Alitalia: beffa agli italiani sotto la regia di Corrado Passera. - Gianluca Paolucci



Che fine hanno fatto "i patrioti" che nel 2009 avevano promesso di salvarla per conservarne l'italianità? Tutti grandi buffoni, che con il tempo, per un motivo o un altro, si sono dileguati.

ROMA (WSI) - Parliamo quando avremo tutti gli elementi, dice il ministro dello sviluppo economico Corrado Passera a proposito della cessione della compagnia che fu di bandiera ad Air France. Passera che, nella sua precedente vita di banchiere, è stato anche il gran regista dell’operazione che portò i «patrioti» a controllare la compagnia con la benedizione del governo Berlusconi lasciando fuori l’invasore francese. 

In effetti, a quattro giorni dalla scadenza degli accordi che imponevano di non vendere, tra i «patrioti» che nel 2009 hanno tenuto a battesimo la nuova Alitalia, in più d’uno ha dovuto passare qualche guaio e molti sarebbero felici di vendere. Iniziando dagli unici che hanno già detto addio, i fratelli Fratini, alle prese con una forte esposizione debitoria del loro gruppo che spazia dagli outlet al turismo di lusso. 

La loro finanziaria Fingen ha venduto nel 2011 alla Ottobre 2008, società controllata da Intesa Sanpaolo che ha portato così la sua partecipazione sopra al 10%. Sopra Intesa, socio e gran regista dell’operazione Cai realizzata ai tempi della gestione di Corrado Passera, ci sono i Riva con il 10,6%. 

Il caos Ilva ha portato una raffica di mandati d’arresto per gli esponenti del gruppo, mentre il vicepresidente Fabio Riva è ufficialmente latitante. 
Primo azionista è invece Air France. Le voci di un suo acquisto della compagnia sono state smentite ieri. Anche a Parigi, malgrado un mandato esplorativo assegnata a Lazard per studiare le opportunità, non se la passano tanto bene. 

Tra i patrioti di quell’inizio 2009 c’erano anche i Ligresti. Caduti nel frattempo in disgrazia, con penosa scia di indagini della magistratura, per i troppi debiti fatti e l’eccessiva leggerezza gestionale delle società quotate del loro gruppo.

Fondiaria Sai, titolare diretta della partecipazione in Alitalia, è così passata ai neo-patrioti di Unipol. E che dire di Francesco Bellavista Caltagirone, patron di Acqua Marcia? Dopo una lunga carcerazione preventiva terminata in dicembre è ancora indagato per truffa per le vicende del porto d’Imperia. 

Ma il suo gruppo immobiliare continua ad avere problemi di debito e liquidità, malgrado i vari piani di riassetto che si sono susseguiti dal 2010 in avanti. Poi c’è Antonio Angelucci, reuccio delle cliniche romane, editore e senatore Pdl. Da portantino a patriota, con qualche inciampo con la giustizia Se cercate informazioni su di lui non rivolgetevi a Wikipedia: la pagina è bloccata «per minaccia di azioni legali». 

Più recenti i fatti relativi all’immobiliarista Achille D’Avanzo, (Solido Holding): è indagato a Napoli dal novembre scorso, insieme all’ex numero uno del Sismi, Nicolò Pollari, per uno stralcio dell’inchiesta sulla P4. 

Tra i guai minori, da segnalare le liti di Marco Tronchetti Provera (Pirelli) con i soci Malacalza e il gruppo Gavio che nel frattempo ha perso il controllo di Impregilo, soffiata alla famiglia piemontese dai romani Salini, dopo una lunga battaglia non priva di colpi bassi. Chi di certo ci ha guadagnato è stato il gruppo Toto. Incassati 300 milioni per AirOne, continua ad incassare per girare gli Airbus prenotati dalla sua vecchia compagnia. 

Un buon affare, forse perfino troppo, dato che la nuova Alitalia ha avviato un contenzioso chiedendo indietro 20 milioni per una serie di magagne, emerse dopo l’acquisizione di AirOne da parte della compagnia. Chi sorride è Colaninno: la sua Piaggio ha chiuso il 2012, incrementando vendite e quota di mercato malgrado la crisi. La sua holding Immsi da ieri sorride un po’ di più. A mercati chiusi, ha smentito i contatti con Air France. Troppo tardi per frenare gli acquisti in Borsa, che nel frattempo avevano portato Immsi a guadagnare il 18%. 


CAMERON MINACCIA L’ARGENTINA. IL GOVERNO SUDAMERICANO RISPONDE E SCOPRE GLI ALTARINI GUERRAFONDAI. - Sergio Di Cori Modigliani



Dal punto di vista mediatico (oltre a quello sostanziale) è davvero molto interessante rilevare le modalità di uso e di consumo della guerra tra le due Cristine.
Il primo ministro inglese, David Cameron, ha scelto di dare una risposta alla lettera inviatagli dalla presidente argentina Cristina Kirchner, in diretta televisiva sulla BBC. Contrariamente alla tradizione giornalistica anglo-sassone, sempre molto corretta in frangenti come questi, l’emittente britannica non ha mostrato (né letto né sintetizzato) il testo originale inviato dalla Kirchner, accettando per buona la versione del primo ministro, il quale si è detto obbligato a intervenire in seguito “a minacce ricevute dal governo argentino in relazione alla sovranità di un pezzo del nostro territorio nazionale”.

Ecco qui di seguito l’estratto dell’intervista così come viene riportata dal Guardian, il più radicale tra i media britannici: UK will fight for the Falklands, says David Cameron 

In Italia non se ne parla, se non per un brevissimo pezzo diffuso dall’agenzia di stampa italiana AGI. 

Eccolo: Cameron, "Pronti alla guerra per difendere le Falkland"

08:05 07 GEN 2013
(AGI) - Londra, 7 gen. - Londra e' pronta alle armi per difendere le Falkland. David Cameron rispolvera parole di guerra di fronte alle nuove rivendicazioni avanzate dal presidente dell'Argentina, Cristina Kirchner, che aveva accusato Londra di esercitare sulle terre contese, e all'origine di una guerra tra i due Paesi, "un colonialismo da diciannovesimo secolo". La Gran Bretagna, ha detto Cameron intervistato dalla Bbc, possiede "forti armi di difesa" sul posto ed e' "assolutamente chiaro" che le usera' nel caso di un confronto militare. "Ricevo regolarmente una serie di rapporti sulla questione", ha sottolineato Cameron, "poiche' voglio sempre essere al corrente della nostra solidita' militare e della nostra determinazione. Abbiamo diversi caccia e' unita' militari nelle Falklands". A marzo i 3.000 abitanti delle isole esprimeranno in un referendum il desiderio di restare o meno nella Gran Bretagna.

Né in Italia, né in Gran Bretagna, né in nessun altro paese europeo –con l’eccezione della Francia, della Cekia e dell’Irlanda-  sono state diffuse le reazioni sudamericane, sia quelle “ufficiali” del governo che quelle della stampa e della società civile. Ecco, qui di seguito, l’editoriale del quotidiano La Naciòn (il corrispondente argentino del nostro corriere della sera) da sempre su posizioni moderate di centro:

Il testo recita così: El Gobierno repudió las "amenazas militaristas" de Cameron por Malvinas 

Mentre l’Europa fa finta di niente con la consueta miopia che la contraddistingue, pungolata soltanto da Hollande, che ha dichiarato “essendo stata inviata una copia della lettera, oltre che al segretario dell’Onu, anche all’Unione Europea, sarebbe auspicabile aprire immediatamente una discussione in merito presso le diplomazie dei 27 paesi membri” i cittadini del nostro continente non sono in grado di poter comprendere che cosa stia accadendo.

In verità, tutto ciò è una semplice tappa della “guerra tra le due Cristine”, tant’è vero che in Europa è stata completamente censurata sia l’intera dichiarazione ufficiale del governo argentino, sia le reazioni brasiliane, uruguaiane, cilene, ecuadoriane, boliviane, venezuelane, tutte relative allo scontro economico tra i due continenti.

Sostiene il governo argentino “riteniamo che le dichiarazioni del premier britannico David Cameron, che ha scelto di usare toni minacciosi dal sapore bellico come risposta a una nostra lettera diplomatica (la cui richiesta consisteva nell’aprire un tavolo di discussione) non possiamo non considerare tale risposta come un semplice diversivo per impedire alla popolazione britannica di prendere atto che il governo inglese sta scegliendo di investire una gigantesca somma di denaro pubblico in armamenti e forniture belliche, a danno della ripresa economica, dello sviluppo e del progresso. Riteniamo che la Gran Bretagna e l’Europa, invece di flettere i muscoli minacciando la guerra, dovrebbero piuttosto occuparsi di portare guerra alla disoccupazione, all’abbattimento dello stato sociale, alla miseria che si sta diffondendo sempre di più in tutto il continente europeo. Non è una novità che le potenze, quando sono all’angolo, tentano di esportare i propri problemi all’estero “inventando” delle guerre per cercare, irresponsabilmente, di poter risolvere così dei conflitti interni”. 

Siamo venuti a sapere, quindi (così come la maggior parte degli internauti inglesi) attraverso i networks sudamericani, sia quelli mainstream che quelli indipendenti digitali, come il parlamento britannico stia per varare una serie di misure governative che daranno il via a un investimento di circa 80 miliardi di sterline (intorno a 100 miliardi di euro) a favore del Ministero della Difesa, nel nome della “assoluta e inderogabile necessità di provvedere alla salvaguardia e difesa nazionale”, per acquistare nuove armi e aumentare il budget militare, seguitando a tagliare le spese nei settori della sanità e dell’istruzione. La controversia su queste piccolissime isolette in fondo al Polo Sud capita a fagiolo per David Cameron.

Il fatto è che le guerre (secondo la tradizione sia formale che legale) in Gran Bretagna le dichiara e le lancia la corona. Se non c’è la firma del re, non c’è nessuna guerra. E il principe Carlo (a un passo dall’esercitare il suo mandato) -è cosa nota- è un uomo incline al pacifismo, è disponibile a risolvere subito la faccenda in maniera diplomatica e armoniosa, pende verso la green economy, e non ha nessuna intenzione di finire sui libri di Storia come il re che ha procurato al popolo britannico fame, disperazione e sofferenza per salvaguardare gli interessi dei colossi finanziari e di qualche generale in fregola. E’ proprio il caso di dire: noblesse oblige.

Questa zuffa tra la Kirchner e Cameron, pertanto, non è una cosa da poco.
E’ ben più importante delle discussioni tra Monti, Barroso e la Merkel, perché ormai l’hanno capito tutti che si tratta soltanto di finzioni formali.

E’ lo scontro tra due diverse e opposte interpretazioni del ruolo che la classe dirigente politica di ogni nazione in occidente deve assumersi la responsabilità di scegliere di avere in questo momento: proseguire nell’attuale piano di strozzamento del mondo del lavoro, aumentando la disoccupazione, abbattendo lo stato sociale, restringendo gli investimenti pubblici nel nome del rigore e dell’austerità imposte dal fiscal compact, favorendo soltanto i colossi finanziari, le banche e l’industria degli armamenti, oppure cambiare rotta e applicare delle politiche economiche espansive, di stimolo all’investimento, per rilanciare l’economia civile restringendo i budget militari.  v Se prendiamo le due frasi, sia quella di Cameron che quella della Kirchner, ci rendiamo conto di quale sia la posta in gioco e come, dietro tutta questa vicenda, ci sia l’invisibile e onnipresente mano del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Dice Cameron: “Difenderemo le Falkland anche con la guerra se necessario”. Sostiene la Kirchner: “Meno cannoni e meno bombardieri e più lavoro e più occupazione: di questo ha bisogno l’Europa non di una guerra ”.

Cameron ha poi risposto al governo argentino con aria sprezzante e razzista “Non accettiamo da un lontano staterello sudamericano lezioni su ciò che l’Europa deve o non deve fare”. 

E la Kirchner ha risposto: “E allora, se è così, perché l’Europa ci invia di continuo degli ispettori del Fondo Monetario Internazionale per dirci ciò che noi dobbiamo fare in materia economica, prospettandoci delle manovre che in Europa hanno prodotto soltanto miseria e dolore distruggendo l’economia europea?”.

Riguarda tutti noi, dunque.

Non si tratta di una polemica sterile, bensì di uno scontro sostanziale.

Tant’è vero che da anglo-argentino, questo conflitto è diventato in pochissime ore uno scontro tra l’Europa e il continente americano. Questo voleva Christine Lagarde.

E’ la conferma di una spaccatura storica che non riguarda delle isolette inutili, ma ben altra materia. Rivela uno scontro poderoso tutto interno alla vita politica britannica tra la massoneria conservatrice inglese che controlla la finanza della city e la corona, la quale –non a caso- cinque mesi fa ha ordinato come arcivescovo di Canterbury, la più alta carica religiosa, un uomo di cui si è parlato molto poco ma la cui nomina ha sconvolto più di un club che a Londra conta. Il capo dei pastori anglicani è un uomo che ha lavorato venti anni come analista finanziario nella centrale di Goldman Sachs, poi si è dimesso e ha pubblicato un libro rispetto al quale le dichiarazioni di Paolo Barnard sono gridolini da scuola elementare. In seguito a quella esperienza il capo degli anglicani sostiene di aver avuto una conversione religiosa e di aver scelto “di dedicare il resto della mia esistenza all’abbattimento della dittatura malefica dei colossi finanziari di cui conosco perfettamente i macabri rituali di morte e di devastazione delle esistenze” (è uno che parla così). La corona inglese lo adora, lo stima e lo rispetta. Soprattutto il principe Charles. Tant’è vero che l’hanno scelto tra 42 potenziali candidati. 

E’ lo stesso tipo di scontro che si sta verificando in Usa tra i repubblicani e i democratici. In gioco, a Washington, sul piatto della bilancia, ci sono investimenti per 6.000 miliardi di dollari. I repubblicani li vogliono passare alla difesa dove i militari protestano perché dalla fine della guerra in Iraq, per loro, è finita la festa delle sovvenzioni statali a pioggia. Nei suoi due mandati presidenziali, George Bush jr. ha succhiato alle casse della Banca d’America 11.000 miliardi di dollari. Obama e i democratici hanno detto: basta così, e guardano al Sudamerica. 

Ecco perché la nostra Christine Lagarde si è impuntata con l’Argentina. Sono in ballo decine di migliaia di miliardi di euro da investire nella finanza bellica: è la strada maestra indicata dal Fondo Monetario Internazionale, alla quale l’Italia ha aderito. E le scelte sudamericane, se si cementano con l’amministrazione Usa ponendo fine all’annoso e tragico conflitto tra il settentrione e il meridione del continente americano, possono anche far saltare l’euro e tutte le politiche di rigore e di austerità.

Non è certo casuale che nel cuore dell’Europa sia sceso in campo, personalmente, per tendere una mano al discutibile Gerard Depardieu, lo zar Putin in persona. Un segnale chiaro e forte all’Europa. In altri tempi avrebbe provocato un incidente diplomatico. 

Questi sono i giochi. 

L’Europa, in questo momento, è in pugno alla finanza di Londra e allo zar Vladimir Putin. 

Come ha detto un diplomatico francese a un recente ricevimento a Parigi “peccato che Napoleone non ce l’abbia fatta nel 1812 sulla Beresina: sarebbe stata davvero tutta un’altra Europa”.

Una boutade che sottoscrivo, nella sua surrealtà.

Quel dittatore pazzo e megalomane di Ajaccio mi sta sempre più simpatico. 

Avevano ragione sia Stendhal che Beethoven che Alessandro Manzoni. 

Buona settimana a tutti.


http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/01/cameron-minaccia-largentina-il-governo.html

Nel triangolo della morte dove case, asili e strade sono costruiti con rifiuti tossici. - Antonio Crispino

Triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano.png


«Di sera lasciavamo le fondazioni ancora da riempire e la mattina dopo le trovavamo colme di cemento, un cemento di colore strano, giallastro, che puzzava in modo nauseante». Questo ha raccontato uno degli operai che ha costruito la scuola materna ad Acerra su cui sta indagando la magistratura di Nola. Si indaga perché l'intero plesso sarebbe stato costruito con rifiuti tossici. «Alcuni bambini qui stanno accusando allergie, asma e altri sintomi legati alla presenza di inquinanti- ci dice Alessandro Cannavacciuolo, Guardia ambientale in prima linea contro le ecomafie che ha denunciato il fatto agli inquirenti-. Da mesi aspettiamo un intervento della magistratura che pare non arrivare mai».

Così come tutto fermo è a Palma Campania dove un'intera arteria autostradale sarebbe stata costruita intombando rifiuti tossici. Se su wikipedia già si conoscono colpevoli e opere (alla voce "riciclaggio di rifiuti tossici" si legge testualmente: «Antonio Iovino, imprenditore di 48 anni, di San Gennaro Vesuviano, legato al clan camorristico Fabbrocino, specializzatosi in riciclaggio di rifiuti tossici, è stato condannato in primo e secondo grado perché ha costruito la bretella di collegamento tra il Vallo di Lauro e l'uscita di Palma Campania dell'autostrada A30, con materiale misto a rifiuti pericolosi»), nella realtà, da più di due anni si aspetta che qualcuno vada a vedere cosa effettivamente c'è sotto il manto stradale sul quale, al momento del sopralluogo, campeggiavano grossi pezzi di amianto.

La società regionale «Vallo di Lauro Sviluppo s.p.a.»,concessionaria per conto della Regione Campania della realizzazione della strada, si dice bloccata dalla burocrazia e non procede con i carotaggi. Così da due anni il processo è a un punto morto. Nel frattempo sulla strada è cresciuta l'erba. Lì dove invece la magistratura ha proceduto con le perizie tecniche (soprattutto nelle numerose cave presenti in zona e nei pressi dei regi lagni), ecco cosa è stato trovato sotto terra: cromo, rame, zinco, oli minerali e fanghi contenenti i rifiuti di acque reflue industriali il tutto misto a materiali da costruzione o spalmato su terreni destinati all'agricoltura.
Benvenuti nel triangolo della morteCosì ha definito il territorio che va da Marigliano a Palma Campania a Brusciano, Alfredo Mazza, medico del Cnr che per primo ha denunciato sul Lancet Oncology l'ecatombe che si sta verificando in questa zona. «I dati sfornati dal Pascale, ospedale in prima linea per la cura e la prevenzione dei tumori, parlano chiaro - dice il dottor Gennaro Esposito dell'associazione Medici per l'Ambiente -. In questi tre comuni c'è il record di tumori al polmone, colon retto, genitali e fegato». Nel triangolo della morte la gente vive in appartamenti, scuole, parchi costruiti con cemento e amianto misto ai veleni dell'industria. Ci vive tutti i giorni e forse non ne è ancora consapevole tanto è stata capillare l'azione delle ecomafie. Lentamente la magistratura sta facendo chiarezza su quelli che fino a ieri erano solo dubbi. In altri casi, invece, la verità non verrà mai a galla perché coperta dalle prescrizioni o da un fitto strato di cemento come avvenuto con un centro commerciale.

«Il pentito Carmine Alfieri durante gli interrogatoriha spiegato con una certa minuziosità il tipo di sversamento che veniva tombato nelle campagne di quella che una volta era la Campania felix - dice l'avvocato Mariafranca Tripaldi- . Eppure nello stesso posto abbiamo costruito un grande centro commerciale (firmato dall'archistar Renzo Piano, ndr). A nessuno pare essere importato che durante gli scavi siano stati rinvenuti bidoni di liquami industriali provenienti dalla Germania, il business criminale del clan Alfieri. Ma ora tutto è stato coperto dal cemento mentre i tumori qui hanno falcidiato intere famiglie».

Lavoro, tasso disoccupazione giovanile a novembre 37,1%. Record dal ’92.


Lavoro, tasso disoccupazione giovanile a novembre 37,1%. Record dal ’92


Secondo l'Istat il tasso di disoccupazione a novembre resta all’11,1%, lo stesso livello di ottobre e quindi ancora ai massimi da gennaio 2004. A novembre 2012 tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro, ovvero disoccupate, sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione. Italia quarta per livelli di disoccupazione tra i giovani in Europa.

In Italia più di un giovane, tra i 15 e i 24 anni, non aveva un lavoro nel mese di novembre. Un dato drammatico se si pensa che è lo stesso tasso del 1992. Secondo i dati dell’Istat, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è stato pari al 37,1%: record assoluto, ai massimi sia dalle serie mensili, ovvero da gennaio 2004, sia dalle trimestrali, cominciate nel quarto trimestre di venti anni fa. A novembre 2012 tra i giovani italiani le persone in cerca di lavoro sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione nella stessa fascia d’età.
In generale a novembre gli occupati sono 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre (-42 mila) sia su base annua (-37 mila). Il tasso di occupazione, pari al 56,8%, è in diminuzione di 0,1 punti percentuali “nel confronto congiunturale e invariato rispetto a dodici mesi prima” informa l’Istituto di statistica. Il tasso di disoccupazione a novembre resta all’11,1%, lo stesso livello di ottobre e quindi ancora ai massimi da gennaio 2004, inizio serie mensili, e dal primo trimestre del 1999, guardando alle serie trimestrali. Su base annua il tasso è in aumento di 1,8 punti.   
In termini generali la fotografia dell’Istat non è meno infelice. A novembre il numero di disoccupati resta vicino ai 2,9 milioni, precisamente pari a 2 milioni 870 mila, in lieve calo (-2 mila) rispetto a ottobre ma solo perché la diminuzione riguarda la sola componente femminile).  Su base annua, invece, la disoccupazione cresce del 21,4%, ovvero di 507 mila unità. A novembre 2012 gli occupati sono 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre con un calo di 42 mila unità, sia su base annua, con una diminuzione di 37 mila unità. 
“A novembre l’occupazione maschile cala dello 0,2% in termini congiunturali e dell’1,5% su base annua. L’occupazione femminile cala dello 0,2% rispetto al mese precedente, ma aumenta dell’1,7% nei dodici mesi – rileva l’Istat -. Il tasso di occupazione maschile, pari al 66,3%, diminuisce rispetto a ottobre di 0,2 punti percentuali e di 0,9 punti su base annua. Quello femminile, pari al 47,3%, cala di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali, mentre cresce di 0,9 punti rispetto a dodici mesi prima”.
Rispetto a ottobre la disoccupazione aumenta dell’1,3% per la componente maschile e diminuisce dell’1,7% per quella femminile. “In termini tendenziali la crescita interessa sia gli uomini (+28,3%) sia le donne (+14,0%) – continua l’Istat -. Il tasso di disoccupazione maschile, pari al 10,6%, cresce di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e di 2,2 punti nei dodici mesi; quello femminile, pari al 12,0%, cala di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e aumenta di 1,2 punti rispetto a novembre 2011″. Il quadro che ne emerge è quello di una crescita del numero di coloro che non hanno un’occupazione: “Il numero di inattivi aumenta nel confronto congiunturale per effetto della crescita sia della componente maschile (+0,1%) sia di quella femminile (+0,4%). Su base annua si osserva un calo dell’inattività sia tra gli uomini (-3,0%) sia tra le donne (-3,6%)”. 
“L’aumento della disoccupazione e le previsioni negative per il 2013 non sono un fallimento del governo Monti” dice il ministro del LavoroElsa Fornero, intervistata da Radio Capital. “Ci sono forze e tendenze di lungo periodo e noi paghiamo errori di lungo periodo – ha spiegato -. C’è molto nella riforma del lavoro che tende a contrastare la precarietà, soprattutto per giovani e donne, ma si deve dire che il lavoro non si fa a comando ma ricostituendo l’economia e migliorando la formazione”. Fornero ha sottolineato che al centro della riforma “c’è l’apprendistato” e che nei due mesi che restano lavorerà “ogni giorno per una aggiunta di costruzione al nuovo apprendistato”.  E sulla definizione dei giovani come schizzinosi, Fornero precisa: “E’ un episodio che rivela le difficoltà avute nella comunicazione. Io non ho detto che i giovani sono ‘choosy‘. Un tempo usavo dire ai miei studenti di non esserlo, oggi invece i giovani non sono nella condizione di esserlo, perché hanno solo lavori precari. E’ quasi il contrario di quanto mi è stato attribuito. Poi dire che non lo avevo detto è stato inutile, pazienza”.
Anche a livello europeo i dati sono sconfortanti. Cresce ancora il record di disoccupazione nell’Eurozona. A novembre 2012, secondo i dati Eurostat depurati dalle variazioni stagionali, ha raggiunto l’11,8% (11,7% a ottobre), pari a 18,8 milioni di persone. Nello stesso mese del 2011 i senza lavoro erano il 10,6%. In 12 mesi la disoccupazione ha colpito 2,015 milioni di persone in più. Nell’insieme dell‘Unione europea a 27, la disoccupazione a novembre scorso è stata registrata al 10,7%, stabile rispetto al mese precedente. A novembre 2011 era al 10,0%. Secondo l’ufficio europeo di statistica i senza lavoro nei 17 paesi della valuta comune in un mese i disoccupati sono cresciuti di 113.000 unità. In Italia la disoccupazione di novembre è all’11,1%, stabile rispetto a ottobre 2012. Dodici mesi prima era al 9,3%. In un anno i senza lavoro sono aumentati in 18 degli stati membri della Ue-27, si è ridotta in sette tra i quali la Germania (da 5,6% a 5,4%) e le repubbliche baltiche.
Gli aumenti più forti su base annuale, in Grecia (dal 18,9% al 26,0% registrato da settembre 2011 a settembre 2012), Cipro (dal 9,5% al 14,0%), Spagna (dal 23,0% al 26,6%) e Portogallo (dal 14,1% al 16,3%). A novembre scorso il tasso di disoccupazione giovanile nell’Eurozona ha raggiunto il 24,4% (24,2% ad ottobre), pari a 3,788 milioni di persone. Rispetto ad un anno fa, quando era al 21,6%, ci sono 420mila giovani disoccupati in più. L’Eurostat, per l’Ue a 27, indica un tasso di disoccupazione giovanile del 23,7%.  L’Italia, con il 37,1% di disoccupati tra i giovani fino a 25 anni registrato a novembre scorso, è quarta nell’Eurozona per i livelli di disoccupazione giovanile. A ottobre era al 36,5%, nel novembre 2011 al 32,2%. Peggio, soltanto la Grecia (57,6%, dati di settembre 2012), la Spagna (56,5%) ed il Portogallo (38,7%).
E "loro" che fanno? Si preoccupano di cucire alleanze e assicurarsi il posto in poltrona anche comprando voti, sempre ed esclusivamente con i nostri soldi.