Scanzi vs Santanchè: “Con la sua voce da usignolo afono non andiamo avanti”


Scontro brioso in due atti negli studi de “L’aria che tira”, il talk show di approfondimento politico in onda ogni mattina su La7. Protagonisti del duello: Andrea Scanzi e Daniela Santanchè. La polemica si innesca quando il giornalista del Fatto Quotidiano, dopo aver analizzato l’occupazione delle Camere ad opera del Movimento 5 Stelle, tocca il tema dei “furbetti” dai doppi incarichi e della ineleggibilità di Berlusconi. “I problemi in Italia sono altri” – accusa la pasionaria del Pdl – “continuate a fare le trasmissioni su queste sciocchezze quando l’Italia sta bruciando”. E si inerpica in una filippica sull’etica politica: “Se imparassimo tutti a comportarci bene eticamente, rispettando le regole, e non aspettando che ci vengano imposte le regole, sarebbe molto meglio. Scanzi ride? Pazienza”. Il giornalista spiega così la sua reazione: “E’ meraviglioso sentire la Santanchè parlare di etica e di regole, come se lei per venti anni non fosse stata in Parlamento”. Inevitabili le interruzioni polemiche dell’esponente del Pdl, che rivendica il fatto che “un elettore su tre ha votato Berlusconi”, al punto che Scanzi, non riuscendo a completare il suo intervento, afferma: “La sua educazione è nota a tutti. Vorrei parlare senza che lei mi interrompa con la sua voce da usignolo afono“. Il secondo match avviene pochi minuti dopo, quando viene affrontato il toto-nomi per il Quirinale. “Nomi che potrebbero unire il M5S e il Pd” – dichiara Scanzi – “sono quelli di Rodotà o di Zagrebelsky, nomi che la Santanchè definirebbe giustizialisti”. “Sono nomi di garanzia” – replica provocatoriamente l’esponente del Pdl – “e la Boccassini no? E’ una donna, è un nome di garanzia che tranquillizza tutti. Secondo me, è perfetta. Provi a lanciare Boccassini al Quirinale“. “La lancio” – risponde ironicamente Scanzi – “lancerei anche qualcos’altro in questo momento, Santanchè, ma le evito questo


http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/04/10/scanzi-vs-santanche-con-questa-voce-da-usignolo-afono-non-andiamo-avanti/227754/

Il Pd in Friuli si fa rimborsare le adozioni a distanza.


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Il Partito Democratico, in Friuli Venezia Giulia, sembra si sia fatto rimborsare dalla Regione anche le adozioni a distanza. E’ scandalo per l’inchiesta del pubblico ministero Federico Frezza che ha spulciato le spese rimborsate al Pd nel 2011 trovando addirittura una richiesta per delle adozioni a distanza.
Lunga la lista dei rimborsi contestati e di dubbia utilità politica come i dieci biglietti di teatro comprati a maggio e gli otto biglietti comprati ad ottobre per un totale di quasi 400 euro oppure i 160 euro per una cornice di argento, 337 euro per un seggiolone per bambini e circa 800 euro per cesti natalizi.
Ma le fatture non finiscono. Si scoprono due cene e un pernottamento a Polignano a Mare, pranzi e cene a Natale e San Silvestro, casalinghi, pelletteria, abbigliamento, profumi e cristalleria. Singolare anche la spesa di 130 euro in un colorificio, 55 euro per “calzature”, quattro scontrini di una macelleria, 55 euro per un giubbotto.
Gran parte dei prodotti, sembra emergere dagli interrogatori e dalle memorie difensive, sono doni di rappresentanza per terzi. “Quanto alle spese dei singoli consiglieri – spiega Gianfranco Moretton, consigliere regionale del Pd – io non intervenivo. I consiglieri consegnavano le ricevute all’impiegata che non esercitava alcun controllo e rimborsava la spesa. Se ci fosse stata qualche spesa abnorme credo che l’impiegata sarebbe venuta a dirmelo e avremmo bloccato il rimborso, ma in concreto non è mai accaduto. Io non guardavo gli scontrini, non ritenevo fosse mio compito controllare scontrini e ricevute”.
Per le adozioni? “Le adozioni a distanza – spiega Luca Ponti, avvocato di Moretton – sono le destinazioni finali di risorse a una congregazione di suore di via Treppo a Udine. Erano loro a stabilire come utilizzare i soldi. Sono azioni solidaristiche tipiche espressioni del gruppo sul territorio”. Insomma, beneficenza con i soldi dei contribuenti.

Niscemi, mamme No Muos bloccano accesso operai a base Usa: è tensione.


Il muro contro muro tra agenti e comitati è durato tre oreI comitati: «Lavori in corso nonostante revoca autorizzazione».

CALTANISSETTA - È riesplosa, a Niscemi, la protesta degli attivisti «No Muos», in risposta alla ripresa dei lavori di costruzione, nella base militare Usa di contrada Ulmo, del contestato sistema di telecomunicazione satellitare ad altissima frequenza, ritenuto pericoloso per la salute dei cittadini del comprensorio. Le «Mamme No Muos» hanno bloccato, stamani, con le proprie automobili, la strada che conduce al presidio statunitense, impedendo il transito agli operai e ai soldati americani che dovevano dare il cambio ai propri commilitoni.
TENSIONE - Il presidio era sorvegliato dagli agenti in tenuta antisommossa. Un muro contro muro durato tre ore, dalle 9 alle 12, dove non sono mancati momenti di tensione. Alla fine i soldati e circa 40 operai siciliani che dovevano entrare nella base sono tornati a Catania.
APPELLO A CROCETTA - Inutile si è rivelato il tentativo di mediazione dei funzionari della Digos di Caltanissetta e del locale commissariato di polizia. Per tutta risposta, le donne hanno annunciato la mobilitazione dei gruppi di attivisti di tutta la Sicilia, che domani cominceranno ad arrivare a Niscemi, e chiedono che «il presidente della Regione si rechi personalmente presso la base militare americana per rendersi conto che i lavori di costruzione del Muos proseguono alacremente».
I LAVORI - Il clima, sul fronte dei No Muos, si è fatto incandescente da quando è stato accertato e registrato con videocamere, che, malgrado l'impegno del console americano e nonostante il decreto della Regione Sicilia di revoca delle autorizzazioni, i lavori di costruzione dell'impianto radar sono ripresi e si avviano a completamento. Martedì gli attivisti hanno presentato un esposto alla magistratura, dopo che il sindaco di Niscemi, Francesco La Rosa, aveva già inviato una nota di denuncia al governo regionale e al prefetto di Caltanissetta, sollecitando un loro intervento «per richiamare gli americani a un maggiore rispetto delle leggi, delle istituzioni e del popolo italiano».

“Il tempo è scaduto” strilla Confindustria. Le banche non ascoltano e volano in borsa. MPS gode, all’improvviso, di ottima salute ritrovata. - Sergio Di Cori Modigliani


clessidra
Siamo ormai ai film riciclati, alle copie sbiadite, al già visto e digerito. Approfittando dell’Alzheimer sociale italiano, caratteristica principale di questa nostra nazione priva di memoria, pensano di potersela cavare riproponendo un copione che appartiene a una sceneggiatura già vista, che nel passato ha prodotto un film fallimentare. E quando dico “passato” non sto parlando del 1932, neppure del 1978.  Intendo dire il 2011, cioè (quantomeno nella mia mente) l’altro ieri. Mi riferisco qui all’iniziativa della Confindustria di acquistare una pagina pubblicitaria sul quotidiano la Repubblica (e da domani su tutti gli altri quotidiani) apparsa oggi, mercoledì 10 aprile 2013, in cui si vede una clessidra con la polverina tricolore e lo slogan “Il tempo è scaduto”, a metà tra l’annuncio necrologico e una velata minaccia non si sa bene rivolta a chi. Pagina identica all’editoriale pubblicato su Il sole 24 ore ai primi di ottobre del 2011 con il titolo “fate presto”, che poi produsse il governo Napolitano/Monti, il peggiore che l’Italia abbia mai avuto dal 1946 a oggi. Editoriale che faceva da “sequel” alla pagina pubblicitaria acquistata e pubblicata sul corriere della sera da parte dell’imprenditore Diego Della Valle nel mese di settembre del 2011.
Considerando la questione dal punto di vista della comunicazione, mi sembra di capire due cose ormai, ahinoi, molto chiare:
A). Stanno per varare uno straccio di governo (proprio come nel novembre del 2011) che esalterà lo spirito democratico della cupola mediatica e dei giornalisti televisivi, la variante di Monti/Passera, riadattata alle esigenze del 2013, con applausi in tutta Europa, salamelecchi di varia natura, magari qualche laurea honoris causa. Il tutto condito con espressioni del tipo “i mercati hanno reagito benissimo” e diversi articoli dei corrispondenti da New York, Washington e Londra dove importanti finanzieri, banchieri, economisti di fama, spiegheranno che finalmente l’Italia ha davvero svoltato e stanno per arrivare fiumi di danaro di investimenti. Traghetteranno il paese dalle olgettine di Arcore -via professoroni supercompetenti della Bocconi- al nuovo orizzonte luminoso del caro leader presidenziale, chiunque egli sia, il quale ci regalerà la bella pensata che stanno cucinando in questi giorni. E’ chiaro come il sole. Il copione è identico. Le comparse pure. Lo sceneggiatore anche. Così come il regista e il produttore. Ah, dimenticavo di aggiungere “i finanziatori”: neanche a dirlo, sono sempre gli stessi, saremo noi cittadini che paghiamo le tasse. Tanto per rinfrescare la memoria, ricordo che nel maggio del 2012 –soltanto undici mesi fa- Mario Monti dichiarò di ritorno dal suo secondo viaggio in Usa (raccontato su tutta la stampa mainstream come “il trionfo del premier a Wall Street” con applausi e lacrime da parte del PDL e del PD) “il successo del decreto salva-Italia e l’avvio del grande piano di ripresa dell’economia è stato salutato con tale favore dai mercati americani e dai grandi investitori, da potermi consentire di vedere, oggi, con chiarezza e ottimismo, la luce in fondo al tunnel. Grazie all’azione del mio governo, già nell’ultimo trimestre di quest’anno, l’Italia, grazie ai suoi conti messi a posto, si avvierà verso una nuova, e lasciatemi dire, luminosa ripresa economica. Stiamo sulla strada giusta”. Non contento di questa bella pensata, invitò il supertecnico multi laureato extra professore hightech Grilli a dir la sua; eccola: “Possiamo davvero respirare una nuova aria, soprattutto le imprese, perché i dati parlano chiaro e ci confortano; alla fine di quest’anno la ripresa segnerà una netta inversione di tendenza producendo un aumento positivo del pil intorno a un +1,2% per avviare poi già nel primo trimestre del 2013 un aumento del pil intorno a un sicuro +2%”. Risultato reale al 31 dicembre 2012: pil crollato a un -3%. Elezioni anticipate. Crollo dei consumi con una economica ritornata ai livelli del 1993. Produzione industriale crollata a un -7,8%. 1 milione di licenziamenti. 8 milioni di italiani al di sotto della soglia di povertà. Il 20% delle famiglie italiane considerate “tecnicamente” povere. Dati che inchiodano l’Italia identificandola come un paese definitivamente declinante. Un aumento dei suicidi del 24% rispetto all’anno precedente. L’azzeramento del settore micro-imprese con il fallimento di decine di migliaia di aziende e l’avvio di un nuovo trend “ufficiale”: in Italia chiudono, falliscono, e restituiscono la partita IVA, una azienda ogni 15 minuti, ovverossia 4 all’ora, che corrisponde a 100 al giorno. Alla fine dell’anno saranno all’incirca 40.000 imprese di meno. Nei primi tre mesi del 2013 hanno chiuso 10.150 aziende che comporteranno un abbassamento del gettito fiscale e quindi un aumento della spesa pubblica. Hanno sbagliato tutti i conti, tutte le previsioni. Eppure, sono le stesse identiche persone che oggi stanno formando un nuovo potenziale e possibile “governo di emergenza”.
B). La situazione reale è ben più drammatica di quanto non dicano, non scrivano, non raccontino. Se non fosse così non si comporterebbero come nell’ottobre del 2012. Eppure, leggendo le notizie di oggi, si comincia a respirare una strana e curiosa aria che fa comprendere come –quantomeno in Europa-  Milano e Roma non siano poi così distanti da Pyongyang. Così come i nord-coreani non sono al corrente della situazione reale del loro paese, nonostante siano alla fame vera e alla disperazione; così, noi italiani non ci rendiamo conto di ciò che sta accadendo, nonostante tutti i chiari sintomi. Entrambi i popoli sono innocenti. I nord-coreani, a dire il vero, molto più di noi. Loro non hanno sistemi di comunicazione, sono un paese povero, non hanno accesso per Legge a internet e non sanno neppure che esista. Ma una volta tanto, devo spezzare una lancia a favore del mio popolo, che considero mediamente innocente nel proprio abbrutimento analfabeta. Con una argomentazione che è la seguente: sono stati pubblicati dieci giorni fa i dati ufficiali delle 4 agenzie dell’ONU che, a nome delle 174 nazioni che hanno aderito al programma, stilano una classifica relativa a tre voci: 
a) libertà di stampa e di comunicazione; 
b) livello di corruzione della classe politica dirigente e amministrativa; 
c) libertà di accesso al mercato da parte dei singoli cittadini suddivisi per categorie professionali. 
Ebbene, in tutti e tre i campi, si registra un crollo verticale. Tradotto vuol dire: poiché questi dati sono il pane di qualunque investitore internazionale, che usufruisce di tali tabelle per identificare e definire ciò che loro chiamano “rischio paese”, si capisce perché non arriveranno i soldi, non ci sarà nessun investimento, e non esisterà alcuna ripresa. Stanno raccontando delle bugie, delle frottole. Dei Falsi. Per quanto riguarda la libertà di stampa, nel 1996 l’Italia era al 23esimo posto al mondo e già c’era da vergognarsi; nel 2008 eravamo arrivai al 47esimo; 50 nel 2009; 51 nel 2011; 57 nel glorioso 2012, e gli osservatori internazionali riferiscono che alla fine del 2013 (se prosegue questo trend) toccheremo la cifra di 65: veniamo dopo l’Iran, dopo l’Arabia Saudita, dopo l’Azerbaijan. La nostra nazione è stata identificata come maestra nella costruzione di falsi, nella pubblicazione di notizie false, nella produzione mediatica di attività tese a delegittimare concorrenti, oppositori, antagonisti, e nella presentazione di elementi che non fanno riferimento alla realtà. Come dire: siamo “ufficialmente” un paese di mitomani. Quantomeno i giornalisti. Noi lo sapevamo già, se è per questo, ma forse non lo sapevano tanti investitori potenziali. Siamo la nazione dell’emisfero occidentale che vanta il primato del paese con la minor libertà di stampa esistente e con la pubblicazione del più alto numero di falsi, notizie inattendibili, con il più basso indice di indipendenza dai partiti politici che controllano il paese. Siamo la Corea del Nord d’Europa.
Questo siamo. Così ci vedono. Così ci percepiscono.
E hanno ragione. Anche per questo non investiranno da noi. Per quanto riguarda la corruzione non siamo gli ultimi in Europa. Ci battono i bulgari. In compenso abbiamo superato i greci e gli spagnoli: sono molto meno corrotti di noi, il che è tutto dire. Qui il calcolo va fatto in maniera inversa, perché al primo posto c’è il più onesto, limpido e virtuoso (il Canada, beati loro!) mentre al 174esimo posto si trova lo Zimbabwe. Nel 2008 (e non era certo una delizia) eravamo al 44esimo posto con somma vergogna degli spiriti più puri nudi e crudi. Nel 2012 abbiamo toccato il livello 72: Sopra di noi la Romania (che era nel 2011 al posto 79) e al 70 la Turchia (che nel 2011 era al posto 84); i turchi stanno facendo passi da gigante: là ogni giorno mettono in galera funzionari pubblici e hanno avviato un processo di pedagogia sociale per incitare al disprezzo sociale nei confronti degli amministratori che rubano. E in galera (non credo che le carceri turche siano una meraviglia) lì li lasciano, non finiscono in un convento a fare le marmellate passeggiando tra le rose, come nel caso del senatore Luigi Lusi, il quale seguita a percepire il suo solido stipendio mensile di 22.000 euro perché a nessuno è venuto in mente di chiederne l’espulsione dal Senato per indegnità e ignominia, e le recenti cronache giornalistiche italiane (lo capite adesso che cosa vuol dire la libertà di stampa?) ci hanno spiegato che è diventato un adorabile intellettuale credente, adorato dai fraticelli perché il bravo Lusi sembra si impegni davvero tanto a mandare a memoria le liriche immortali di San Francesco d’Assisi, che declama tra una passeggiata e l’altra. In teoria, e a norma di Legge, dovrebbe stare in carcere, a condividere il suo triste destino con altri poveretti. Lui, invece, passeggia e canta le lodi del Signore. Nessuno ha spiegato come sia possibile. Ciò che conta: nessun giornalista è mai andato a chiederlo al giudice. Un paese da squallida operetta, consentitemi lo sfogo.
Non ho la minima idea di che cosa si siano detti Berlusconi e Bersani ieri sera. Che cosa abbiano deciso, stabilito, per il nostro futuro. Preferisco seguire i dati dell’Onu. So soltanto che oggi sui giornali economici italiani compare la notizia che “il MPS sembra aver ben digerito le recenti travagliate vicissitudini” (così presentano i padreterni della cupola mediatica il più grande scandalo finanziario italiano degli ultimi 120 anni: una vicissitudine). La medaglia spetta all’agenzia nazionale Teleborsa, che lavora per Milano Finanza e Il Sole 24 ore, che spiega ai propri abbonati come le cose in Italia vadano davvero bene, con la borsa al rialzo che va su che è una meraviglia, perché stanno arrivando milioni a palate da parte di investitori che si gettano a  Piazza Affari (purtroppo non è vero niente) grazie al fatto che l’import in Cina è in aumento. La follia di notizie come queste non necessita commenti. Ecco l’estratto.
Notizie Teleborsa – Finanza
Banche in rally a Piazza Affari e in Europa. 
(Teleborsa 10 aprile 2013. Ore 11.15) – Piovono acquisti sulle banche quotate a Piazza Affari. Il clima disteso sui mercati e l’allentamento delle tensioni sulle periferie dell’Eurozona sta favorendo un ritorno di interesse degli investitori sui finanziari tricolori, stamane in gran fermento, ma anche sull’intero comparto europeo, al momento in rialzo del 2% sul relativo DJ Stoxx. Di grande aiuto al sentiment generale anche il balzo dell’import in Cina, segno di una possibile accelerazione della domanda interna. Maglia rosa al Banco Popolare, in rialzo di quasi 5 punti percentuali a 0,9705 euro con volumi sostenuti. Tra gli altri Istituti quotati a Piazza Affari, ancora in forte rialzo Mediobanca di riflesso alle speculazioni sull’aggregazione tra Telecom Italia e 3 Italia. Piazzetta Cuccia è, assieme a Intesa Sanpaolo e Generali, tra i soci di Telco, a sua volta azionista di riferimento dell’operatore di tlc. Anche Intesa sta correndo con un rialzo del 3% mentre il Leone di Trieste segna un +2%. Volano anche Unicredit, la BPER, UBI e soprattutto MPS. Quest’ultima sembra aver messo da parte le vicende giudiziarie legate allo scandalo sui derivati e all’operazione Antonveneta lanciandosi verso la propria ricapitalizzazione.
Fine della nota d’agenzia.
Tutte le altre agenzie specializzate italiane sono sulla stessa lunghezza d’onda. Questa sera, il bravo Enrico Mentana, aprendo il suo telegiornale, sarà costretto a raccontarci che in borsa va benissimo e che le nostre banche sono davvero solide. Che cosa deve fare, poveretto! Lui legge le notizie da fonte ufficiale e le riferisce, è il suo mestiere: non le produce lui. E le notizie che  oggi il sistema produce, sono queste. Il che vuol dire che, evidentemente, Giorgio Squinzi è un pazzo pessimista. Seguendo i giornalisti economici italiani, all’improvviso si legge che va tutto a meraviglia. Il post finisce qui, con la notizia del giorno: “MPS ha superato le sue vicissitudini”. Siamo contenti. Non spiegano come, ma non ha importanza; bisogna pur sempre rispettare il fatto che stiamo al 57esimo posto come libertà di stampa e al 72esimo come livello di corruzione. Ignoro totalmente che cosa sia avvenuto ieri sera, alle ore 18, nell’incontro tra l’on. Pierluigi Bersani e il senatore Silvio Berlusconi. In compenso so che cosa pubblica oggi la stampa economica. Che va tutto bene, che milioni a palate piovono a Piazza Affari e che il Monte dei Paschi di Siena ha risolto le sue vicissitudini. Forse, a breve, è in cantiere un gemellaggio Milano-Pyongyang. Prima di ironizzare sul bambino delirante asiatico, pensateci due volte. Non siamo poi tanto distanti da loro.
La Corea del Nord è vicina.
Noi siamo, niente di più, che una sua copia sbiadita, si intende, modello  europeo.

Eurhinus Magnifico Gyllenhal - Natura meravigliosa



Punteruolo Metallo Beetle (Eurhinus Magnifico), trovato in Nord e centro America. L'adulto è dotato di un metallo lucido colorato e l'adulto. La lucentezza metallica è dovuto a diversi strati della chitina in dell'esoscheletro del coleottero, con differenti indici di rifrazione che esaltano luminosità e colore. Si ritiene che la lucentezza metallica serve a camuffarsinella foresta, simile a gocce lucenti sulle piante.
Photo: Craig Lapsley


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Ecco altri dettagli sui rimborsi elettorali 2012. Il popolo soffre ma la casta non rinuncia ad un solo Euro!



Ecco altri dettagli riguardo i rimborsi elettorali per le regionali 2012. Il Movimento 5 Stelle è stato il più votato e ad oggi è la prima forza politica in Sicilia, ci spettavano ben 1.126.545 € ma li abbiamo rifiutati. Guardate invece quanto si stanno intascando gli altri Partiti! E' una vergogna. La Sicilia sta per scoppiare, ogni giorno si moltiplicano le manifestazioni di disoccupati e precari, ma la casta non ha rinunciato ad un solo euro! Ad oggi noi percepiamo solo 2500€ mensili più le spese rendicontate, il resto lo abbiamo rifiutato o versato nel fondo per il microcredito. Ricordatevi di loro quando vi faranno l'ennesima promessa in cambio del vostro voto. (Fonte immagine, Quotidiano di Sicilia).

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Prodi fa jogging a villa Borghese. Con l'auto di servizio dentro il parco.




L'ex premier "beccato" dal fotografo mentre l'autista e la scorta lo aspettano nei viali della villa. In barba ai divieti.


Prodi fa jogging di prima mattina a Villa Borghese. Ma non come un cittadino qualunque. Perché il candidato per il Quirinale che tanto piace alla sinistra e ai *grillini era accompagnato dalla macchina di servizio e dall'autista che lo ha seguito fin dentro il parco, cioè dove normalmente non si può arrivare. Alla faccia di chi lo vede come garante dell'anticasta. Una mezz'oretta di corsa, per scaricare la tensione accumulata forse dal fatto che il suo nome, dopo l'incontro di ieri tra Berlusconi e Bersani, non è più in cima alla lista dei papabili per il Colle, poi l'ex presidente del Consiglio è tornato alla sua macchina (di servizio) che lo ha riaccompagnato a casa.

Maxi sequestro in tutta Italia di shampoo lisciante altamente tossico: può causare tumori e sclerosi.



La procura di Brescia ha chiesto l’immediato ritiro in tutta Italia di circa 50mila prodotti cosmetici per capelli che contengono formaldeide, una sostanza chimica che rende i capelli lisci ma che è tossica ed in grado di favorire malattie come i tumori e la sclerosi.
Sono state denunciate 21 persone e rinviate a giudizio i rappresentanti legali delle aziende coinvolte.
Queste le dichiarazioni ufficiali dei pm: “L’attenzione dei militari  è stata inizialmente destata da fatti di cronaca che avevano registrato il ricovero di alcune donne dopo che si erano sottoposte al trattamento di lisciatura dei capelli in alcuni saloni di parrucchiere”. Nel comunicato si legge poi:”Da quel momento sono state avviate indagini sul prodotto in questione, presto estese a tutti i prodotti importati e commercializzati in Italia fino ad arrivare a un campione di oltre 70 differenti prodotti . Gli inquirenti hanno concentrato l’attenzione su un elemento chimico presente negli stessi, la formaldeide, in grado di aumentare temporalmente l’effetto lisciante, anche fino a sei mesi. La formaldeide è inserita nella lista mondiale delle sostanze più pericolose e tossiche per l’uomo”. 

STAMINALI, COSA CAMBIA COL DECRETO BALDUZZI.



Dopo il via libera della commissione speciale, il Senato sta licenziando il provvedimento sulle staminali presentato dal Ministro Balduzzi, ecco cosa cambierà nella travagliata vicenda delle cure compassionevoli proposte dalla Stamina Foundation.


Staminali non è una parola magica, le staminali non sono tutte uguali, e le cellule staminali non vanno bene per curare qualunque malattia: questo la comunità scientifica vuole sia ben chiaro, dopo l’ulteriore compromesso raggiunto al Senato sulla utilizzazione per uso compassionevole di staminali mesenchimali, ed anche se nel decreto non è nominata, si staglia nitida la figura della Stamina Foundation e dei suoi due padri, Davide Vannoni, professore associato di Psicologia all’Università di Udine, e Marino Andolina, pediatra-immunologo in pensione. Che attraverso un metodo di selezione e coltura mai reso noto, perchè dicono è stata presentata la richiesta di brevetto negli Stati Uniti, hanno elaborato la loro “cura” con staminali mesenchimali, quelle dello scheletro, donate da un parente ed infuse a bambini affetti da varie e gravissime malattie genetiche. Nessun miglioramento dopo sei mesi di trattamento su 5 bambini, e due sono morti, si legge in una relazione pubblicata su Neuromuscolar disease fatta da ricercatori del Burlo Garofalo, lo scorso dicembre: ma la grana era scoppiata un anno prima, quando il procuratore torinese Guariniello aveva indagato per truffa 12 membri della Stamina Foundation, e i Nas avevano sequestrato il laboratorio presso gli Spedali riuniti di Brescia dove si preparavano quelle staminali: non a norma, ed il prodotto potenzialmente dannoso. Ma poi ci sono state campagne in tv e sui giornali, bambini mostrati alla curiosità e alla pietà di tutti, le sentenze contraddittorie di molti Tribunali che concedevano o negavano quella “cura”, la protesta di chi a tutti i costi la voleva, per i propri figli. Se anche la Camera convertirà in legge il decreto Balduzzi, di staminali si potrà parlare solo in strutture pubbliche, l’Istituto Superiore di Sanità deve sapere di cosa si tratti, deve essere coinvolto il centro nazionale trapianti. Soprattutto, devono essere trattamenti a titolo gratuito, chiunque li proponga. E poi il compromesso: sotto la responsabilità del medico prescrittore, chi è già “in cura” col metodo Stamina può terminare il ciclo. Ma come ci chiede la comunità scientifica internazionale, si deve tornare alla sicurezza, ai controlli, a protocolli chiari a tutti. Perchè le staminali non sono tutte uguali, e non servono purtroppo per tutte le malattie.

http://ippocrate.blog.rainews24.it/2013/04/10/staminali-cosa-cambia-col-decreto-balduzzi/

Serravalle, l’uomo di Penati: “Azioni in sovrapprezzo? Me lo chiese D’Alema”.

Serravalle, l’uomo di Penati: “Azioni in sovrapprezzo? Me lo chiese D’Alema”


Renato Sarno, già in carcere, riporta le frasi - raccontate da Il Corriere - del presidente della Provincia che nel 2005 comprò a prezzo maggiorato il pacchetto azionario di Gavio. L'ex braccio destro di Bersani, nega ogni addebito. Così come l'ex ministro degli Esteri che annuncia querela al quotidiano milanese.

“Le esatte parole di Penati furono: ‘Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l’acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D’Alema‘”. A riportare la frase – secondo la ricostruzione del Corriere della Sera – è Renato Sarno, l’architetto 67enne già incriminato dai pm di Monza come “collettore di tangenti e uomo di fiducia di Penati nella gestione di Milano-Serravalle“. 
Il pacchetto di azioni della società autostradale Milano-Serravalle cui fa riferimento Sarno sono quelle che la Provincia di Milano, presieduta dal ds Filippo Penati, acquista nel 2005 dal costruttore Marcellino Gavio a prezzo gonfiato. 
Il Corriere ha interpellato sulla vicenda lo stesso Filippo Penati che ha negato di aver fatto a Sarno il nome di Massimo D’Alema. “Costretto da D’Alema a strapagare le azioni di Gavio? – ha detto Penati – Non l’ho mai detto a Sarno, né avrei mai potuto dirglielo perché non è vero: difendo l’operazione Serravalle fatta nell’interesse della Provincia e destinata ancora oggi a procurarle una plusvalenza”. L’ex presidente della Provincia di Milano ha anche aggiunto che “non c’era alcuna ragione per la quale io dovessi parlare con lui dell’operazione Milano-Serravalle”.
“Leggo con stupore, in un lungo articolo a firma Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, alcune dichiarazioni che sarebbero state rilasciate dall’architetto Renato Sarno in merito ad un mio presunto interessamento, nei confronti dell’allora presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, nell’acquisto delle quote azionarie dell’autostrada Milano-Serravalle, oggetto di indagine da parte della Procura di Monza”. E’ quanto afferma Massimo D’Alema. “Nel rilevare che tutta la ricostruzione della vicenda è stata già smentita da Penati, ovvero colui che avrebbe riferito quelle evidenti sciocchezze all’architetto Sarno, mi sconcerta il fatto che i due giornalisti del Corriere della sera non abbiano avvertito l’esigenza di chiedere la mia versione prima di dare diffusione a dichiarazioni inventate di sana pianta, pubblicandole con straordinario e immotivato risalto”, continua il presidente della fondazione Italianieuropei. D’Alema conclude: “Nel ribadire di non essermi mai interessato a quella vicenda, comunico di aver incaricato il mio legale, avvocato Gianluca Luongo, di assumere ogni più idonea azione a tutela della mia immagine e della mia onorabilità nei confronti di tutti coloro che, nel corso delle indagini o nel riportarne in modo distorto o parziale le risultanze, si sono resi protagonisti di una deliberata azione di calunnia e disinformazione ai miei danni”.

Come riutilizzare i fondi di caffé.


Un’alternativa alla cosmesi tradizionale? Utilizziamo un prodotto “green” davvero sorprendente: i fondi del caffé.
Proprio così, i fondi di caffé non sono solo rifiuti organici da buttare nell’umido ma si prestano a molteplici utilizzi dal compostaggio alle creme anticellulite!
I fondi di caffé sono ottimi come fertilizzanti naturali perché sono ricchi di sostanze nutritive ma si può anche preparare un’ottimo esfoliante per la pelle. Basta applicarli sulla pelle umida mentre si fa la doccia e poi massaggiare energicamente e risciacquare bene.
Come impacco, rendono i capelli scuri più luminosi. Basta applicare il caffè avanzato sui capelli prima dell’ultimo risciacquo ed il risultato è davvero meraviglioso!
Aiutano a combattere la cellulite. Ecco una ricetta percombattere la cellulite con il caffé.
Ma i modi di impiego sono tantissimi e possono, senz’altro, contribuire a tenere pulito l’ambiente. Eccone alcuni esempi.
Si possono eliminare i cattivi odori, spargendo la polvere sul fondo del bidone della spazzatura così come nel frigo, se ci avete messo un cibo un pò puzzolente, una ciotolina con i fondi li spazzerà via.
Inoltre si possono tenere lontani formiche e altri animaletti, lasciando una “traccia” di caffé nei buchini dove si pensa che si annidino. Ne hanno paura perché “annegano” dentro la polvere finissima.
Per distogliere i gatti dall’orinare nei vasi di fiori, spolverizzare la terra con il caffé. Non ne sopportano l’odore pungente.
Come anti-macchia sono molto efficaci, basta cospargere il punto dove c’è lo sporco e strofinare. Se poi avete un bel mobile in legno scuro che si è graffiato, il fondo ridotto ad una pasta se mescolato ad una crema, servirà a coprire i segni.
Senza contare le virtù dei fondi di caffè per rendere più acido il terreno per le piante di tipo acidofilo (ideale come additivo per esempio per chi ha le rose sul balcone o in giardino).
Guarda la Gallery sulle applicazioni dei fondi di caffé!
Ma non finisce qui. Da alcune ricerche è emersa la possibilità di utilizzo per la produzione di un bio-combustibile e la possibilità di realizzare dispositivi per la rimozione dei metalli pesanti da acque contaminate.
Anche il design però vuol dire la sua: è il caso dell’olandese Matthijs Vogels, uno studente dell’Accademia di Design di Eindhoven, dai fondi di caffé ricava persino le tazzine ed i piattini (vedi immagine sotto). I piattini e le tazzine sono ovviamente compostabili.
Infine, l’azienda londinese Re-worked ha sperimentato un metodo per trasformare i fondi di caffé in oggetto di arredamento come tavoli e sedie. Il materiale ecologico, inventato dal gruppo di designer dell’azienda, si chiama Curface, ottenuto mescolando al caffé la plastica riciclata.
Insomma, i fondi di caffé sono un materiale davvero eclettico e sono certa che, dopo avere letto queste poche righe su alcune sorprendenti modalità di riuso, non li vedrete più come rifiuto, ma come vera risorsa!

Quirinale, gli 11 presidenti – Enrico De Nicola, il monarchico col paltò rivoltato - Marco Travaglio

Quirinale, gli 11 presidenti – Enrico De Nicola, il monarchico col paltò rivoltato


Bizzarro e bizzoso, arriva da Napoli a Roma sull'auto privata e rifiuta l'assegno e l'alloggio al Quirinale. Fra 10 giorni le camere si riuniranno per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, il 12esimo. Finora ne abbiamo avuti 11 in 67 anni. Il Fatto Quotidiano li racconta a puntate.

Il primo presidente della neonata Repubblica Italiana è un monarchico e ha 69 anni: Enrico De Nicola, napoletano, politico liberale, avvocato penalista e insigne giurista, che eccezionalmente detesta la retorica (“è il cloroformio delle Corti d’Assise”), ma bada molto alle forme. Ed è proprio per una questione di forme che, il 28 giugno 1946, viene eletto capo provvisorio dello Stato. All’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno, che ha sancito per un soffio e tra mille polemiche di brogli la vittoria della Repubblica sulla Monarchia, le massime cariche dello Stato sono occupate da due settentrionali fieramente repubblicani: il trentino Alcide De Gasperi al governo, il piemontese Giuseppe Saragat alla Costituente. Bisogna dare un contentino al Sud, che ha votato in massa per Casa Savoia e si sente più che mai estraneo alla vita politica, tutta dominata dal “vento del Nord” resistenziale. I candidati alla presidenza sono tutti “revenants” (fantasmi, come li chiamava in dialetto piemontese Vittorio Emanuele III, memore dei loro trascorsi nell’Italietta prefascista): la Dc tifa per Vittorio Emanuele Orlando, i socialisti per Benedetto Croce. Ma tra i papabili c’è pure De Nicola, ex deputato liberale e ministro giolittiano, anche se nessuno è disposto a scommettere su di lui, per via del suo pedigree non proprio antifascista.
RITARDO DI 1 ORA E MEZZA AL GIURAMENTO IL 1° LUGLIO ’46. Qualcuno lo rammenta ancora presidente della Camera nel 1922, quando non fece una piega di fronte ai pesanti insulti del cavalier Mussolini a quell’“aula sorda e grigia”, e anzi zittì bruscamente il socialista Modigliani che tentava di protestare e votò la fiducia al primo governo del Cavalier Benito. Qualcun altro giura che don Enrico rifiuterà la candidatura, essendo noto più per le sue rinunce che per le sue investiture: quattro volte ha rifiutato la presidenza del Consiglio, una la nomina a senatore, una l’elezione a deputato, una la poltrona a sindaco di Napoli. Ma alla fine è proprio il gioco dei veti incrociati a catapultarlo sul Colle più alto. La Dc impallina Croce: troppo “laico”, il filosofo partenopeo, che comunque declina l’invito “per evitare lo scandalo e il chiasso”. Fuori uno. Il Pci boccia pure Orlando: ha sponsorizzato un po’ troppo i Savoia nella recente campagna referendaria. Fuori due. Sulle prime, Togliatti pensa ad Arturo Toscanini, poi ripiega su De Nicola. Gli altri si adeguano. Don Enrico viene eletto il 27 giugno, al primo scrutinio, con il 73,7 per cento dei suffragi: 397 voti su 501. Contrari soltanto i repubblicani, il Partito d’azione e la Concentrazione democratica di Ferruccio Parri, che danno 40 voti a Cipriano Facchinetti (Pri), candidato di bandiera. Anche l’Uomo Qualunque non ci sta e sostiene bizzarramente la baronessa catanese Ottavia Penna da Caltagirone nata Buscemi, antifascista, anticomunista e monarchica, candidata apposta – spiega Guglielmo Giannini – come “condanna di un mondo politico incancrenito”, (32 voti). Orlando non lo votano che in 10. Un monarchico sfegatato scrive sulla scheda “Umberto II di Savoia”.
Ma accetterà l’incarico, don Enrico? È noto che adora farsi pregare. Manlio Lupinacci lo canzona sul Giornale d’Italia: “Onorevole De Nicola, decida di decidere se accetta di accettare”. Lui infatti, alle prime avvisaglie della sua elezione, è subito fuggito da Roma rintanandosi nella sua casa di Torre del Greco. Saragat tenta di avvertirlo che sta cominciando la votazione decisiva, ma trova il telefono staccato. Qualche ora dopo ci riprova De Gasperi, per comunicargli l’esito finale. E finalmente il bizzarro e bizzoso neoeletto risponde: “M’inchino alla volontà popolare”. Neppure un cenno di ringraziamento ai deputati che l’hanno issato alla più alta carica dello Stato. L’Alcide ci rimane male, ma prosegue con una punta di ironia: “Auguri, presidente. Se lei è d’accordo, il 1° luglio alle ore 12 dovrebbe giurare fedeltà alla Repubblica…”. “Presidente provvisorio, prego”, lo tronca scontroso l’interlocutore. E il 1° luglio, tanto per non smentirsi, si fa attendere non poco. Fa un caldo africano, quel giorno, a Roma. Davanti al palazzo di Montecitorio una folla di parlamentari, giornalisti e semplici curiosi aspetta con ansia il suo arrivo. Rintanati nell’atrio per ripararsi dalla canicola opprimente, Saragat, presidente dell’assemblea, Orlando, decano del Parlamento, e il conte Carlo Sforza, ex-presidente della Consulta (l’assemblea che dalla liberazione di Roma ha svolto funzioni di organo non elettivo dei governi del Cln) si asciugano il sudore e guardano nervosamente l’orologio. Lo stesso fanno il resto dei parlamentari, assiepati nella Sala della Lupa e, nell’attigua Sala Gialla, De Gasperi, con il governo al gran completo.
Davanti al portone, un picchetto d’onore di vigili urbani a cavallo e un duplice schieramento di carabinieri in alta uniforme si sciolgono sotto il sole che picchia. Ma don Enrico non arriva. Qualcuno, in avanscoperta in piazza Colonna, lancia falsi allarmi: “Arriva, è lui… no, non è lui”. “Doveva esser qui a mezzogiorno ed è già la mezza. La Repubblica è già in ritardo”, sghignazzano i monarchici. Ritardo imbarazzante: un’ora e mezza. Solo alle 13.30 il corteo presidenziale sbuca finalmente dall’ultima curva e avanza lentamente verso la piazza. Un corteo piuttosto scarno, formato da una sola automobile nera, quella privata di De Nicola, senza scorta: i sei poliziotti in motocicletta che l’hanno accompagnato da Napoli li ha licenziati lui personalmente alle porte diRoma. Al suo fianco, oltre all’autista, lo accompagna un nipote (il neopresidente è scapolo). Ma la valigia di cuoio, suo unico bagaglio, pretende di portarsela da solo. Quella che segue, più che una cerimonia ufficiale, è una bicchierata fra vecchi amici. Dopo il giuramento, un telegrafico discorso di presa d’atto dell’incarico. Poi tante pacche sulle spalle, abbracci e salutoni da fiera paesana. A un certo punto gli si fa incontro la democristiana Angela Maria Cingolani Guidi, una sorta di Paola Binetti ante litteram. E gli stampa un bacio sulla guancia: “A nome di tutte le donneitaliane”. Lui, imperturbabile, ringrazia. E restituisce uno smack sulla guancia della timorata signora.
I CONTRASTI CON IL DETESTATO DE GASPERI. Quando gli descrivono gli appartamenti presidenziali approntati per lui al Quirinale, non li visita neppure: essendo “provvisorio”, non può risiedere nella dimora dei Re. Dunque si fa condurre a Palazzo Giustiniani, uno dei luoghi più bassi e più bui di Roma (“ogni mattina al primo visitatore devo chiedere se fuori piove o c’è il sole…”). Nei due anni scarsi del suo mandato, farà in tempo ad apporre la sua firma sulla Carta costituzionale. Scostante, umorale e sempre più stizzoso, arriva a dimettersi “per ragioni di salute” nel maggio del 1947, terrorizzato dalle possibili conseguenze della rottura fra De Gasperi e le sinistre dopo lo storico viaggio a Washington. La Costituente, non potendo respingere le sue dimissioni, lo rielegge il giorno dopo. Un’altra volta minaccia di andarsene perché il procuratore generale della Cassazione, inaugurando l’anno giudiziario, non gli ha rivolto un saluto sufficientemente ampolloso. Epici i suoi scontri con De Gasperi, che detesta cordialmente: nel maggio del ’47, pur di non ridargli l’incarico, convoca Francesco Saverio Nitti e financo l’ottantottenne Orlando. Quattro mesi dopo l’Alcide va a fargli firmare il trattato di pace, ma lui non ne vuole sapere: monta su tutte le furie, afferra le carte diplomatiche e le scaraventa sul pavimento, tra lo sgomento di funzionari e ministri presenti. Solo dopo lunghe insistenze riusciranno a strappargli la firma di ratifica.
Per mesi, poi, De Gasperi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti tenteranno di convincerlo a firmare il decreto che gli attribuisce la “lista civile”, cioè l’appannaggio presidenziale (12,5 milioni di lire). Ma invano. De Nicola è quasi povero (ha perduto tutti i suoi risparmi professionali investendoli in buoni del Tesoro all’inizio della guerra), ma rifiuta l’appannaggio presidenziale. Celeberrimo il suo cappotto rivoltato, sempre lo stesso, con cui partecipa alle cerimonie ufficiali: un giorno, su insistenza degli imbarazzati collaboratori, lo manda al suo sarto di Napoli per la riparazione, ma quello gli fa il lavoro gratis e rifiuta i soldi, allora lui gli leva il saluto. Maniaco delle dimissioni e allergico al denaro e al potere: il più antitaliano dei presidenti. Infatti non sarà riconfermato. Due anni di De Nicola possono bastare.
(1. Continua)
Altri tempi, altri Uomini.

WikiLeaks: le trame d'Italia. - Stefania Maurizi





Le manovre di Kissinger. L'appoggio Usa a Formigoni e Cl. Il visto negato da Washington a Napolitano. Lo strano incidente di Berlinguer in Bulgaria. Una nuova ondata di cablo sugli eventi degli anni '70.

E' stato uno dei più grandi protagonisti della politica estera americana del ventesimo secolo. Un uomo che ha deciso i destini del mondo. Da Washington a Roma, dall'Argentina al Vietnam, le sue decisioni e ossessioni hanno condizionato governi, spianato la strada a colpi di stato e dittature atroci, combattuto la guerra Fredda negli anni più caldi del comunismo. Henry Kissinger, potente segretario di Stato americano ai tempi di Richard Nixon e Gerald Ford è al centro delle nuove rivelazioni di WikiLeaks, a cui "l'Espresso", in collaborazione con "Repubblica", ha avuto accesso esclusivo per l'Italia, insieme a un team di diciotto media internazionali: dal quotidiano argentino "Pagina12" all'agenzia "Associated Press", dal giornale "The Hindu" a quello australiano "The Age". 

Un database di 1.707.499 cablo della diplomazia americana che vanno dal 1973 al 1976: "i Kissinger Cables'. Comunicazioni tra Henry Kissinger e le ambasciate di tutto il mondo, che rivelano una miniera di informazioni su tutte le nazioni della Terra, tra colpi di stato e scandali che hanno caratterizzato quegli anni in cui il mondo era diviso in due superpotenze: l'America e l'Urss. 

Dai file sull'Italia emergono le trame e i personaggi che hanno fatto la storia del Paese negli anni più bui, ma che ancora oggi sono al centro della scena politica o, comunque, della memoria collettiva. Dal celebre visto per l'America, negato a Giorgio Napolitano nel 1975, alle rivelazioni su Formigoni e Comunione e Liberazione. Dalle responsabilità del Vaticano nella collaborazione con i peggiori regimi dittatoriali che hanno insanguinato l'America Latina all'incidente stradale di Berlinguer in Bulgaria: un banale scontro di automezzi o il tentativo di assassinare un leader di indiscusso carisma che, però, non piaceva a troppi? 

Henry KissingerHenry KissingerQuesti documenti che oggi pubblica WikiLeaks e che riguardano gli anni dal '73 al '76 sono stati desecretati dallo stesso governo degli Stati Uniti. Quello che l'organizzazione di Assange ha fatto è stato assemblarli in un potente database costruito dal gruppo e ricercabile per parole chiave, dove è possibile trovare sia 1.707.499 di file dal 1973 al 1976 (che il gruppo ha ribattezzato "The Kissinger Cables"), sia i 251287 cablo segreti che vanno dal 2002 al 2010 ("Cablegate") pubblicati da WikiLeaks per la prima volta nel novembre 2010: una mossa che scatenò la reazione infuriata della Casa Bianca, di Hillary Clinton e del Pentagono, perché quei cablogrammi tanto recenti non erano mai stati desecretati dal governo americano, che di fatto ancora oggi, a fini legali, li considera documenti riservati, nonostante siano in rete e siano finiti sulle pagine dei giornali di tutto il mondo.

Mettendo insieme in un avveniristico database i file di Kissinger e i cablo degli anni 2000, l'organizzazione di Assange ha creato una grande libreria pubblica della diplomazia Usa: "PlusD", ovvero la "WikiLeaks' Public Library of the United States Diplomacy", uno strumento preziosissimo che da oggi in poi permette a chiunque di cercare i documenti che vuole, senza filtri o senza avere abilità particolari.

Questa operazione è ancora più importante se si considera che gli Stati Uniti si riservano comunque la facoltà di poter secretare di nuovo anche i documenti che il loro stesso governo ha desecretato, togliendoli dal dominio pubblico, se ritengono che le informazioni in essi contenute possono danneggiare gli interessi degli Stati Uniti. Come è successo, per esempio, nel 2006, quando l'amministrazione Bush ha deciso improvvisamente di secretare oltre 55mila dossier che, in molti casi, erano stati diffusi ormai da anni, e il cui contenuto era anche finito in libri e articoli di stampa. Un'operazione che può sembrare paradossale, ma come conferma a l'Espresso il guru della segretezza, l'americano Steven Aftergood: «Sotto certe condizioni, i documenti rilasciati pubblicamente possono essere secretati di nuovo».

Con questa libreria di WikiLeaks, i documenti non potranno più essere sottratti al pubblico dominio. E le storie che lasciano affiorare sull'Italia e il Vaticano permettono di riallacciare i fili di un passato di trame, scandali, sotterfugi, influenze che tiene ancora il Paese sotto scacco.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/wikileaks-le-trame-ditalia/2204227

Carburante dall'anidride carbonica? Sì può. Grazie ad un microrganismo.


Carburante dall'anidride carbonica? Sì può. Grazie ad un microrganismo

Pyrococcus furiosus 


Studio dell'Università della Georgia, negli Stati Uniti: i ricercatori hanno modificato geneticamente il Pyrococcus furiosus per imitare il processo della fotosintesi in natura. "Siamo in grado di estrarre CO2 dall'atmosfera per trasformarla in prodotti utili". E il combustibile prodotto è a emissioni zero.

OTTENERE combustibile dall'anidride carbonica dell'atmosfera grazie all'aiuto di un microrganismo geneticamente modificato: è la scommessa stata lanciata dalla University of Georgia, negli Stati Uniti, grazie alle ricerche del professor Michael Adams, ricercatore di biochimica e biologia molecolare presso l'ateneo americano. 

Studiando il modo in cui in natura le foglie convertono il biossido di carbonio, il team di ricercatori guidato da Adams ha messo a punto un modo per selezionare il CO2 presente nell'atmosfera e trasformarlo in prodotti industriali, tra cui il carburante, imitando la fotosintesi attraverso cui le piante utilizzano la luce solare, per trasformare acqua e anidride carbonica in zuccheri, servendosene poi per produrre energia. 

Non è la prima volta che la fantasia dei ricercatori accende le speranze di poter sfruttare uno dei principali gas serra presenti nell'atmosfera per produrre carburante pulito. Questa volta per "copiare" madre natura, i ricercatori hanno modificato il materiale genetico di un microrganismo particolare, il "Pyrococcus furiosus", perfettamente a suo agio ed in grado di crescere a temperature estreme - anche superiori ai 100 gradi - che si nutre di carboidrati nelle acque surriscaldate dell'oceano vicine a sfiati geotermici. La squadra dei ricercatori lo ha modificato in modo da renderlo in grado di alimentarsi a temperature inferiori. Hanno poi usato gas idrogeno per creare una reazione chimica nel microrganismo e integrato il CO2 con l'acido 3-idrossipropionico, una sostanza chimica industriale usata per fare acrilici e altri prodotti.

"La scoperta" ha detto il capo ricercatore Michael Adams "significa che siamo in grado di eliminare le piante come intermediari, e di estrarre l'anidride carbonica direttamente dall'atmosfera per trasformarla in prodotti utili, senza dover passare attraverso elementi ricavati da biomasse altrimenti utili per l'alimentazione, come la coltivazione delle piante e l'estrazione degli zuccheri".

Oltre alla produzione di prodotti industriali, sperimentando altre manipolazioni genetiche si potrebbe consentire al microrganismo di produrre altri prodotti, compresi i combustibili. Tuttavia il ciclo di conversione dipende ancora dai combustibili fossili. Infatti i ricercatori hanno utilizzato l'idrogeno come fonte di energia, la cui sorgente più facilmente disponibile è al momento il gas naturale, che è un combustibile fossile.

Il futuro, però, "vira" al verde: "Nella ricerca a lungo termine ci auguriamo di poter utilizzare idrogeno da fonti rinnovabili biologiche, come ad esempio dalle alghe fotosintetiche o dai rifiuti dei prodotti di fermentazione", spiega ancora Adams. 

Il combustibile prodotto con il Pyrococcus furiosus è però a zero emissioni perché, spiegano i ricercatori, quando brucia rilascia la stessa quantità di CO2 utilizzata per crearlo, il che lo rende più pulito di benzina, petrolio e carbone. I dettagli dello studio, sostenuto dal Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, sono stati pubblicati su Proceedings of National Academies of Sciences.