Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 14 marzo 2013
F35, si indaga sul danno erariale. - Domenico Lusi
La Corte dei Conti apre un fascicolo per i 12 miliardi (che rischiano di arrivare a 40) che il governo vuole spendere per acquistare i famosi super caccia.
Controverso acquisto dei caccia F-35 da parte dell'Italia e per il quale tanto si è impegnato il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola finisce all'attenzione della Corte dei conti. La procura regionale per il Lazio ha aperto un'istruttoria per valutare eventuali danni erariali.
L'avvio dell'indagine è un atto dovuto, legato a una segnalazione proveniente da Bari. L'Italia si è impegnata ad acquistare novanta F-35 nelle sue varie versioni per Aeronautica e Marina.
La spesa prevista è di oltre 12 miliardi, destinati tuttavia a salire, secondo alcune stime, fino a 40 miliardi se si calcolano i costi di manutenzione ed esercizio nei prossimi anni. Un investimento ritenuto da molti inopportuno, tenuto conto della crisi in cui versa il Paese e dei numerosi difetti tecnici finora evidenziati dal supercaccia, il più costoso di tutti i tempi.
Proprio per queste ragioni quattro dei nove Paesi coinvolti nella realizzazione degli F-35, prodotti negli Stati Uniti dalla Lockheed Martin, hanno già deciso di sospenderne l'acquisto.
Si tratta dell'Olanda (che con l'Italia è partner di secondo livello, dietro agli Usa e al Regno Unito), dell'Australia, del Canada e della Turchia. Nei giorni scorsi l'associazione dei consumatori Codacons si è rivolta al Tar per chiedere di bloccare l'acquisto anche da noi.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/f35-si-indaga-sul-danno-erariale/2202603
Quanti interessi sul "debito pubblico" abbiamo pagato negli ultimi 20 anni...
... con le nostre tasse?
Domanda interessante, direi, non ti sembra? Se è vero che "pagare le tasse, ripaga tutti" come dice un tormentone pubblicitario dell'agenzia delle entrate che da settimane ci fa sentire "in colpa" per non avere richiesto lo scontrino al bar, sarebbe utile sapere a chi effettivamente sono andati i soldi che abbiamo versato in tasse negli ultimi 20 anni.
Nella tabella qui a fianco la sorpresa: In venti anni, oltrte 1.600 miliardi di euro delle nostre tasse sono andate a ripagare gli interessi passivi sul debito pubblico. Ripeto: OLTRE 1.600 MILIARDI DELLE NOSTRE TASSE SONO FINITE NELLE CASSE DI BANCHE PRIVATE, AZIENDE E PERSONE FISICHE DETENTORI DI TITOLI PUBBLICI A TITOLO DI INTERESSE PASSIVO. Interessante, non trovi?
Inoltre, dato che il debito pubblico è detenuto solamente per il 20% da cittadini italiani, mentre il resto da banche, sopratturro straniere, è facile capire come mai la speculazione finanziaria la stia facendo da padrona assoluta negli ultimi anni a danno dei lavoratori e dei cittadini italiani.
Naturalmente i nostri dipendenti al governo queste cose non le sanno o fanno attentamente finta di non saperle e ci dicono che siamo "cattivi" se non paghiamo le tasse. Il problema è che le tasse le abbiamo pagate molto abbondantemente, sarebbe ora che le pagassero anche le banche che si stanno ingrassando con il sudore della nostra fronte...
Torniamo Sovrani del Valore del Nostro Lavoro!
FonSai, Unipol presenta il conto ai Ligresti. Stretta vigilanza a 5 Stelle.
Unipol contro i Ligresti, mentre Matteo Arpe si astiene. E i 5 Stelle monitorano. La compagnia delle Coop ha votato a favore dell’azione di responsabilità contro gli ex azionisti e ex amministratori e sindaci della vecchia gestione di Fondiaria Sai. Il voto era stato preannunciato dal rappresentante del gruppo emiliano all’assemblea della compagnia chiamata a decidere sulle azioni nei confronti della famiglia siciliana e 19 tra ex amministratori e sindaci della compagnia, ora controllata da Unipol. Le azioni di responsabilità sono state proposte dal commissario ad acta, Matteo Caratozzolo, nominato dall’Isvap proprio per accertare i danni per centinaia di milioni arrecati dalla vecchia gestione alla compagnia attraverso operazioni immobiliari, consulenze e sponsorizzazioni.
ARPE NON PRENDE POSIZIONE. Contrariamente alle attese, invece, il fondo Sator di Matteo Arpe si è riservato “di procedere con un’autonoma azione di responsabilità qualora fossero accertati responsabilità o comportamenti dolosi o colposi da parte di amministratori anche di fatto”. “Soddisfazione e apprezzamento per un’operazione di trasparenza e pulizia che può essere un segno di forte continuità con il passato”, è stato invece il commento dell’ex partner di Arpe, Palladio (2%) il cui rappresentante ha anche espresso “l’auspicio che questa relazione non sia che l’inizio di un percorso anche in vista di un eventuale risarcimento del danno” che avrebbero potuto subire risparmiatori e azionisti a causa della passata gestione.
DANNI PER ALMENO 130 MILIONI. “Vi invito ad approvare la mia proposta”, aveva detto in apertura il commissario rinviando al contenuto della relazione e sottolineando che il voto “non preclude ulteriori iniziative di approfondimento rispetto a quelle fatte dal commissario” e che potrebbero riguardare altri fatti controversi estranei al mandato ricevuto dall’Isvap (ora Ivass), svolto tra l’altro – ha sottolineato Caratozzolo – in un periodo di tempo “abbastanza circoscritto”, complessivamente di sei mesi. Il ”danno diretto complessivo ”per Fonsai “è stimabile in 130 milioni di euro”, ha aggiunto il commissario, sottolineando che “le operazioni di quantificazione” per tutto il gruppo “sono ancora in corso”.
“Noi parliamo qui del danno diretto a Fonsai” ha spiegato Caratozzolo replicando ai soci “poi l’assemblea di Milano Assicurazioni parlerà dei suoi danni diretti, poi ci saranno i danni diretti delle società minori che hanno già deliberato le azioni di responsabilità”. “Le operazioni di quantificazione, non facili, sono ancora in corso” ha aggiunto. Caratozzolo non ha dato indicazioni su quanto andrà a chiedere ai diretti responsabili indicati nella sua relazione: “per quanto riguarda il danno chiesto a ciascuno degli interessati non intendo anticipare linee difensive”. Caratozzolo ha ribadito che “le deliberazioni che si assumono oggi non hanno effetto preclusivo” per ulteriori azioni.
All’assemblea della Milano, poi, il commissario ha detto che il danno ”direttamente” provocato alla compagnia controllata da FonSai dalle operazioni immobiliari concluse con le società personali della famiglia Ligresti ammontano “ad almeno 115 milioni di euro”. La somma non include le consulenze pagate dalla Milano a Salvatore Ligresti e le sponsorizzazioni a Laità, la società che gestisce la scuderia di cavalli di Jonella Ligresti.
La delibera in FonSai è passata con una maggioranza schiacciante. Nello specifico, con la presenza in aula del 64,4% del capitale di FonSai, ha espresso voto favorevole il 99,95% delle azioni ammesse al voto. Contrario lo 0,000047% (circa 281 azioni). Astenuto lo 0,04 per cento. Poco dopo anche l’assemblea di Milano Assicurazioni ha approvato con maggioranza bulgara le azioni di responsabilità contro la famiglia Ligresti e diversi esponenti della vecchia gestione. A favore della proposta del commissario ad acta, Matteo Caratozzolo, ha votato il 99,79% degli intervenuti, contrario lo 0,018% e astenuto lo 0,19% del capitale presente. In assemblea è intervenuto il 66,78% del capitale. Per Fonsai, che controlla il 63% della Milano, ha votato lo stesso Caratozzolo.
UNIPOL TORNA ALL’INTERESSE SOCIALE. Determinante il voto di Unipol che detiene circa il 41,7% delle quote FonSai e che all’inizio della lunga trattativa con i Ligresti e i loro creditori, principalmente Mediobanca, aveva concordato una manleva per tutti gli ex vertici della compagnia, salvo annullare quanto previsto per la famiglia siciliana su richiesta della Consob che, in caso contrario, avrebbe obbligato il gruppo delle Coop a lanciare una costosa Opa su Fondiaria, allineando così la tutela degli interessi degli azionisti di maggioranza a quelli di minoranza.
Il punto è che Unipol ha però mantenuto la garanzia di manleva per gli altri ex amministratori e sembra quindi determinata a violare l’accordo con i manager. Con conseguenze ancora da esplorare. L’amministratore delegato della compagnia, Carlo Cimbri, ostenta però sicurezza. ”Riteniamo che la manleva” concessa da Unipol ai vecchi amministratori di Fonsai “non abbia nessuna efficacia” di fronte ai fatti denunciati dal commissario dell’Isvap, ha detto a margine dell’assemblea. “Abbiamo valutato nel consiglio di amministrazione di Unipol che si è tenuto due giorni fa – ha spiegato il manager – la situazione, la relazione del commissario, le fattispecie e gli aspetti connessi ai contratti firmati in precedenza e mi riferisco alla cosiddetta manleva nei confronti degli amministratori. Abbiamo valutato che per l’interesse sociale di Fondiaria Sai fosse necessario e opportuno votare a favore della azione responsabilità. Noi riteniamo che di fronte a queste fattispecie la manleva non abbia nessuna efficacia. Se qualcun altro riterrà diversamente discuteremo e ci difenderemo”.
“Un conto è una denuncia, un conto è una relazione di un commissario ad acta che dentro la società ha analizzato una serie di fatti ed è arrivato a delle conclusioni. Se no vorrebbe dire che sulla base di una denuncia hai già fatto una condanna”, ha poi replicato Cimbri a chi obiettava che i fatti contestati dal commissario ad acta fossero già noti nel momento in cui Unipol aveva concesso ai Ligresti e ai vecchi amministratori la manleva, all’inizio del 2012. I fatti analizzati dalla relazione del commissario erano stati denunciati dal fondo Amber alla fine del 2011.
“Abbiamo espresso – ha poi spiegato Cimbri – il pensiero della società, ovvero, si chiede discontinuità. Penso che questo sia nei fatti e che sia pleonastico parlarne. C’è una gestione precedente e dal 19 di luglio c’è un nuovo azionista di riferimento che opera nell’interesse sociale“. Se la compagnia “ravvisa – prosegue il top manager – in questo caso tramite il lavoro molto puntuale svolto dal commissario, che vi sono stati comportamenti inopportuni si procede di conseguenza come accade nei confronti di chiunque abbia sottratto patrimoni alla società a prescindere dal cognome che porta”.
Cimbri ha poi sottolineato che: “Unipol opera secondo una linea di condotta nota e fa gli interessi della società. A prescindere da chi ha fatto cosa, c’è una linea di comportamento e di correttezza. Se la si rispetta non ci sono problemi, altrimenti agiamo nelle sedi competenti. Questo lo facciamo a prescindere dal cognome. Lo abbiamo fatto in passato e lo faremo in futuro“. Per quanto riguarda i contenuti della relazione illustrativa redatta dal commissario ad acta di Fonsai, l’ad di Unipol ha spiegato che “questi atti sono pubblici” e dunque, come da prassi, saranno acquisiti dall’autorità giudiziaria. Cimbri ha infine chiarito che “tuteleremo gli interessi della società con tutto ciò che sarà necessario, nello specifico vedremo in seguito”.
I CONSUMATORI SULLE BARRICATE. Netta, su questo punto, era stata la posizione del Movimento Consumatori che mercoledì 13 ha concluso la raccolta delle deleghe di voto per l’assemblea. “Abbiamo le deleghe di più di 200 investitori per oltre un milione di azioni – aveva detto Paolo Fiorio, responsabile dell’Osservatorio Credito & Risparmio del Movimento Consumatori – sicuramente un ottimo risultato e una novità in quanto ci risulta essere la prima vera sollecitazione di deleghe di voto promossa da un’associazione di consumatori per conto dei piccoli azionisti. In un periodo in cui gli scandali finanziari sono all’ordine del giorno, è tempo che gli azionisti sperimentino nuove forme di partecipazione assemblare per farsi sentire e tutelare i propri diritti. Il Movimento Consumatori rappresenterà gli azionisti in questa e nelle future assemblee per tutelare gli interessi collettivi dei risparmiatori. Unipol non ha ancora chiarito se voterà a favore dell’azione di responsabilità contro Ligresti & Co”. “E’ necessario infatti – aveva continuato Fiorio – che l’azione di responsabilità proposta dal commissario venga approvata senza restringere in alcun modo i soggetti individuati come responsabili. Ogni indecisione da parte di Unipol sarebbe un fatto grave”.
“Il Movimento Consumatori esprime soddisfazione per la decisione di promuovere l’azione di responsabilità contro gli ex amministratori di Fondiaria Sai”, si legge in una nota in cui l’associazione promette che “monitorerà l’esercizio dell’azione di responsabilità per evitare che vengano concluse comode transazioni”. Nel corso dell’assemblea diversi piccoli azionisti erano intervenuti per chiedere di agire contro la vecchia gestione dei Ligresti: “votare l’azione di responsabilità non ci dà gioia, non placa una sete di vendetta ma di giustizia”, aveva detto una piccola azionista. “Speriamo – ha aggiunto – che di fronte alla caduta della tolleranza e dell’omertà che coprono comportamenti disonesti altri siano dissuasi dal compiere comportamenti distorti. Altrimenti vedremo riapparire, istituzionalizzate, la tolleranza della disonestà e dell’immunità. Noi con il nostro voto scegliamo l’onestà”.
LA VIGILANZA DEI 5 STELLE. Il consigliere capogruppo del Movimento 5 Stelle al Comune di Bologna, Massimo Bugani, è stato ammesso come uditore all’assemblea di FonSai. “Seguiamo questa vicenda da mesi perché ci hanno contattato azionisti che hanno perso cifre che vanno da 20mila a 200mila euro: tutto ciò che avevano investito”, ha spiegato Bugani al termine dell’assemblea, annunciando che il Movimento 5 Stelle “appena sarà possibile, ha intenzione di muoversi con un’azione in Parlamento“. “Come è sotto gli occhi di tutti, i margini di legalità non sono così ampi, mentre invece sicuramente il livello di inopportunità e di immoralità è molto alto – ha aggiunto Bugani – perché parliamo di migliaia di azionisti che hanno perso il 100% del loro capitale in 3 giorni senza essere stati informati prima, non hanno avuto alcuna possibilità di uscire dall’azionariato o di vendere anche solo i diritti d’opzione”. Insomma, per Bugani si tratta di “una situazione grave“. Il voto di oggi, ha quindi concluso, “è un primissimo passettino, credo che gli azionisti si aspettino molto di più”.
Tegole solari.
SRS Energy presenterà le tegole Solé Power Tile all’American Institute of Architects 2009 National Convention e Design Exposition che sarà tenuto a San Francisco alla fine del mese.
Le Solé Power Tile sono le prime tegole, pronte alla posa, che integrano un sistema fotovoltaico di produzione elettrica, che trasformerà il vostro tetto in un elegante e estetico collettore di energia pulita. Queste tegole sono state espressamente costruite per chi necessita del mantenimento di un’estetica formale della propria abitazione.
http://www.sbloggando.it/ego-sostenibile/go-green/alternative/tegole-solari/
Benthocodon pedunculata.
Benthocodon pedunculata.
È improbabile incontrare questa bellezza poco in barca o immersioni. Benthocodon pedunculata si trova in habitat di acque profonde, come Monterey Canyon e San Clemente bacino sulla West Coast.
Un nuotatore forte, è di solito associata con il fondo, dove si nutre di crostacei e foraminiferi. Numerosi bene tentacoli rosso (1000 al 2000) la linea del margine della campana, che può essere fino a 4 cm di diametro, ma di solito è più piccolo. Anche vicino al margine sono solchi che si estendono verso l'apice della campana. Gonadi corrono lungo la lunghezza di ciascuno degli otto canali radiali ed estendersi oltre a metà, in cui essi sono sospese. Fogli di tessuto (mesenteri) collegano le gonadi al manubrio. Il brillante colorazione rosso-marrone del subumbrella e spettacoli manubrio attraverso il exumbrella trasparente. La colorazione opaca rossa di molti gelatine apparentemente aiuti nel mascherare il lampeggio bioluminescente di prede consumate in acque profonde.
Un'altra specie correlate, Benthocodon hyalinus , possono essere rilevati anche da simili habitat di acque profonde sulla costa occidentale. Possiede un profondo colore rosso manubrio ma ha un subumbrella relativamente trasparente piuttosto che la colorazione caratteristica di B. pedunculata .
http://jellieszone.com/benthocodon.htm
Dini, fai outing!
"In un Senato semideserto Lamberto Dini dice* a Beppe Pisanu: "Se i grillini arrivano in commissioni delicate come l'Antimafia o il Copasir è un problema. E tu lo sai.". "Eccome", risponde l'ex ministro, "se avranno un questore renderanno pubblici i costi di qualsiasi cosa qui dentro. Caramelle comprese"." Dini, fai outing! Se credi che il M5S al Copasir sia un problema, racconta subito tutto quello che sai.
*fonte: la Repubblica
IMPRONTE DIGITALI ESCAMOTAGE ANTI PIANISTI E il Pdl fa melina sulle «minuzie».
Melina sulle impronte digitali. Per decisione del loro gruppo, i deputati del Pdl non hanno rilasciato all'ufficio della Camera per l'identificazione e l'accredito dei parlamentari, le «minuzie». Cioè la traccia delle impronte digitali, un accorgimento contro i «pianisti» introdotto con la presidenza della Camera di Gianfranco Fini. «È stata una decisione del gruppo, e noi siamo tutti bravi ragazzi diligenti!», ha detto Gianfranco Rotondi del Pdl uscendo dagli uffici di Montecitorio dove sono in corso, fino a martedì, le registrazioni degli onorevoli. Lo conferma anche un altro deputato del Pdl, Paolo Tancredi, senatore ora passato alla Camera: «La linea antiminuzie l'ha decisa il gruppo». Un altro neoeletto del Pdl, Roberto Marti, spiega: «Ne avevamo già parlato alla riunione alla Camera di Commercio di Milano: io sono sempre stato contrario a rilasciare le impronte e quella riunione mi ha ulteriormente confermato nel mio convincimento». Aggiunge un altro ex senatore Pdl, Enzo Latronico, ora eletto alla Camera: «Dare le minuzie è facoltativo, non è un obbligo».
http://www.ilgiornale.it/news/interni/impronte-digitali-escamotage-anti-pianisti-e-pdl-fa-melina-895693.html
Della serie: Non si smentiscono mai....
Un altro regalo di Berlusconi: la letterina dell’IMU a carico del destinatario. Come e perchè..
Un altro regalo di Berlusconi: la letterina dell’IMU a carico del destinatario.
Come e prechè.
La lettera inviata da Silvio Berlusconi per la sua propaganda elettorale in pratica l’abbiamo pagata noi contribuenti, e sapete quanto ci è costata? Oltre 2 milioni di euro.
Per la precisione la propaganda elettorale di Berlusconi ci è costata 2,16 milioni di Euro.
Il Pdl ha spedito 9 milioni di buste e ha speso in tutto 360 mila euro. La tariffa elettorale è scontata e ogni lettera di propaganda elettorale beneficia di tariffe postali agevolate. Per ogni busta che ci arriva a casa, il partito spende una quota minima di affrancatura. La differenza la paga lo Stato. E mentre i rimborsi elettorali si rivalutano di anno in anno, la tariffa postale agevolata a carico dei partiti non è stata mai adeguata all’inflazione ed è rimasta ferma alla legge del 1993, cioè all’equivalente di 70 lire di vent’anni fa, cioè nemmeno 4 centesimi di euro. L’erario si sobbarca l’onere che va dai 4 centesimi di euro a quanto paghiamo noi per spedire una lettera. E NOI PAGHIAMO !!!
FONTE: www.impresentabili.it
Evasione fiscale, Bulgari nel mirino dei finanzieri: sequestrati 46 milioni.
Dopo il caso Marzotto, la lista degli eccellenti evasori (o supposti tali) si allunga con un altro nome della moda e del lusso italiano: Bulgari. I finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno infatti sequestrato beni immobili e altre disponibilità per oltre 46 milioni di euro nell’ambito di un’indagine che chiama in causa i vertici della holding del lusso oggi di proprietà francese, per fatti accaduti anche prima del passaggio di mano.
Tra i beni colpiti dal provvedimento di sequestro, emesso dal Gip del Tribunale di Roma Vilma Passamonti su richiesta della locale Procura della Repubblica (Dipartimento reati tributari, coordinato dal Procuratore Aggiunto Pierfilippo Laviani) figurano, oltre a rapporti bancari, assicurazioni sulla vita e partecipazioni societarie, anche numerosi immobili, tra cui il prestigioso immobile di via dei Condotti, nel centro di Roma.
In particolare sono indagati Paolo e Nicola Bulgari (già azionisti e soci storici dell’azienda), Francesco Trapani e Maurizio Valentini, rispettivamente ex ed attuale rappresentante legale della capogruppo italiana. Per tutti l’accusa è di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per aver sottratto al fisco italiano, dal 2006 in avanti, circa tre miliardi di euro di ricavi, attraverso l’interposizione di società con sede in Olanda e Irlanda, create al solo scopo di sfuggire all’imposizione fiscale in Italia.
“Le indagini, scaturite da una serie di verifiche fiscali del Nucleo Polizia Tributaria di Roma, hanno portato alla luce una vera e propria escape strategy – spiega la Guardia di Finanza in una nota – così definita dagli stessi dirigenti del gruppo in un documento di nove fogli rinvenuto dalle Fiamme Gialle, per fuggire dal sistema di imposizione italiano e, in particolare, dalla più stringente normativa introdotta, a partire dal 1 gennaio 2006, con riferimento alla tassazione dei dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata”.
“Tale strategia – prosegue la Guardia di Finanza – era basata sulla riallocazione dei margini mondiali di guadagno (differenziale tra ricavi e costi delle vendite) del gruppo Bulgari, tramite controllate estere, in Stati diversi dall’Italia e, in particolare, prima in Svizzera, poi in Olanda ed infine in Irlanda. Quest’ultimo Stato, definito quale unico Paese disponibile con una bassa pressione fiscale, 12,5%, non localizzato in un paradiso fiscale, era stato individuato come meta finale della pianificazione fiscale del gruppo”.
“Per questo motivo – sostengono gli investigatori – veniva creata la Bvlgari Ireland Ltd (Beire), controllata al 100% dall’italiana Bulgari S.p.a., con il compito, solo apparente, di immagazzinare, conservare e spedire i prodotti finiti sia verso le società commerciali del gruppo che presso i distributori terzi di tutto il mondo”. E così gli accertamenti delle Fiamme Gialle hanno consentito di appurare che “il processo distributivo dei prodotti a marchio Bulgari (tra cui gioielli, pelletteria e profumi) non ha subito, con la creazione di Beire, alcuna modifica strutturale, sia per ciò che attiene il ciclo di trasferimento fisico delle merci, sia per ciò che riguarda le modalità di pagamento, come peraltro confermato anche dai molti rivenditori esterni al gruppo, che svolgono attività di commercializzazione di prodotti a marchio Bulgari, sentiti a sommarie informazioni. Questi ultimi – prosegue la Guardia di Finanza – hanno confermato che, nei fatti, nonostante la costituzione della società irlandese, nulla si è modificato nel flusso degli ordini e della merce”.
“Il solo flusso di fatturazione è stato modificato, con la finalità di far apparire falsamente come maturato in Italia il reddito derivante dall’attività, non effettivamente svolta, di compravendita e/o di distribuzione dei prodotti a marchio Bulgari – spiegano le Fiamme Gialle – tale reddito veniva quindi sottoposto in Irlanda a tassazione del 12,5% ed il conseguente utile veniva distribuito sotto forma di dividendi alla controllante italiana Bulgari”. “In questo modo – sottolineano gli investigatori – le società del gruppo Bulgari hanno omesso di dichiarare ai fini Ires in Italia ricavi per quasi tre miliardi di euro nel periodo 2006-2011, nonché una base imponibile Irap di oltre un miliardo e novecento milioni di euro. I dividendi sottratti indebitamente a tassazione nello stesso periodo ammontano invece ad oltre 293 milioni di euro, cui corrisponde un’imposta evasa in Italia da parte della capogruppo Bulgari di oltre 46 milioni di euro”.
Riprogrammazione Cellulare Attivata Dalle Proteine Della Famiglia Polycomb.
Ricevo e diffondo il seguente comunicato stampa riguardante un'importante scoperta, messa a punto dai ricercatori italiani Stefano Casola e Giuseppe Testa, nel campo della Medicina rigenerativa e della riprogrammazione cellulare.
Secondo i risultati dello studio italiano, i ricercatori hanno individuato il meccanismo che permette di riprogrammare la carta di indentità delle cellule adulte per riportarle allo stato embrionale.
Tale meccanismo di reset è attivato dalle proteine della famiglia Polycomb, già note per il ruolo svolto nello sviluppo embrionale e nella formazione di tumori.
La scoperta dal titolo "Cell Reprogramming Requires Silencing of a Core Subset of Polycomb Targets", pubblicata su PLoS Genetics, costituisce un tassello fondamentale nel campo dell'applicazione concreta delle staminali ottenute tramite riprogrammazione cellulare.
Comunicato stampa
Quando le nostre cellule perdono l’identità
Medicina rigenerativa: rilevante scoperta di ricercatori italiani
Milano, 6 marzo 2013. Due giovani scienziati italiani segnano un nuovo goal nella ricerca della medicina rigenerativa: l’identificazione dell’interruttore molecolare che permette di ringiovanire una cellula adulta rendendola staminale. Grazie al meccanismo di riprogrammazione dell’identità cellulare è stato scoperto nelle proteine della famiglia Polycomb, già note per il ruolo svolto nello sviluppo embrionale e nella formazione di tumori, il “timbro” indispensabile per indurre le cellule adulte a tornare allo stadio embrionale. Un notevole contributo per migliorare le terapie di diverse malattie, dalle lesioni d’organo alle patologie croniche, ai tumori.
L’importante studio, realizzato grazie anche ai finanziamenti della Fondazione Giovanni Armenise/Harvard, è stato portato a termine da Stefano Casola, direttore dell ’Unità di Ricerca di Immunologia Molecolare e Biologia dei Linfomi all'IFOM, Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, e da Giuseppe Testa, coordinatore del programma di Epigenetica delle Cellule Staminali, presso il Dipartimento Oncologia Sperimentale dello IEO, Istituto Europeo di Oncologia, Milano.
La ricerca, pubblicata su PLoS Genetics, riconduce alla scoperta delle cellulestaminali pluripotenti indotte (IPS) di Shinya Yamanaka, Premio Nobel 2012, che dimostrava che le cellule della pelle potevano essere riprogrammate in laboratorio per diventare del tutto simili a cellule staminali embrionali. Ma Casola e Testa hanno identificato che Polycomb, oltre a svolgere un ruolo da protagonista nel differenziamento e nella tumorigenesi, è assolutamente indispensabile anche nelprocesso di riprogrammazione delle cellule.
Inattivando migliaia di geni simultaneamente. Polycomb funziona infatti da interruttore di identità cellulare, consentendo la transizione da cellula differenziata a staminale.
«Tramite un’analisi funzionale condotta sull’intero genoma abbiamo scoperto che i circa 6000 geni regolati da Polycomb non sono tutti ugualmente importanti nel processo di riprogrammazione. È solo uno specifico sottogruppo che deve essere spento per garantire che una cellula matura torni a uno stato indifferenziato. Senza questi geni chiave (una sorta di “core business della cellula”) non è possibile generare cellule staminali da cellule della pelle» spiega Casola.
«Questa scoperta rappresenta un importante contributo per la ricerca sulle cellule staminali. Le sue ricadute però non si limitano esclusivamente all’area della medicina rigenerativa» afferma Testa. «Adesso che abbiamo individuato i geni chiave controllati da Polycomb possiamo studiarne la funzione in condizioni patologicamente molto rilevanti, come i tumori. Alla luce anche dei nostri risultati infatti emerge sempre di più come il cancro sia la conseguenza di un disturbo di identità della cellula che perde la sua impronta e acquisisce nuove proprietà in maniera molto simile a una riprogrammazione».
La ricerca è stata realizzata grazie anche al sostegno, fra gli altri, di Epigen, ERC, AIRC, e del bando Giovani Ricercatori del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che nell’anno 2008 ha selezionato e finanziato oltre cinquanta progetti di ricerca della durata di tre anni condotti da ricercatori under 40.
Stefano Casola è rientrato in Italia dagli Stati Uniti grazie al programmaCareer Development Award della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.
Per maggiori informazioni:
Stefano Casola, IFOM-IEO Campus, tel. +39 02 574303 714, stefano.casola ifom.eu
Giuseppe Testa, IEO, tel. +39 02 94375105 giuseppe.testa@ieo.eu
La Fondazione Giovanni Armenise-Harvard sostiene giovani scienziati dotati di particolari capacità, contribuendo alla creazione di nuove aree di ricerca nel settore delle scienze biologiche in Italia, incentivando la mobilità internazionale a vantaggio di una cultura multidisciplinare e favorendo profondi rapporti di collaborazione tra gli scienziati italiani e la Harvard Medical School di Boston (HMS).
La Fondazione Armenise-Harvard ha fino a oggi investito in Italia circa 20 milioni di dollari creando 16 laboratori per i beneficiari del Career Development Award, finanziando 3 PhD presso la Harvard Medical School e premiando 25 giovani giornalisti scientifici.
Il finanziamento dell’Armenise-Harvard Career Development Award ammonta attualmente a $ 200.000 annui, per un periodo da tre a cinque anni, e comprende il compenso commisurato alla posizione occupata presso l’istituto ospitante, gli stipendi per gli altri membri coinvolti nel programma di ricerca e i fondi annuali per le apparecchiature/infrastrutture.
Le scadenze dei programmi sono:
Armenise-Harvard PhD Program, dicembre 2013
Armenise-Harvard Summer Fellowship for Italian University Students, adesioni entro il 20 dicembre 2013
Armenise-Harvard Science Writer Fellowships, adesioni entro il 15 marzo 2013
Armenise-Harvard Career Development Award, adesioni entro il 15 luglio 2013
Per maggiori informazioni si può consultare il sitohttp://www.armeniseharvard.org/grants/
o contattare Alexa Mason, Direttore Affari Italiani, amason@harvard.edu , tel. 055 603251.
Fondazione Giovanni Armenise-Harvard - Ufficio Stampa - Daniela Daveri - Tel. 0385 278221 - Fax 0385 278701 - e-mail ddaveri@alice.it
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Di seguito una timeline sull'evoluzione degli studi riguardanti le cellule staminali dal 1950 a oggi.
Fonte: Panorama.it |
Modificare subito la legge 40 sulla fecondazione assistita. -
La Corte europea dei diritti umani ha respinto il ricorso con il quale l'Italia aveva chiesto il riesame della sentenza che, il 28 agosto scorso, aveva bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita.
I giudici hanno evidenziato "l'incoerenza del sistema legislativo italiano", che da un lato con la legge 40 vieta l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche, e dall'altro autorizza l'aborto quando il feto è affetto dalla stessa patologia trasmessa dai genitori.
La Corte UE ha di fatto aperto le porte alla fecondazione assistita, nonché alla diagnosi preimpianto, anche alle coppie fertili, ma affette o portatrici sane di malattie genetiche. Ma a livello attuale secondo la legge vigente, procreazione medicalmente assistita (Pma) e test preimpianto sono possibili solo per le coppie infertili a cui saranno trasferiti in utero solo gli embrioni sani.
Ora l'Italia, se non vuole correre il rischio di un procedimento di infrazione europeo per mancato rispetto degli obblighi comunitari, deve modificare la legge 40 del 2004 sulla pma.
La legge 40 dovrà adeguarsi alla sentenza della Corte UE e dunque, chiediamo che il prossimo Parlamento attui, in tempi brevi, la modifica della normativa. Anzi, chiediamo che questa modifica sia tra le priorità del nuovo Governo.
Se non verrà applicata la modifica imposta da Strasburgo, infatti, ovvero inserire la possibilità della pma e del test alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche, interverrà il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che imporrà dei termini per l'adeguamento della legge, pena l'apertura di un procedimento di infrazione UE a carico dell'Italia.
Se non verrà applicata la modifica imposta da Strasburgo, infatti, ovvero inserire la possibilità della pma e del test alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche, interverrà il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che imporrà dei termini per l'adeguamento della legge, pena l'apertura di un procedimento di infrazione UE a carico dell'Italia.
Con l'associazione Luca Coscioni e le altre associazioni di pazienti che in questi anni sono intervenute a sostegno dei nostri diritti a fronte del rifiuto dei centri di effettuare le tecniche di pma, le coppie potranno denunciare il centro in questione e chiedere al Giudice l'immediata applicazione della sentenza della Corte UE. Se il Parlamento non interverrà subito quindi, il Governo incorrerà in ulteriori inutili spese.
La storia di Neris e Alberto
"Questa vicenda mi riguarda da vicino. Nel 2003 quando nacque nostra figlia, io e mio marito scoprimmo di essere entrambi portatori di atrofia muscolare spinale(SMA): avevamo il 25% di probabilità di avere un figlio malato.
Abbiamo scoperto che la nostra bambina, Beatrice, era affetta dalla SMA quando aveva due mesi. Per questo Beatrice è vissuta solo 7 mesi, lentamente ogni suo muscolo è stato intaccato ed è morta per asfissia polmonare. Per evitare di incorrere di nuovo in questa tragedia, sarebbe bastato ricorrere alle tecniche e alla diagnosi genetica di preimpianto. Un tentativo vietato dalla legge 40 perché se non sei sterile non puoi accedervi.
Quindi a luglio 2004 sono rimasta di nuovo incinta e ho avuto il secondo crudele il verdetto: atrofia. Abbiamo deciso di interrompere la gravidanza, perché avendo visto le sofferenza di Beatrice mai avremmo condannato un altro bimbo a questo calvario.
Poi per fortuna è arrivato Pietro, sano, che ben presto ha cominciato a chiedere un fratellino.
Ci siamo informati all'estero (dove abbiamo conosciuto medici italiani) e abbiamo chiesto a un istituto di Salerno la possibilità di accedere alle tecniche. Ma ci hanno risposto che la legge vieta l’accesso a chi non è sterile. Allora siamo andati in tribunale e il tribunale ci ha dato ragione. Mi sono sottoposta a un ciclo di fecondazione, ma ormai era passato troppo tempo.
Se la legge non ci avesse complicato la vita avrei potuto provare prima e magari mi sarei risparmiata le complicazioni di salute che ho avuto in seguito, le interruzioni di gravidanza e tanto altro dolore. Potremmo chiedere un risarcimento per i danni subiti.
Dopo la sentenza del tribunale ci hanno detto che volevamo l’eugenetica. Noi volevamo solo un figlio senza una malattia mortale e che lo costringesse a sofferenze terribili, un bambino semplicemente con un’aspettativa di vita normale. Qui puoi vedere la nostra storia andata in onda su Le Iene."
Art. 3: “Eguali davanti alla legge” – Mobilitazione 15 Marzo a Piazza Fontana.
Libertà e Giustizia prende atto che il clima generato dalla grave irruzione dei parlamentari del Pdl dentro il Tribunale di Milano è diventato sempre più arroventato per le continue esternazioni di Berlusconi e rischia di mettere a repentaglio la serenità della Giustizia. Anche per ribadire il nostro fermo convincimento che i tribunali devono poter lavorare lontano dalle emozioni e dalla eventualità di pericolose strumentalizzazioni, Leg ha deciso di spostare il sit-in previsto per domani venerdì 15 marzo dalle ore 16.30 lontano dal Palazzo di Giustizia. Ci ritroveremo dunque in Piazza Fontana sempre alle 16.30 fino alle ore 19. Una mobilitazione silenziosa per esprimere con la nostra presenza lo sdegno dei cittadini per gli ingiustificati attacchi all’operato della Magistratura e in difesa delle Istituzioni repubblicane. Si invitano i cittadini a portare esclusivamente cartelli o striscioni che recitano articoli della Costituzione.
Forse nemmeno lui, il grande malato, si aspettava di ottenere tanto. Ma tanto ha ottenuto: è stato chiamato “leader” mentre una procura lo accusa di aver “comprato” voti in Parlamento; è stato sancito il suo diritto a fare come se nulla fosse e a continuare a infestare la vita politica e istituzionale di questo Paese… è stata messa in dubbio l’azione della magistratura. Insomma esultano tutti i detrattori dell’autonomia della magistratura e della giustizia uguale per tutti.
La giustizia non è uguale per tutti, in Italia.
Il grande malato ora alza il tiro: voglio il Quirinale, dice, per me o per chi decido io.
Scalfaro, che con lui aveva avuto a che fare, ricordava che appena lo vedeva entrare dalla porta cominciava a dirgli subito dei “no, no, no…”. “Perché sapevo che mi avrebbe chiesto qualcosa che non potevo concedergli”, diceva Scalfaro.
Se gli dai un dito ti prende la mano.
E il Pd, in attesa di ricevere il mandato di formare il governo, tace o balbetta.
Questa ferita, che il capo dello Stato ha pensato di dover infliggere a un Paese dalle istituzioni così fragili, non è davvero comprensibile né giustificabile. Colora tutto il settennato di un grigiore allarmante.
La giustizia non è uguale per tutti, in Italia.
Il grande malato ora alza il tiro: voglio il Quirinale, dice, per me o per chi decido io.
Scalfaro, che con lui aveva avuto a che fare, ricordava che appena lo vedeva entrare dalla porta cominciava a dirgli subito dei “no, no, no…”. “Perché sapevo che mi avrebbe chiesto qualcosa che non potevo concedergli”, diceva Scalfaro.
Se gli dai un dito ti prende la mano.
E il Pd, in attesa di ricevere il mandato di formare il governo, tace o balbetta.
Questa ferita, che il capo dello Stato ha pensato di dover infliggere a un Paese dalle istituzioni così fragili, non è davvero comprensibile né giustificabile. Colora tutto il settennato di un grigiore allarmante.
Antibufala: Barilla diventa americana, micotossine nella sua pasta? [UPD 2012/12/18].
L'articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “renato_mau*”. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale: ringrazio Crusaderky, Giulio.Fornasar e Stefano.Ferr* per le informazioni reperite.
Questo appello a proposito della Barilla circola, in numerose varianti, almeno da metà febbraio (Facebook, 18/2/2012):
Questa è un'altra variante molto diffusa (Nocensura.com, 25 aprile 2012):
A volte l'appello circola con la garanzia apparente di una "Dott.ssa Giuliana Icardi - Universita' del Piemonte Orientale", i cui dati personali spesso includono l'indirizzo postale e di mail e il numero di telefono e di fax.
L'appello contiene una lunga serie di asserzioni, nessuna delle quali è supportata da uno straccio di fonte. Già questo, in partenza, dovrebbe spingere l'internauta prudente e razionale a non disseminare notizie non documentate e che non offrano fonti; anche i soliti ingredienti dell'antiamericanismo, della multinazionale senza scrupoli, dell'avvelenamento pianificato della popolazione, dei controlli sanitari inesistenti e della soluzione facile e ambientalisterica al grande problema di turno dovrebbero insospettire. Ma sono proprio questi gli elementi che fanno presa sulle emozioni e inducono molti utenti a copiaincollare su Facebook e inoltrare a tutti via mail questo genere di appello.
Riemergo ora da un lungo periodo nel quale non ho potuto dedicarmi pubblicamente a indagini antibufala corpose e vorrei quindi riprendere creando questo articolo come punto di raccolta di informazioni e discussioni, da espandere e aggiornare man mano che emergono nuovi dati. Se sapete di più di questa storia, scrivetemi o segnalate fonti e dettagli nei commenti; nel frattempo faccio il punto di quello che ho trovato finora.
C'è una risposta di Barilla che dichiara che “Barilla non utilizza materie prime geneticamente modificate e i livelli di micotossine o contaminanti sono sempre ampiamente al di sotto dei limiti fissati dalle normative sulla Sicurezza Alimentare [...] poiché Barilla è il maggiore produttore di pasta al mondo e il più grande utilizzatore di semola di grano duro (oltre 1,400,000 tonnellate trasformate all’anno), la produzione nazionale non sarebbe sufficiente per coprire il fabbisogno [...] Barilla utilizza semole che provengono per oltre il 70% da grani italiani. Sono circa 30.000 gli agricoltori che coltivano grano per Barilla in Italia. Per il restante 30% ci approvvigioniamo principalmente dal Nord America”.
C'è Ilfattoalimentare.it, che liquida l'appello come una bufala “avvincente, ma priva di fondamento”. Tuttavia le fonti linkate sono nel frattempo scomparse o vaghe.
Durodisicilia ospita una discussione fra coltivatori piuttosto illuminante che smentisce gran parte di quanto affermato nell'appello.
1. “BARILLA non è più italiana ma americana”
Questa è una bufala oltre ogni ragionevole dubbio. Chi ha partorito e diffuso l'appello non ha nemmeno dato un'occhiata alla storia della Barilla sul sito dell'azienda o su Wikipedia. La Barilla fu acquistata dall'americana Grace alla fine del 1970, ma Pietro Barilla la riacquistò nel 1979.
2. “usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito)”
Non viene fornita nessuna prova.
3. “L'UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro”
Non viene fornita nessuna fonte. Sergio Lup* ha trovato documenti che a suo parere sono la normativa europea corrente sulle micotossine, datata 2006, e quella precedente. Cinzia Cip* mi segnala di aver “trovato quanto detto dalla direttiva europea del 2006 (che è stata seguita da altre normative come è giusto che sia)” (link alla direttiva) e delle informazioni sulla direttiva italiana presso Ermesagricoltura.it.
4. “I prezzi internazionali del grano duro crollano”
Le fonti già citate indicano che invece i prezzi sono saliti, ma sarebbe opportuno avere qualche dato in più. Sergio Lup* segnala che l'andamento dei prezzi del grano duro degli ultimi 13 mesi è su ISMEA e che c'è un articolo del Sole 24 Ore sulla situazione dei prezzi nel 2007; ha inoltre trovato, in una tesi per un dottorato, “una serie di grafici (con relative citazioni di fonti) che sembrano confermare che dal 2006 il trend dei prezzi è in salita (con un picco mostruoso nel 2007 se non erro), conferma presente anche [in] uno studio (un po' datato) della camera di commercio di Matera che contiene anche un'analisi del mercato internazionale (par. 2.5)” (link)... Un po' di grafici anche qua.”
5. “gli stessi commercianti esportano il grano migliore italiano all'estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall'estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia”
Non viene fornita alcuna prova a supporto dell'asserito ammuffimento e della radioattività. La presunta radioattività, in particolare, sarebbe facile da verificare anche nel prodotto finito.
6. “Barilla è presente anche con i seguenti marchi: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem”
Il marchio Le Tre Marie risulta ceduto al gruppo Sammontana nel 2008 (Corriere.it 10/6/2008). Secondo un messaggio di Luca Virginio, Direttore Comunicazione e Relazioni esterne di Barilla, pubblicato su Osasapere.it, “i marchi Motta e le Spighe non sono mai appartenuti a Barilla, mentre il marchio Panem è stato ceduto nel 2003 e Tre Marie nel 2008”.
Delle sei asserzioni principali dell'appello, due risultano fasulle. Non è un buon inizio.
Ho contattato la dottoressa Icardi per avere chiarimenti. Mi ha risposto che “e' sicuramente una bufala; ho ricevuto questa mail da una collega di Torino e pensando fosse di lavoro l'ho tranquillamente aperta, ma evidentemente conteneva un virus che si e' appropriato delle mie credenziali e ne sta facendo un uso improprio; io e la mia amministrazione stiamo valutando di informare la polizia postale.”
A dicembre 2012 ho ricevuto dall'agenzia di PR di Barilla la segnalazione di una presa di posizione formale di Barilla e della dottoressa Icardi sulla vicenda. Tutti i dettagli sono in questo articolo.
http://attivissimo.blogspot.ch/2012/06/antibufala-barilla-diventa-americana.html
Questo appello a proposito della Barilla circola, in numerose varianti, almeno da metà febbraio (Facebook, 18/2/2012):
CI RISIAMO.....
Ciao!
BARILLA non è più italiana ma americana e usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito),derivante da lunghi stoccaggi al prezzo più basso possibile.
l'UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro, di modo che tanti paesi potranno produrre grano duro in climi non adatti badando solo alla quantità, distruggendo i contadini del sud Italia il cui grano non contiene
micotossine e portando al fallimento le industrie sementiere mediterranee.
Per esportare pasta in USA - Canada il grano deve avere un tasso di micotossine di circa la metà di quello che la UE accetta per le importazioni di grano duro dagli stessi paesi, così succede che:
- I prezzi internazionali del grano duro crollano.
- i commercianti italiani e i monopolisti internazionali acquistano al prezzo più basso possibile da contadini che hanno bisogno di soldi per pagare i debiti, per poi speculare quando tutto il grano è nei loro magazzini (ammuffito)
- gli stessi commercianti esportano il grano migliore italiano all'estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall'estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia.
Boicottare la Barilla è cosa saggia perchè dobbiamo comprare solo pasta da grano duro coltivato in Italia e Biologico, senza micotossine, né pesticidi né OGM.
E' presente con i seguenti marchi:
Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.
FAI GIRARE
PS: E' MEGLIO PER LA SALUTE CONSUMARE PASTA INTEGRALE BIOLOGICA!!!!
.......................
LA VOSTRA SALUTE VE NE SARA' GRATA....
Questa è un'altra variante molto diffusa (Nocensura.com, 25 aprile 2012):
Parte dalla rete la protesta contro l’Impresa di prodotti alimentari più famosa d’Italia: la Barilla.
L’azienda, non più italiana ma americana, usa grano con tassi di micotossine altissimo, e quindi ammuffito, derivante da lunghi stoccaggi, al prezzo più basso possibile.
Ma perché accade ciò?
La storia risale al 2006 quando l’Unione Europea decise di alzare i livelli di micotossine presenti nel grano duro in modo che anche gli altri paesi, con climi più sfavorevoli, potessero produrlo. Una decisione basata su fini puramente commerciali. Oltre ad impoverire la qualità dei prodotti, infatti, la manovra rappresentò un duro colpo per i contadini del Sud Italia. Quest’ultimi, il cui grano non conteneva micotossine poiché lavorato naturalmente, furono meccanicamente esclusi dal mercato europeo.
Il discorso però era, ed è, diverso per i paesi d’oltreoceano. Per l’esportazione del prodotto in Usa e in Canada i parametri cambiano. In questo caso il grano deve avere un tasso di micotossine pari alla metà di quello accettato dalla UE per le importazioni.
In questo modo è successo che:
I prezzi internazionali del grano duro di riflesso sono crollati, circostanza favorevole per i commercianti italiani ed i monopolisti internazionali che hanno potuto acquistare il grano al prezzo più basso possibile dai contadini meridionali, messi alle strette dalle direttive europee. Questi stessi imprenditori hanno esportato poi il grano italiano migliore all’estero, lucrando sul prezzo, per poi portare da noi prodotti realizzati con il grano ammuffito, accumulatosi nei depositi, e radioattivo.
Alla luce di ciò il web, attraverso i social network, sta diffondendo il messaggio per boicottare la Barilla, principale azienda responsabile di questo disastro alimentare, incentivando gli utenti ad acquistare solo prodotti graminacei coltivati nello stivale e di agricoltura biologica.
Operazione non semplice visto che la Barilla è presente nel mondo con i marchi con il più alto valore commerciale: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.
La protesta sta raccogliendo consensi e già esistono liste di discussione dove è possibile trovare un’ alternativa di prodotti, completamente realizzati in Italia e non OGM, da poter sostituire al colosso americano.
A volte l'appello circola con la garanzia apparente di una "Dott.ssa Giuliana Icardi - Universita' del Piemonte Orientale", i cui dati personali spesso includono l'indirizzo postale e di mail e il numero di telefono e di fax.
L'appello contiene una lunga serie di asserzioni, nessuna delle quali è supportata da uno straccio di fonte. Già questo, in partenza, dovrebbe spingere l'internauta prudente e razionale a non disseminare notizie non documentate e che non offrano fonti; anche i soliti ingredienti dell'antiamericanismo, della multinazionale senza scrupoli, dell'avvelenamento pianificato della popolazione, dei controlli sanitari inesistenti e della soluzione facile e ambientalisterica al grande problema di turno dovrebbero insospettire. Ma sono proprio questi gli elementi che fanno presa sulle emozioni e inducono molti utenti a copiaincollare su Facebook e inoltrare a tutti via mail questo genere di appello.
Riemergo ora da un lungo periodo nel quale non ho potuto dedicarmi pubblicamente a indagini antibufala corpose e vorrei quindi riprendere creando questo articolo come punto di raccolta di informazioni e discussioni, da espandere e aggiornare man mano che emergono nuovi dati. Se sapete di più di questa storia, scrivetemi o segnalate fonti e dettagli nei commenti; nel frattempo faccio il punto di quello che ho trovato finora.
C'è una risposta di Barilla che dichiara che “Barilla non utilizza materie prime geneticamente modificate e i livelli di micotossine o contaminanti sono sempre ampiamente al di sotto dei limiti fissati dalle normative sulla Sicurezza Alimentare [...] poiché Barilla è il maggiore produttore di pasta al mondo e il più grande utilizzatore di semola di grano duro (oltre 1,400,000 tonnellate trasformate all’anno), la produzione nazionale non sarebbe sufficiente per coprire il fabbisogno [...] Barilla utilizza semole che provengono per oltre il 70% da grani italiani. Sono circa 30.000 gli agricoltori che coltivano grano per Barilla in Italia. Per il restante 30% ci approvvigioniamo principalmente dal Nord America”.
C'è Ilfattoalimentare.it, che liquida l'appello come una bufala “avvincente, ma priva di fondamento”. Tuttavia le fonti linkate sono nel frattempo scomparse o vaghe.
Durodisicilia ospita una discussione fra coltivatori piuttosto illuminante che smentisce gran parte di quanto affermato nell'appello.
Le asserzioni dell'appello
1. “BARILLA non è più italiana ma americana”
Questa è una bufala oltre ogni ragionevole dubbio. Chi ha partorito e diffuso l'appello non ha nemmeno dato un'occhiata alla storia della Barilla sul sito dell'azienda o su Wikipedia. La Barilla fu acquistata dall'americana Grace alla fine del 1970, ma Pietro Barilla la riacquistò nel 1979.
2. “usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito)”
Non viene fornita nessuna prova.
3. “L'UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro”
Non viene fornita nessuna fonte. Sergio Lup* ha trovato documenti che a suo parere sono la normativa europea corrente sulle micotossine, datata 2006, e quella precedente. Cinzia Cip* mi segnala di aver “trovato quanto detto dalla direttiva europea del 2006 (che è stata seguita da altre normative come è giusto che sia)” (link alla direttiva) e delle informazioni sulla direttiva italiana presso Ermesagricoltura.it.
4. “I prezzi internazionali del grano duro crollano”
Le fonti già citate indicano che invece i prezzi sono saliti, ma sarebbe opportuno avere qualche dato in più. Sergio Lup* segnala che l'andamento dei prezzi del grano duro degli ultimi 13 mesi è su ISMEA e che c'è un articolo del Sole 24 Ore sulla situazione dei prezzi nel 2007; ha inoltre trovato, in una tesi per un dottorato, “una serie di grafici (con relative citazioni di fonti) che sembrano confermare che dal 2006 il trend dei prezzi è in salita (con un picco mostruoso nel 2007 se non erro), conferma presente anche [in] uno studio (un po' datato) della camera di commercio di Matera che contiene anche un'analisi del mercato internazionale (par. 2.5)” (link)... Un po' di grafici anche qua.”
5. “gli stessi commercianti esportano il grano migliore italiano all'estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall'estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia”
Non viene fornita alcuna prova a supporto dell'asserito ammuffimento e della radioattività. La presunta radioattività, in particolare, sarebbe facile da verificare anche nel prodotto finito.
6. “Barilla è presente anche con i seguenti marchi: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem”
Il marchio Le Tre Marie risulta ceduto al gruppo Sammontana nel 2008 (Corriere.it 10/6/2008). Secondo un messaggio di Luca Virginio, Direttore Comunicazione e Relazioni esterne di Barilla, pubblicato su Osasapere.it, “i marchi Motta e le Spighe non sono mai appartenuti a Barilla, mentre il marchio Panem è stato ceduto nel 2003 e Tre Marie nel 2008”.
Delle sei asserzioni principali dell'appello, due risultano fasulle. Non è un buon inizio.
Ho contattato la dottoressa Icardi per avere chiarimenti. Mi ha risposto che “e' sicuramente una bufala; ho ricevuto questa mail da una collega di Torino e pensando fosse di lavoro l'ho tranquillamente aperta, ma evidentemente conteneva un virus che si e' appropriato delle mie credenziali e ne sta facendo un uso improprio; io e la mia amministrazione stiamo valutando di informare la polizia postale.”
Aggiornamento: la smentita di Barilla e Icardi
A dicembre 2012 ho ricevuto dall'agenzia di PR di Barilla la segnalazione di una presa di posizione formale di Barilla e della dottoressa Icardi sulla vicenda. Tutti i dettagli sono in questo articolo.
http://attivissimo.blogspot.ch/2012/06/antibufala-barilla-diventa-americana.html