giovedì 9 aprile 2015

"Physalis Alkekengi"


L'Alkekengi o alchechengio (Physalis alkekengi L.) è una pianta perenne che produce bacche commestibili; appartiene, come il pomodoroe la patata, alla famiglia delle Solanaceae.
L'Alkekengi ha origini in Europa e Asia. Date le sue proprietà medicinali è coltivata fin dall'antichità. È un'erbacea perenne e si riconosce facilmente per i calici che avvolgono la bacca, simili a piccoli lampioni arancioni. Al tatto il calice ha consistenza quasi cartacea e spesso è poroso. Ci si aspetta un petalo ma se si cerca di spezzarlo è molto più tenace e resistente. Nonostante questo si apre facilmente a mani nude. Non è da confondere con il Physalis peruvianus (chiamato anche Cape gooseberry) che è della stessa forma e struttura ma beige e con la Physalis ixocarpa che produce una bacca molto più grossa, verde (o porpora) e simile a un pomodoro sempre, però, rivestita da un calice verde (o porpora) con forma simile all'alkekengi.
Si coltiva facilmente, dà origine ad un rizoma strisciante interrato molto profondamente: in questo modo è permessa la propagazione e la rivegetazione conseguente alla stasi invernale.
Fiore. Bianco, piccolo e a forma di campanella, spunta all'ascella delle foglie; tipici i calici arancioni di consistenza simile alla carta. Fioritura estiva (da luglio ad agosto).

FogliaÈ verde chiara e ovale, di una lunghezza tra i 5 e gli 8 cm. Quando i frutti maturano lascia la sua sede. Le foglie e il rizoma sono velenosi perché contengono solanina che provoca mal di testa, vomito, nausea e diarrea che compaiono entro 2-24 ore. L'unico sintomo che dura più di 24 ore è la diarrea che può manifestarsi per più giorni.

FustoPuò arrivare fino a 1m di altezza, è eretto, ramificato, subglabro ed angoloso.

Terreno. Secco. Non è di grossa importanza la sua composizione. L'habitat ideale è in boschi umidi o in siepi fino a 1000 m s.l.m.

EsposizioneLa crescita della pianta è favorita dall'esposizione non diretta ai raggi solari: preferisce poca ombra.

Uso. Anche secondo l'uso popolare, possiede molte proprietà terapeutiche tra le quali spiccano azioni contro i calcoli renali e vescicali e come forte diuretico inoltre anche come integratore di vitamina C[1] [2]. I calici di colore arancione acceso tendente al rosso che avvolgono le bacche di questa specie rendono la pianta adatta a fini decorativi.

BaccheUnica parte commestibile della pianta. In genere sono mature a settembre ed hanno la forma di una piccola ciliegia, il gusto ricorda quello del lampone o quello del pomodoro. Dalle bacche si può ricavare un'ottima marmellata. Si possono mangiare da sole o aggiunte alle insalate. Se seccate leggermente si possono mettere sott'aceto o in salamoia. Contiene una grandissima quantità di vitamina Cacido citricotannino e zucchero. In erboristeria si usava per le malattie in cui c'era bisogno di un'azione diuretica marcata. Vengono preparate candite o ricoperte di cioccolato fondente.


Guarda anche: 

Physalis peruviana

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Expo 2015, l’offerta del Pd Milano: “Biglietto con la tessera del partito”. - Alessandro madron



A Milano il Partito Democratico si inventa una promozione per gli under 30: con la tessera del Pd e riceveranno anche un ingresso all'Expo.

“Hai meno di 30 anni? Iscriviti al Pd di Milano e acquista da noi il tuo biglietto Expo, ti costerà 25 euro al posto di 50″. A Milano, per gli under 30 che si iscrivono al Partito Democratico l’ingresso all’Expo è incluso nel prezzo della tessera. Sta scritto nero su bianco sul portale ufficiale del Pd milanese (www.pdmilano.net) e: no, non è affatto uno scherzo. Insomma, prendi due e paghi uno, proprio come al supermercato. Solo che parliamo di un partito. Del partito che esprime la maggioranza di governo di questo paese.
Forse si tratta solo del tentativo estremo di scacciare i gufi che se ne stanno appollaiati sul recinto del costruendo polo espositivo milanese. Forse l’iniziativa nasce dalla volontà di ingraziarsi il premier-segretario, propiziando nel contempo il successo di un’iniziativa che, ad oggi, ha offerto occasioni di discussione quasi esclusivamente in tema di scandali e di ritardi. Certo è che l’iniziativa del Pd meneghino, avallata e promossa dal segretario Pietro Bussolati, è di quelle destinate a far discutere ben oltre i confini della città e, certo, non solo per la sua carica di originalità.
Sul sito dem i toni sono squillanti: “Il Pd è l’unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015”. Un annuncio orgoglioso quello di Bussolati, che poi continua spiegando: “Crediamo fortemente nel successo della manifestazione e vogliamo, come è nel nostro dna, metterci a disposizione della città anche in questa importante occasione. Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo”. Mai come in questo caso volere è potere e il colpo di genio è dietro l’angolo: “Per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al Partito Democratico di Milano, un’opportunità in più: con 25 euro riceveranno tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo”.
Che all’ombra della Madonnina l’expo-entusiasmo dovesse diventare maggioritario lo si sospettava da tempo ma che, addirittura, il partito del presidente del consiglio si prendesse la briga di comprare e rivendere gli ingressi alla manifestazione, questo non se lo aspettava nessuno.
Dal canto loro i democratici milanesi, con il passare delle ore si sono accorti di aver innescato la macchina mediatica e in serata hanno affidato una nota di precisazione al profilo facebook del partito: “Siamo onorati di tutta l’attenzione che si sta dando all’affaire il Pd vende i biglietti di expo” e con una punta di sarcasmo aggiungono: “State sereni! Il Pd di Milano è in regola con le procedure di rivendita dei biglietti di Expo essendo un rivenditore ufficiale autorizzato come molti altri in città e fuori” e, travisando forse il motivo reale dello sbigottimento seguito alla proposta, continuano nella precisazione: “Possiamo far avere ai nostri iscritti ad un prezzo vantaggioso i biglietti aperti e, a nostra discrezione (non ricevendo alcun finanziamento pubblico ma basandoci solamente, da ormai 1 anno, su libere sottoscrizioni volontarie), abbiamo scelto di far avere ai giovani la possibilità di visitare l’esposizione universale ad un prezzo ridotto e per loro accessibile”. Il partito si mette sul piano di qualunque altro organo, ente o istituzione: “Le università stanno agevolando la visita ad expo per i loro studenti, noi abbiamo pensato di contribuire ad allargare quest’offerta anche ai giovani che universitari non sono, offrendo loro sia la possibilità di partecipare alla vita del nostro partito che quella di vedere l’esposizione”. Poi specificano che a brevissimo pubblicheranno il regolamento finanziario che darà i dettagli di tutta l’operazione.
Si attendono possibili contromosse degli avversari politici. Magari un ingresso omaggio per una cena elegante con la tessera di Forza Italia o una felpa personalizzata con l’iscrizione alla Lega.

Mai dire regime. - Marco Travaglio.




Dice bene Concita De Gregorio: “Bisogna essere molto longevi, in questo Paese”. 

Molto longevi per avere giustizia almeno in EuropaMa anche per ricordare a chi non c’era, a chi ha dimenticato, a chi ha visto solo la tv tanti fatti gravissimi, e chiamarli con il loro nome.
Ora che l’ha messa nero su bianco la Corte di Strasburgo, molti scoprono che l’Italia ha conosciuto la tortura


Non nelle galere nazifasciste nel 1943-45Ma in una scuola di Genova, 14 anni fa, in piena “democrazia”

Negli stessi mesi l’Italia conosceva anche la censura. Ma era vietato parlare di regime e quei pochi che si azzardavano a farlo venivano scomunicati. Non solo dal regime, ma anche dalla stampa “indipendente”, e persino dalla cosiddetta opposizioneNon è acqua passata, perché con quella stagione nefasta non abbiamo mai fatto i conti. “Voltiamo pagina”, si diceTroppo comodo il revisionismo di opinionisti e intellettuali “di sinistra”, che confondono la “normalità” con l’amnesia.

E non s’accorgono che il berlusconismo non finirà con Berlusconi (ammesso che sia giunta la sua ora): finirà quando si chiameranno finalmente le cose con il loro nome (non solo a Strasburgo, ma anche in Italia), e il virus che ha contagiato tutto e tutti, a destra e a sinistra, sarà sradicato dalle nostre teste e viscere fino all’ultimo sintomo


Berlusconismo è “politica del fare” purchessia, leggi per favorire i pochi contro i molti, collusione fra arbitri e giocatori, disprezzo per la Costituzione camuffato da “riforme istituzionali”, Parlamento controllato da due o tre boss con legge elettorale ad hoc, insofferenza alle critiche della libera stampa, allergia a un’opposizione forte e radicale (l’unica possibile nelle vere democrazie), ostracismo ai controlli terzi (magistratura, informazione e opinione pubblica), orrore per la “piazza”, occupazione partitocratica della tv, trasformazione della stampa in megafono del potere, cupidigia di servilismo ai piedi dei potenti, impunità per la classe dirigente gabellata per “primato della politica”. 

Tutte tossine letali che tuttora ammorbano l’ItaliaI “fatti di Genova”, come pudicamente la vaselina della stampa di regime ha sempre chiamato le torture del G8 2001, non spuntarono dal nulla come un fungo raro

Furono la prova generale di un’operazione studiata a tavolino, e perfettamente riuscita, per abituarci alle maniere spicce e sfigurare i fondamentali della democrazia liberale e dello Stato di diritto. Chi nel 2001 non era nato o andava all’asilo non ha mai avuto la fortuna di vederli. Così non ne sente neppure la mancanza.

Montanelli l’aveva già capito il 17 marzo 2001, nel pieno delle polemiche sulla mia intervista al Satyricon di Luttazzi sui rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e la mafia: “Questa non è la destra, questo è il manganello”E così altri tre vegliardi Bobbio, Galante Garrone e Sylos Labini che raccolsero l’appello di Flores d’Arcais su Micromega contro B. “pericolo per la democrazia”Il 13 maggio Berlusconi non vinse, stravinse le elezioniPrimo atto: la mattanza di Genova. Rai e Mediaset censurarono le scene più crude, salvo il Tg5 di Mentana e il Tg3Un cineoperatore del Tg2 riuscì a riprendere 20 minuti di pestaggi ai manifestantiSi vedeva un gruppo di ragazzine che urlavano “Siamo delle Acli!”, mentre la polizia le massacrava di botteMa il filmato non fu trasmessoLo utilizzò un inviato del Tg1, Bruno Luverà, per un reportage che gli valse il premio Saint Vincent


Dieci giorni dopo anche La7, unica alternativa al monopolio televisivo, fu normalizzata col passaggio di Telecom a Tronchetti Provera, che subito smantellò il palinsesto già pronto con Lerner direttore del tg e i programmi di Fazio e dei Guzzanti. 

A settembre, dopo la strage delle Torri Gemelle, l’Italia entrò in guerra contro l’Afghanistan. Il 12 gennaio 2002 Borrelli aprì l’anno giudiziario col celebre “resistere, resistere, resistere”

Subito dopo partirono i girotondi. 

Intanto B. si pappava la Rai con un Cda di stretta osservanza e un dg, Agostino Saccà, che aveva appena dichiarato: “Voto Forza Italia con tutta la mia famiglia”. 

E Violante ricordava a B. le benemerenze del centrosinistra: “Nel ‘94 gli è stata data la garanzia piena che non gli sarebbero state toccate le tvLo sa lui e lo sa Gianni Letta”Il premier, da Sofia, ordinò alla sua Rai di cacciare Biagi, Santoro e Luttazzi. 

Detto, fattoIl 9 luglio il Cda bloccò pure la messa in onda del documentario Bella ciao di Freccero (appena rimpiazzato a Rai2 col leghista Marano), Marco Giusti e Roberto Torelli sulla macelleria di Genova, appena applaudito al Festival di Cannes, ma proibito in Italia

Poi, nell’estate 2004, i vertici Ds pensarono bene di invitare alla Festa nazionale dell’Unità in programma a Genova l’ex ministro dell’Interno Scajola, responsabile politico della repressione. 

Padellaro, condirettore dell’Unità, scrisse un editoriale dal titolo sarcastico: “I testimoni di Genova”: “È possibile che Scajola ci racconti finalmente chi diede l’ordine dei pestaggi al G8? No, il massimo che possiamo attenderci è qualche cautissima, genericissima, fumosissima apertura al dialogo destinata a evaporare con la fine dell’estate, quando riapriranno il Parlamento e Porta a Porta”

Rispose tal Paganelli, responsabile della Festa: “Appare perlomeno singolare la scelta dell’Unità (giornale) di dedicare all’Unità (festa) un editoriale di critica alla vigilia dell’apertura”. E Vannino Chiti: “La gente non vuole una contrapposizione frontale permanente”. Colombo e Padellaro, nella serata inaugurale della Festa, furono accolti da un lungo applauso della folla in piediPochi mesi dopo, fu cacciato ColomboPoi anche PadellaroChiamare regime il regime non portava buonoNemmeno a sinistra.

Il Fatto Quotidiano - Giovedì 9 aprile 2015