Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 28 giugno 2014
IL SUICIDIO DI MARCHIONNE E LA SUA MESSA IN SCENA. - MONI OVADIA
I suicidi reali di operai, artigiani, piccoli imprenditori depauperati sono atti disperati, grida di denuncia della brutalità di un edificio sociale che ormai ha messo al suo centro la sola dimensione economica. Intesa peraltro non come attività mirante ad una legittima produzione di reddito al servizio della creazione di una vita prospera, culturalmente ed eticamente intensa, bensì a consentire da un lato l’accumulo di ricchezze smisurate e di potere, da parte di pochi privilegiati e dall’altro lato ad impoverire le moltitudini di lavoratori, precari, semi occupati, disoccupati.
Ma non solo questi ultimi vengono ridotti a vivere una vita grama, ad essere privati di dignità. Sono privati anche di speranza, di orizzonte verso cui muoversi per dare un senso alle proprie vite.
In un contesto simile il suicidio cessa di essere atto estremo e diviene paradossalmente un modo di emanciparsi da una vita che cessa di essere tale perché essa è da tempo pura sopravvivenza e, per sovramercato, sopravvivenza schifosa. La tragedia è immane perché il dramma si stinge sul crinale di una possibile routine. L’operaio e l’operaia Fiat che si sono tolti la vita, perché non hanno potuto accettarsi come deiezioni umane è come una coltellata nelle anime e nei corpi dei loro colleghi che non possono, almeno in qualche misura, non vedersi nella decisione dei due suicidi.
Devono dunque reagire per non cedere, per ricomporre la loro identità di lavoratori e di esseri umani. Alcuni di loro lo hanno fatto inscenando un atto teatrale: la rappresentazione del suicidio, per rimorso, del Padrone. Di colui che da quando ha assunto il ruolo si è caratterizzato per totale insensibilità nei confronti della condizione del lavoro e persino per evidente ostilità.
La prova è che fra tutte le reazioni che l’azienda poteva scegliere per affrontare l’atto teatrale di quei dipendenti, peraltro in sofferenza lavorativa, ha scelto il più tetragono e ottuso: il licenziamento adducendo un presunto nocumento all’immagine della Fiat. Il licenziamento per la colpa di avere portato su un piano simbolico e provocatorio la disumanità dello sfruttamento farà molto più danno a un’azienda che avrebbe potuto cogliere l’occasione almeno per riflettere sulla natura delle sue relazioni con i lavoratori che sono soprattutto e prima di tutto esseri umani. Inoltre, punire una rappresentazione col pretesto della sua radicalità e della sua durezza è un attitudine bieca che ricorda quella dei regimi. Ma Sergio Marchionne che uomo è? L’imprenditore lo conosciamo, ma l’uomo?
Non faremo l’errore di tracciarne un profilo psicologico d’accatto, ma un paio di osservazioni possiamo tentarle. L’uomo pare sprovvisto di distanza ironica e di senso dell’umorismo, ma anche di quell’aleatorio ma provvidenziale sentimento scaramantico per il quale sai che quando si sogna, ovvero si rappresenta la morte di una persona, gli si allunga la vita.
Moni Ovadia
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://ilmanifesto.info/il-suicidio-e-la-sua-messa-in-scena/
26.06.2014
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13560
Leggi anche:
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2014/06/24/AR9r3Rt-inscenarono_licenziati_marchionne.shtml
NUOVA RECESSIONE E NUOVO MONDO SENZA L' ARROGANZA DEGLI STATI UNITI. - Paul Craig Roberts
La cifra del Pil reale degli USA nel primo trimestre del 2014 è stata pubblicata oggi.
Il totale non è un +2,6% di crescita predetta dai saccenti economisti a provvigione.
Il numero reale è invece una diminuzione che si attesta al -2,9%.
Ma parlare di un -2,9% è un eufemismo. Questa cifra è stata ottenuta sgonfiando il tasso del Pil nominale attraverso una misurazione attenuata dell’inflazione. Durante l’amministrazione Clinton, la Commissione Boskin praticava la manipolazione del calcolo dell’inflazione per ingannare quelli che percepivano la Social Security (il fondo pensionistico del Governo Federale) sugli adeguamenti al costo della vita. Chiunque compri cibo, benzina o qualsiasi altra cosa sa che l' inflazione reale è molto più alta di quella ufficiale.
E’ possibile invece che la diminuzione del primo trimestre sia di tre volte maggiore di quella dichiarata.
Comunque la si guardi, la differenza è enorme tra le previsioni di Gennaio del +2,6% e la diminuzione del 2,9% della fine di Marzo.
Qualsiasi economista libero e non a libro paga di Wall Street, del Governo e dei Poteri Forti in generale sapeva che il 2,6% era una buffonata. I salari degli Americani sono cresciuti solo dell’1%, i soli crediti concessi agli studenti, per i giovani che non trovano lavoro e, forse sbagliando, si gettano nella dottrina che ha come slogan “l’istruzione è la soluzione”. Ma in un’economia basata sulla domanda di consumo, l’assenza di guadagno unita alla mancanza di credito determina, per definizione, una crescita economica negativa.
L’economia americana non può crescere perché le multinazionali spinte da Wall Street hanno portato l’economia reale fuori dai confini USA. Tutta la produzione americana è stata trasferita all’estero. Guardate le etichette dei vostri abiti, a quelle delle vostre scarpe, da quello che mangiamo agli utensili da cucina, ai computer e a tutto il resto. Anche le tradizionali posizioni professionali, come l' ingegneria informatica sono state mosse all’estero. Un’economia esternalizzata, semplicemente, non è un’economia.
E questo succede davanti agli occhi di tutti, quando ben pagati imbonitori del mercato dichiarano agli americani quanto possano beneficiare dal rilocalizzare il lavoro della classe media americana in Cina e in India.
Io ho esposto queste tesi per più di due decenni, ed è questo il motivo per cui non vengo più invitato nelle conferenze delle università americane e delle grandi associazioni commerciali. Gli economisti amano i soldi che ricevono per mentire, uno che dice la verità è l’ultima cosa che vogliono in mezzo a loro.
Una diminuzione ufficiale del – 2,9% nel primo trimestre implica, di conseguenza, una diminuzione nel secondo trimestre. Due diminuzioni di fila definiscono una recessione. Immaginate le conseguenze di una recessione. Significa che anni di strategia basata sul quantitative easing (quando la banca centrale acquista beni - generalmente si tratta di azioni o titoli di stato - con denaro creato "ex-novo" e al fine di incentivare la crescita economica) ha fallito nel rivitalizzare l’economia come, del resto, anni di deficit dello Stato alimentato dalle teorie keynesiane. Né le politiche fiscali o monetarie hanno funzionato. Cosa, quindi, può rivitalizzare l’economia?
Nulla, eccetto forzare il ritorno della produzione industriale che le compagnie americane hanno trasferito all’estero.
Questo però richiederebbe un governo credibile. Ma sfortunatamente, il governo U.S. ha perso credibilità sin dal secondo mandato di Clinton. Non né è rimasta neanche un briciolo.
Oggi, nessuno al mondo crede più al governo degli Stati Uniti, eccetto gli americani eterodiretti dai media mainstream. La propaganda di Washington domina le menti degli americani, ma produce sorrisi e sconcerto da ogni altra parte.
Le povere previsioni per l’economia americana hanno indotto due tra le più grandi lobby di affari, la Camera di Commercio U.S. e l’associazione nazionale dei produttori (o quello che rimane di essa) a prendere posizione contro l’amministrazione Obama per la paura di ulteriori sanzioni contro la Russia. Secondo Bloomberg News, iniziando da domani (26 giugno), i gruppi di affari inizieranno una campagna pubblicitaria sul New York Times, Wall Street Journal e il Washington Post contro qualsiasi sanzione nei confronti della Russia. Queste organizzazioni dicono che le sanzioni diminuiranno i loro profitti avendo come risultato la perdita di posti di lavoro americani.
Le due più grandi associazioni commerciali U.S.A., fonti importantissime di finanziamento delle campagne elettorali dei vari partiti politici, hanno finalmente aggiunto la loro voce a quella del mondo degli affari tedesco, francese e italiano.
Tutti, tranne l’opinione pubblica americana, sanno che la crisi in Ucraina è totalmente un "business" creato da Washington. Gli imprenditori europei e americani si stanno chiedendo “perché i nostri profitti e i nostri lavoratori debbano soffrire a causa della propaganda di Washington contro la Russia”.
Obama non sa cosa dire. Forse la sua feccia neocon. Victoria Nuland, Samantha Powers, Susan Rice se ne uscirà con qualche risposta. Obama può affidarsi al New York Times, Washington Post, Wall S.T. Journal e Weekly Standard per spiegare perché milioni di americani ed europei debbano soffrire affinché il "ratto" dell’Ucraina vada a buon fine.
Le bugie di Washington si stanno ritorcendo contro Obama. La Cancelliera Merkel è completamente assoggettata ai voleri U.S.A. ma l’industria tedesca sta dicendo all’amica americana che il valore dei propri affari in Russia è maggiore del valore sofferto a causa delle pretese imperialistiche del governo U.S.A. Il mondo imprenditoriale francese sta chiedendo a Hollande cosa voglia fare con la mancanza di posti di lavoro e se lui stesso porta avanti gli interessi americani. Anche gli italiani stanno chiedendo al loro governo (sembra che l’Italia ne abbia uno), che i rozzi americani, oltre a non avere alcun tipo di gusto, stanno infliggendo un danno all'economia, perché le sanzioni sulla Russia costituiscono un colpo mortale al settore italiano più famoso e universalmente riconosciuto al mondo: quello del lusso e della moda.
In Europa si sta spandendo a macchia d’olio il dissenso nei confronti di Washington e del ruolo da burattinaio mondiale da due soldi. L’ultimo exit poll ha rilevato che 3/4 dei tedeschi sono contrari alla permanenza delle basi NATO in Polonia e negli stati baltici. L’ex Cecoslovacchia, attualmente divisa in Slovacchia e Repubblica Ceca, nonostante membri NATO, si sono opposte alla presenza di truppe americane e NATO sul loro territorio. Recentemente, un ministrro tedesco ha detto che far piacere a Washington è come fare sesso orale senza ricevere nulla in cambio.
La pressione che i pazzi a Washington stanno mettendo sulla NATO potrebbe mandare in frantumi l’organizzazione. Preghiamo perché sia così. La scusa all’esistenza della NATO è scomparsa ventitré anni anni fa con il collasso dell’Unione Sovietica. Washington ha fatto espandere la NATO molto oltre i limiti segnati dal Trattato del Nord-Atlantico. La NATO ora regola un territorio che va dal Baltico all’Asia Centrale. Quindi, per giustificare la continua espansione delle operazioni, Washington ha dovuto fare della Russia un nemico.
Ma la Russia non vuole assolutamente essere un nemico della NATO o di Washington, ma il complesso apparato militare di sicurezza americano, che assorbe più di un trilione di dollari dalle tasche degli americani, ha bisogno di una scusa per far continuare a far lievitare i profitti.
Sfortunatamente, gli imbecilli di Washington hanno scelto un nemico pericoloso. La Russia è una potenza nucleare, un Paese di vaste dimensioni che vanta un’alleanza strategica con la Cina.
Solo un governo imbevuto di arroganza e hubris, o uno gestito da psicopatici e sociopatici, sceglierebbe un nemico del genere. Il Presidente Putin ha più volte sottolineato all’Europa come le politiche americane in Medio Oriente e in Libia non siano state solo un completo fallimento, ma anche devastanti e pericolose per l’Europa e la Russia. I pazzi a Washington hanno rimosso dei governi che tenevano a bada gli jihadisti. Ora questi violenti sono sguinzagliati e senza alcun tipo di controllo. In Medio oriente i jihadisti sono al lavoro per ridefinire i confini stabiliti dagli inglesi e dai francesi dopo la Prima Guerra Mondiale.
Europa, Russia e Cina hanno tutte una percentuale di popolazione musulmana e ora si preoccupano che la violenza che Washington ha scatenato in M.O. possa destabilizzare anche loro stesse.
Nessuno al mondo ha una vera ragione per amare gli Stati Uniti. Meno che mai gli stessi americani dissuanguati per le pretese di dominio di Washington sul mondo. Il tasso di popolarità di Obama, è uno scarso 41% e nessuno lo riconfermerebbe. Invece, i 2/3 della popolazione russa vogliono che Putin rimanga presidente anche dopo il 2018.
A marzo, una società di sondaggi, la Public Opinion Research Center, ha dichiarato che il tasso di popolarità di Putin è del 76%, nonostante le forti opposizioni delle ONG russe, finanziate da Washington, istituzioni che lavorano attivamente in Russia da almeno vent’anni.
Per di più, il dollaro americano è nei guai. Il dollaro è tenuto a galla attraverso la manipolazione del mercato finanziario e Washington sta mettendo sotto pressione i sui suoi stati vassalli perché sostengano il valore del dollaro attraverso la stampa delle loro monete e conseguente acquisto di dollari. Per tenere il dollaro in vita larga parte del mondo patirà le conseguenze dell’inflazione. Quando la gente finalmente lo capirà e correrà a comprare oro, in quel momento ce lo avranno tutto i cinesi.
Sergey Glazyeb, un consigliere del Presidente Putin, ha detto che solo un’alleanza contro il dollaro potrebbe fermare le ambizioni degli Stati Uniti. Questa è stata la mia opinione per lungo tempo. Non ci può essere pace fino a che Washington continua a stampare moneta per finanziare nuove guerre.
Come ha detto il governo cinese, è tempo di “de-americanizzare il mondo”. La leadership degli Stati Uniti ha completamente fallito, producendo null’altro che bugie violenze, morte e promesse di maggiori violenze. Non ci scordiamo che Washington, senza rimorso, ha distrutto, in tutto o in parte, sette Paesi nel ventunesimo secolo. A meno che la leadership degli Stati Uniti, non venga sostituita con una più a misura d’uomo, la vita sulla terra non ha futuro.
Paul Craig Roberts
Fonte: http://www.prisonplanet.com/
Link: http://www.prisonplanet.com/a-new-recession-and-a-new-world-devoid-of-washingtons-arrogance.html
26.06.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MISHA DI TEATRO NEL BICCHIERE
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13564
Tisa, accordo segreto: privatizzare anche scuola e sanità.
Si chiama “Tisa”, acronimo di “Trade in services agreement”, ovvero “accordo di scambio sui servizi”. E’ un trattato che non riguarda le merci, ma i servizi, ovvero il cuore dell’economia dei paesi sviluppati, come l’Italia, che è uno dei paesi europei che lo sta negoziando attraverso la Commissione Europea.
Obiettivo: privatizzare tutti i servizi fondamentali, oggi ancora pubblici – sanità, istruzione, trasporti – su pressione di grandi lobby e multinazionali. «Un accordo che viene negoziato nel segreto assoluto e che, secondo le disposizioni, non può essere rivelato per cinque anni anche dopo la sua approvazione», spiega Stefania Maurizi su “L’Espresso”, che pubblica – in esclusiva un team di media internazionali – l’ultimo scoop di Wikileaks, l’organizzazione di Julian Assange. Gli interessi in gioco sono enormi: il settore servizi è il più grande per posti di lavoro nel mondo e produce il 70% del Pil globale. Solo negli Usa rappresenta il 75% dell’economia e genera 8 posti di lavoro su 10 nel settore privato.
Obiettivo: privatizzare tutti i servizi fondamentali, oggi ancora pubblici – sanità, istruzione, trasporti – su pressione di grandi lobby e multinazionali. «Un accordo che viene negoziato nel segreto assoluto e che, secondo le disposizioni, non può essere rivelato per cinque anni anche dopo la sua approvazione», spiega Stefania Maurizi su “L’Espresso”, che pubblica – in esclusiva un team di media internazionali – l’ultimo scoop di Wikileaks, l’organizzazione di Julian Assange. Gli interessi in gioco sono enormi: il settore servizi è il più grande per posti di lavoro nel mondo e produce il 70% del Pil globale. Solo negli Usa rappresenta il 75% dell’economia e genera 8 posti di lavoro su 10 nel settore privato.
Dopo il Gats del 1995 e il Ttip, il Trattato Transatlantico tuttora in discussione (anche quello a porte chiuse) per vincolare l’Europa alle regole commerciali americane sulle merci, mettendo fine alle tutele europee sul lavoro, l’ambiente, l’energia, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, il Tisa punta dritto alla deregulation privatizzata dei servizi, coinvolgendo i mercati più importanti del mondo: gli angolassoni Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Canada, i 28 paesi dell’Unione Europea, e poi Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica. «Con interessi in ballo giganteschi: gli appetiti di grandi multinazionali e lobby sono enormi», scrive “L’Espresso”, che indica la “Coalition of Services Industries”, lobby americana che porta avanti un’agenda di privatizzazione dei servizi, come «la più aggressiva». Per la “Coalition”, «Stati e governi sono semplicemente visti come un intralcio al business». Infatti ammette: «Dobbiamo supportare la capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato, non sui governi».
Bozze del trattato e informazioni precise sulle trattative non ce ne sono, scrive Stefania Maurizi. Per questo è cruciale il documento Wikileaks che “L’Espresso” rivela: «Per la prima volta dall’inizio delle trattative Tisa, viene reso pubblico il testo delle negoziazioni in corso sulla finanza: servizi bancari, prodotti finanziari, assicurazioni». Il primo testo risale al 14 aprile, mentre altre comunicazioni dimostrano divergenze tra i vari paesi, separati da ambizioni differenti. A colpire subito è il carattere di segretezza: «Questo documento deve essere protetto dalla rivelazione non autorizzata», si prescrive. Il documento potrà essere desecretato solo «dopo cinque anni dall’entrata in vigore del Tisa e, se non entrerà in vigore, cinque anni dopo la chiusura delle trattative». Osserva Maurizi: «Pare difficile credere che, nonostante la crisi senza precedenti che ha travolto l’intera economia mondiale, distruggendo imprese, cancellando milioni di posti di lavoro e, purtroppo, anche tante vite umane, le nuove regole finanziarie mondiali vengano decise in totale segretezza».
Il carattere top secret si spiega forse con la paura che si scatenò dopo il fallimento del “Doha Round”, cioè i negoziati avviati nel 2001 a Doha, nel Qatar, che scatenarono un’ondata di proteste contro la globalizzazione selvaggia, culminata con il bagno di sangue al G8 di Genova. Il forcing per la mondializzazione forzata – da una parte Usa, Ue e Giappone, dall’altra Cina, India e America Latina – è fallito nel 2011, dopo dieci anni di trattative. «Con il fallimento del Doha Round – continua “L’Espresso” – gli Stati Uniti e i paesi che spingono per globalizzazione e liberalizzazioni hanno spostato le trattative in un angolo buio (impossibile definirlo semplicemente discreto, vista la segretezza che avvolge le negoziazioni e il testo dell’accordo), lontano dall’Organizzazione mondiale del Commercio, per sfuggire alle piazze che esplodevano in massicce, e a volte minacciose e violente, proteste “no global”». Il risultato è il Tisa, «di cui nessuno parla e di cui pochissimi sanno», anche se questo accordo «condizionerà le vite di miliardi di persone».
«Il più grande pericolo del Tisa è che fermerà i tentativi dei governi di rafforzare le regole nel settore finanziario», spiega Jane Kelsey, professoressa di legge dell’Università di Auckland, Nuova Zelanda, nota per il suo approccio critico alla globalizzazione. «Il Tisa è promosso dagli stessi governi che hanno creato nel Wto il modello finanziario di deregulation che ha fallito e che è stato accusato di avere aiutato ad alimentare la crisi economica globale», sottolinea Kelsey. «Un esempio di quello che emerge da questa bozza filtrata all’esterno dimostra che i governi che aderiranno al Tisa rimarranno vincolati ed amplieranno i loro attuali livelli di deregolamentazione della finanza e delle liberalizzazioni, perderanno il diritto di conservare i dati finanziari sul loro territorio, si troveranno sotto pressione affinché approvino prodotti finanziari potenzialmente tossici e si troveranno ad affrontare azioni legali se prenderanno misure precauzionali per prevenire un’altra crisi».
L’articolo 11 del testo fatto filtrare da Wikileaks non lascia dubbi su come i dati delle transazioni finanziarie siano al centro delle mire dei paesi che trattano. L’Europa richiede che nessun paese «adotti misure che impediscano il trasferimento o l’esame delle informazioni finanziarie», ma propone che il diritto dello Stato di proteggere i dati personali e la privacy rimanga intatto, a condizione che «non venga usato per aggirare quanto prevede questo accordo». Un paradiso fiscale come Panama, invece, chiede di specificare che «un paese parte dell’accordo non sia tenuto a fornire o a permettere l’accesso a informazioni correlate agli affari finanziari e ai conti di un cliente individuale di un’istituzione finanziaria o di un fornitore cross-border di servizi finanziari». Gli Stati Uniti invece sono netti: i paesi che aderiscono all’accordo permetteranno al fornitore del servizio finanziario di trasferire i dati dentro e fuori dal loro territorio, in forma elettronica o in altri modi, senza alcun rispetto della privacy.
«Quello che colpisce di questo articolo del Tisa sui dati – scrive Stefania Maurizi – è che risulta in discussione proprio mentre nel mondo infuria il dibattito sui programmi di sorveglianza di massa della Nsa innescato da Edward Snowden, programmi che permettono agli Stati Uniti di accedere a qualsiasi dato: da quelli delle comunicazioni a quelli finanziari. Ma mentre la Nsa li acquisisce illegalmente, nel corso di operazioni segrete d’intelligence e quindi la loro utilizzabilità in sede ufficiale e di contenziosi è limitata, con il Tisa tutto sarà perfettamente autorizzato e alla luce del sole». In altre parole, il Tisa rende manifesto che la stessa Europa, che ufficialmente ha aperto un’indagine sullo scandalo Nsa in sede di Parlamento Europeo, «sta contemporaneamente e disinvoltamente trattando con gli Stati Uniti la cessione della sovranità sui nostri dati finanziari per ragioni di business». E sui dati, i lobbisti americani della “Coalition of Services Industries” che spingono per il Tisa non hanno dubbi: «Con il progresso nella tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni, sempre più servizi potranno essere forniti all’utente per via elettronica e quindi le restrizioni sul libero flusso di dati rappresentano una barriera al commercio dei servizi in generale».
Fino a che punto può arrivare il Tisa? Davvero arriverà a investire servizi fondamentali come l’istruzione e la sanità? “L’Espresso” ha contattato “Public Services International”, (Psi), una federazione globale di sindacati che rappresentano 20 milioni di lavoratori nei servizi pubblici di 150 paesi del mondo. L’italiana Rosa Pavanelli, prima donna alla guida del Psi dopo una vita alla Cgil, è sicura che il Tisa vorrà allungare le grinfie anche su sanità e istruzione. L’Italia? E’ nelle mani della Commissione Europea, delegata a trattare. Daniel Bertossa, che per “Public Services International” sta cercando di informarsi sulle trattative segrete, racconta che, anche se nessuno lo ha reso noto, «per ragioni tecniche che hanno a che fare con il Wto, noi sappiamo che il Tisa punta a investire tutti i servizi», come ammettono gli stessi paesi negoziatori. Bertossa sottolinea quanto sia problematica la riservatezza intorno ai lavori del trattato e il fatto che sia condotto al di fuori del Wto, che, «pur con tutti i suoi problemi, perlomeno permette a tutti i paesi di partecipare alle negoziazioni e rende pubblico il testo delle trattative». Invece, per sapere qualcosa del Tisa c’è voluta Wikileaks. «Ai signori del mercato, stavolta, è andata male».
RENZI: IOPPOLO (L. MUSUMECI), IL SUO GOVERNO AMICO DELLE BANCHE. - Diego Amicucci
(AGENPARL) – Roma, 27 giu – “Il Governo Renzi ha reintrodotto l’anatocismo bancario nel nostro ordinamento giuridico”. E’ quanto affermato dal deputato regionale Gino Ioppolo (Lista Musumeci). Quel particolare meccanismo, vera bestia nera degli imprenditori, che consente alle banche di lucrare sugli interessi, applicando su di essi ulteriori interessi, più volte condannato dalla Corte Costituzionale e abrogato definitivamente dalla recente “legge di stabilità 2014”, è stato reintrodotto dall’art. 31 del D.L. 91/2014, pubblicato pochi giorni fa. E’ sempre più contraddittorio il comportamento del Presidente Renzi che da un lato afferma di volere favorire la crescita agevolando le imprese, dall’altro smentisce con i fatti le sue stesse dichiarazioni, affossandole ancora di più a favore del comparto bancario, vero corresponsabile della crisi che viviamo” Ufficio Stampa.
http://www.agenparl.com/?p=62981
DL imprese: Boccia (PD), anatocismo abolito grazie a PD. - Ugo Giano