mercoledì 18 settembre 2013

Dl cultura, M5S: “Spunta il regalo alla Melandri, 5 milioni di euro al Maxxi”.

Dl cultura, M5S: “Spunta il regalo alla Melandri, 5 milioni di euro al Maxxi”


La senatrice Lezzi denuncia il nuovo regalo alla Fondazione presieduta da Giovanna Melandri all'interno del decreto già approvato in commissione a Palazzo Madama e ora all'esame dell'Aula. L'emendamento in questione, tra l'altro, è stato presentato da Riccardo Villari del Pdl in commissione Bilancio. Altro punto contestato: la scelta di destinare 1 milione di euro all'anno per l'informatizzazione dell'archivio dei partiti.

Cinque milioni in più alla Fondazione Maxxi di Roma, presieduta dall’ex ministro (in quota Partito democratico) Giovanna Melandri. E’ quanto contenuto nell’emendamento al decreto cultura, provvedimento approvato nell’apposita commissione di Palazzo Madama e ora all’esame dell’Aula. La denuncia arriva direttamente dal Movimento 5 Stelle, e in particolare dalla senatrice Barbara Lezzi (insieme ai colleghi Elisa Bulgarelli e Ornella Bertorotta). Il Decreto legge dispone interventi urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei Beni e delle Attività Culturali. E tra le priorità, non si dimentica il sostentamento permanente della Fondazione Maxxi per cinque milioni di euro all’anno. Un ente, del resto, presieduto da una personalità politica: un dato di fatto che fa discutere e crea polemica. L’emendamento in questione, tra l’altro, è stato presentato da Riccardo Villari del Pdl in commissione Bilancio. 
Tante le polemiche anche per l’emendamento a firma Marcucci (Pd) che chiede di assegnare 1 milione di euro in più l’anno dal 2014 per la “conservazione e informatizzazione degli archivi dei partiti“. Un punto contrastato dal Movimento 5 Stelle: “E’ assurdo i partiti politici sono associazioni private” commentano Fabrizio Bocchino e Nicola Morra. “Per questo abbiamo deciso di proporre un subemendamento per di destinare quel 1 milione di euro in più a Musei, Biblioteche, Archivi di Stato e storici. “Finanziamenti alla vera cultura. Ora vedremo chi sta veramente dalla parte della cultura di tutti e chi vuole finanziare quella legata esclusivamente ai partiti”.
Il decreto, del resto, sarebbe dovuto arrivare in Aula ieri, ma nonostante il lungo iter svolto in Commissione Istruzione, il testo è rimasto bloccato nell’organismo parlamentare. Il motivo? La solita battaglia degli emendamenti, circa 330. Tra i più determinati oppositori c’era l’ex ministro Sandro Bondi. Il decreto, che era stato messo a punto dal cdm il 2 agosto, contiene disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo. Secondo Bondi, il provvedimento comporterebbe un aumento della spesa pubblica ricorrendo a nuove tasse. Il decreto prevede la istituzione della Unità Grande Pompei come elemento di coordinamento di progetti e stanziamenti anche internazionali per realizzare concretamente la messa in sicurezza dell’area archeologica. Sono anche previste nuove linee di governance e di gestione per i musei, per le fondazioni lirico-sinfoniche, per il cinema e per i teatri. Il decreto dovrà essere convertito in legge entro l’8 ottobre. Tra i problemi emersi in commissione, anche quello, avanzato dal Pdl, sulla copertura di alcuni provvedimenti previsti dal decreto. I senatori berlusconiani chiedono inoltre che venga specificato che i 500 ‘under 35′, previsti per il programma di inventariazione e digitalizzazione del Mibac, sono ‘tirocinanti’. Tutto ciò per non correre il rischio di creare 500 precari. Dal Pdl, inoltre, hanno denunciato anche poca chiarezza sulla figura del supermanager di Pompei, chiedendo che questo ruolo venga coperto da una figura dell’amministrazione dello Stato. E ora spunta la grana Maxxi.

Cosa succederà a Silvio Berlusconi? Se perde il seggio al Senato rischia il carcere.

silvio berlusconi carcere
Berlusconi contro le procure. A poche ore dalla decisione della Giunta sulla decadenza da senatore del Cavaliere, si aprono nuovi scenari. La conseguenza immediata è andare dritto verso gli altri processi: Ruby 1, Ruby 2, Processo Mediaset e quello di Napoli sulla compravendita dei senatori.
Secondo il Giornale, Silvio Berlusconi ha più vie di fuga da senatore che da semplice cittadino: arresti domiciliari, affidamento ai servizi sociali, grazia, eccetera. Eppure il pericolo non viene tanto dalla condanna per il processo Mediaset, quanto dalle nuove indagini preliminari. Finora a proteggerlo è la Costituzione, che impedisce l'arresto dei parlamentari senza l'okay della Camera di appartenenza.
Ma il vero gancio al fegato è previsto per la fine di questa settimana: quando il tribunale di Milano che ha processato e condannato Berlusconi per concussione e prostituzione minorile depositerà - a meno che i giudici non chiedano una proroga - le motivazioni della sentenza Ruby. Sentenza che si annuncia densa di giudizi pesanti sulle abitudini pubbliche e private di Berlusconi. Ma non è il clamore mediatico a dover preoccupare l'ex premier.
Con il deposito si aprirà formalmente la strada per la incriminazione di tutti i testimoni che per il tribunale sono venuti in aula a dire il falso per salvare Berlusconi. Come la poliziotta Giorgia Iafrate, come il giornalista Carlo Rossella, e soprattutto come le Olgettine, le ragazze che hanno negato un lato porno delle feste di Arcore. Tutti testimoni falsi, secondo il tribunale. Dalla loro incriminazione scatterà l'inchiesta che ha già un nome in codice, «Ruby 3».
Se la Procura sceglierà un avvio soft, all'inizio indagherà le ragazze «solo» per falsa testimonianza. Ma l'accusa vera che i pm faranno scattare è quella, assai più pesante, di corruzione in atti giudiziari. Il prezzo della corruzione? I soldi che Berlusconi ha versato alle ragazze mese per mese, dall'esplosione dello scandalo, ufficialmente per aiutarle a tirare avanti. 
Ma c'è anche la compravendita dei senatori. A Napoli infatti il 23 ottobre è fissata l'udienza preliminare a carico di Berlusconi per la presunta compravendita di parlamentari.
LODO MONDADORI
17 settembre: La Cassazione respinge il ricorso della Fininvest contro la Cir sul Lodo Mondadori dopo un ritocco al ribasso di circa 23 milioni di euro. Il risarcimento è di 541 milioni, ma potrebbero scendere a poco meno di 500 calcolando gli interessi dello sconto.
PROCESSO RUBY 1
Entro domenica 22 settembre: previsto il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Ruby 1, nel quale Berlusconi è stato condannato a sette anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile
PROCESSO RUBY 2
Entro metà ottobre: previsto il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Ruby 2: la procura di Milano aprirà d'obbligo un'idagine nei confronti di diversi testimoni per falsa testimonianza (cosiddetto ruby 3) che potrebbe portare a un'incriminazione del Cavaliere per "corruzione in atti giudiziari".
PROCESSO MEDIASET
Entro il 19 ottobre: La corte d'appello del tribunale di Milano è chiamata a riderterminare la durata dell'interdizione dai pubblici uffuici di Silvio Berlusconi: rischia da 1 a 3 anni.
COMPRAVENDITA SENATORI
Entro 23 ottobre: udienza preliminare di Napoli sulla presunta compravendita di Senatori. Berlusconi è tra gli indagati con Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, che ha chiesto il patteggiamento. Il CAv - senza il paracadute dell'immunità - rischierebbe l'arresto per corruzione in atti giudiziari.

Amato, le tre scimmiette Pd: ‘Dimissioni? Non abbiamo letto o sentito nulla’



Oggi il giuramento dell’ex premier, Giuliano Amato, come giudice della Consulta. Dopo la bufera che si è scatenata sulla registrazione in cui l’ex vicesegretario Psi chiedeva alla vedova di un dirigente del partito, chiamata a testimoniare, di non fare nomi con i magistrati che indagavano su un giro di tangenti, è scattata la linea difensiva dei vertici del Pd. Tra questi: Massimo D’Alema, Guglielmo Epifani e Anna Finocchiaro con la loro serie di: “Non so…non ho letto…e comunque lo stimo”. Tutto raccontato nel videomontaggio di David Marceddu, Samuele Orini e Gisella Ruccia.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/09/18/amato-tre-scimmiette-del-pd-dimissioni-non-abbiamo-letto-o-sentito-nulla-su-di-lui/245204/

Etica, onestà mentale, onore...questi sconosciuti...

Epifani, D'Alema e Finocchiaro proteggono se stessi ed i loro privilegi.

Respinto ricorso Fininvest 'Anche Berlusconi corruttore'.



Confermato il risarcimento di 541 milioni alla Cir, cioe' con un ritocco al ribasso. Un taglio di 23 milioni circa.

Roma - La Cassazione ha respinto il ricorso della Fininvest contro la Cir per il risarcimento del Lodo Mondadori, che rimane confermato con un ritocco al ribasso, un taglio di circa 23 milioni di euro sulla cifra liquidata dai giudici e pari a 564,2 milioni di euro. Lo scrive la Cassazione.
In particolare, la Suprema Corte, nella decisione appena depositata dalla terza sezione civile e relativa all'udienza svoltasi lo scorso giugno, ha accolto solo, e in parte, uno dei motivi della difesa Fininvest,  il reclamo sull'eccessiva valutazione delle azioni del gruppo L'Espresso. Sul punto i supremi giudici hanno "cassato senza rinvio il capo della sentenza di appello contenente la liquidazione del danno in via equitativa, come stimata nella misura del 15% del danno patrimoniale già liquidato". Sentenza monstre: 185 pagine
Cassazione, anche Cav responsabile di corruzione  E' imputabile anche a Berlusconi a fini civilistici - "La valutazione complessiva" degli "elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini civilistici, di ricondurre alla societa' Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo imputabile anche al dott. Berlusconi", risulta "correttamente motivata". Lo scrive la Cassazione nella sentenza sul Lodo. La Suprema Corte sottolinea inoltre che la vicenda penale del Lodo Mondadori si è ormai "irrevocabilmente" conclusa per Silvio Berlusconi, che è stato prosciolto per prescrizione.
'Da Fininvest inganno e corruzione' - La condotta di Fininvest "non si è dipanata soltanto lungo il sentiero dell'inganno avente ad oggetto gli elementi strutturali della transazione, ma si è soprattutto attestata sulla soglia della corruzione del giudice Metta al fine di ottenere una sentenza ingiustamente favorevole ai propri interessi da cui consequenzialmente sono scaturite le condizioni sfavorevoli accettate dal danneggiato (Cir) in sede transattiva". Lo sottolinea il verdetto sul Lodo.
Marina Berlusconi, è schiaffo a giustizia - ''Questa sentenza non è giustizia, è un altro schiaffo alla giustizia. Rappresenta la conferma di un accanimento sempre più evidente. E la sua gravità lascia sgomenti''. Così Marina Berlusconi, presidente di Fininvest, commenta l
A favore della Cir, la Cassazione ha anche liquidato 900.200 euro per le spese del giudizio innanzi alla Suprema Corte - E la cifra poteva essere pari al doppio se la Suprema Corte non avesse deciso di dimezzarle per ''la complessità e la novità delle questioni trattate (che emergono anche dalla operata correzione della motivazione della sentenza di appello) e l'accoglimento di uno dei 15 motivi di ricorso'' della Fininvest. Queste le ragioni che hanno indotto il collegio a disporre ''la compensazione per la metà'' delle spese del giudizio liquidando a Cir ''la somma di euro 900.200''. Il verdetto è firmato dal presidente del collegio della Terza sezione civile, Francesco Trifone, e dal consigliere Giacomo Travaglino. L'udienza si era svolta lo scorso 27 giugno
De Benedetti, acclarata gravità scippo subito - "Prendo atto con soddisfazione che dopo più di 20 anni viene definitivamente acclarata la gravità dello scippo che la CIR subì a seguito della accertata corruzione di un giudice da parte della Fininvest di Berlusconi, il quale, a quel tempo, era ancora ben lontano dall'impegnarsi in politica". Lo afferma Carlo De Benedetti. "La spartizione del Gruppo Mondadori-Espresso - sottolinea De Benedetti - avvenne a condizioni per me molto sfavorevoli per un grave motivo che all'epoca nessuno conosceva. Ci sono voluti sei gradi di giudizio, tre penali e tre civili, per arrivare a questa inappellabile decisione". "La cifra definita - aggiunge - è importante, ma occorre tener conto che essa è composta per meno di un terzo dal danno riconosciuto e per più dei due terzi dal semplice meccanismo di interessi e inflazione dovuto ai vent'anni trascorsi. Questo percorso l'ho compiuto in solitaria e desidero ringraziare gli avvocati e i consulenti che a suo tempo ho scelto per la collaborazione che mi hanno sempre fornito. Questa cifra - prosegue De Benedetti - è destinata alla CIR e non a me, neanche indirettamente, avendo recentemente donato ai miei tre figli il controllo del Gruppo". "A me - conclude - rimane la grande amarezza di essere stato impedito, attraverso la corruzione, di sviluppare quel grande gruppo editoriale che avevo progettato e realizzato. Avrò modo di ritornare sull'argomento"
Cassazione, Previti 'delegato' a corruzione toghe - E' "corretta", ad avviso della Cassazione, la "conclusione in diritto" cui è arrivata la corte d'appello", alla luce della quale "l'avvocato Previti doveva ritenersi organicamente inserito nella struttura aziendale" della Fininvest "e non occasionalmente investito di incarichi legali conseguenti alle incombenze demandategli". Tra queste rientravano "anche l'attività di corruzione di alcuni magistrati, allo scopo di conseguire illeciti vantaggi" per la Fininvest.  Questi alcuni dei passaggi che la Suprema Corte nella decisione  sul Lodo dedica nel 'capitolo' sulla "responsabilità di Fininvest per l'illecito di Previti ex art.2049 Cc". In proposito, i supremi giudici bocciano come inconferente la tesi della difesa Fininvest sulla "pretesa impredicabilità del necessario rischio tipico connaturato al conferimento di incarichi legali, con riferimento all'attività di corruzione", in quanto - prosegue il verdetto della terza sezione civile - "ben altro" è risultato "il rischio tipico cui volontariamente e consapevolmente" Previti "si era andato esponendo nello svolgere tale illecita attività, nell'evidente e non dubitabile interesse della Fininvest".
Metta corrotto per verdetto pro Fininvest  - "La prova dell'ingiustizia 'ex corrupto' della sentenza Metta non può non trarre un suo primo fondamento da una 'praesumptio facti' secondo la quale la corruzione di un giudice finalizzata all'emanazione di una sentenza favorevole al corruttore postula che un giudice non corrotto avrebbe pronunciato una sentenza (non corrotta) di segno opposto a quella emanata". Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni sul Lodo "ad integrazione" del verdetto di secondo grado che ha condannato Fininvest.
Metta corrotto ha tolto giustizia a Cir - La corruzione da parte della Fininvest del giudice romano Vittorio Metta, nella vicenda del Lodo Mondadori, ha privato la Cir di Carlo De Benedetti "non tanto della chance di una sentenza favorevole, ma, senz'altro, della sentenza favorevole, nel senso che, con Metta non corrotto, l'impugnazione del Lodo sarebbe stata respinta". Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni sul Lodo, aggiungendo che questa tesi, già espressa nella sentenza di appello, "risulta conforme a diritto" .
Bondi, Cassazione conferma nessuno sicuro della sua libertà - "La sentenza della Cassazione conferma che nessuno in Italia può sentirsi più al sicuro: nessuno può sentirsi sicuro della propria libertà personale, sicuro dei propri beni, sicuro dei propri diritti". Lo dice il coordinatore del Pdl Sandro Bondi commentando la cassazione che ha respinto il ricorso Fininvest sul lodo Mondadori.
Lodo Mondadori: chiusa partita durata 20 anni  - Con la sentenza di oggi la Cassazione ha messo la parola fine a una partita aperta più di vent'anni fa con al centro la cosiddetta 'Guerra di Segrate', ossia lo scontro, avvenuto tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per assicurarsi il controllo di uno dei maggiori gruppi editoriali italiani, soprattutto dopo che nel 1989 la Mondadori aveva acquistato l'Editoriale L'Espresso e il controllo di Repubblica, di una catena di quotidiani locali e di importanti settimanali come Panorama, L'Espresso, Epoca. Il lodo arbitrale sul contratto Cir-Formenton è del 20 giugno 1990. La decisione fu presa dai tre arbitri, Carlo Maria Pratis (Presidente), Natalino Irti (per Cir) e Pietro Rescigno (per la famiglia Formenton), incaricati di dirimere la controversia tra De Benedetti e Formenton per la vendita alla Cir della quota di controllo della Mondadori, promessa a De Benedetti e poi venduta all'asse Silvio Berlusconi/Leonardo Mondadori. Il lodo era favorevole alla Cir e dava a De Benedetti il controllo del 50,3% del capitale ordinario Mondadori e del 79% delle privilegiate. Berlusconi perse la presidenza, da poco conquistata, e al suo posto si insediò il commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribunale come gestore delle azioni contestate. Nel luglio del '90 la famiglia Formenton fece ricorso. Il 24 gennaio 1991, la Corte d'Appello di Roma, presieduta da Arnaldo Valente e composta dai magistrati Vittorio Metta e Giovanni Paolini, dichiarò che, dato che una parte dei patti dell'accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir era in contrasto con la disciplina delle società per azioni, era da considerarsi nullo l'intero accordo e, quindi, anche il lodo arbitrale. La Mondadori sembrò così tornare nelle mani di Berlusconi. Dopo alterne vicende di carattere legale e dopo l'approvazione della legge Mammì, nell'aprile 1991, con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, Fininvest e Cir-De Benedetti raggiunsero un accordo: la transazione in sostanza attribuì la casa editrice Mondadori, Panorama ed Epoca alla Fininvest di Berlusconi, che ricevette anche 365 miliardi di conguaglio, mentre il quotidiano La Repubblica, il settimanale l'Espresso e alcune testate locali a Cir-De Benedetti. Questa transazione è al centro del risarcimento chiesto in sede civile (complessivamente un miliardo) dalla holding della famiglia De Benedetti alla luce della sentenza penale con cui nel 2007 il giudice Vittorio Metta, l'avvocato di Fininvest Cesare Previti e gli altri due legali Giovanni Acampora e Attilio Pacifico sono stati condannati definitivamente per corruzione in atti giudiziari. La Cassazione sei anni fa aveva confermato l'ipotesi delle indagini avviate dalla Procura di Milano: la sentenza del 1991 della Corte d' Appello di Roma sfavorevole a De Benedetti fu in realtà comprata corrompendo il giudice estensore Metta con 400 milioni provenienti da Fininvest. Tesi quest'ultima contestata dalla società di Berlusconi secondo la quale dei tre giudici che annullarono il Lodo Mondadori nel 1991 due ''avevano condiviso'' la sentenza di annullamento ''in piena autonomia''. In primo grado il giudice civile Raimondo Mesiano, il 3 ottobre 2009, aveva condannato Fininvest a versare alla controparte quasi 750 milioni di euro per danni patrimoniali ''da perdita di chance'' per un ''giudizio imparziale''. Il 9 luglio 2011 la conferma della condanna da parte della Corte d'Appello di Milano che aveva però ridotto l'entità del risarcimento a 564,2 milioni di euro. Oggi la Suprema Corte ha confermato la condanna di due anni fa con ancora un lieve ritocco al risarcimento: circa 23 milioni in meno.
Alfano, sentenza spropositata in dimensione - "E' una sentenza spropositata nella sua dimensione. Penso che l'azienda ricorrerà nelle più alte sedi, anche internazionali". Così il vicepremier Angelino Alfano a 'Porta a Porta' sulla sentenza sul Lodo Mondadori.
Schifani, su Berlusconi attacco concentrico  - ''La sentenza della Corte di Cassazione sul lodo Mondadori conferma che contro Silvio Berlusconi è in atto un vero e proprio attacco concentrico. Un'operazione di accerchiamento che, dopo la sentenza Mediaset e la conseguente interdizione, mira a colpirlo anche da un punto di vista patrimoniale''. Lo dice il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani che sottolinea come ''chi ha condiviso le battaglie politiche con il presidente Berlusconi, e i milioni di italiani che continuano a sostenerlo nelle urne, sanno però qual è la verità''. ''Al di là di valutazioni processuali che pagano il prezzo del pregiudizio'' conclude Schifani.
Brunetta, magistratura colpisce ancora - "Con una ormai ricorrente chirurgica tempestività, a ventiquattrore da un delicatissimo dibattito parlamentare sulla discutibile applicabilità della legge Severino al senatore Berlusconi, la magistratura colpisce ancora. Ed emana una sentenza in cui traveste di certezza quelle che erano e rimangono delle congetture". Lo afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl. "Se qualcuno avesse avuto bisogno di un'ulteriore conferma della necessità di una riforma radicale della giustizia, oggi non può avere più dubbi. La domanda è sempre la stessa: perché i magistrati sono gli unici cittadini a non essere mai responsabili dei propri atti?", conclude.