessuna donna e alcuni over 70 tra i saggi scelti da Giorgio Napolitano. Scegliendo le dieci personalità anche da Bankitalia, Istat e Antitrust, il presidente della Repubblica mostra di affidarsi alle istituzioni. Ma la mancanza di una figura femminile ha suscitato molte polemiche.
LE SCHEDE DEI DIECI SAGGI
Luciano Violante
Nato a Dire Daua (Etiopia), 71 anni; nell’ambito della trattativa Stato-mafia è stato interrogato dalla Procura di Palermo riguardo a quando nel 1993, in veste di presidente della commissione antimafia aveva richiesto all’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino (oggi indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’indagine sulla trattativa) la trasmissione della relazione elaborata dagli analisti della Dia il 10 agosto del 1993 sulle stragi di via Palestro a Milano e di San Giovanni a Velabro a Roma. Relazione che Mancino gli trasmise prontamente il 14 settembre, accompagnandola con una nota in cui specificava come si trattasse di materiale “riservato” su cui vigeva il regime della “vietata divulgazione”. Nel 2003, da capogruppo Ds alla Camera, parlando di Salvatore Cuffaro, allora presidente della Regione Sicilia, ha detto: “Noi lo contestiamo perché governa male, il problema delle incriminazioni riguarda lui, i suoi avvocati e i giudici”. Diventato celebre il suo discorso alla Camera nel 2003 in cui ricordò che la sinistra non fece la legge sui conflitti d’interesse e non dichiarò ineleggibile Berlusconi.
Valerio Onida
Nato a Milano, 77 anni; giudice costituzionale dal 1996 al 2005, attualmente è professore di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 22 settembre 2004 al 30 gennaio 2005 è stato presidente della Corte Costituzionale. Nel 2010 si è candidato alle primarie del centrosinistra per le elezioni a sindaco di Milano, arrivando terzo con il 13,41% dei voti, dietro a Giuliano Pisapia e Stefano Boeri. È stato presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti ed è presidente del comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura.
Mario Mauro
Nato a San Giovanni Rotondo (Foggia), 51 anni; prima Forza Italia, poi Pdl e attualmente capogruppo al Senato di Scelta Civica, è uno dei nomi di punta di Comunione e liberazione, vicinissimo a Roberto Formigoni. Laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stato vicepresidente del Parlamento europeo e presidente dei deputati del Pdl a Bruxelles.
Gaetano Quagliariello
Nato a Napoli, 52 anni; senatore Pdl, è stato il secondo firmatario del disegno di legge sul processo breve. Nel gennaio 2011 ha firmato, insieme a Roberto Formigoni, una lettera aperta per chiedere ai cattolici italiani di astenersi da qualsiasi giudizio morale nei confronti di Silvio Berlusconi, imputato (all’epoca indagato) per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby. Ha recentemente accusato i magistrati del processo contro Nicola Cosentino: “Nei confronti di Nicola Cosentino la magistratura ha dato prova di una notevole capacità di contorsionismo: prima Cosentino doveva andare in carcere in quanto parlamentare e/o candidato, ora pur non essendo parlamentare deve andare in carcere lo stesso”.
Enrico Giovannini
Nato a Roma, 55 anni; dal 2009 è presidente dell’Istat, dal gennaio 1997 al dicembre 2000 ha assunto la direzione del Dipartimento delle Statistiche economiche. Nel 2001 aè stato nominato Chief Statistician e Direttore della Direzione statistica dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).
Giovanni Pitruzzella
Nato a Palermo, 53 anni; dal 29 novembre 2011 è presidente dell’Antitrust, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La sua nomina ha suscitato le polemiche visto che colui che dovrebbe, tra le altre cose, vigilare sul conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, è un amico di Schifani: consigliere, avvocato, socio di famiglia. Dal 1998 è professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Palermo dove è anche docente nella Scuola di specializzazione in Diritto europeo. Esperto nel diritto dei pubblici appalti, in giustizia costituzionale, nel diritto pubblico regionale e nel diritto pubblico dell’economia, ha ricoperto numerosi incarichi fra cui quello di consulente giuridico presso la presidenza del Consiglio dei ministri durante i governi Ciampi e Dini e presso la presidenza della Regione siciliana per le giunte Capodicasa, Cuffaro e Lombardo.
Salvatore Rossi
Nato a Bari, 64 anni; è vice direttore generale del direttorio della Banca d’Italia e membro del direttorio integrato dell’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Dal 2011 fa parte del Consiglio di presidenza della Società italiana degli economisti. Dal maggio 2012 è membro del Consiglio di amministrazione della fondazione del Centro internazionale di studi monetari e bancari (ICMB) di Ginevra. Dal gennaio 2013 è membro del Comitato strategico del Fondo strategico italiano.
Giancarlo Giorgetti
Nato a Cazzago Brabbia (Varese), 46 anni; parlamentare alla Camera dei deputati dal 1996 con la Lega. Sino al 2004 ha ricoperto la carica di sindaco di Cazzago Brabbia. Nel 2001 è il principale promotore della Legge 40 sulla procreazione assisistita. Capogruppo per la Lega Nord alla Camera dei Deputati per la XVII legislatura e segretario nazionale della Lega Lombarda dal 2002 al 2012. Dal 2001 al 2006 ha ricoperto il ruolo di presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione. Durante il Governo Berlusconi II è stato, dal 12 giugno al 21 giugno 2001, Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti. Il suo nome era comparso nelle carte dell’indagine Antonveneta, dove, però, non risultò tra gli indagati.
Filippo Bubbico
Nato a Montescaglioso (Matera), 59 anni; senatore Pd ed ex sottosegretario del governo Prodi, indagato per abuso dufficio perché nel 2005, quando faceva parte dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Basilicata, ha affidato all’esterno, per 23.869 euro, una consulenza sulla riorganizzazione del Consiglio che, secondo la procura, le risorse interne avrebbero potuto portare a termine senza alcun problema «in considerazione del titolo di studio posseduto e della figura professionale rivestita». Ora dovrà risponderne davanti ai giudici della Corte dei Conti della Basilicata e anche davanti al Tribunale ordinario dove rispondono di abuso d’ufficio.
Enzo Moavero Milanesi
Nato a Roma, 58 anni; è il ministro per gli Affari Europei del governo Monti. E’ stato giudice di primo grado presso la Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo e ha collaborato con la Commissione europea in qualità di direttore generale del Bureau of european policy advisors. Durante il primo governo Amato si è occupato di risanamento degli enti pubblici. Nel 1994 Ciampi lo ha nominato sottosegretario agli Affari europei. Dal 1995 al 2000 è stato scelto da Mario Monti, al tempo commissario europeo, come capo gabinetto, prima alla concorrenza e poi al mercato interno. Dal 2002 al 2005 è stato vice segretario generale della Commissione europea.
Ischia, borgo vietato alle auto, Angela Merkel arriva a piedi. - Massimo Zivelli
Ischia. Niente motoscafo privato, nè tantomeno la motovedetta della guardia di finanza. E neppure il viaggio in aliscafo, confusa fra gli altri turisti. Questa volta Angela Merkel per arrivare a Ischia dove trascorrerà la sua settimana di vacanze all’insegna delle cure termali e del relax, ha scelto di imbarcarsi a Pozzuoli, su una nave di linea.
Grande la curiosità in banchina all'arrivo della Cancelliera tedesca, e il consueto trambusto di fotografi e operatori della comunicazione ha preceduto le fasi dell'imbarco. Alle 16.05 Frau Angela e suo marito Joachim Sauer sono alfine sbarcati al porto di Casamicciola Terme, da dove hanno proseguito per Sant'Angelo, a bordo dell'autovettura di servizio. Alle porte del caratteristico borgo marinaro, la coppia numero uno di Germania si è incamminata a piedi, mentre i bagagli venivano trasportati in albergo su di un carrello elettrico.
Le regole sono regole e neppure per l'illustre ospite è stata concessa la deroga di entrare in paese, aggirando il dispositivo di isola pedonale. Calorosi, ma al tempo stesso discreti, i saluti di benvenuto da parte di cittadini e passanti. Sull'isola verde, proprio il borgo di Sant'Angelo è storicamente il luogo dove è nato il turismo di matrice tedesca. Negli anni del dopoguerra fu la pioniera Linda Penzel ad avviare, con grande lungimiranza, le prime attività ricettive, laddove esistevano solo casupole di pescatori.
E qui tutti, ma proprio tutti, parlano il tedesco quanto basta per rendere concreto il grande senso di ospitalità che contraddistingue da sempre la piccola enclave stretta fra il promontorio ed il mare. A piedi dunque, ma non attraversando la strada principale del paese, quella che porta alla piazzetta dove amano sostare i vip ed al porticciolo turistico. La Merkel ha scelto infatti di scarpinare lungo la salita che si inerpica fino al belvedere ed alla chiesa di San Michele.
Una passeggiata sicuramente più faticosa, ma che tutti i turisti d'oltralpe trovano assai più suggestiva ed interessante. Stradine larghe non più di un metro, che si affacciano a picco sul paese e su un panorama mozzafiato. Sobrio come sempre l'abbigliamento. Camicetta rossa e pantaloni scuri per Frau Angela, giacca dalle tinte beige e borsa nera a tracolla per suo marito Joachim. Lontani dalla folla, lontani dai curiosi, i due - scortati da una decina di agenti del servizio di sicurezza, fra cui alcuni tedeschi - sono entrati dunque dal varco posteriore dell'albergo, attraversando i giardini ed il piccolo parco.
«La signora Merkel - hanno poi confermato dallo staff del Miramare - si è fatta riservare una stanza all'interno del corpo centrale dell'albergo».
Niente cottage separato nel parco quindi, così come era avvenuto qualche anno prima. Perchè la Merkel, al Miramare è praticamente di casa da sempre. Qui veniva a trascorrere le sue vacanze quando ancora non era la donna più potente di Germania e d'Europa, ma una semplice e giovane deputata al Bundestag. Esperite le formalità al ricevimento, con il dovuto benvenuto da parte dello staff dell'albergo che come sempre si prenderà curà in ogni minimo dettaglio del loro soggiorno, Merkel e Sauer hanno preferito cenare in albergo e prima di concedersi il consueto riposo serale con qualche buona lettura o ascoltando un pò di musica, hanno voluto fare quattro passi all'interno dei giardini del Miramare che si affacciano direttamente sul mare della baia dei Maronti.
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=261833&sez=NAPOLI&ssez=CRONACA
E' morto Enzo Jannacci.
E' morto a Milano Enzo Jannacci. Cantautore, cabarettista, tra i protagonisti della scena musicale italiana, oltre che cardiologo, si è spento a Milano all'età di 77 anni.
FABIO FAZIO, ERA UN GENIO - "Enzo Jannacci era un genio": con questo twitt Fabio Fazio ricorda l'artista scomparso stasera. "Le sue parole che non riuscivano a star dietro ai suoi pensieri. La sua poesia - conclude Fazio - ha inventato un mondo bellissimo".
FRANCESCO GUCCINI, BUON VIAGGIO - "Quelli che... Adesso sanno l'effetto che fa. Buon viaggio": con questo pensiero, postato su Twitter, Francesco Guccini ricorda Enzo Jannacci morto questa sera a Milano.
I NOMADI, GRANDE ARTISTA... SALUTACI LE STELLE! - "Ciao Enzo, Grande Artista... salutaci le stelle!". Così i Nomadi ricordano Enzo Jannacci su Facebook, allegando il video live di 'Vincenzina e la fabbrica'.
Medico del cuore e dell'anima, Vincenzo Jannacci, detto Enzo, è stato uno degli storici protagonisti della scena musicale del secondo dopoguerra. Certamente unico nel suo saper coniugare intelligenza e satira, analisi della realtà e inesauribile gusto del paradosso. Milanese convinto - a Milano era nato il 3 giugno 1935, a Milano è morto venerdi' serta - si può considerare tra i caposcuola del cabaret italiano, ma è stato anche autore di quasi trenta album, e di varie colonne sonore ed ha lavorato per il teatro, il cinema e la tv. E' ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni. Dopo gli studi classici si era laureato in medicina per lavorare poi in Sudafrica e poi negli Stati Uniti. La sua formazione musicale ha radici altrettanto classiche e inizia al conservatorio ma la scoperta del rock and roll avviene presto. I suoi primi compagni di viaggio sono Tony Dallara, Celentano e poi Giorgio Gaber con il quale forma il duo de "I due corsari", che debutta nel 1959. Ma prosegue parallela la sua carriera di solista e quella di autore, tanto che Luigi Tenco sceglie una della sue canzoni, Passaggio a livello, e la pubblica nel 1961. Lavora con Sergio Endrigo. Lavora anche con Dario Fo, Sandro Ciotti. Poi la grande popolarità arriva con il surreale "Vengo anch'io, no tu no" tanto che diventerà sua la ribalta televisiva, fino a quella di Canzonissima. Ma sarà spesso anche in teatro e non disdegnerà apparizioni in film di grandi registi come Ferreri, Wertmuller, né di esercitarsi come compositore di colonne sonore come fece per Mario Monicelli. Dopo un periodo di oblio all'inizio degli anni '80 torna alla ribalta tanto che incide un disco come "Ci vuole orecchio", che raggiunge il livello di popolarita' di Vengo anch'io. Del 1981 é un trionfale tour in tutta Italia. Nel 1994 si presenta per la terza volta al Festival di Sanremo in coppia con Paolo Rossi con il brano "I soliti accordi", insolitamente dissacrante per la manifestazione, che è anche il titolo del rispettivo CD, arrangiato da Giorgio Cocilovo e il figlio Paolo Jannacci. Tra un album e l'altro, poi nel 2000 torna a lavorare infine con Cochi e Renato, altra storica coppia con cui ha collaborato a lungo, per "Nebbia in val Padana". Oramai la tv lo celebra, come fa il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio che conduce uno speciale su di lui in cui amici di lungo corso lo omaggiano interpretando suoi brani. Tra cui Fo, Ornella Vanoni, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albanese, J-Ax, Ale e Franz, Irene Grandi e altri. Enzo Jannacci compare nell'ultima parte dell'evento cantando due sue canzoni.
venerdì 29 marzo 2013
giovedì 28 marzo 2013
Messina, i disabili devono pagare la segnaletica per i parcheggi riservati.
A Messina i disabili che chiedono un parcheggio riservato devono pagarsi le spese necessarie per realizzare la relativa segnaletica stradale: è quanto prescritto da un provvedimento varato dal comune dello Stretto retto dal commissario straordinario Luigi Croce. Che, riferisce la ‘Gazzetta del Sud’, sul pagamento delle spese non intende fare passi indietro. “Non dobbiamo trattare i disabili da persone inferiori sono persone normali, come noi. Come pago io pagano loro, e tra l’altro parliamo di costi irrisori”, ha detto Croce difendendo il provvedimento dalle polemiche da cui è stato investito.
La determina del comune di Messina per l’assegnazione di spazi di sosta “personalizzati per invalidi in zone ad alta densità di traffico” stabilisce i criteri per l’assegnazione dei contrassegni da parte del Comune. Dalla possibilità di avere il parcheggio riservato vengono esclusi i non vedenti. E soprattutto: “il costo relativo alla realizzazione ed alla manutenzione della segnaletica stradale, sia verticale sia orizzontale, di individuazione e delimitazione dello spazio di sosta, nonché la relativa rimozione sono a carico del beneficiario”.
Siamo all'assurdo!
Chi gode di benefit oltre agli stipendi da nababbi pagati dai contribuenti e, quindi, anche dai disabili, dice a questi ultimi che debbono pagarsi le spese per la segnaletica che li riguarda?
Da non credersi!
Chi gode di benefit oltre agli stipendi da nababbi pagati dai contribuenti e, quindi, anche dai disabili, dice a questi ultimi che debbono pagarsi le spese per la segnaletica che li riguarda?
Da non credersi!
mercoledì 27 marzo 2013
Elicotteri Finmeccanica, ministro Difesa indiano ammette: “Corruzione e tangenti”.
"Qualcuno si è fregato dei soldi", ha avvertito Arackaparambil Kurien Antony, spiegando che "l'indagine è in una fase cruciale" e "non saremo misericordiosi con nessuno, per quanto grande e potente". Promesse "misure molto severe" per chi è coinvolto.
“Qualcuno si è fregato dei soldi“. Il ministro della Difesa indiano è intervenuto così sulla discussa commessa da 12 elicotteri concordata tra New Delhi e Augusta Westland, controllata di Finmeccanica, che ha portato a febbraio all‘arresto del suo numero uno Giuseppe Orsi. “C’è stata corruzione e sono girate delle tangenti“, ha avvertito Arackaparambil Kurien Antony, spiegando che “l’indagine è in una fase cruciale” e “non saremo misericordiosi con nessuno, per quanto grande e potente, che è andato contro il patto di integrità”.
“Il Central Bureau of Investigation [agenzia investigativa del governo indiano, ndr] sta portando avanti i controlli, insieme al mio impegno in parlamento”, ha ricordato secondo quanto riportano i principali quotidiano indiani, “non c’è dubbio che saranno adottate delle misure molto severe per chi è coinvolto”.
Rispondendo a chi gli chiedeva se l’India andrà avanti con l’acquisto dei siluri “black shark” da Whitehead Sistemi Subacquei, controllata di Finmeccanica, il ministro indiano ha chiarito che non è ancora stata presa una decisione finale. “Non è successo niente per ora”, ha avvertito. E ha aggiunto: “Si procederà solo ai sensi di legge, per ora stiamo aspettando che finisca l’inchiesta su Agusta Westland”.
Il ministero della Difesa indiano aveva annunciato a febbraio di avere iniziato un’azione percancellare il contratto di fornitura dei 12 elicotteri AW-101. Ma Augusta Westland aveva subito precisato che “il ministero della Difesa indiano non ha cancellato il contratto per gli elicotteri, ma ha invece richiesto alla società di fornire alcuni chiarimenti”.
Giustizia e politica, monito Commissione Ue: “Giù le mani dai giudici”.
I continui attacchi alla magistratura, culminati con la manifestazione organizzata dal Pdl al tribunale di Milano, non lasciano indifferente l’Europa. ”Giù le mani dai giudici. Se si vuole che la magistratura sia davvero indipendente, bisogna lasciarla lavorare”. Il commissario alla giustizia Viviane Reding risponde così a chi le chiede se non ritiene che in Italia il conflitto tra politica e giustizia sia una delle cause dell’inefficienza del sistema. L’appello della Commissione europea arriva forte e chiaro, a margine della presentazione di un documento di monitoraggio sulla giustizia che situa l’Italia agli ultimi posti della graduatoria. ”L’Italia e il governo Monti - aggiunge Reding – sono consapevoli che il problema dell’efficienza del sistema della giustizia civile e amministrativa ha un impatto molto negativo sugli investimenti”. Il commissario spiega che nell’ultimo anno ha “lavorato in stretto contatto con le autorità per riformare il sistema e renderlo più efficiente, affinché i casi amministrativi trovino risposte più rapide e gli investitori abbiano certezza legale”. Ma questo lavoro, sottolinea, “deve continuare”.
Tra i dati allarmanti riguardanti il nostro Paese c’è quello della durata dei processi: in Italia – segnala il rapporto – occorrono in media più di 800 giorni per risolvere i procedimenti giudiziari che riguardano cause civili e commerciali. Lo strumento presentato, spiegano a Bruxelles, servirà a individuare obiettivi strategici per il funzionamento del sistema giudiziario nei 27 paesi membri. “L’attrattiva di un Paese per essere un luogo dove investire e fare business è senza dubbio rafforzata dall’avere un sistema giudiziario indipendente ed efficiente”, spiega Reding. “E’ per questo che le riforme giudiziarie nazionali sono diventate una componente strutturale importante della strategia economica dell’Europa. La nuova ‘Classifica della giustizia europea’ avrà la funzione di un sistema di preallarme e aiuterà l’Ue e gli stati membri nei nostri sforzi per raggiungere una giustizia più efficace al servizio dei nostri cittadini e degli affari”.
Il vice presidente degli Affari economici e monetari Olli Rhen aggiunge: “Una giustizia efficiente, indipendente e di alta qualità è essenziale per un ambiente che favorisce il business. Questa nuova iniziativa della Ue aiuterà gli stati membri a rafforzare i loro sistemi legali e i loro sforzi per stimolare investimenti e creazione di posti di lavoro”.
I Ds hanno nascosto 200 milioni di euro. Il Pd: “E che problema c’è? Pagherà lo Stato”, cioè noi. - Stefano Feltri
Il Pd, o meglio, la sua componente ex Ds, è responsabile di un buco di quasi 200 milioni di euro nei bilanci delle principali banche italiane. “E che problema c’è? Pagherà lo Stato”, dice al Fatto l’eterno tesoriere Ds, Ugo Sposetti, appena ricandidato dal Pd.
Il Monte Paschi non c’entra, la questione riguarda quasi tutte le altre grandi banche italiane. Che, dopo anni di trattative e benevola tolleranza, sono passate all’attacco, stimolate dalla crisi: vogliono indietro i soldi. E chiedono di annullare le donazioni con cui i Ds hanno sottratto ai creditori il loro immenso patrimonio immobiliare, superiore al mezzo miliardo di euro, quando sono confluiti nel Pd. Se non riescono a rifarsi su quei beni, scatterà la garanzia dello Stato che copre quasi tutto il debito. Grazie a un apposito provvedimento del governo D’Alema. Nella lunga saga del debito post-comunista si è aggiunta una ulteriore variabile che Sposetti non controlla: un avvocato di Barletta, Antonio Corvasce, che da anni conduce nei tribunali una battaglia per presentarsi alle elezioni con lo storico simbolo dei Ds, la Quercia, di cui rivendica la titolarità.
La nullità delle donazioni La storia è complessa e conviene partire dalla fine. Il 24 giugno 2012 viene notificato ai Ds, che non solo esistono ma hanno ancora una sede a Roma, un decreto ingiuntivo: UniCredit si è stancata di aspettare, vuole indietro i suoi 29 milioni di euro più gli interessi maturati dal 2011 e le spese. Chiede quindi al Tribunale civile di Roma di annullare la donazione di un immobile di Bergamo da parte dei Ds alla Fondazione Gritti Minetti (che ne detiene 58). L’atto è “senz’altro revocabile” perché ha creato “un evidente, grave, pregiudizio alla ingente ragione di credito certa, liquida ed esigibile vantata dalla UniCredit Spa” verso i Ds. Sempre Uni-Credit, per le stesse ragioni, contesta anche la donazione di un appartamento a uso ufficio e di un magazzino a Udine, trasferiti gratis dai Ds alla Fondazione per il Riformismo nel Friuli Venezia Giulia. Anche Efibanca, gruppo Banco Popolare, rivuole i suoi 24 milioni, Intesa i suoi 13, 7 e così via. Fino ad arrivare ai 176 milioni indicati nel bilancio 2011, poi lievitati a causa degli interessi. Le banche, dice sempre il consuntivo 2011, l’ultimo disponibile, hanno già pignorato 30 milioni di rimborsi elettorali ancora da ricevere. E il resto? Niente. Nessuna garanzia o quasi, visto che tutti i beni immobili dei Ds sono stati trasferiti a fondazioni che giuridicamente non hanno alcun legame con il partito. Ugo Sposetti, al Fatto, dice: “Sono beni che erano del partito nazionale, ma che se ne fa l’UniCredit di un piccolo immobile, un circolo dove si riuniscono i lavoratori?”. E ripete la battuta con cui ha tacitato ogni obiezione in questi anni: “Lunga vita ai debitori”.
Tanta sicurezza deriva da una doppia assicurazione: gli immobili sono stati posti fuori dal perimetro del partito, lontano dagli artigli dei creditori. E sul debito una provvidenziale legge del 14 luglio 1998 (governo Prodi), ritoccata da un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri nel febbraio 2000 (quando, guarda caso, a Palazzo Chigi c’era D’Alema): la garanzia statale pensata per i giornali sovvenzionati che dovevano incassare contributi da Palazzo Chigi veniva estesa anche a “soggetti diversi dalle imprese editrici concessionarie”. Se le banche non riescono ad avere indietro gli immobili dei Ds, insomma, i loro debiti li pagheremo noi contribuenti.
Il patrimonio al sicuro C’era una ragione politica per conferire il patrimonio dei Ds alle fondazioni, cioè a organismi territoriali senza scopo di lucro incaricati di tenere viva la tradizione del partito e custodirne la ricchezza: in tanti, sotto la Quercia, pensavano che l’e-sperimento del Partito democratico non sarebbe durato. E allora nel 2007 si è fatto un matrimonio con la Margherita con la separazione dei beni. Casomai si dovesse tornare indietro. Anche perché i Ds erano ricchi sul territorio e poveri a Roma, al contrario dei margheriti. A Roma il partito di Francesco Rutelli poteva contare sul tesoretto dei rimborsi elettorali da gestire e da spartirsi con alcuni dirigenti, anche in quel caso in autonomia, alle spalle del Pd. Sappiamo com’è finita, con il tesoriere Luigi Lusi, ex senatore, in galera.
I Ds sembravano immuni a questo genere di problemi. Anche grazie, forse, al fatto che il debito accumulato dal Pci era stato ristrutturato nel 2003 da Sposetti, Massimo D’Alema (allora presidente dei Ds) e dal banchiere di fiducia del partito, Cesare Geronzi, all’epoca numero uno della Banca di Roma. Istituto che poi è confluito in UniCredit, capofila dei creditori, guidato a lungo da un altro banchiere non certo ostile al Pd, Alessandro Profumo. Quando è subentrato il meno politicamente connotato Federico Ghizzoni, nel 2011, UniCredit ha iniziato a farsi sotto. E la magia di Sposetti si è dissolta.
Le parti e il tutto La tesi di Sposetti è sempre stata che quasi tutto il patrimonio immobiliare non era a disposizione del partito centrale, visto che si è accumulato in gran parte grazie ai lasciti di militanti che, morendo, affidavano i propri beni ai segretari di federazione, sul territorio: “Non è che perché si chiamano uguale sono la stessa cosa”, dice. Però le banche si sono stancate di credere a questa versione in cui la testa era indipendente dal corpo. Anche perché l’unitarietà del partito traspare facilmente. Per esempio nel settembre 2009, quando l’inclusione dei Ds nel Pd è ormai compiuta, Sposetti scrive a tutti i tesorieri locali e ordina loro di chiudere i conti correnti e trasferire i soldi su un conto romano, cioè al partito centrale. Basta che venga dichiarato nullo un singolo atto di donazione e tutta la costruzione di Sposetti crollerà. Con un potenziale effetto politico interessante: se le donazioni vengono annullate, chi metterà le mani sugli immobili rimanenti, una volta soddisfatte le banche? Tutto il Pd? O se ne occuperanno di nuovo gli ex Ds, Pier Luigi Bersani incluso? Chissà.
Gli altri Ds Le banche hanno un alleato imprevisto nel tentativo di dimostrare che nel 2007 Fassino, Sposetti e la dirigenza dei Ds (c’erano D’Alema e Bersani) hanno fatto cose che non potevano fare, sottraendo gli immobili ai creditori. Si chiama Antonio Corvasce, un avvocato di Barletta che sostiene di essere l’autentico presidente dei Ds, o meglio, del “Partito dei democratici di sinistra, nuova denominazione del Partito democratico della sinistra”. Nel 2008, da consigliere comunale di Barletta eletto nelle file dei Ds, ha annunciato di non aderire al Pd e di rimanere Ds: chi ha partecipato alle primarie democratiche (questa è la sua tesi) ha perso ogni diritto sullo storico simbolo e anche sul patrimonio del partito. “Lo statuto dei Ds vieta la doppia tessera, chi si iscrive a un altro partito si mette fuori”, spiega Corvasce. Che ha riunito un comitato di base e nel 2008 ha convocato un congresso “per la continuità”, sostenendo che i veri di Ds sono quelli che lui guida ancora oggi. Finora quasi tutti i giudici hanno dato ragione a Sposetti e Fassino. Ma Corvasce insiste e, assieme al rappresentante legale del suo partito, il tesoriere Vito D’Aprile, chiede a Sposetti e Fassino di produrre in tribunale documenti per dimostrare che nel 2008 la gestione del patrimonio è stata regolare.
Il verbale misterioso La linea di Fassino e Sposetti si fonda sull’assemblea dei Ds del 26 giugno 2008, la prima dopo la nascita del Pd, decisiva per far proseguire l’esistenza del partito (e assicurarsi così i rimborsi elettorali). Quell’assemblea serve a dimostrare che c’è stata continuità, che Corvasce non può prendersi il simbolo. Fassino e Sposetti producono, nella causa civile contro Corvasce, D’Aprile e i “nuovi” Ds, il verbale di quell’assemblea. Corvasce presenta querela di falso: sostiene che quell’assemblea non c’è mai stata, che Fassino, Sposetti e gli altri hanno gestito i beni del partito come fossero cosa loro violando lo statuto. Il giudice dovrà pronunciarsi.
Ma alcuni dati sono oggettivi: allegata al verbale c’è una lettera di Fassino che, da segretario, annuncia l’apertura del tesseramento nazionale per i Ds il 16 giugno 2008 (quando già c’era il Pd). Dieci giorni dopo il tesseramento è già finito e gli iscritti si trovano all’Hotel Artemide di Roma. Nel verbale si legge che “l’assemblea è costituita in forma totalitaria essendo presenti tutti gli iscritti”. Peccato che poi, nel foglio delle firme, ci siano molti dirigenti che non hanno firmato (i veltroniani Tonini e Bettini, per esempio). Tra quelli che risultano presenti ci sono Pier Luigi Bersani, Antonio Bassolino, Massimo D’Alema. C’è anche la firma di Vincenzo Vita, senatore uscente Pd, che oggi al Fatto dice: “Ho un vago ricordo di quella riunione”. Ma c’era stato davvero un nuovo tesseramento Ds dopo la nascita del Pd? “No, ma quale tesseramento? I Ds hanno continuato a esistere come entità amministrativa, non c’è più stata alcuna attività politica”. Altri dettagli: Fassino e Sposetti producono in tribunale una prima versione del verbale in cui i fogli delle firme non sono autenticati dal notaio. Corvasce protesta ed ecco che appaiono i timbri notarili, ma l’autentica è di due anni dopo, 2010. Sposetti allega anche un video dell’assemblea, in cui Fassino esordisce dicendo che, visto che i Ds non hanno più iscritti, è ora di liquidarne il patrimonio. Il contrario di quanto afferma per iscritto.
Berlinguer sfratta Gramsci Le banche creditrici saranno ben felici di sfruttare queste informazioni per sostenere che le donazioni immobiliari sono nulle. E che le fondazioni locali servono solo a tenere i beni al riparo dal pignoramento (non si registra praticamente alcuna loro attività politica). Nella maggior parte dei casi si limitano ad affittare i locali al Pd. Che paga l’affitto. E se non lo fa viene sfrattato come a Sestu, in Sardegna: Enrico Berlinguer (la fondazione) ha sfrattato Antonio Gramsci (il partito). Uno dei tanti paradossi dovuti alle contorsioni con cui i Ds hanno cercato di far sparire i loro debiti milionari. Senza riuscirci.
Tares, Irap e Irpef: le scadenze fiscali dell’estate torrida.
Tutte le scadenze fiscali di giugno e luglio 2013: per le piccole medie imprese sarà un salasso
L’estate 2013, e in modo particolare il mese di giugno, si preannunciano molto calde, almeno dal punto di vista fiscale. Tares, Irap e Irpef si accumulano in pochi giorni: le scadenze fiscali ravvicinate e pesanti quantitativamente, rappresentano un vero e proprio salasso per lavoratori autonomi e piccoli imprenditori.
Le simulazioni realizzate presso l’ Ufficio studi della Cgia di Mestre parla di cifre preoccupanti: tra versamenti Inps, tassa annuale di iscrizione alla Camera di Commercio, saldo della prima rata Imu 2013, pagamento della nuova Tares (tassa rifiuti), autoliquidazione Irpef (con saldo 2012 e acconto 2013) si rischia di arrivare fino a 25.700 euro circa (per le società di media grandezza con 2 soci e 10 dipendenti).
In base alle stime della Cgia di Mestre, realizzate sulla base di quattro differenti tipologie di attività, “un commerciante pagherà tra i 4.452 e i 4.676 euro; un artigiano tra i 6.948 e i 7.206 euro; una società di persone con 2 soci e 4 dipendenti tra i 17.733 e i 18.409 euro; una società di capitali con 2 soci e 10 dipendenti tra i 25.401 e i 25.737 euro”. La forbice è rappresentata dall’applicazione di due scenari diversi:
“Nel primo sono state utilizzate le aliquote medie dell’Imu e delle addizionali Irpef, nonché la maggiorazione della Tares pari a 0,3 euro al metro quadrato. Nel secondo, invece, si è immaginato uno scenario più pessimistico rispetto al precedente, ipotizzando che le Regioni e gli Enti locali elevino sino al valore massimo consentito le aliquote dei tributi interessati da questa scadenza e che la maggiorazione della Tares si attesti a 0,4 euro al metro quadrato”.
Secondo i calcoli dei sindacati Cgil, Cisl e Uil tra giugno e luglio, lo Stato incasserà 11,6 miliardi di acconto Imu, 14,4 miliardi di saldo Irpef, 4 miliardi di acconto Tares e 1,8 miliardi ottenuti dall’aumento dell’Iva.
Acconto Irpef 2013: deducibilità al 20%
Per il periodo di imposta 2013 la deducibilità ai fini Irpef è passata dal 40% al 20%. La misura si applica anche per gli acconti 2013 (Aliquote Irpef 2013, ecco quali sono: http://
Agevolazioni Irap per chi assume giovani e donne
Il DL “Salva Italia” ha introdotto la deducibilità dell’Irap relativa al costo del lavoro compensando quindi, anche se solo parzialmente, il taglio della percentuale Irpef deducibile. In particolare le aziende che assumono donne o giovani sotto i 35 anni possono usufruire della deduzione fino a a 10.600 euro (fino a 15.200 per le imprese collocate nei territori del Sud e delle Isole) (Agevolazioni Imprese: deduzione Irap nel Decreto Salva Italia: http://
Contributi Inps: aumenti fino al 2018 per artigiani e commercianti
Per il 2013 aumentano anche i contributi Inps. Artigiani e commercianti pagheranno l’0,45% annuo in più. L’aumento continuerà in maniera progressiva fino al 2018: gli obiettivi sono, rispettivamente, il 24% e il 24,09%.
Nuova Tares: calcolo e rate
Nell’anno in corso, come noto, la Tares ha preso il posto della vecchia Tarsu. Le rate Tares non saranno più quattro, come inizialmente previsto, ma due. Dovendo assicurare la copertura totale del costo dello smaltimento dei rifiuti, la nuova imposta risulta più pesante. A questo si aggiunge una maggiorazione di 0,3 euro al metro quadrato (che, a discrezione del Comune, può essere elevato di un ulteriore 0,1 cent). Il pagamento della prima rata Tares è in programma proprio per il mese di luglio (Tares: tenere conto delle esigenze dei contribuenti: http://
Imu 2013: si paga di più per i capannoni
Quello che preoccupa maggiormente i contribuenti è il saldo della prima rata Imu 2013. Per quanto riguarda piccoli e medi imprenditori peraltro è previsto un aumento dell’imposta sui capannoni dovuto all’inasprimento del coefficiente per la determinazione della base imponibile (che passa da 60 a 65) (Imu 2013, tutte le novità in vigore da quest’anno: http://
Chiusura piccole medie imprese: come evitare il fallimento
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, pronostica che, allo stato dei fatti, l’inizio della stagione estiva potrebbe costringere alla chiusura delle aziende, stressate dagli oneri fiscali e senza liquidità.
L’invito ai leader politici è quello di costituire in tempi brevi il nuovo governo e affrontare immediatamente questa intervenendo in via preferenziale sull’alleggerimento dell’impatto della nuova tassa sui rifiuti (Tares) e sul ventilato aumento dell’Imu sui capannoni ma soprattutto impedendo l’aumento Iva al 22% in calendario dal primo luglio. Altre misure per impedire il fallimento delle piccole imprese riguardano la liquidità e si concretizzano nell’agevolazione dell’accesso al credito e nello sblocco immediato dei crediti che le aziende vantano nei confronti della Pubblica amministrazione (e che ammontano a circa 70 miliardi).
Fonte: http://
Un gioco al massacro!
martedì 26 marzo 2013
Chi ci aiuta a ritrovarla?
Pietro è un caro amico a cui hanno rubato la macchina dal suo box.
Il suo messaggio:
"Cari amici miei io sono stato danneggiato con il furto di questa macchina VI CHIEDO un piccolo favore se vedrete questa macchina chiamate alle Autorità è di condividerlo con i Vostri amici, c'è un segno particolare nella macchina che è un graffio sulla parabrezza di davanti sopra lo stemma FIAT, io sarò grato se mi potete aiutare GRAZIE."
Un grazie anche da parte mia, Cetta.
Bocydium globulare.
Membracidae Rafinesque, 1815, è una famiglia cosmopolita di insetti appartenente all'ordine dei RincotiOmotteri, superfamiglia dei Membracoidea. Questa famiglia rappresentano senza dubbio uno dei raggruppamenti più interessanti, nell'ambito degli Insetti, per la spettacolarità della loro morfologia che, malgrado le piccole dimensioni, non ha nulla da invidiare a quella dei più conosciuti Coleotteri.
Emblematico è il caso della specie brasiliana Bocydium globulare: in questo membracide, lungo appena 4 mm[1], al centro del pronoto si eleva un breve processo verticale che termina con una scultura singolare: davanti una serie di 4 sfere, disposte sullo stesso piano ai vertici di un trapezio, posteriormente un processo spiniforme, leggermente ricurvo verso il basso, che arriva fino all'altezza del vertice del clavo; l'intera scultura è irta di setole.
La singolarità del processo dorsale del Bocydium è tale che spesso è raffigurato come esempio. Il medico ed entomologo brasiliano MOREIRA DA COSTA LIMA (1887-1964) usò una rappresentazione del Bocydium nel frontespizio del terzo volume, dedicato agli Omotteri, del suo libro Insetos do Brazil, riproponendola come figura illustrativa nel paragrafo dedicato ai Membracoidea[2]. Nel paragrafo relativo a questa famiglia, TREMBLAY inserisce nel suo libro, come esempio di membracidi esotici "dalle strane forme", un'altra rappresentazione del Bocydium, in una figura comprendente anche un Membracis, lo Sphongophorus latifrons e lo Sphongophorus inflatus[3].
Conformazioni altrettanto bizzarre assumono i processi sviluppati dalle specie dei generi Sphongophorus, Hypsauchenia, Smerdalea, Hypsoprora,Pterygia, ecc. Alcune di queste specie sono ritratte nelle tavole seguenti, pubblicate nel 1915 da Edwin Wilson Cambridge, e fanno riferimento a membracidi dell'America centrale. La tavola 4 riporta anche i disegni di specie oggi classificate all'interno della famiglia Aetalionidae.
Il pesce con le ali. - Federica Ceccherini
Forse è più facile vederlo su una pirofila da forno, che nel suo habitat naturale. Questo esemplare di gallinella (Trigal lucerna), molto pescata nel Mediterraneo, si trova qui invece in una riserva marina in Corsica. Le “ali” altro non sono che pinne pettorali molto ampie che il pesce usa anche per muoversi sui fondali sabbiosi. Per “camminare” utilizza solo una parte di queste pinne a ventaglio, i primi tre raggi, infatti, sono liberi e fungono da arti. Fornite inoltre di papille gustative, le estremità mobili servono anche per sondare il terreno alla ricerca di gustosi molluschi e crostacei.
E se si sente minacciata la gallinella con la pinna caudale alza la sabbia facendosi completamente ricoprire, per nascondersi da eventuali predatori.
http://www.focus.it/ambiente/animali/Il_pesce_con_le_ali_C38.aspx
Caselli al Csm: “Chiedo tutela da accuse Grasso”.
Non si fermano le polemiche sul neo presidente del Senato, Pietro Grasso. Dopo l’intervento nella trasmissione “Piazzapulita” su La7 - per rispondere alle critiche rivoltegli dal vice direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio - a reagire questa volta è Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo e ora responsabile della Procura di Torino. Dall’ex collega, ora a Palazzo Madama, sono arrivate “accuse e allusioni suggestive” che hanno presentato “in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato”. E così Caselli ha scritto al Csm di “essere adeguatamente tutelato”.
Caselli si riferisce proprio all’intervento di Grasso nella trasmissione tv del 25 marzo in cui, scrive, il presidente “si è prodotto in un lunghissimo monologo, a mio giudizio contenente accuse e distorsioni suggestive, con il risultato di prospettare in maniera distorta vari fatti e circostanze afferenti la mia attività di magistrato”. Nella lettera, indirizzata al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, il magistrato rimprovera a Grasso un “comportamento” che ”mi appare innanzitutto per nulla rispettoso dei principi costituzionali che presidiano la separazione dei poteri e tutelano l’indipendenza della magistratura rispetto ad ogni forma (diretta o indiretta) di condizionamento ed ingerenza del potere politico, specie se tale potere corrisponde ad una delle massime cariche dello Stato. Ritengo inoltre detto comportamento profondamente lesivo dei miei diritti e della mia immagine in particolare là dove si insinua che il mio operato sarebbe stato caratterizzato dalla tendenza a promuovere e gestire processi che diventano gogne mediatiche ma restano senza esiti mentre tutta la mia esperienza professionale si è sempre e soltanto ispirata all’osservanza della legge, al rispetto dei presupposti in fatto e in diritto necessari per poter intervenire e alla rigorosa valutazione della prova”. Un comportamento “ancor più delegittimante nei miei confronti” se si pensa – osserva il magistrato torinese – che si è tenuto “nel giorno stesso in cui veniva pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell’Utri, sentenza relativa a un procedimento avviato dalla procura di Palermo quando il sottoscritto ne era a capo”. Caselli chiede al Csm di “essere adeguatamente tutelato” e annuncia di riservarsi “ogni iniziativa al riguardo”.
L’ex procuratore nazionale Antimafia ha più volte sottolineato le differenza di metodologia con Caselli dopo aver affermato che “ci sono stati molti processi spettacolari che hanno portato ad assoluzioni. Ma non faccio nomi, non sarebbe elegante…’’. ‘’Ho avuto dei buoni maestri come Caponnetto – ha detto Grasso – che in un suo libro rispondeva alle accuse di non aver proceduto contro l’ex sindaco di Palermo dicendo che questo tipo di processi sarebbe stato sbagliato perché seppur spettacolari sono quelli che portano alle controriforme contro i magistrati, con ritorsioni che danneggiano il funzionamento della giustizia. Pensare ad inchieste come una gogna pubblica, efficace perché distrugge un carriera politica, è una deviazione della funzione delle indagini – ha sottolineato – è anticostituzionale perché la Costituzione dà il potere al magistrato di indagare in funzione del processo. Questi sono i miei maestri – sottolinea – e ho seguito il loro esempio’’.