domenica 9 novembre 2014

NON SCRIVETE MENZOGNE - Vito Crimi - Voglio essere chiaro e semplice. - Roberto Fico


NON SCRIVETE MENZOGNE - Vito Crimi

A tutti i giornalai che titolano e dedicano prime pagine a presunti assi, accordi, intese e via farneticando. Tutte balle.

Non c'è nessun “accordo” M5S-PD.
Non c'è nessun “asse” M5S-PD.
Non c'è nessuna “intesa” M5S-PD.
Non c'è nessuna “sintonia” M5S-PD.
Non c’è nessun “scambio di voti” M5S-PD.

L'elezione del giudice della Corte Costituzionale ha solo dimostrato ciò che da sempre sosteniamo e dichiariamo: ogni volta che una parte politica - Partito Democratico, Forza Italia, Ncd, Sel, Lega, ecc. - avanza una proposta di buon senso, noi siamo pronti a votarla favorevolmente. Senza pretendere merce in cambio, senza staccare promesse di sorta.

Non è cambiato niente.

Il Partito Democratico rimane per noi il partito delle lobby e degli affari.
Il partito che vota in massa 35 fiducie ad altrettanti provvedimenti in poco più di un anno, annientando il dibattito democratico in aula e isolando i dissidenti al suo interno.
Il partito che non ha battuto ciglio nel vedere il proprio premier defenestrato e sostituito con un piazzista prezzolato senza passare dal voto, anzi avallando la scelta nell’assemblea del partito.
Il partito che a braccetto con Berlusconi ha fatto scempio dell’assetto istituzionale del Paese in pieno agosto, con i cittadini in vacanza.
Il partito che con una mano da dei mafiosi agli altri e con l’altra vota per abbassare le pene del voto di scambio politico-mafioso.
Il partito che l’altro giorno ha votato sì alla ciclopica porcata dello SfasciaItalia, e ci sta somministrando una legge di stabilità altrettanto infame.
Il partito dei berlusconiani travestiti da renziani.

A concepire la politica come un mercato delle vacche sono altri. La nostra è semplice coerenza, quella di chi con fatica cerca di mantenere le promesse.

Oramai l’abbiamo compreso. È la nostra semplicità a sconvolgervi. Il buon senso, la normalità. Il nostro essere persone normali che parlano a persone normali. In un Paese anormale la normalità è sempre rivoluzionaria. Per questo dovete nasconderla, sopprimerla. Non sia mai che i cittadini scorgano l’abisso che esiste fra il Movimento e i partiti, e ci prendano in simpatia. Ma è solo questione di tempo.

"Il risultato non è la meta ma il percorso" #arivederlestelle




Voglio essere chiaro e semplice. - Roberto Fico

Non c'è nessuna intesa con il Pd. 
Per fortuna abbiamo ancora sale in zucca e non siamo ancora diventati schizofrenici. 
La coerenza per una forza politica rimane il valore principale. 
Il concetto di coerenza nel nostro Paese è stato sacrificato con l'idea di realpolitik che alla fine significa semplicemente inciucio perenne ai danni dei cittadini. 
È dal primo giorno in parlamento che cerchiamo di dialogare nei luoghi preposti per portare un enorme contributo nell'interesse esclusivo dei cittadini. 
Purtroppo quasi sempre dall'altro lato gli interessi sono altri e quindi si interrompe il dialogo. 
La nostra vittoria politica per l'elezione di un giudice della corte costituzionale e di un membro del consiglio superiore della magistratura è frutto esclusivo della nostra caparbietà, serietà e trasparenza. Questo e solo questo è il nostro modello di lavoro, il nostro vivere le istituzioni, il nostro rispetto per tutti i cittadini. 
La stampa italiana oggi cerca di ricondurci allo schema abituale: accordi, alleanze, compromessi, monete di scambio. 
Noi ragioniamo in un altro modo e la stampa ormai dovrebbe saperlo. 
Ciò che vorrei che venisse raccontato è la diversa visione del mondo che ben si legge nel loro sfascia Italia rispetto al nostro attiva Italia. 
Petrolio contrapposto alle energie rinnovabili, inceneritori contrapposti ad impianti di compostaggio, acqua privata contrapposta all'acqua pubblica. 
I nostri mondi sono diversi, la visione del futuro e dello sviluppo del Paese sono profondamente diversi. Il resto sono chiacchiere. 
Oggi Chiamparino su "il fatto" dice:"che se il movimento cinque stelle vuole io al Quirinale ci vado". 
Dico a Chiamparino che piuttosto che votarlo mi taglierei le mani e con me tutto il movimento cinque stelle. 
Mi chiedo solo come gli possa essere venuta in mente una cosa del genere! 
Per ora è tutto, passo e chiudo.

Minoranza Pd: la Brigata Don Abbondio dei Civati, Mineo e Ricchiuti. - Andrea Scanzi

ricchiuti-civati-facebook

Non vorrei che lo sfogo lisergico della “dissidente” Ricchiuti passasse sotto silenzio. Premessa: da qualche mese, assieme ad altri deputati e senatori, Lucrezia Ricchiuti svolge (senz’altro in buonafede) il ruolo della foglia di fico di sinistra del Pd. Lei, TocciMineoCivati e un’altra decina di parlamentari piddini si costernano, si indignano e si impegnano, poi però gettano la spugna con gran dignità. Come nella Don Raffaé di Fabrizio De André. Con la loro presenza garantiscono quel 5-6% (forse più e forse meno) di voti a Renzi da parte di quegli elettori ex Pci/Pds/Ds che oggi dicono “Renzi mi sta sugli zebedei e sembra pure un po’ babbeo, però voto Pd perché c’è Civati e in fondo è ancora un partito di sinistra”. Ogni giorno la Brigata Don Abbondio dei Civati & Mineo va in tivù e sui giornali a dire quanto Renzi sia brutto (senz’altro) cattivo (abbastanza) e di destra (no doubt), poi però quando c’è da votare contro Renzi marca sempre visita.
E’ accaduto nei giorni scorsi anche per lo Sblocca-Italia. Ed è qui che la “dissidente” Ricchiuti si è consegnata alla leggenda. Ascoltiamola: “Cosa volete che vi spieghi? Che ho votato la fiducia e con essa un provvedimento che peggio di cosí non si può? Che io e Mineo avevamo deciso di non votare ma che dopo pressioni e telefonate che ci invitavano a votare perché i numeri non c’erano e perché non ci potremmo permettere di far cadere il governo adesso, alla fine abbiamo deciso di votare? Dico solo una cosa: così non possiamo continuare. Impedire ai parlamentari di discutere e poter migliorare provvedimenti sbagliati o clientelari come lo sblocca Italia, ci porterà solo nel burrone. Non è possibile andare avanti a colpi di fiducia: non va bene per l’opposizione ma neanche per la maggioranza”.
Non è un fake: lo ha scritto proprio la Ricchiuti. Di questo sfogo accorato, vergato personalmente sulla pagina Facebook della senatrice, colpiscono in particolare alcune cose: 
1) I “dissidenti” alla Mineo & Ricchiuti votano contro Renzi solo quando il loro votare contro non conta nulla. Cioè votano contro per gioco. Se il loro voto contro si rivela decisivo (“i numeri non c’erano e perché non ci potremmo permettere di far cadere il governo adesso”), non votano contro (basta qualche “pressione e telefonata”) e rientrano zelantemente nei ranghi. Chiamasi dissenso finto, o dissenso per scherzo. Più esattamente, chiamasi “mi faccio la mia correntina redditizia ma sul più bello obbedisco alle note statiste Boschi, anche perché col cavolo che poi mi rieleggono se il governo cade e torniamo al voto”. 
2) I “dissidenti” alla Mineo & Ricchiuti continuano a stare in un partito la cui democrazia interna è – a loro dire – pari a quella dei gulag o giù di lì (“Impedire ai parlamentari di discutere e poter migliorare (…) ci porterà solo nel burrone”). Gridano all’assolutismo e all’autoritarismo, ma ad andarsene neanche ci pensano. Chissà perché.
Gentile Ricchiuti, io non ho dubbi sulla sua buonafede, e condivido alcune sue analisi politiche. Non fatico a immaginare quanto sia umiliante, per una persona intelligente come lei, prendere ordini dalle Madia. Ci faccia però un favore, lei come gli altri partigiani sparuti della Brigata Don Abbondio: smettetela di prenderci – ma più che altro di prendervi – in giro. C’è un limite anche al paraculismo. Non c’è traccia alcuna di coerenza nel vostro agire e il coraggio non si compra su eBay come spererebbe forse Civati. Non è mai tardi per un rigurgito di dignità, quando non di coscienza, ma mi pare che ve la stiate prendendo sin troppo comoda. Più passa il tempo e più ricordate quel vecchio pugile che, dopo aver preso cazzotti come se piovesse, raccontò così la sua sconfitta agli amici: “Ne ho prese tante, ma non sapete quante gliene ho dette”. Nietzsche sosteneva che gli uomini, prim’ancora che pavidi, sono pigri e temono la sincerità incondizionata; è però verosimile che, se vi avesse conosciuto, avrebbe probabilmente riscritto il concetto di codardia politica. 
Buon lavoro e buon dissenso disinnescato.

Giuseppina Ghersi, la martire bambina - Cristina Di Giorgi





Ha 13 anni Giuseppina. 
E’ una bambina studiosa e diligente, che grazie anche all’amore della sua famiglia, fino a quei maledetti giorni di fine aprile del 1945 ha vissuto un’infanzia serena. 
I Ghersi sono proprietari di un piccolo negozio di frutta e verdura in quel di Savona e quando i partigiani si presentano alla porta della loro casa chiedendo materiale di medicazione, il padre di Giuseppina non esita a fornire loro tutto quello che riesce a mettere insieme. 
E’ il pomeriggio del 25 aprile. 
Il giorno successivo i coniugi Ghersi si recano, come di consueto, al loro negozio. 
Ma vengono fermati per la strada da due partigiani armati, che li portano al Campo di concentramento di Legino. 
Poco dopo vengono arrestati anche gli altri componenti della famiglia tranne la piccola Giuseppina, in quel periodo ospite di alcuni amici. 
Non c’è quindi più nessuno che possa testimoniare contro coloro che, indisturbati, depredano il negozio e la casa dei malcapitati.
Nel frattempo i Ghersi chiedono ai partigiani i motivi della loro detenzione e viene loro risposto che si tratta di un semplice controllo e che hanno bisogno di interrogare anche la loro figlia che, vincitrice di un concorso, aveva ricevuto una lettera con i complimenti del Segretario particolare del Duce. 
In realtà credono che sia una spia al servizio del regime fascista. 
Convinti della buona fede di chi li aveva arrestati, i coniugi accettano di essere accompagnati a prendere la piccola. 
Ma quando tornano al Campo di concentramento, si consuma un dramma che ancora oggi suscita orrore e disgusto: Giuseppina e la sua mamma vengono infatti stuprate e ripetutamente picchiate ed il papà è costretto ad assistere allo “spettacolo” e anche lui viene percosso su schiena e testa con il calcio di un fucile. 
Per tutta la durata della violenza, gli aguzzini, non contenti di quello che avevano già razziato, gli chiedono più volte di rivelare il nascondiglio di altro denaro e preziosi. 
Alla fine di quella terribile giornata, i coniugi Ghersi vengono condotti al Comando partigiano locale che, nonostante a loro carico non fosse emerso nulla, li rinchiude in carcere. 
Per Giuseppina, rimasta sola nelle mani di quelle belve, si consumano purtroppo altri giorni di atroci sofferenze. 
Che hanno termine il 30 aprile 1945, quando viene finita con un colpo di pistola e gettata su un mucchio di altri cadaveri davanti alle mura del Cimitero di Zinola. 
Qui viene notata da un signore, che descrive la visione di quel piccolo corpo martoriato con parole tremende: “Era un cadavere di donna molto giovane – scrive Stelvio Murialdo – ed erano terribili le condizioni in cui l’avevano ridotta. 
Evidentemente avevano infierito in maniera brutale su di lei. 
L’orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue con un occhio bluastro tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.
La vicenda di Giuseppina Ghersi è stata dettagliatamente ricostruita grazie alla coraggiosa pazienza del papà, che il 29 aprile 1949 ha presentato al Procuratore della Repubblica di Savona un esposto di sei pagine scritte a mano. 
Pagine che molto probabilmente non riescono a rendere la tremenda sofferenza patita da quella bambina, la cui storia è drammaticamente simile a tante altre, generate da un odio cieco e disumano che ancora oggi alcuni tendono a giustificare, mascherandolo da “azione di guerra giusta e necessaria per combattere il nazifascismo”. 
Per fortuna c’è però chi vuole ricordare quanto accaduto con onestà e rispetto per la verità. Tra essi, i promotori di una mozione presentata in alcuni Municipi della Capitale, in cui si afferma la necessità che questi “terribili fatti legati alla guerra siano conosciuti e di monito a tutte le generazioni future, affinché se ne tragga un insegnamento: che lo strumento dell’odio deve essere superato. 
Al di là del colore politico – si legge infine nel documento pubblicato da Roma.it – una sola tinta si presta a connotare il racconto: il rosso del sangue dei martiri di tutti i tempi, assieme al bianco dell’innocenza e al verde della speranza. 
Speranza che si riscriva la storia, che sia fatta giustizia”. Senza più odio, nel rispetto della verità e della pace.


Della serie non tutti gli uomini sono uguali; non basta esser stati partigiani per meritare rispetto, è il buon comportamento che ci rende degni di stima.