sabato 30 novembre 2013

Palazzo Grazioli, il condomino Berlusconi non paga l’affitto a FI. E cerca casa. - Carlo Tecce

Palazzo Grazioli, il condomino Berlusconi non paga l’affitto a FI. E cerca casa


Negli ultimi sette mesi non è stato pagato il canone delle sale occupate dal parlamentino del Pdl. Il tesoriere smorza le polemiche: "Abbiamo sforato di qualche giorno". Ma il padrone di casa li denuncia per morosità.

Non è senatore neanche a casa sua. Il decaduto Silvio Berlusconi lo sfrattano pure dal “parlamentino” di palazzo Grazioli, un emiciclo di legno intagliato che ha ospitato memorabili conferenze stampa, riunioni plenarie e simulazioni di governo. Perché il conte Emo Capodilista, ereditario assieme a Saverio (detto Lallo) Caravita di Sirignano, ha denunciato il defunto Pdl per morosità: abusivi, non pagano l’affitto da sette mesi, occupano l’aula di un finto Montecitorio, l’ex redazione del Mattinale (primo Piano) compreso l’ufficio di Paolo Bonaiuti e spergiurano di aver disdetto il contratto. E poi il fatidico 27 novembre dopo le fatidiche 17:42 e 30 secondi, il sofferente Berlusconi ha radunato le truppe di Forza Italia proprio nel “parlamentino”. Il tribunale civile di Roma dovrà valutare il danno.
Tra scissioni e riesumazioni, il tesoriere ha bloccato i bonifici: “Quanto sono pignoli, sciocchezze!”, assicura Maurizio Bianconi, toscano, cassiere. E l’avvocato (e deputato) Ignazio Abrignani, costretto a negoziare spiccioli, non vuole passare per taccagno: “Vi posso anticipare che l’accordo è vicino. Non capiamo l’azione di Capodilista. Abbiamo sforato di pochi giorni…”. D’un colpo, l’impunità di Silvio da Arcore evapora.
Ora va scoperto il Cavaliere parsimonioso, che non vuole saldare arretrati di un partito gestito da un tale Angelino Alfano e che la fidanzata Francesca Pascale ha iniziato al risparmio casalingo: inaccettabili i fagiolini a 80 euro per un chilogrammo. E così Berlusconi ha spedito l’architetto Gianni Gamondi in missione per le residenze più blasonate di Roma: caccia alla nuova magione, riservata, immune ai fotografi e ai giornalisti.
LA SCARSA PASSIONE per il giardinaggio di Francesca e Mariarosaria Rossi, senatrice e badante, ha scosso il pigro Silvio. L’episodio viene ricordato come determinante. Le virtù di palazzo Grazioli impongono che i fiori siano cambiati quasi ogni settimana, sempre freschi, impettiti, in salute. Per limare un piccolo spreco, Francesca e Mariarosaria ordinano pacchi di gerani di plastica, talmente ben truccati che il botulino è roba da dilettanti, e i commessi li sistemano nel cortile: la furia dei vicini, fra principi senza regno e duchi senza ducati, non va scritta perché andrebbe ascoltata. Evitato un trauma al barboncino Dudù, molto amico di un pari taglia di Saverio Caravita di Sirignano, Pascale era pronta al trasloco, a liberare anche il piano nobile con balcone su via del Plebiscito dove Berlusconi ha un paio di uffici e segretarie, tre sale da pranzo e dieci camere da letto. Addio Palazzo Grazioli, addio ricordi con Gianpi Tarantini e Patrizia D’Addario e con gli ex illustri coinquilini: il dalemiano Claudio Velardi e la tivù dalemiana, Red.
CALMA, IL CAVALIERE ha predicato calma. Perché il fidatissimo Gamondi, scultore di ville berlusconiane da Antigua a Lampedusa sino a Villa Certosa, non ha trovato il pezzo giusto più che il prezzo: adesso ha occhi solo per Palazzo Taverna. Per un po’ di pigrizia, raccontano gli amici di Fininvest, Silvio s’è fatto sfuggire il Pecci-Blunt, il palazzo con lo sguardo al Campidoglio. Dove Denis Verdini, anni fa, riuniva avventurieri e (Marcello Dell’Utri) per cercare di arrivare alla Consulta chiamata a decidere sul prezioso Lodo Alfano. Ma il Cavaliere, forse, avrà preferito ignorare quei mattoni pregiati e storici che sanno di sconfitta. Le ispezioni di Gamondi vanno avanti, piano: il decaduto non vuole abbandonare la Capitale, anche se non vuole più confondere politica e Pascale: “Per gli incontri di Forza Italia – rivela soddisfatto Abrignani – il presidente ci ha più volte consigliato di vederci nella sede di San Lorenzo in Lucina. Io sono felice perché l’ho scelta io. Ha apprezzato molto: è comoda, elegante, ma non di lusso; grande, ma non enorme; organizzata, ma non dispersiva. E dunque non andremo più a Grazioli”. 
Ovvio, non pagate da sette mesi… “Sì, mi sembra un’analisi corretta”, aggiunge Abrignani. Per i servizi sociali o i domiciliari, anche su suggerimento di Francesca, Berlusconi ha indicato Roma. Il prossimo palazzo dovrà avere un cancello molto imponente, numerose entrate, più verde (chissà se sintetico) e, soprattutto, tanta erba per Dudù. Dismesso da senatore e dismesso il “parlamentino”, il Cavaliere parsimonioso ricomincia da Roma 2.

L’HAI “LETTA” L’ULTIMA? - Gianni Gambarotta

LETTA E SACCOMANNI images


IL GOVERNINO LETTA-LECCA STANZIA 120 MILIONI DI EURO A FAVORE DEI GIORNALONI E APPENA 40 PER I POVERI – I FONDI ALL’EDITORIA ANDRANNO A CALTARICCONE, DE BENEDETTI, RIFFESER, CONFINDUSTRIA, CORRIERE…

I buoni titoli e gli amichevoli articoli sui giornali piacciono anche a Letta & company. La cifra che dovrebbe alimentare un fondo per aiutare le persone con difficoltà economiche sarà attinta dalle cosiddette pensioni d’oro…

Il governo di Enrico Letta ha deciso di reintrodurre il prelievo (ribattezzato con la parrocchiale definizione di contributo di solidarietà) sulle cosiddette pensioni d'oro. La misura era già stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale in quanto contrasta con il principio della generalità della legge contemplato nella nostra Carta repubblicana e fondamento dello Stato di diritto che segna una demarcazione rispetto alle monarchie assolute e le dittature.
Ma si sa, per quelli di sinistra il diritto bisogna che lo rispettino gli altri: se tocca a loro se ne infischiano. Dunque ecco la tassa extra sulle pensioni d'oro che, secondo le aspettative e in attesa di una nuova pronuncia della Corte, dovrebbe fruttare 40 milioni di euro. Cifra che dovrebbe alimentare un fondo per aiutare le persone in condizioni di povertà.
Massimo Mucchetti e Francesco Gaetano CaltagironeMASSIMO MUCCHETTI E FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE
Lo stesso governo Letta ha anche deciso di stanziare 120 milioni di euro a favore dell'editoria. Il settore e in difficoltà innegabili. Ma lo sono anche tanti altri e non ricevono le stesse graziose elargizioni. Ma che cosa volete farci? I buoni titoli e gli amichevoli articoli sui giornali piacciono anche a Letta & c. Dunque ecco i 120 milioni. Ma a chi vanno con precisione? Che cosa si intende esattamente per editoria? Facile rispondere: questi soldi se li divideranno Caltagirone, De Benedetti, Riffeser, Squinzi-Confindustria e i signorini del salottino buono che stanno mandando per aria la Rcs (Corriere della Sera).
y 2bag02 andrea monti riffeserY 2BAG02 ANDREA MONTI RIFFESER
Insomma: i padroni dei giornali e assimilati. Straordinario: 120 milioni per dei signori incapaci di trovare un futuro per le loro case editrici e 40 milioni per i poveri. Sbaglio o c'è qualcosa di stridente in questue due decisioni governative?
CARLO DE BENEDETTI DA FABIO FAZIOCARLO DE BENEDETTI DA FABIO FAZIO

Finanziamento ai partiti, la Corte dei Conti: “Dal 1997 leggi incostituzionali”.

Corte dei Conti

Il Procuratore del Lazio Raffaele De Dominicis, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi emanate, in difformità con il referendum dell’aprile 1993. La decisione è stata presa nell'ambito dell'indagine sull'ex cassiere della Margherita Luigi Lusi. Staderini (radicali): "Confermata truffa con destrezza".

Il Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi, a partire dal 1997, che hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti, per averlo fatto in difformità con quanto proclamato dai cittadini con il referendum dell’aprile 1993. 
La decisione – ha reso noto lo stesso procuratore nel corso di un incontro con i giornalisti a margine dell’udienza di parificazione del rendiconto della Regione Lazio – è stata presa nell’ambito dell’indagine istruttoria aperta nei confronti dell’ex amministratore-tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, sotto processo anche penalmente per illecite sottrazioni di denaro pubblico.
Ricordando che i cittadini, in occasione del referendum fornirono “una risposta decisamente negativa in relazione alla persistenza delle erogazioni di contributi statali a beneficio dei partiti politici e dei movimenti e/o gruppi ad essi collegati”, la questione di legittimità viene sollevata visto che le disposizioni successive al ’97 “sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario, e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate”.
Per la Corte dei Conti, quindi, “tutte le disposizioni impugnate, a partire dal 1997 e, via via riprodotte nel 1999, nel 2002, nel 2006 e per ultimo nel 2012, hanno ripristinato i privilegi abrogati col referendum del 1993, facendo ricorso ad artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo; gli sgravi fiscali al posto di autentici donativi; così alimentando la sfiducia del cittadino e l’ondata disgregante dell’antipolitica”.
Dalla normativa contestata, poi, deriva per il procuratore De Dominicis “la violazione del principio di parità e di eguaglianza tra i partiti e dei cittadini che, per mezzo dei partiti stessi, intendono partecipare alla vita democratica della Nazione. Infatti, – continua il procuratore – i rimborsi deducibili dal meccanismo elettorale risultano estesi, dopo il 2006, a tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare, in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche, siccome i trasferimenti erariali, a partire dal secondo anno, non solo si palesano come vera e propria spesa indebita, ma assunti in violazione del referendum dell’aprile 1993″. La differenziazione degli importi dei rimborsi dopo il primo anno dalle elezioni “si configura arbitraria e discriminatoria perché consolida la posizione di vantaggio solo di quei partiti che hanno raggiunto la maggioranza politico-parlamentare”.
“Una truffa continuata con destrezza ai danni del popolo italiano e della Costituzione, organizzata dai partiti attraverso il Parlamento”, afferma con nettezza ancora maggiore il radicale Mario Staderini, commentando il documento della Corte dei Conti. “Quella che sino ad oggi era un’accusa politica diventa finalmente -seppure con venti anni di ritardo- una sacrosanta accusa giuridica nei confronti della partitocrazia italiana”.

venerdì 29 novembre 2013

«Fonsai: 451 mila euro a La Russa allora ministro» La replica: «Pagamenti di vecchie fatture»

Parcelle pagate dalla compagnia dei Ligresti tra 2009 e 2010.

Tra il 2009 e il 2010, quando era ministro della Difesa, Ignazio La Russa avrebbe percepito dal gruppo Fonsai 451 mila euro come «parcelle spese sinistri» e «altre prestazioni di servizi». È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta di Milano - secondo quanto scrive la Repubblica - che vede indagati Salvatore Ligresti e Giancarlo Giannini per corruzione. Anche il figlio dell’ex ministro, Geronimo, avrebbe ricevuto parcelle professionali dal gruppo per un totale di 211mila euro. Analogo trattamento economico per il fratello del parlamentare di Fratelli d’Italia, Vincenzo, per un totale di 300mila euro.

LE PARCELLE - Le parcelle di La Russa, che non è indagato ed ha uno studio legale a Milano, emergono da un documento dell’Isvap in cui figurano i pagamenti fatti a parti correlate da Fonsai nel biennio 2009-2010. Dall’atto, frutto del lavoro ispettivo dell’authority, emerge che nel 2009 La Russa percepì dalla compagnia dei Ligresti e dalla sua controllata Milano Assicurazioni circa 297.400 euro, a cui si aggiunsero altri 153.600 euro nel 2010. La Russa è considerato parte correlata in quanto fratello di Vincenzo, allora consigliere di Fonsai, nonché padre di Geronimo, ex amministratore della controllante Premafin. L’Isvap rileva anche che nello stesso biennio Vincenzo La Russa percepì da Fonsai a titolo di «parcelle spese sinistri» circa 300 mila euro mentre l’allora quasi trentenne Geronimo La Russa, fatturò 211 mila euro tra «parcelle spese sinistri» e «altre prestazioni di servizi». Che i La Russa lavorassero molto con le società dei Ligresti è emerso con chiarezza a partire dal 2011, quando la Consob ha obbligato le società quotate a un maggior livello di trasparenza sui rapporti economici con parti correlate, quali sono gli amministratori, per neutralizzare i rischi di conflitti di interesse e di indebiti benefici. Dalle relazioni sulle remunerazioni per gli esercizi 2011 e 2012 delle società dei Ligresti emerge infatti che Vincenzo La Russa ha percepito complessivamente da Fonsai 1,094 milioni di euro (di cui 907 mila per prestazioni professionali e il resto come emolumento da consigliere). Una cifra vicina agli 1,1 milioni è stata versata da Premafin a Geronimo La Russa, anche in questo caso in gran parte (1,054 milioni) per «prestazioni professionali rese dallo Studio Legale La Russa» a Fonsai e a sue controllate. I servizi fatturati dalla famiglia La Russa alle compagnie dei Ligresti erano stati in passato oggetto di polemiche.
LA REPLICA DI LA RUSSA - Sentito telefonicamente, Ignazio La Russa replica così: 
«Mi meraviglia questo clamore - afferma - da avvocato ho intrattenuto rapporti con il gruppo Fonsai fin dal 1978». Ma tra il 2009 e il 2010 era ministro: «Da quando sono diventato ministro ho interrotto le mie attività professionali». E allora quei soldi? «Evidentemente si tratta di pagamenti per vecchie fatture incassati successivamente». Il ruolo di suo figlio e di suo fratello? «Si tratta di professionisti, che fanno il proprio lavoro, e che non vanno confusi o associati a me». Anche in passato ci sono state polemiche per le attività professionali della famiglia La Russa remunerate da società del gruppo Ligresti. Nel 2012, l’allora ministro, emanò un comunicato: «La collaborazione professionale degli studi legali La Russa con SAI S.p.A. è iniziata assai prima che in SAI S.p.A. entrasse il Gruppo Ligresti e che dura quindi continuativamente ormai da circa 40 anni». Per La Russa l’entità dei compensi percepiti dal fratello e dal figlio nel 2011 è «lecita» nonché, «modesta dedotte tasse, spese di studio e dei colleghi collaboratori». L’esponente di Fratelli d’Italia aveva anche assistito Salvatore Ligresti nel corso della trattativa con Unipol per l’integrazione dei due gruppi. «Io faccio l’avvocato - aveva affermato in occasione di un incontro in Mediobanca nel marzo del 2012 -. Da ministro mi sono astenuto dall’esercitare la professione e ora il mio studio può riprendere il mio apporto».

Sardegna: niente fondi, dai venditori di fumo. (#lettamente).

Attenzione: venditori di fumo all'orizzonte!
Dopo i disastri in Sardegna il Governo ha attivato la sua macchina del fumo, sbandierando su tutte le gazzette che il fondo per le calamità naturali sarà rimpinguato dai 68 milioni derivanti dal taglio al finanziamento pubblico ai partiti. Compiaciuta approvazione generale... peccato non sia vero nulla.
I 68 milioni per gli alluvionati, fiore all'occhiello del sottosegretario Legnini:

1) Non vanno alla Sardegna;
2) Non sono 68 ma 60
3) Il taglio al finanziamento ai partiti non è di questo Governo.
Proviamo a spiegare. Il famigerato taglio al finanziamento pubblico è stato fatto dal governo Monti nel 2012, mentre il governo Letta non ha ancora fatto un bel nulla in proposito: la sua #leggetruffa dorme in Senato e chissà quando si sveglierà.
La legge Monti, inoltre, già vincolava la destinazione dei fondi ai territori sconquassati dalle calamità naturali -o dall'urbanizzazione ad minchiam- a partire dal 2009. Quindi Marche, Lucca, Massa Carrara, Genova, La Spezia, Toscana, L'Aquila, Calabria e Basilicata. Di Sardegna non c'è menzione, dato che non avevano la palla di vetro (anche se quando si parla di dissesto idrogeologico il futuro è purtroppo certo...)
Ma la cosa più grave è che il governo Letta ha scippato quasi 8 milioni, 7.629.845 per la precisione, ai territori colpiti dalle calamità naturali: il comma 251 del maxiemendamento alla legge di stabilità dispone che dei 68 milioni previsti (e declamati da Legnini) 8 sono destinati a "interventi strutturali di politica economica". In due parole: fare cassa!
comma251.jpg
La notizia vera sarebbe quindi: "Abbiamo grattato 8 milioni agli alluvionati". Scommettiamo che non la sentirete in nessun TG?

ATTENZIONE !! Equitalia: se la multa arriva per raccomandata è nulla!

ZZZSSSS


Equitalia: se la multa arriva per raccomandata è nulla!

Migliaia di cartelle esattoriali di Equitalia sarebbero annullabili per effetto di alcune sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributarie di varie province d’Italia.

A dare speranza ai tanti che in si trovano ad avere a che fare con la temutissima società di riscossione è un vizio di forma riscontrato dai tribunali: Equitalia, infatti,non sarebbe autorizzata a inviare direttamente notifiche di pagamento. Secondo l’articolo 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, infatti, tali comunicazioni possono essere fatte soltanto dai soggetti legittimati e autorizzati, e l’articolo appena citato elenca, per filo e per segno, questi stessi soggetti: ufficiali di riscossione, messi comunali o agenti di polizia municipale (negli ultimi due casi per rendere valida la notifica è necessaria la stipula di una convenzione tra Comune e concessionario). Tutto ciò che non rientra in queste categorie non è autorizzato alla notifica diretta. Equitalia, sinora, era ricorsa alla notifica tramite raccomandata perché il primo comma dell’articolo 26 (che reca le disposizioni sulla “Notificazione della cartella di pagamento“) prevede la possibilità dell’invio postale con ricevuta di ritorno all’interessato: come hanno dimostrato diverse pronunce (CTP Lombardia n. 61/22/10, CTP Lecce n. 909/5/09, Tribunale di Rossano 08/01/2008), però, le comunicazioni postali sono concesse, anche in questo caso, solo ed unicamente agli agenti di riscossione: nessuna possibilità, quindi, che a farlo sia un altro soggetto.

I cittadini che hanno ricevuto, negli anni scorsi, le vituperate cartelle di Equitalia tramite raccomandata, si stanno facendo forti di queste sentenze e hanno cominciato a far arrivare alla società di riscossione una valanga di ricorsi da tutta Italia, con buone possibilità, visti i precedenti, di ottenere ragione da vari Tribunali d’Italia.

Sara Sapienza



E l'ho provato anche io sulla mia pelle. All'Università di Palermo tutti i test sono già truccati, si sa chi deve o non deve entrare. E per lavorare... Non ne parliamo nemmeno.

Sara Sapienza

Il Canto del Grillo o Coro di Angeli? Scopritelo.

suoni della natura non sono proprio come li sente il nostro orecchio umano, molti dei suoni che sentiamo gli animali li sentono in maniera differente. Per questo Jim Wilson ha pensato di ascoltarli in maniera differente.
Lui ha registrato il canto dei grilli e poi lo ha semplicemente rallentato… Il risultato è qualcosa di impressionante, quasi mistico…quello che si ascolta sembra un canto umano, un coro a dire il vero…
Mi piace pensare che ci sia un mondo parallelo, quello della natura, dove i suoni che noi sentiamo siano sentiti in una maniera diversa, forse i grilli sentono così, più lentamente, non lo so ma il suono è angelico e a confermarlo è il famoso creatore di colonne sonore come Fight Club, 12 scimmie, The Walking Dead, tra le altre, Tom Waits, che quando ha sentito per la prima volta questo “canto” ne è rimasto letteralmente affascinato.
Un’idea semplice ma dal risultato inaspettato, e Tom Waits parla così di Wilson e della sua idea:
«Wilson gioca sempre con il tempo. Di recente ho sentito un pezzo di registrazione del canto dei grilli rallentato fino a sembrare un coro, suona come un angelo, una musica frizzante, celeste piena di armonia e parti di basso… Roba da non crederci. E’ come un coro travolgente del cielo, ed è solo rallentato, il nastro non è stato manipolato. Quindi penso che quando Wilson rallenta la gente, ti dà la possibilità di vederla in movimento attraverso lo spazio. E c’è qualcosa che deve essere fatto per rallentare il mondo»
Di seguito potete ascoltare questo magnifico coro ancestrale. Nella registrazione ci sono due tracce la traccia dei grilli a velocità normale e la traccia dei grilli rallentata.

[Fonte soundcloud.com]

Il M5S incontra Julian Assange.

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Foto: i cittadini portavoce del M5S (da sinistra a destra) Carlo Sibilia, Maria Edera Spadoni, Mirella Liuzzi, Alessandro Di Battista, Angelo Tofalo e Paolo Bernini incontrano Julian Assange presso l'ambasciata dell'Ecuador a Londra.
"Abbiamo incontrato Julian Assange, giornalista, editore, esperto di sicurezza informatica e fondatore di WikiLeaks
Da 3 anni gli USA lo hanno messo sotto accusa per le pubblicazioni di WikiLeaks. 
Su Julian incombe un mandato di arresto internazionale da parte dell’Interpol su richiesta delle autorità svedesi. 
Da 528 giorni lui vive a Londra rinchiuso nell’Ambasciata ecuadoriana che gli ha concesso asilo politico. 
La Gran Bretagna impedisce al Governo ecuadoriano di fornirgli un “passaggio sicuro” che gli permetta di lasciare il paese. Lo abbiamo trovato in buona salute e motivato, forse un po’ pallido ma d’altro canto non vede il sole da molti mesi. 
Abbiamo deciso di incontrare Assange perché con lui condividiamo le battaglie per la trasparenza dell’informazione, per la libera circolazione delle notizie e per la libertà di stampa, diritti che aumentano il livello di consapevolezza dei cittadini. 
Nascondere le informazioni è uno dei tanti modi che i potenti hanno per accrescere il proprio potere personale. 
Julian è un combattente
Qualcuno lo ha definito “comandante ribelle sotto assedio”. Lui trova informazioni, le organizza e le condivide attraverso il sito WikiLeaks sul World Wide Web. Informazioni che imbarazzano lobbies e governi. 
Quando Assange fa partire un “leak” inizia la “british dance” come la definiscono in America Latina, l’informazione rimbalza in rete e non si ferma più. 
Con lui abbiamo parlato del futuro dell’informazione, della rete e delle minacce che provengono da gruppi di potere nazionali e internazionali. 
Abbiamo discusso sul tradimento dei grandi media che hanno sacrificato sull’altare del denaro il loro meraviglioso ruolo di controllori del potere. 
Oggi ne sono controllati. 
Se tagliamo il cordone ombelicale che collega i media al regime per i potentati è la fine. Con Assange si è discusso anche dei rischi che minacciano la libertà del web come il Datagate dimostra. 
I media di regime diluiscono, annacquano, edulcorarano le informazioni scomode. 
Ad Assange abbiamo presentato le nostre idee, la nostra visione dell’informazione, il mondo che costruiremo quando il M5S sarà al governo
Abbiamo un disperato bisogno di una informazione indipendente, i media tradizionali alterano la percezione della realtà. 
E’ drammatico constatare che le dieci “media companies” più importanti del pianeta detengano quasi la totalità del mercato delle informazioni e sono capaci di omologare ed appiattire ogni notizia. 
Il M5S è al lavoro per creare norme che non permettano a soggetti privati di possedere oltre il 10% di società di comunicazione, che diffondano la rete e che impediscano il controllo dei media da parte dei partiti. Il cambiamento è dietro l’angolo, vogliono farci credere che sia irrealizzabile. 
Ma così non è, basta guardarsi più intorno. Un uomo come Assange ha messo sotto scacco le intelligence di mezzo mondo e uno stato come l’Ecuador (non è un caso che Julian si sia rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana) ha dichiarato il debito pubblico immorale in quanto contratto da classi dirigente corrotte e non legittimate dal potere popolare. 
Siamo orgogliosi di aver incontrato Assange, lui sta cambiando il modo di vedere l’informazione e noi “cittadini nelle istituzioni” quello di vedere la politica. 
Assange continuerà la battaglia per liberare l’informazione da controlli verticistici. In molti lo detestano, lo attaccano, qualcuno vorrebbe vederlo morto ma il suo lavoro resterà nella storia del web. 
Le notizie messe in circolo da Julian, Snowden, dalla rete Wikileaks, non hanno causato danni, al contrario hanno dato acqua fresca a tutti i cittadini che hanno sete di conoscenza e che mettono in discussione il pensiero dominante. Uomini come Julian sono necessari per costruire un nuovo mondo, una nuova Europa una nuova Italia che abbia come fondamenta la libertà dell’informazione. 
Incontrare Assange significa andare OLTRE! Ci vediamo a Genova." M5S Camera

Un ringraziamento all’Ambasciata dell’Ecuador in Inghilterra e al Ministro degli Esteri Patiño per aver contribuito all’organizzazione dell’incontro con Assange.

Un giorno da veg: hamburger senza carne deliziosi. - Erika Facciolla

Chi l’ha detto che l’hamburger non può essere buono e succulento anche in versione vegetariana?
Ecco una ricetta da leccarsi i baffi per trasformare il classico burger di carne in un secondo bio salutare e gustoso, ideale per l’inverno ma ottimo anche nelle altre stagioni dell’anno.
Ecco cosa vi occorre:
  • patate medie rosse cotte a vapore
  • 1/4 di un piccolo cavolo cotto a vapore
  • 250 gr di ceci lessati
  • sale
  • erba cipollina
  • prezzemolo
  • olio extra-vergine di oliva
Preparazione. Dopo aver lessato e cotto a vapore ceci, patate e cavoli, passateli al passaverdure e metteteli in una capiente terrina. Aggiustate di sale, aggiungete il prezzemolo e l’erba cipollina sminuzzata. Impastate bene il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e morbido.
Lasciate raffreddare per qualche minuto e procedete con la creazione degli hamburger, che devono avere uno spessore di circa un centimetro e mezzo.
In un padellino antiaderente fate scaldare un paio di cucchiatate di olio e riponetevi gli hamburger vegetariani per 1-2 minuti, giusto il tempo che si rosolino per bene da entrambi i lati. Serviteli con una tenera insalatina di lattuga e pomodorini bio.

Il Presidente Giorgio Napolitano: Troppa libertà sul Web, ADESSO BASTA. Polizia intervenga.

Napolitano
É davvero conflittuale il rapporto tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il web. Nell’Italia repubblicana esiste un reato che si chiama “Vilipendio”. L’articolo 278 del Codice penale lo riporta “Offese all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica. Chiunque offenda l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Illustre Presidente Giorgio Napolitano,
prima che lei approdasse sul Web, avrebbe dovuto chiedere al suo ufficio stampa, cosa sono i Forum, blog o Social Network.
I Forum, Blog o Social Network, non sono controllati o gestiti da “editori o giornalisti leccaculo”, i quali scrivono solo quello che più le piace o conviene. I Forum, blog o Social Network, sono gestiti dal POPOLO, non ESISTE alcuna censura, silenzio o dittatura. Questi strumenti sono LIBERI.
Illustre Presidente Giorgio Napolitano, credo che nel nostro Paese ci siano problemi ben più seri a cui pensare, non crede?
Anziché preoccuparsi OGGI del Web, perché in questi anni non si é mai preoccupato dei tanti corrotti, collusi e mafiosi, presenti in Parlamento?
  • Illustre Presidente, chi pagava e chi prendeva tangenti, non andava candidato, non andava giustificato, non andava elogiato; ma andava semplicemente isolato, punito e CONDANNATO.
  • Illustre Presidente, i corrotti, i collusi ed i mafiosi, non andavano candidati, non andavano giustificati, non andavano elogiati: ma andava semplicemente isolati, puniti e CONDANNATI.
  • Illustre Presidente, chi usava i nostri soldi per farsi rimborsare massaggi, escort, iPhone, iPad, iPod, profumi, matrimoni, pranzi, cene, nutella e carta igienica; non andava candidato, non andava giustificato, non andava elogiato: ma andava semplicemente isolato, punito e CONDANNATO.
Illustre Presidente, quando sbattete in faccia al popolo stremato e in recessione tutti i vostri privilegi e gli sprechi pubblici, quando chiedete tasse e sacrifici per finanziare le banche estere, quando spolpate fino all’osso il popolo mentre voi ve la godete tra auto blu, escort, benefits e pensioni milionarie… beh questo non è un vero e proprio insulto a tutti noi comuni cittadini?
Illustre Presidente, avrebbe dovuto tirare i pugni sulla scrivania, urlando ai suoi Parlamentari, Onorevoli e Senatori; chi DERUBA i soldi nelle casse dello Stato, non é un furbo da imitare o invidiare, ma un CRIMINALE da punire, condannare e detestare; perché deruba i soldi di tutti NOI comuni ed onesti cittadini. Cazzo!
Adesso può ordinare ai suoi “angeli custodi”, di farmi arrestare.
A cura di Andrea Mavilla
La Polizia intervenga ed arresti "loro" che hanno distrutto la florida economia del paese per incapacità a governare e corruzione dilagante. Ci hanno vessati e continuano a vessarci, ci hanno coartato privandoci di tutti i diritti, anche quello del voto, che come si è ben capito, non ha alcuna validità perchè pilotato da una legge elettorale esecrabile e riprovevole.
Ora vogliono privarci anche della libertà di parola!

SCANDALO MPS/ Tutti gli interessi di Caltagirone, suocero d’oro di Casini, e di Letta (Goldman Sachs). - Carmine Gazzanni

Forse pochi lo sanno, anche perché nessuno, in questo periodo di facili (e legittime) accuse a questo o quel partito, l’ha ricordato. Eppure fino al 26 gennaio 2012 (precisamente un anno fa, dunque) vicepresidente e azionista (per il 4 per cento) del Monte dei Paschi di Siena era nientepopodimenoche Francesco Gaetano Caltagirone, il suocero d’oro di Pierferdinando Casini, uno dei principali finanziatori dell’Udc e sostenitori dell’operazione Monti-bis.
IL LEGAME, GLI INTERESSI, LE LEGGI AD HOC – Sui legami del trio Caltagirone-Casini-Monti ci siamo già occupati: l’ex premier, nel corso dei suoi tredici mesi di mandato, ha lavorato (e tanto) per dare nuova linfa al campo dell’edilizia dove – lo sappiamo bene – gli interessi dell’imprenditore romano sono più che forti. Leggi ad aziendam? Sarebbe troppo affrettato dirlo. Certo è che la politica economica infrastrutturale messa in piedi dall’esecutivo tecnico potrebbe avvantaggiare appunto i grandi costruttori italiani: dall’importo massimo portato fino a 40 mila euro per l’affidamento fiduciario (senza gara dunque) dei servizi di progettazione, all’obbligo di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle gare di ingegneria e architettura solo oltre i 100 mila euro; dai 224 milioni di euro già stanziati (ma si parla di un totale di 2 miliardi) per le aree degradate di alcune grandi città, al rilancio delle grandi opere pubbliche senza alcun rischio per le imprese (a rimetterci potrebbero essere invece le casse pubbliche); fino alla defiscalizzazione per le opere infrastrutturali.
Ma anche se prescindessimo da quanto detto, il legame rimarrebbe intatto dato che Caltagirone è il maggior finanziatore dell’Udc, il partito del genero Pierferdinando Casini, uno dei promotori più decisi del Monti-bis. Ecco allora che sorge qualche dubbio: perché nessuno dall’Udc ha alzato la voce sul caso Mps? E perchè Mario Monti è stato così prodigo nell’attaccare il Pd, dimentico però del ruolo che fino all’altro ieri rivestiva chi oggi lo sostiene?
CALTAGIRONE: IL SOCIO-VICEPRESIDENTE. E CLIENTE DI RIGUARDO DI MPS – Una possibile risposta potremmo averla se guardassimo a quelli che sono stati gli affari di papà Caltagirone nel periodo della sua vicepresidenza a Siena. Va precisato immediatamente un particolare: il rapporto col dimissionario Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps, è stato più che redditizio. E dove ha inciso soprattutto? In campo edile, ovviamente. Un caso su tutti. Nel 2009 il Monte dei Paschi, attraverso Antonveneta (successivamente incorporata in Mps Immobiliare) ha venduto alcuni immobili. Indovinate a chi? Alla Immo 2006 srl, società controllata indirettamente da Francesco Gaetano Caltagirone. Costo dell’operazione: 37,58 milioni di euro.
Finita qui? Certo che no. Per il socio-vicepresidente-imprenditore-cliente gli affari sono stati d’oro durante questo periodo. E allora ecco un altro finanziamento notevole: sempre nel 2009 alla Cementir Holding (direttamente controllata dalla Caltagirone spa) sono stati erogati dalla banca di Rocca Salimbeni 49,5 milioni. Ma, probabilmente, non sono bastati. E allora, dopo solo un anno, da Siena sono arrivati altri finanziamenti per Caltagirone per oltre 200 milioni di euro, concessi ovviamente in varia forma tecnica, più mutui fondiari per 30 milioni alla Immobiliare Caltagirone, altra società di punta dell’imprenditore romano. La Immobiliare, però, nel corso degli anni, ha goduto anche di altri corposi finanziamenti provenienti proprio dalla banca diretta da Mussari. Come quello del 2008: 120 milioni di euro.
C’è da dire, però, che Mussari non ha mai fatto nulla per nulla. E allora, se la banca è stata decisamente prodiga negli anni, Caltagirone imprenditore non è stato da meno nei confonti di Caltagirone socio e vicepresidente di banca: a fine 2010 erano circa 296 i milioni depositati presso Montepaschi, per lo più appartenenti alla controllata (e quotata) Caltagirone Editore.
Un rapporto proficuo per tutti, insomma. E allora perché non allargarlo ulteriormente? Ci si pensa a maggio 2010: il cda di Mps delibera un “incremento delle linee di credito ordinarie con utilizzo secondo varie forme tecniche per 175 milioni di euro a favore di Acea S.p.A”, poi seguite da altri 15 milioni. Anche la multiutility romana, leader – come si legge sul sito – “nel settore idrico e dell’energia”, è ovviamente una partecipata da Caltagirone (allora al 13 per cento, oggi al 15).
CALTAGIRONE SI DIMETTE: PUZZA DI BRUCIATO? – Il 26 gennaio dell’anno scorso però, come detto Caltagirone dà le sue dimissioni dal consiglio di amministrazione della banca e dal suo incarico di vicepresidente. Esce dalla banca, di cui peraltro era anche socio detenendo il 4 per cento delle azioni. L’imprenditore, d’altronde, si era già autosospeso dall’incarico il dieci novembre in seguito alla condanna a tre anni e sei mesi di reclusione nell’ambito del processo per la tentata scalata dell’Unipol alla Bnl. Una scelta morale, sembrerebbe. Di onestà intellettuale. In realtà le cose non stanno così. Per due motivi. Innanzitutto perché, da quanto sta emergendo in questo periodo, Caltagirone sapeva molto di più di quanto non si pensi, soprattutto sull’operazione Antonveneta, oggi tornata di così stretta attualità. E secondo perché, come vedremo nel prossimo paragrafo, gli affari con Mps continuano ancora oggi. Nonostante tutto.
Ma cominciamo dal primo dei due punti sollevati. Proprio ieri il CorSera è andato a spulciare i verbali del consiglio di amministrazione da settembre a dicembre 2011. In quel periodo la banca appariva decisamente in affanno. Già a settembre, infatti, i consiglieri di amministrazione prendono coscienza della necessità di intervenire. Ma prima bisogna farsi i conti in tasca: capire cosa realmente ci sia nei portafogli della banca. Sebbene, almeno formalmente, non ci sia traccia nei verbali dei derivati oggi sotto la lente di ingrandimento della Procura di Siena (Alexandria, Nota Italia e Santorini), la preoccupazione è alta. “Quanti Btp abbiamo in portafoglio?”, chiede proprio lui, il vicepresidente di allora Francesco Gaetano Caltagirone.
Il capo del risk management Giovanni Conti ammette la difficoltà e risponde a Caltagirone: 28 miliardi di titoli governativi, 21,6 dei quali dello Stato italiano, il 40% dei quali “si concentra su scadenza lunghe”. Caltagirone contesta: Il portafoglio è “marcatamente sbilanciato” sia per Paese sia per le scadenze “prolungate”. Sebbene il direttore finanza Giovanni Baldassari cerchi di difendersi, non riesce a convincere il vicepresidente: “la situazione non è ulteriormente sostenibile, sia come rischiosità che come conseguenze di conto economico, si devono prendere opportuni provvedimenti per alleggerire queste posizioni”.
Insomma, nella ricostruzione di Fabrizio Massaro sul Corriere appare chiaro che Caltagirone avesse avuto sentore del rischio di restare in banca, soprattutto come socio e come dirigente di punta. Dopo pochi mesi, infatti, rassegna le sue dimissioni e cede tutte le sue azioni. Ecco perché, dunque, non è credibile la tesi secondo cui ci sia dietro un gesto nobile dopo la condanna per la scalata Unipol. Caltagirone non avrebbe voluto dimettersi. Tanto che ben presto passa ad un’altra banca: acquista l’1 per cento delle azioni di Unicredit e riesce a inserire il figlio Alessandro nel cda. Pronto, dunque, per nuovi e proficui affari.
caltagirone_letta_scandalo_mpsGLI AFFARI CONTINUANO. OCCHIO AL “TRUCCO” – Affari che, tuttavia, non sono certo stati interrotti tra Caltagirone e Mps. Prova ne è la joint venture Fabrica Immobiliare sgr, che gestisce diversi fondi che, come si evince dal sito, sono tutti intestati a grandi filosofi dell’antichità: Aristotele, Seneca, Socrate, Pitagora, Cartesio. Dietro gli impegnativi richiami al pensiero del passato, però, ci sono interessi e giochi economici di prim’ordine. Stando al bilancio 2010 della banca senese, infatti, “tra nuovo credito, mutui e affidamenti ordinari alla sgr e alla galassia di fondi chiusi gestiti da quest’ultima, Fabrica Immobiliare lo scorso anno ha ricevuto da Banca Monte dei Paschi risorse per oltre 107 milioni”. Nel corso degli anni ognuno di questi fondi è stato finanziato. Giugno 2009: per il fondo Forma Urbis mutuo da 14 milioni. Luglio 2009: 39,4 milioni per i fondi Pitagora, Etrusca Distribuzione e Socrate. Novembre 2009: “affidamenti a carattere ordinario” per 35,1 milioni di euro per il fondo Socrate.
Ma, come detto, gli affari continuano ancora oggi. Basta andare a vedere chi sono gli azionisti della Fabrica Immobiliare: per il 49,9 per cento la Fincal spa (direttamente controllata da Caltagirone spa), per lo 0,02 per cento da Alessandro Caltagirone e per l’altro 49,9 per cento proprio dal Monte dei Paschi. Cosa vuol dire questo? Che, in teoria, la società non ha un socio di controllo. Un gioco sottile, dunque, quello di affidare lo 0,02 per cento delle azioni ad Alessandro che, nonostante sia figlio di Francesco Gaetano, non ha alcun ruolo in Fincal. Ergo: grazie a questo assetto proprietario, nessuno è tenuto a consolidare la sgr sui propri bilanci. In altre parole, i relativi e possibili debiti non vengono consolidati nei conti del gruppo, ma iscritte in bilancio per la quota parte di patrimonio netto. Dunque, anche su quelli del Mps. Gli affari continuano. Anche se sottotraccia.
TUTTI COINVOLTI – Caltagirone, però, non è l’unico ad aver avuto (e ad avere tuttora) rapporti con il Monte dei Paschi. Tutta la politica, nessuno escluso, pare legata agli interessi della banca senese. A giusta ragione – ma forse troppo semplicisticamente – si dice che il Monte dei Paschi sia la banca del Pd. Vero: Mussari è uomo in orbita democratici, tanti sono stati i finanziamenti della banca arrivati al partito e, di contro, tanti sono gli amici del Pd che occupano posti dirigenziali nella banca. Dire, però, che Mps sia solo legata al partito di Pier Luigi Bersani – come fatto da Grillo, Monti e Berlusconi – è fuorviante. Significa, in altre parole, nascondere una grossa fetta di verità. Per quanto riguarda Monti esemplificativo è il caso, appena illustrato, di Caltagirone,finanziatore numero uno del partito del genero Pierferdinando Casini e uno dei più fervidi promotori del Monti-bis. Non se la scampa, però, nemmeno Silvio Berlusconi. Tutt’altro. in questi giorni, infatti, sono spuntati tutti i rapporti che, nel corso degli anni, hanno tenuto in affari Mps da una parte e il Cav dall’altra. È lo stesso Berlusconi d’altronde ad aver ammesso che “grazie a Mps potei costruire Milano 2 e Milano 3, era l’unica banca che concedeva mutui premiando la puntualità dei pagamenti”. Come ricostruito da Marco Lillo su Il Fatto, l’atteggiamento di allora della banca fu del tutto particolare. Il 9 ottobre 1981 il sindacato ispettivo del Monte dei Paschi scrive: “La posizione di rischio verso il gruppo Berlusconi ha dimensioni e caratteristiche del tutto eccezionali e dimostrano l’esistenza di un comportamento preferenziale accentuato”. Da allora, dunque, un connubio ininterrotto quello tra B. e la banca senese, come testimoniato anche dai bonifici con causale prestito infruttifero alle Olgettine del ragionier Spinelli.
L’INTRECCIO MPS, GOLDMAN SACHS E GIANNI LETTA – Un nome che finora non è uscito, però, è quello di Gianni Letta. Anche il sodale da sempre di Silvio Berlusconi è legato a doppio filo col Monte dei Paschi. E il tramite è di tutto rispetto: la Goldman Sachs.
Cerchiamo di capire. La questione, ricostruita dalla giornalista Debora Billi sul suo blog, è decisamente interessante. Anche perché riguarda proprio quello su cui sta indagando in queste ore la magistratura: l’acquisizione di Antonveneta dagli spagnoli del Santander. Per gestire l’operazione Mussari decide di affidarsi proprio alla banca americana che, insieme, a Citigroup, Merrill Lynch, Credit Suisse, Mediobanca e Jp Morgan copre anche economicamente l’operazione. Si legge sul CorSera del 21 dicembre 2007: “Citigroup, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Credit Suisse e Mediobanca si sono impegnati a sottoscrivere fino a 2,5 miliardi di euro. Jp Morgan, Goldman Sachs e Mediobanca cureranno il convertibile. Merrill, Citigroup, Goldman Sachs e Credit Suisse garantiranno poi la sottoscrizione degli strumenti di debito subordinati. Per il finanziamento ponte, infine, che verrà utilizzato da Mps nel caso di ritardi e problemi sugli altri due fronti, Citigroup, Goldman Sachs, Merrill Lynch e anche Credit Suisse e Mediobanca per la loro parte ne assicureranno la sottoscrizione”. Insomma, l’acquisizione – proprio quella su cui si è soffermata la lente della magistratura – è stata seguita in tutte le sue parti dalle banche.
Ma ecco il punto. Soltanto pochi mesi prima – giugno 2007 – la Goldman Sachs aveva affidato all’ex sottosegretario alla presidenza Gianni Letta l’incarico di consulente per l’Italia e componente del proprio international advisory board. Ruolo decisivo dato che, a conti fatti, Letta ha seguito tutte le operazioni della banca in Italia in quel periodo. A cominciare proprio dall’acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi.
Insomma, tutti sono legati alla banca senese. Il fango che in questi giorni ci si getta a vicenda non ha alcuna credibilità. È come quando un bambino, dopo aver commesso la marachella, getta le responsabilità sul compagno che gli sta affianco. In fondo, lo fa solo perchè teme di essere scoperto. 

Legge di Stabilità, le misure approvate dal Senato.

Nel 2014 le prime case pagheranno (oltre alla Tari) la Tasi con un’aliquota dall’1 al 2,5 per mille. Nel caso in cui l’aliquota Imu applicata nel 2013 fosse stata più bassa, questa diventerà il tetto insuperabile. Possibili detrazioni dei Comuni. Case di lusso, ville e castelli continueranno a pagare Imu e ora anche la Tasi e la Tari. Per quanto riguarda le seconde case continueranno a pagare l’Imu cui si aggiungerà la Tasi (oltre alla Tari per i rifiuti). La somma delle aliquote di Imu e Tasi non potrà superare lo 10,6 per mille, che è esattamente uguale all’aliquota massima della vecchia Imu attualmente in vigore sulle seconde abitazioni.
Tagli al cuneo fiscale fino a 32 mila euro - Le detrazioni sul lavoro saranno concentrate nella fascia di reddito tra i 15 e i 18 mila euro annui lordi con un beneficio massimo per le buste paga dei lavoratori pari a 225 euro netti annui. A scalare, le detrazioni riguarderanno tutti fino ad arrivare alla soglia di reddito di 32 mila euro annui lordi.
Il reddito minimo verrà recuperato dalle pensioni d’oro - Una forma sperimentale di reddito minimo destinato alle grandi aree metropolitane: sarà finanziato con un contributo di solidarietà sulle «pensioni d’oro»: 6% oltre i 90 mila euro, 12% oltre 128 mila euro e 18% sopra 193 mila euro. Il gettito previsto è di 40 milioni nei prossimi tre anni.
Cartelle esattoriali: azzerati gli interessi - Interessi azzerati per “rottamare” le vecchie cartelle esattoriali di Equitalia. Si dovrà invece pagare il 100% della sanzione e della tassa dovuta. Per aderire i debitori avranno tempo fino al 30 giugno 2014. La norma, secondo i relatori, dovrebbe consentire di sbloccare una parte significativa dell’attuale contenzioso tributario.
Per le calamità fondi dai partiti - Saranno le risorse risparmiate dalla riduzione del finanziamento pubblico ai partiti politici a finanziare il Fondo contro le calamità naturali. Questo fondo interviene per contrastare emergenze come quella che si è appena verificata per l’alluvione in Sardegna. Le risorse ammontano a 68 milioni di euro.
Risorse per gli stadi solo se già esistenti - Dopo le polemiche è stata modificata la norma sugli stadi. Si prevede l’aumento del Fondo di garanzia presso l’Istituto di credito sportivo solo per ammodernamento, sicurezza e sviluppo degli impianti sportivi già esistenti e non per la costruzione dei nuovi stadi. Salta la possibilità di edificare in aree non contigue agli stadi.
Cdp compra crediti con garanzia statale - Con la garanzia dello Stato, la Cassa Depositi e Prestiti potrà intervenire acquistando titoli cartolarizzati delle imprese di ogni dimensione. Inoltre nasce il Sistema nazionale di garanzia con due fondi: uno a favore delle Pmi e uno per i mutui delle famiglie e dei lavoratori co.co.pro.
Trasferire servizi di pagamento sarà gratuito - Il cliente può chiedere di trasferire a un altro istituto bancario i servizi di pagamento connessi al proprio conto corrente, senza pagare spese aggiuntive e in due settimane di tempo. Il trasferimento a costo zero per il risparmiatore non riguarda il semplice rapporto di conto in quanto tale.
Salta la sanatoria sulle spiagge - Saltano la sanatoria sulle pendenze delle concessioni marine e la sdemanializzazione delle aree attigue alle spiagge. L’emendamento che prevedeva la delega regolamentare per rivedere le concessioni demaniali e la sanatoria sulle pendenze giudiziarie sui canoni non sono state recepite nel maxiemendamento.
Risorse per gli stadi solo se già esistenti - Dopo le polemiche scoppiate negli ultimi giorni è stata rivista la norma sugli stadi. Si prevede l’aumento del Fondo di garanzia presso l’Istituto di credito sportivo solo per ammodernamento, sicurezza e sviluppo degli impianti sportivi già esistenti e non per la costruzione dei nuovi stadi. Salta la possibilità di edificare in aree non contigue agli stadi.