martedì 28 ottobre 2014

DALLA LEOPOLDA ALLA PIAZZA. - Rosario Amico Roxas



Il 25 e 26 ottobre hanno rappresentato due giorni di esaltazione delle contraddizioni, covate da tempo ed esplose in maniera fin troppo evidente e plateale.
Alla Leopolda erano presenti in circa 12.000 persone (diamo per buone le cifre comunicate), con tavoli indipendenti dove venivano trattati i vari aspetti della politica, dell’economia, dello Stato sociale etc.etc.
E’ emersa la stella del finanziere Serra, e dei suoi seguaci, tutti appartenenti al gotha del capitalismo nazionale, ma non certamente ai gruppo dei promotori dell’economia e dei generatori di posti di lavoro; c’erano tutti o quasi gli imprenditori, i capitalisti, i dirigenti d’azienda (grande assente Marchionne), mentre i pochi contestatori stavano fuori, con mesti cartelli. Ritengo opportuno pensare che fossero presenti anche evasori fiscali, esportatori di denaro all’estero, corrotti, corruttori, corruttibili, turbatori di aste pubbliche, politici trombati in attesa di sistemazione
Hanno discusso di tutto, quindi, in pratica di nulla, infatti nessuno è riuscito a comprendere il leitmotiv delle giornate di lavori e riassumerne le conclusioni.
Ci ha pensato Renzi con alcune affermazioni categoriche, che non hanno generato dibattito, ma solo ovazioni.
In piazza, con i sindacati e parte dei politici del PD, c’erano i disoccupati, i sottoccupati, i precari, i giovani, gli esodati, i pensionati, e la parte malata della nazione, contagiata dagli ultimi rantoli di un capitalismo d’assalto che in venti anni ha decimato le aspettative di tutte le categorie fragili, perché dipendenti da altri, quegli altri ben accolti alla Leopolda a parlare del nulla; messi insieme formavano una platea di un milione di persone, portavoce della stragrande maggioranza del paese, quella che soffre e paga per tutti.
La conclusione di Renzi è stata una apologia dialettica; nulla da eccepire sulla qualità della comunicazione:


-Non daremo il PD a chi lo riporterebbe dal 41% al 25%
-Il PD non sarà più un partito di reduci ma di coloni alla scoperta del futuro.


Sarebbe stato anche convincente se in molti come me non avessimo sentito l’alitare sul collo di Renzi di un Berlusconi sornione che è riuscito a reinserirsi come deus ex machina malgrado le condanne e l’esperienza negativa di venti anni di abusi più o meno legali, che tanto furono graditi ai medesimi ospiti della Leopolda.


Sarebbe stato più credibile Renzi se avesse parlato delle riforme, bloccate dal suo partner al governo, che impedisce la nuova legge elettorale per timore di un ritorno alle urne che lo farebbe scomparire insieme al suo FI; così un eventuale ritorno anticipato alle urne dovrebbe utilizzare la legge elettorale scritta dalla Consulta, senza premio di governabilità, per cui chiunque dovesse vincere non potrebbe far altro che cercare alleanze anche innaturali. 

Anche eventualmente vincente Renzi si troverebbe nella condizione di pietire l’alleanza con il pregiudicato Berlusconi, per ufficializzare uno stallo che serve solo a quanti non vogliono riforme a vantaggio dello Stato sociale.

Sarebbe stato più credibile se avesse criticato la riforma del Senato che dovrebbe essere composto da nominati, ma protetti da immunità, servi dei loro nominatori.


Sarebbe stato più credibile se avesse garantito di mettere mano ad una legge severa sul falso in bilancio, azzerato dai governi Berlusconi, che hanno salvato il suo inventore da precedenti condanne.


Sarebbe stato più credibile si avesse accennato ad una patrimoniale, ma avrebbe disilluso i suoi ospiti alla Leopolda; patrimoniale intesa come restituzione del maltolto che ha costituito ingentissime fortune, tant’è che negli ultimi rantoli del governo Berlusconi, prima delle provvidenziali dimissioni, la proprietà della ricchezza nazionale, che prima era del 50% in mano al 10% della popolazione, era passata al 55% sempre in mano a quel 10% della popolazione, con la maggior parte presente alla Leopolda a discutere della povertà altrui e del proprio, ulteriore, arricchimento.


Sarebbe stato più credibile se avesse garantito di non mettere mai più mano a condoni, sanatorie e scudi fiscali.


Sarebbe stato più credibile se avesse parlato di una riforma della giustizia, limitando il garantismo pur senza eccedere nel giustizialismo.


Niente di tutto ciò e anche di altro, ma solo slogan dialettici degni di un affabulatore, capace di stimolare falsi entusiasmi, tale e quale come nel 1994.


Nell’etere viaggia una ipotesi di scissione nel PD, sarebbe una catastrofe a vantaggio del pregiudicato che otterrebbe il suo “divide et impera”; ma tale ipotesi dovrà essere scongiurata dall’analisi dei risultati delle amministrative di Reggio Calabria, che “il Giornale” della famiglia di Berlusconi, diretto da Sallusti, relega in fondo pagina e commenta con rabbia:
Il candidato sindaco del centrosinistra Giuseppe Falcomatà (Pd, Sel, Psi e liste civiche) veleggia, infatti, oltre il 61,24%


Tratto da http://masadaweb.org/2014/10/28/masada-n-1584-27-10-2014-italia-delenda-est/

Il Giappone senza centrali da un anno: come se la cava? - Luca Scialò



Buon compleanno al Giappone senza centrali nucleari da un anno! 
Esattamente lo scorso 15 settembre, quando sono stati chiusi gli ultimi reattori in funzione. Una meta in fondo impensabile per un paese che ha fatto dell’energia nucleare il proprio punto di forza. Ma che si è visto costretto a rivedere i propri piani dopo lo tsunami del Tohoku dell’11 marzo 2011 e della successiva esplosione in sequenza di tre reattori della centrale di Fukushima.
D’altronde gli effetti di quell’incidente dureranno a lungo: la situazione della contaminazione nel sito della centrale è solo “vagamente” sotto controllo e non ci sono soluzioni definitive per lo smaltimento delle acque radioattive se non versarle (in maniera illegale) nelle acque dell’Oceano Pacifico. Per non parlare del fatto che l’esistenza di decine di migliaia di persone è ancora sconvolta, sia psicologicamente che economicamente, dal tragico incidente.
E come sta facendo ora per l’energia un Giappone senza centrali? Attraverso interventi di efficienza negli usi dell’elettricità e, in modo minore ma significativo, investendo nella crescita delle rinnovabili assieme ad un aumento dell’uso del gas naturale.
Il Paese del Sol Levante cerca di produrre energia anche ricorrendo alle rinnovabili; le installazioni di pannelli fotovoltaici, ad esempio,hanno un sistema di incentivi solo nel 2012, ma sono quest’anno esplose, diventando seconde solo al record cinese. Con le energie alternative, pulite e rinnovabili, i giapponesi adesso producono lo stesso quantitativo delle tre centrali nucleari e l’obiettivo è arrivare al 40% dell’elettricità totale.
Questa nuova gestione dell’energia ha portato anche benefici economici. Il risparmio è stato di 1.700 miliardi di yen (125 milioni di euro). In totale, si tratta di poco meno di 12,3 ossia il valore dell’energia elettrica prodotta in un anno da 13 reattori nucleari. Non male per un Paese che non ha fonti combustibili…
Le tragedie devono servire anche a questo: da occasione per non commettere più certi errori.