Mosca ha tre aeroporti e noi siamo atterrati in quello più distante dal centro città, il Domodedovo — il primo aeroporto internazionale. A Mosca ci sono continui lavori di ristrutturazione edilizia e stradale e anche se questo rallenta molto il traffico, è un segno di prosperità, almeno nella capitale.
Il nostro ospite ci accoglie e ci mettiamo subito al lavoro cercando di stabilire tra noi un contatto scambiandoci riflessioni sugli eventi della giornata. Lui ha passato molto tempo negli Stati Uniti ed era molto più familiare con le sfumature della vita americana di quanto io fossi di quella russa. Di questa, poi, era padrone assoluto, traducendomi il suo paese sempre con uno slancio da patriota russo, quale egli è. Abbiamo parlato in macchina, girando per la città, andando sempre più a fondo nelle nostre conversazioni.
Da lui, e da scambi avuti con esperti russi sulla maggior parte delle regioni del mondo - studenti presso l'Istituto di Relazioni Internazionali - e con una manciata di comuni cittadini di Mosca (non alle dipendenze di enti pubblici impegnati nella gestione estera e negli affari economici della Russia), ho avvertito molte preoccupazioni. Che mi aspettavo, ovviamente. Quello che non mi aspettavo, invece, era l’enfasi e l’ordine con cui me le comunicavano.
LE ASPETTATIVE ECONOMICHE DELLA RUSSIA
Pensavo che i problemi economici della Russia fossero nella testa di tutti. In occidente sembra che il calo del rublo e dei prezzi del petrolio, il generale rallentamento dell'economia e l'effetto delle sanzioni occidentali, stiano martellando duramente l’economia russa. Ma non era questo il discorso. Il calo del rublo ha interessato i programmi di viaggio degli stranieri, ma la gente comune solo da poco ha iniziato ad avvertire il reale impatto di questi fattori, in particolare attraverso l'inflazione.
Ma c'è un'altra ragione data per la relativa calma della situazione finanziaria, e proviene non solo dai funzionari del governo, ma anche dai privati, una ragione che dovrebbe essere presa molto sul serio. I russi sottolineano che il caos economico è una cosa normale per la Russia, mentre la prosperità è un’eccezione. C'è sempre la ‘speranza’ che prima o poi la prosperità finisca e che si torni alle normali condizioni di povertà.
I russi hanno sofferto terribilmente nel corso degli anni ’90 con Boris Yeltsin, ma anche sotto i governi precedenti, fino ad arrivare agli Zar. Nonostante questo, molti dicono, hanno vinto delle guerre, avevano bisogno di vincere e sono riusciti a vivere una vita degna di essere vissuta. L'età d'oro degli ultimi dieci anni sta volgendo al termine. Questo lo avevano previsto e l’avrebbero superato. I funzionari del governo l’hanno preso come un avvertimento e non credo si trattasse di un bluff. Il fulcro della conversazione erano le sanzioni e l'intento era quello di dimostrare che esse non avrebbero cambiato la politica della Russia verso l’Ucraina.
La forza dei Russi è che riescono a sopportare cose che normalmente distruggono altre nazioni. Inoltre, tendono ad appoggiare il proprio governo indipendentemente dal suo grado di competenza, soprattutto in quei momenti in cui il paese è minacciato. Pertanto, dicono i Russi, nessuno dovrebbe aspettarsi che le sanzioni, per quanto prolungate, finiscano con il far capitolare Mosca. I Russi, invece, dovrebbero rispondere con proprie sanzioni; non specificate, ma presumo significhino il sequestro dei beni delle società occidentali presenti in Russia e le restrizioni alle importazioni agricole dall’Europa. Nessun cenno e’ stato fatto al taglio delle forniture di gas naturale all’Europa (link).
Se è così, allora gli americani e gli europei si stanno illudendo sugli effetti delle sanzioni. In generale, personalmente, ho poca fiducia nel ricorso alle sanzioni (link) Detto questo, i russi mi hanno suggerito un altro prisma attraverso il quale osservare le cose. Le sanzioni riflettono la soglia del dolore europeo e americano. Sono progettate per infliggere un dolore che l’Occidente non potrebbe sopportare. Ma applicate agli altri, tali effetti possono essere diversi.
La mia sensazione è che i russi che si sono espressi in questi termini, fanno sul serio. Si spiegherebbe così il motivo per cui l’intensificarsi delle sanzioni, oltre al ritocco dei prezzi del petrolio, crisi economica e tutto il resto, non hanno provocato quell’erosione della fiducia nel proprio governo che ci si aspettava. Proiezioni elettorali affidabili dimostrano che il presidente Vladimir Putin è ancora molto popolare. Se lui resterà popolare anche quando la crisi avanzerà ulteriormente e se l’élite finanziaria colpita resterà ottimista, è un altro discorso. Ma per me la lezione più importante che io possa aver appreso in Russia – “possa” è il termine adatto - è che i russi non rispondono alla pressione economica come farebbero gli occidentali, e che lo slogan reso famoso da una campagna presidenziale “ E’ l’economia, idioti!” potrebbe non applicarsi allo stesso modo in Russia (link).
LA QUESTIONE “UCRAINA”
I toni si sono fatti più duri sull’argomento Ucraina. C’è opinione condivisa che i fatti in Ucraina siano stati stravolti a causa del risentimento dell’amministrazione Obama, la cui propaganda ha fatto in modo che la Russia apparisse come l’aggressore. Su due argomenti erano tutti molto fermi: il primo era che la Crimea è sempre stata storicamente parte della Russia e sotto il dominio militare russo stabilito da un trattato. Non c’e’ stata alcuna invasione, ma solo l'affermazione della realtà. Secondo punto: si è insistito molto sul fatto che l’Ucraina orientale sia popolata da russi e che, come in altri paesi, a questi russi deve essere concesso un alto livello di autonomia. Uno studioso ha preso come esempio il modello canadese del Québec per dimostrare che l'Occidente non ha avuto alcun problema con l’autonomia regionale in regioni con diverse etnìe, e ora invece si mostra scioccato per il fatto che i Russi possano desiderare una simile forma di regionalismo, che in Occidente è considerata normale.
La questione del Kosovo (link) è estremamente importante per i russi, sia perché ritengono che le loro richieste in quella vicenda siano state ignorate, e perché si è trattato di un precedente. Anni dopo la caduta del governo serbo che aveva minacciato gli albanesi del Kosovo, l'Occidente ha concesso al Kosovo l'indipendenza. I russi sostengono che i confini sono stati ridisegnati anche se non sussisteva alcun pericolo per il paese. La Russia non voleva che accadesse; ma l'Occidente lo ho fatto perché poteva farlo. Secondo i Russi, dopo aver ridisegnato i confini della Serbia, ora l’Occidente non ha nessun diritto di opporsi ad una nuova mappa dell’Ucraina.
Cerco di non farmi trascinare in questioni di giusto o sbagliato, non perchè io non creda che esista una differenza, ma perché difficilmente la storia si determina in base ai principi morali. Ho compreso il concetto russo di Ucraina come “cuscinetto” strategico necessario e l’idea che senza di esso si ritroverebbero fortemente minacciati, se non oggi in futuro. E Considerano Napoleone e Hitler degli esempi di nemici sconfitti in maniera totale.
Ho tentato di illustrare una prospettiva strategica Americana. Gli Stati Uniti hanno passato il secolo scorso perseguendo un unico obbiettivo: impedire l’ascesa di un’ unica singola potenza in grado di impossessarsi delle tecnologie e dei capitali europei occidentali e delle risorse e della manodopera russe. Gli Stati Uniti intervennero nella Prima Guerra Mondiale nel 1917 per fermare l’egemonia tedesca; e anche nella Seconda Guerra Mondiale. Durante la Guerra Fredda lo scopo era quello di porre fine all’ egemonia Russa. Lo possiamo dire: la strategia politica statunitense è stata coerente per un intero secolo.
Gli Stati Uniti si sono abituati nel tempo a sospettare di qualsiasi egemonia nascente. In questo caso il timore di una Russia di nuovo rampante riporta alla loro memoria gli anni della Guerra Fredda, cosa affatto irragionevole. Come alcuni mi hanno detto, la debolezza economica non è mai stata sinonimo di debolezza militare o di divisione politica. Su questo ero d’accordo con loro e ho detto che era proprio questo il motivo per cui il timore degli Stati Uniti di una Russia in Ucraina è più che legittimo. Se la Russia riuscisse a riaffermare il suo potere in Ucraina, cosa accadrà dopo? La Russia ha una forza politica e militare tali da poter iniziare ad insidiare l’Europa. Quindi, non è una cosa irrazionale che gli Stati Uniti ed alcuni paesi Europei vogliano affermare la loro influenza in Ucraina.
Quando ho esposto questo argomento a un ufficiale veterano del Ministero degli Esteri Russo, mi ha detto, in poche parole, che non capiva cosa intendessi. Mentre comprendeva perfettamente gli imperativi che spingevano la Russia in Ucraina, secondo lui gli imperativi centenari che spingevano gli Stati Uniti sono di gran lunga troppo generali da potersi applicare alla questione Ucraina. E non si tratta che la sua visione era limitata ad un solo lato della questione. Piuttosto, per la Russia l’Ucraina è un problema immediato, e il quadro che avevo dipinto della strategia Americana era talmente astratto da non potersi applicare alla realtà immediata dei fatti. Davanti ad un’affermazione di potere da parte dei Russi, scatta sempre una risposta automatica degli Americani; tuttavia, i Russi pensano di non aver per niente adottato un atteggiamento aggressivo, anzi, è sempre stato difensivo. Per il funzionario, I timori americani di una nuova egemonia Russa non erano affatto giustificati, in questo caso.
Durante altri incontri con, ad esempio, membri anziani dell’ Institute of International Relations, ho tentato una via diversa, cercando di spiegare che i Russi in Siria hanno messo in imbarazzo il Presidente statunitense Barack Obama. Obama non aveva intenzione di attaccare quando sono stati usati i gas velenosi in Siria poichè era militarmente difficile e anche perché, rovesciando il regime del Presidente siriano Bashar al Assad, il controllo del paese sarebbe passato nelle mani dei sunniti jihadi. Gli Stati Uniti e la Russia avevano gli stessi interessi, ho detto, ed il tentativo russo di mettere in imbarazzo il presidente americano - facendo credere che era stato Putin a bloccarlo - ha scatenato la risposta statunitense in Ucraina. Sinceramente, penso che mia spiegazione geopolitica sarebbe stata molto più coerente di quest’argomentazione, ma ho voluto tentare lo stesso. L’incontro era a pranzo, ma passato tutto il tempo a spiegare e a parlare, mangiando poco o niente. Penso di essermi trattenuto, geopoliticamente parlando; ma mi sono reso conto che loro avevano pienamente appreso i meccanismi perversi e contorti dell’Amministrazione Obama, e in un modo che neanche io potrei mai sperare di apprendere.
IL FUTURO DELLA RUSSIA E DELL’OCCIDENTE
La questione più importante era quello che sarebbe successo dopo. La domanda ovvia era se la crisi ucraina si fosse estesa o meno ai paesi baltici, la Moldova o il Caucaso. Ne ho parlato con il funzionario del ministero degli Esteri. Si è mostrato enfatico, insistendo sul fatto che questa crisi non si sarebbe allargata. Questo voleva significare, secondo me, che non ci sarebbero state rivolte russe nei paesi baltici o disordini in Moldova o azioni militari nel Caucaso. Mi è sembrato molto sincero.I russi devono già affrontare diversi altri problemi e sopportare le conseguenze delle sanzioni occidentali, anche se sono storicamente allenati alle difficoltà economiche. L’Occidente dispone di risorse sufficienti per affrontare molte crisi. La Russia deve contenere la crisi in Ucraina.
I russi si accontenteranno di un livello accettabile di autonomia per quei russi all’interno di alcune aree dell’ Ucraina orientale. Di quanta autonomia parliamo, non possiamo dirlo. Hanno bisogno di un gesto significativo per tutelare i loro interessi ed affermare la loro posizione. Il loro punto che già esiste in diverse parti del mondo l'autonomia regionale è molto convincente. Ma la storia è fatta di potere e l'Occidente sta usando il suo potere per colpire duramente la Russia.
Ma, attenzione, non c'è nulla di più pericoloso che ferire un orso. Meglio ucciderlo. E uccidere l’orso Russia si è dimostrato quasi impossibile.
Ne ho ricavato due pensieri. Uno è che Putin è più solido di quanto pensassi. Nell’ordine attuale delle cose, questo non significa molto. I presidenti vanno e vengono. Ma è un avvertimento: le cose che fanno a pezzi un leader occidentale possono non scalfire un leader russo. Secondo, che i russi non stanno preparando alcuna aggressione. E questo mi preoccupa molto, non per il fatto che vogliano invadere, ma poiché spesso le nazioni non si rendono davvero conto di quello che accade e potrebbero reagire in modi inaspettati. E’ questo il maggior pericolo della situazione attuale. Non è tanto quello che intendono fare, che appare piuttosto pacifico. Il pericolo sono le azioni inaspettate, sia da parte di altri sia della Russia stessa.
Allo stesso tempo, la mia analisi generale resta la stessa. Qualunque cosa la Russia possa fare altrove, per essa l’Ucraina è di importanza strategica fondamentale. Anche se l’est del paese conseguisse un maggior livello di autonomia, la Russia resterebbe comunque preoccupata per il rapporto del resto del paese con l’Occidente. Per quanto questo sia difficile da comprendere per gli occidentali, la storia russa è una storia di “cuscinetti”. Gli stati “cuscinetto” salvano la Russia dagli invasori occidentali. La Russia vuole un accordo che lasci l’Ucraina per lo meno neutrale.
Per gli Stati Uniti, ogni potere in crescita in Eurasia innesca una risposta automatica che dura un secolo di storia. Per quanto sia difficile da capire per i Russi, quasi mezzo secolo di guerra fredda ha reso gli Stati Uniti ipersensibili ad una possibile rinascita del ‘pericolo’ Russia. Gli Stati Uniti hanno passato l’ultimo secolo ad impedire l’ unificazione dell'Europa sotto un'unica potenza ostile. Ciò che intende la Russia e quali siano le paure dell’ America sono cose molto diverse.
Gli Stati Uniti e l'Europa hanno difficoltà a capire i timori della Russia. La Russia ha difficoltà a capire soprattutto i timori americani. I timori di entrambi sono reali e legittimi. Non si tratta di una questione d’ incomprensione tra paesi, ma di imperativi incompatibili. Tutta la buona volontà del mondo - e c'è n’è ben poca – non può risolvere il problema di due grandi paesi costretti a proteggere i loro interessi e nel farlo fanno sentire l’altro minacciato. Ho imparato molto da questo mio viaggio. Non ho imparato come si risolve questo problema, salvo che ognuno è chiamato a comprendere le paure dell’altro, anche se non può fargliele passare.
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