Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 18 gennaio 2013
Movimento 5 stelle: gli aspiranti parlamentari a scuola di politica. - Giulia Zaccariello
Mentre Beppe Grillo è impegnato a girare le piazze d’Italia nel tentativo di riportare i consensi ai numeri delle regionali in Sicilia, gli aspiranti deputati del Movimento 5 stelle si preparano a entrare nei palazzi, per non farsi trovare impreparati al momento del debutto nelle istituzioni. Perché tra assemblee cittadine e discussioni in rete, e il lavoro quotidiano dentro le stanze del Parlamento c’è un abisso. Soprattutto per chi è completamente – o quasi – a digiuno di attività politica. Così in questi giorni di campagna elettorale, i candidati a 5 stelle sono tornati sui banchi di scuola: corsi di economia, lezioni di diritto parlamentare, costituzionale e amministrativo, con professori di diverse università, dalla Bicocca di Milano all’Ateneo di Bologna.
Tutto auto organizzato dai singoli gruppi locali e a costo zero. “Alle riunioni raccogliamo solo i soldi per l’affitto delle sale, e per pagare il viaggio ai relatori, i quali decidono di partecipare volontariamente, a titolo personale e senza prendere un euro”, spiegano gli organizzatori dei corsi di Bologna. Qui, nel capoluogo emiliano, ad esempio, è già in calendario per il 3 febbraio una lezione intensiva di economia con Loretta Napoleoni, studiosa dei sistemi finanziari, già consulente per il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. Ma anche un’intervista via web all’ex senatore dei Verdi, Fiorello Cortiana, per “capire nella pratica come funziona il Parlamento e cosa fa un deputato da quando arriva la mattina fino alla fine della giornata”, un incontro sulla pedagogia e sulla formazione con Paolo Mazzotta, professore di Filosofia dell’educazione all’università Bicocca di Milano, e un altro con Toni Iero, esperto di mercati finanziari e redattore del mensile Cenerentola.
“Non so se si può definire una scuola di formazione politica, ma di sicuro ciascuno di noi si sta preparando, studiando libri, partecipando alle lezioni, e mettendo a disposizioni le proprie competenze a tutti gli altri”, spiega Giulia Sarti, capolista alla Camera in Emilia Romagna. Classe 1986, laureata in Giurisprudenza appena due mesi fa, ha alle spalle anni di studi accademici e di attivismo nelle associazioni antimafia. Ma quella al Parlamento sarà per lei la prima vera e propria esperienza dentro le istituzioni. “Un po’ di pratica l’abbiamo fatta seguendo il lavoro di chi, prima di noi, è entrato nei consigli comunali e regionali. Anche se so che lì a Roma sarà comunque diverso. Per questo sto cercando di acquisire le basi del lavoro parlamentare”.
Un aiuto potrà arrivare dal corso di diritto parlamentare, uno degli appuntamenti clou del ciclo di lezioni bolognesi. “Stiamo ancora definendo i dettagli – chiariscono gli organizzatori – l’obiettivo è approfondire il funzionamento delle camere, quindi tutti gli aspetti paratici, dal regolamento delle commissioni, a come si presenta un’interrogazione o un progetto di legge”. In tutto 6 o 7 ore di lezione, aperte ai soli attivisti 5 stelle. “Sarà utile non solo a chi di noi andrà a Roma ma anche a chi starà a casa, che potrà così capire meglio l’attività dei nostri parlamentari”.
"Per noi Erasmus c'è il divieto di voto". La carica dei 20mila studenti all'estero. - Sara Bertuccioli
Una delle foto di protesta degli studenti all'estero
La rabbia e la frustrazione di centinaia di giovani che vivono temporaneamente in altri paesi europei e non potranno esercitare il voto per corrispondenza: "Non posso permettermi il volo per due giorni, sono furiosa". I commenti sui social network e una petizione online verso il ministro degli Esteri.
"QUESTA sarebbe stata la prima volta che avrei votato con piacere e coscienza... grazie...". A scrivere questo messaggio su Facebook è un ragazzo italiano che, essendo in Erasmus, non potrà votare alle elezioni politiche. Ed è solo uno dei tanti che racconta la sua amarezza sul social network.
E la frustrazione per non poter apporre la X sulla loro scheda elettorale ha già preso la forma di una pagina, creata da pochi giorni e già con centinaia di utenti, solo una piccola parte dei 20mila italiani in Erasmus che saranno esclusi dal voto se non potranno tornare a casa il 24 e 25 febbraio.
Voto per corrispondenza. Gli studenti che temporaneamente risiedono all'estero non sono infatti compresi nella lista di quelli che si trovano per motivi di servizio o missioni internazionali e che quindi possono beneficiare del voto per corrispondenza. Secondo le leggi in vigore (pdf) infatti, queste categorie sono "gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; i dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all'estero per motivi di servizio e i professori e ricercatori universitari".
Per tutti gli altri la formula è perentoria: "Cittadini italiani che si trovino temporaneamente all’estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali". Quindi la soluzione è o tornare in Italia, senza che il viaggio venga rimborsato se non nelle tratte nazionali, oppure niente voto.
L'esclusione da queste tre categorie protette è quello che fa più male agli studenti perché non potendosi iscrivere all'Anagrafe Italiana Residenti all'Estero, soluzione possibile solo per chi è residente all'estero da più di 12 mesi e gli scambi di studio europei non raggiungono quella durata, speravano che venisse inserita la possibilità di poter votare per corrispondenza. Un voto che rischia di saltare per ventimila elettori, stando alle stime dell'ultimo rapporto annuale sulla mobilità Erasmus da parte dei ragazzi italiani (pdf).
Le reazioni su Facebook. Rabbia, frustrazione e disincanto verso la politica. Queste le reazioni maggiori che i ragazzi comunicano sui social network. C'è chi come Stefania Foresi parla di incostituzionalità: "Dal momento in cui non posso permettermi il lusso di tornare in Italia per votare, lo è. Sono furiosa! L'Erasmus non è un divertimento! E' un'opportunità! Perché per usufruire di un diritto devo perderne un altro? Ho studiato, rinunciando a tante cose per riuscire a partire! Sono delusa... delusissima".
Oppure c'è chi, come un'altra ragazza, comunica di aver coinvolto la Littizzetto in questa battaglia: ''perché ormai in Italia vengono ascoltati più i comici che i politici'''.
La pagina Facebook è stata creata da Valentina, studentessa trentina in Erasmus a Bath, Regno Unito: ''Mi è venuta l'idea pochi giorni fa, in pausa pranzo, dopo aver fatto una ricerca con altre ragazze italiane ed aver scoperto la situazione". Un computer, voglia di riscatto e attraverso il passaparola la pagina ormai è diventata il punto di riferimento per le migliaia di giovani che si ritrovano nella sua stessa situazione.
"Il sentimento - dice ancora Valentina - che prevale è un forte senso di ingiustizia, come se un diritto fondamentale ci fosse stato strappato dalle mani, con prepotenza. L'esclusione dal voto è una ferita per noi ma vogliamo usare le ultime forze che ci rimangono per combatterla, almeno provando a far conoscere alle persone questa situazione. Sappiamo infatti che è troppo tardi per cambiare le nostre sorti, e che già altri studenti ci hanno provato negli anni scorsi, ma non vogliamo far passare questa ennesima esclusione come qualcosa di 'normale'".
La petizione. Da poche ore è stata lanciata una petizione online che chiede al ministro degli Esteri, Giulio Terzi, di prendere in considerazione la possibilità per gli studenti Erasmus di partecipare al voto.
Un esperimento simile era stato lanciato dal sito IoVotoFuoriSede, che da due anni si batte per introdurre anche in Italia il voto per delega, il voto per corrispondenza o il voto in un diverso seggio. Il disegno di legge è arrivato in Senato ma fermo lì, in discussione dal 16 ottobre 2012.
Quello che vogliono è un voto per corrispondenza anche per chi è all'estero temporaneamente, un po' come era successo alle Primarie del centrosinistra. Ed è proprio qui che emerge una contraddizione sui social network: primarie sì ed elezioni no. Come Paola, studentessa di Cesena in Erasmus a Berlino, che ci spiega: "Non posso permettermi di pagare 200 euro per tornare a casa solo per due giorni di votazioni. La cosa che mi è sembrata più assurda è stato il fatto che io sia riuscita a votare alle primarie del Pd e però mi risulti impossibile votare alle elezioni. Come dire che posso scegliere il mio leader che però non potrò mai votare”.
All'estero. In Europa, l'Italia è uno dei pochi Paesi rimasto a non utilizzare il voto per corrispondenza anche per chi risiede temporaneamente in un Paese diverso. Per quanto riguarda i studenti in Erasmus per le politiche del 2011 i Giovani Spagnoli socialisti avevano addirittura realizzato un video con le modalità di voto per chi non era nella penisola iberica ma vincitore della borsa di studio per lo scambio europeo.
E la frustrazione per non poter apporre la X sulla loro scheda elettorale ha già preso la forma di una pagina, creata da pochi giorni e già con centinaia di utenti, solo una piccola parte dei 20mila italiani in Erasmus che saranno esclusi dal voto se non potranno tornare a casa il 24 e 25 febbraio.
Voto per corrispondenza. Gli studenti che temporaneamente risiedono all'estero non sono infatti compresi nella lista di quelli che si trovano per motivi di servizio o missioni internazionali e che quindi possono beneficiare del voto per corrispondenza. Secondo le leggi in vigore (pdf) infatti, queste categorie sono "gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; i dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all'estero per motivi di servizio e i professori e ricercatori universitari".
Per tutti gli altri la formula è perentoria: "Cittadini italiani che si trovino temporaneamente all’estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali". Quindi la soluzione è o tornare in Italia, senza che il viaggio venga rimborsato se non nelle tratte nazionali, oppure niente voto.
L'esclusione da queste tre categorie protette è quello che fa più male agli studenti perché non potendosi iscrivere all'Anagrafe Italiana Residenti all'Estero, soluzione possibile solo per chi è residente all'estero da più di 12 mesi e gli scambi di studio europei non raggiungono quella durata, speravano che venisse inserita la possibilità di poter votare per corrispondenza. Un voto che rischia di saltare per ventimila elettori, stando alle stime dell'ultimo rapporto annuale sulla mobilità Erasmus da parte dei ragazzi italiani (pdf).
Le reazioni su Facebook. Rabbia, frustrazione e disincanto verso la politica. Queste le reazioni maggiori che i ragazzi comunicano sui social network. C'è chi come Stefania Foresi parla di incostituzionalità: "Dal momento in cui non posso permettermi il lusso di tornare in Italia per votare, lo è. Sono furiosa! L'Erasmus non è un divertimento! E' un'opportunità! Perché per usufruire di un diritto devo perderne un altro? Ho studiato, rinunciando a tante cose per riuscire a partire! Sono delusa... delusissima".
Oppure c'è chi, come un'altra ragazza, comunica di aver coinvolto la Littizzetto in questa battaglia: ''perché ormai in Italia vengono ascoltati più i comici che i politici'''.
La pagina Facebook è stata creata da Valentina, studentessa trentina in Erasmus a Bath, Regno Unito: ''Mi è venuta l'idea pochi giorni fa, in pausa pranzo, dopo aver fatto una ricerca con altre ragazze italiane ed aver scoperto la situazione". Un computer, voglia di riscatto e attraverso il passaparola la pagina ormai è diventata il punto di riferimento per le migliaia di giovani che si ritrovano nella sua stessa situazione.
"Il sentimento - dice ancora Valentina - che prevale è un forte senso di ingiustizia, come se un diritto fondamentale ci fosse stato strappato dalle mani, con prepotenza. L'esclusione dal voto è una ferita per noi ma vogliamo usare le ultime forze che ci rimangono per combatterla, almeno provando a far conoscere alle persone questa situazione. Sappiamo infatti che è troppo tardi per cambiare le nostre sorti, e che già altri studenti ci hanno provato negli anni scorsi, ma non vogliamo far passare questa ennesima esclusione come qualcosa di 'normale'".
La petizione. Da poche ore è stata lanciata una petizione online che chiede al ministro degli Esteri, Giulio Terzi, di prendere in considerazione la possibilità per gli studenti Erasmus di partecipare al voto.
Un esperimento simile era stato lanciato dal sito IoVotoFuoriSede, che da due anni si batte per introdurre anche in Italia il voto per delega, il voto per corrispondenza o il voto in un diverso seggio. Il disegno di legge è arrivato in Senato ma fermo lì, in discussione dal 16 ottobre 2012.
Quello che vogliono è un voto per corrispondenza anche per chi è all'estero temporaneamente, un po' come era successo alle Primarie del centrosinistra. Ed è proprio qui che emerge una contraddizione sui social network: primarie sì ed elezioni no. Come Paola, studentessa di Cesena in Erasmus a Berlino, che ci spiega: "Non posso permettermi di pagare 200 euro per tornare a casa solo per due giorni di votazioni. La cosa che mi è sembrata più assurda è stato il fatto che io sia riuscita a votare alle primarie del Pd e però mi risulti impossibile votare alle elezioni. Come dire che posso scegliere il mio leader che però non potrò mai votare”.
All'estero. In Europa, l'Italia è uno dei pochi Paesi rimasto a non utilizzare il voto per corrispondenza anche per chi risiede temporaneamente in un Paese diverso. Per quanto riguarda i studenti in Erasmus per le politiche del 2011 i Giovani Spagnoli socialisti avevano addirittura realizzato un video con le modalità di voto per chi non era nella penisola iberica ma vincitore della borsa di studio per lo scambio europeo.
http://www.repubblica.it/politica/2013/01/17/news/erasmus_elezioni_rischio-50752005/
Bisognerebbe impugnare il provvedimento, poichè la Costituzione così sancisce:
Art. 48 - Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Bisognerebbe impugnare il provvedimento, poichè la Costituzione così sancisce:
Art. 48 - Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.[7]
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
Ars, i 29 furbetti del tesserino I grillini incalzano: "Ora fuori i nomi". - Accursio Sabella
Dei 56 deputati ufficialmente presenti a Sala d'Ercole, ieri ne risultavano in Aula solo 27. E scoppia il "caso". Il Movimento cinque stelle ha chiesto ufficialmente i nominativi: "Vogliono evitare la decurtazione di 225 euro dalla diaria". Il presidente Ardizzone: "Comportamento non regolare, ma non è uno scandalo. Presto norme più restrittive in caso di assenza".
PALERMO - Alla fine, i soldi non li avrebbero persi comunque. Ma ci hanno provato. Ed è questo il “fatto”. Una trentina di deputati regionali, ieri, erano presenti a Sala d'Ercole solo con lo spirito. E con un tesserino. Tesserino lasciato lì, nella fessura della macchinetta per la rilevazione delle presenze. Come fosse un bancomat in grado di prelevare sempre la stessa cifra: 224,90 euro. Soldi che i deputati assenti, ieri avrebbero perso, se si fosse andato al voto della mozione sul Ponte. Un voto che non è giunto, alla fine di una seduta “animalesca”. Ma nessuno poteva saperlo.
Erano 56 i presenti, alla fine di quella seduta. In carne e in spirito, ovviamente. Perché alle sette della sera, il capogruppo del Movimento cinque stelle ne contava appena 27. Presidente compreso. Un presidente, Giovanni Ardizzone, che aveva annunciato la trasformazione di Palazzo dei Normanni in un “palazzo di vetro”. E forse, si è partiti dai deputati: alcuni di loro, in effetti, ieri erano trasparenti. “Non vorrei – spiega però oggi a Live Sicilia il presidente dell'Ars – che si monti un caso, uno scandalo. I deputati erano presenti a Palazzo dei Normanni, ma in quel momento non erano in Aula”.
In molti, raccontano alcuni tra gli stessi “inquilini” del Palazzo, dopo ore di discussione sul Ponte sullo Stretto, hanno pensato bene di lasciare Sala d'Ercole. E dedicarsi ad altre occupazioni. Dal semplice caffè al bar, al lavoro all'interno dei gruppi parlamentari, o a qualche incontro propedeutico alle prossime elezioni politiche. “Si tratta di un comportamento certamente non regolare – precisa però Ardizzone – che riguarda non tanto e non solo i 29 che ieri non erano presenti, nonostante il tesserino. Io mi riferisco a tutta l'Aula. Non è concepibile che alla votazione per una mozione importante come quella si presenti solo un terzo dei deputati”.
Un terzo esatto. Che non ha digerito bene la cosa. “Siamo gli unici stupidi – commenta qualche deputato – che rimangono a lavorare tutto il tempo, mentre gli altri sono altrove”. E per questo, il gruppo all'Ars che ieri ha sollevato il problema è andato a caccia dei nomi. "Vogliono evitare - diceva ieri Cancelleri - la decurtazione di 224,90 euro in caso di assenza". E oggi i grillini hanno chiesto ufficialmente agli Uffici di Palazzo dei Normanni l'elenco dei presenti e dei “presunti presenti” alla seduta di ieri. Scontrandosi con le difficoltà oggettive dell'amministrazione del Parlamento più antico d'Europa. Questa mattina, infatti, il capogruppo del Movimento cinque stelle, Giancarlo Cancelleri ha depositato al protocollo dell'Ufficio di presidenza la richiesta formale di visione dell'elenco dei deputati presenti alla seduta di ieri. Se ne saprà di più, pare, la prossima settimana. Ma il caso ha già scatenato diverse reazioni, tra cui quella del presidente della Regione Rosario Crocetta: "Il fatto che ci siano stati dei deputati grillini che hanno posto la questione dei pianisti - ha detto intervenendo a una trasmissione televisiva di La7 - è il segno che in Sicilia qualcosa sta cambiando".
Ma anche in seno al Consiglio di Presidenza, presto, potrebbero sorgere qualche novità. Una, ad esempio, riguarda il sistema di rilevazione delle presenze. “Già in passato – spiega il deputato questore Paolo Ruggirello – mi ero interessato alla faccenda, verificando con gli uffici la possibilità che potesse venire introdotto il sistema di rilevazione presenze attraverso il riconoscimento delle impronte digitali. Credo che oggi si debba accelerare su questa strada. Questa innovazione – precisa il deputato – consentirà di escludere che un deputato assente al Palazzo possa risultare presente in Aula. Ma non potrà evitare di certo che un deputato si possa allontanare da Sala d'Ercole dopo aver fatto registrare la sua presenza”. E tra l'altro, spiega Ruggirello, “già buona parte dei deputati sono 'immuni' alla decurtazione: si tratta dei componenti l'Ufficio di presidenza, i presidenti di Commissione e i capigruppo. Per loro, anche in caso di assenza, la diaria rimane intatta. Si tratta di oltre trenta deputati”.
“Credo che a questo punto – annuncia il presidente Ardizzone – sia il caso di introdurre nuove regole. Porterò in Consiglio di presidenza la proposta di estendere la decurtazione alla diaria a tutte le sedute d'Aula. Insomma, il deputato che non si presenterà a Sala d'Ercole vedrà dimagrire il suo stipendio a prescindere dal fatto che si voti, o meno”.
Fino ad oggi, le norme impongono, come detto, una decurtazione alla diaria (che ammonta a 3.500 euro) mensili, di “224,90 euro per ogni giorno in cui il Deputato non partecipi alle attività parlamentari nelle sedute d’Aula in cui si svolgono votazioni su testi legislativi o su atti di indirizzo politico iscritti all’ordine del giorno”. Tra gli atti di indirizzo politico figura appunto la mozione. Ma ieri, due terzi dei parlamentari non hanno ritrovato in tempo la strada che porta tra gli scranni di Sala d'Ercole. Avranno, evidentemente, sbagliato indirizzo.
http://m.livesicilia.it/2013/01/18/ars-i-29-furbetti-del-tesserino-i-grillini-incalzano-ora-fuori-i-nomi_246883/
Il Pdl spiava il Procuratore di Parma: nei cassetti trovati gli estratti conto bancari. - Silvia Bia ed Emiliano Liuzzi
Luigi Giuseppe Villani aveva copie degli estratti conto del procuratore capo di Parma Gerardo Laguardia. È uno dei nuovi elementi emersi dalla perquisizione dell’abitazione del capogruppo Pdl in Regione e vicepresidente di Iren che mercoledì è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato e corruzione nell’ambito dell’inchiesta Public Money, lo scandalo destinato a mutare profondamente gli equilibri di Parma, un tempo la piccola Parigi dell’Emilia Romagna, oggi l’esempio di come sia rimasta tale e quale alla Milano da bere degli anni Ottanta. E’ una Parma che gli uomini del Pdl si sono non solo bevuti, ma l’hanno spolpata fino all’osso, lasciandola con quasi un miliardo di debiti e poche possibilità di risollevarsi entro breve termine.
Gli uomini della Guardia di finanza hanno trovato in uno dei cassetti della scrivania di Villani copie degli estratti conto dei conti correnti privati di Laguardia. A rivelarlo è stato il procuratore stesso: “Sono rimasto sorpreso anche io – ha detto – ma su questo non posso indagare perché sarei parte lesa. Più avanti vedremo di cosa si tratta”.
Perché Villani possedeva quei documenti? A cosa sarebbero serviti? Come ha fatto a procurarseli? A chiarire questi interrogativi dovrebbe essere la Procura di Ancona, che tratta i reati che coinvolgono i magistrati, e gli sviluppi della vicenda potrebbero portare a ipotizzare nuovi reati e allargare il campo delle indagini.
Di certo, come dimostrano le 145 pagine dell’ordinanza del gip Maria Cristina Sarli, che ha dato il via libera all’arresto del consigliere regionale Pdl, dell’ex sindaco di Parma Pietro Vignali, dell’ex amministratore della partecipata Stt Andrea Costa e dell’editore e imprenditore Angelo Buzzi, Villani e l’ex primo cittadino erano ossessionati dal conoscere i movimenti dei loro “nemici” per scatenare contro di loro una “macchina del fango”. Lo facevano con gli avversari politici: dall’ex sindaco Elvio Ubaldi, che aveva simbolicamente investito del proprio mandato il suo assessore all’Ambiente, sostenendolo nella corsa elettorale, per poi distaccarsi da Vignali, arrivando addirittura a criticare il suo operato in consiglio comunale e a mezzo stampa, fino all’ex alleata politica Maria Teresa Guarnieri, che poi aveva lasciato il centrodestra per fondare un movimento indipendente.
Anche la Procura era nel mirino del Pdl, con attacchi ripetuti attraverso le interrogazioni parlamentari del senatore Filippo Berselli, a cui Villani e Vignali avevano chiesto più volte aiuto per fermare le indagini dopo gli arresti di Green Money, Spot Money e Easy Money che avevano fatto tremare il Comune, arrivano perfino a scomodare l’ex ministro alla Giustizia Angelino Alfano.
Lo scrive il gip nell’ordinanza: dopo gli arresti del 24 giugno 2011 che avevano coinvolto anche dirigenti comunali e stretti collaboratori del sindaco Vignali, “frenetica e immediata era l’attività dei due volta ad acquisire notizie sulle indagini, ma soprattutto a cercare il sistema di arginarle”. A inizio luglio Villani chiama Vignali e il sindaco gli chiede di prendere appuntamento con Alfano. In un’altra conversazione il primo cittadino spiega a Villani che avrebbe incontrato Alfano perché “adesso ho scatenato Letta”. È lo stesso Vignali a raccontare al consigliere di aver parlato con la segreteria del sottosegretario Gianni Letta e di avergli riferito di “un problema riguardante Parma di cui doveva parlare con il ministro Alfano”.
Il tentativo di remare contro il lavoro della Procura prosegue anche dopo l’arresto a settembre 2011 dell’allora assessore comunale alle Politiche educative Giovanni Paolo Bernini, membro del Pdl, che poi porterà alle dimissioni Vignali. L’avvenimento provoca una serie di reazioni e la mano del Pdl è sempre tesa verso i vertici nazionali con l’obiettivo di assestare un colpo alla giustizia ducale. Il gip scrive che Villani chiama Vignali dicendogli che “deve parlare con Berlusconi e che gli deve dire che c’è stato un ulteriore assalto della magistratura e che per poter tenere la maggioranza è necessario che firmino un decreto”.
Purtroppo a nulla serve la richiesta di aiuto. A inizio ottobre Vignali non è già più sindaco, ma tenta comunque di mettersi in contatto con la Finanza per avere informazioni sulle indagini e cercare di arginarle. Intanto la strategia continua: Villani con un sms comunica di avere incontrato Berselli che “ha detto di fare una cosa come presidente della Commissione Giustizia”. E puntuali, nei mesi successivi, arrivano le interrogazioni parlamentari di Berselli contro Laguardia e il pm Paola Dal Monte, fino alla richiesta di ispezioni da parte del Csm nella sede della Procura di Parma.
Gli attacchi del Pdl alla magistratura ducale non si fermano nemmeno con l’arresto di uno dei loro più illustri rappresentanti. Dopo lo scandalo Public Money che ha stretto le maglie intorno a Villani, Berselli punta ancora il dito contro Laguardia insieme al coordinamento provinciale del Pdl, esprimendo solidarietà al consigliere regionale. “La particolare tempistica degli arresti, in piena campagna elettorale, alla vigilia della presentazione delle liste per le elezioni politiche, rappresenta l’ennesimo tentativo di condizionare il voto popolare – scrive nella nota il coordinamento – Questa vicenda rafforza in noi la determinazione nel condurre la campagna elettorale a fianco di Silvio Berlusconi per salvare il paese dalle oligarchie e dalla sinistra conservatrice loro alleata”. Il gruppo ducale però questa volta si spacca: non tutti condividono il testo e tre di loro si rifiutano di firmarlo. Tra questi anche Paolo Zoni, l’ex assessore al Commercio di Vignali, che insieme ad Alessandro Corvi, presidente della sezione di Parma della Giovane Italia, l’associazione giovanile del Pdl, e a Maria Cristina Mangiarotti, si sono astenuti dalla mozione.