mercoledì 22 aprile 2015

De Luca, motivazioni della condanna: “Nominò il suo uomo per dargli più soldi”. - Vincenzo Iurillo

De Luca, motivazioni della condanna: “Nominò il suo uomo per dargli più soldi”

All'epoca della sentenza che gli infliggeva un anno di reclusione (pena sospesa) per aver promosso "in totale assenza di motivazione" il suo braccio destro Alberto Di Lorenzo, il sindaco commentò: "Condanna demenziale, per aver usato l'espressione project manager invece di coordinatore". Ma i giudici del Tribunale di Salerno sottolineano che lo scopo del primo cittadino era "attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione". 

“Condanna demenziale, per aver usato l’espressione project manager invece di coordinatore“, commentò il sindaco all’epoca della condanna, lo scorso gennaio. Ma secondo i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno che hanno condannato Vincenzo De Luca, la promozione di Alberto Di Lorenzo aveva come unico scopo quello di “attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione“. La realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, infatti, non poteva prevedere la figura del project manager, che peraltro non è contemplata dal codice degli appalti. E’ scritto nelle circa 140 pagine delle motivazioni della condanna per abuso d’ufficio a un anno di reclusione (pena sospesa) dell’ex sindaco di Salerno e candidato Pd alla Regione Campania. Le motivazioni sono state depositate stamane dalla seconda sezione penale del Tribunale di Salerno e sono state rese note dal M5S. De Luca è stato condannato in qualità di ex commissario straordinario di governo per la costruzione di un impianto di termodistruzione durante l’emergenza rifiuti in Campania. L’opera non è stata poi compiuta. Tra gli elementi di censura del collegio dei giudici (presidente Ubaldo Perrotta, giudici estensori Antonio Cantillo e Mariano Sorrentino), l’inutilità di nominare un project manager in presenza di un Responsabile Unico del Procedimento, sottolineata in aula dal pm Roberto Penna durante il dibattimento, che parlò di inutile duplicazione delle stesse funzioni.
In uno dei passaggi chiave delle motivazioni, i magistrati giudicanti sottolineano che “l’inesistenza della figura della nomina del project manager, la totale assenza di motivazione circa la necessità della nomina e la scelta della persona nominata; l’accertata falsità delle giustificazioni postume; la particolare qualificazione dei protagonisti della vicenda, i rapporti interpersonali strettissimi tra nominante e nominato Alberto Di Lorenzo, il capo staff dell’ex sindaco, geometra con laurea triennale in Scienza di Governo, anche lui condannato a un anno ndr); il successivo occultamento sul sito web,la presenza, all’interno del gruppo, di persone astrattamente più qualificate; la circostanza che l’opera svolta non risulta essersi concretizzata in attività di particolare complessità ed importanza; il fatto che Di Lorenzo, in prospettiva, avrebbe potuto guadagnare una somma ben maggiore di quella liquidatagli con il provvedimento del marzo del 2009 (circa 8000 euro al netto delle ritenute, ndr) sono tutti elementi dimostrativi del fatto che la nomina in contestazione, lungi dall’essere finalizzata a perseguire esclusivamente una finalità pubblica, aveva l’unico scopo di svincolare Di Lorenzo dal gruppo di lavoro e attribuirgli una inventata posizione apicale, con conseguente riconoscimento di una più sostanziosa retribuzione“.
De Luca, dopo 24 ore di silenzio, ha deciso di pubblicare la sentenza sul suo sito internet “in nome della trasparenza” e ha ripetuto la sua difesa: “Una sentenza che ribadisce che l’abuso d’ufficio consiste in un reato ‘linguistico’, cioè nell’aver nominato anziché un coordinatore del gruppo di lavoro un project manager, figura non presente nella normativa generale in materia di appalti”.


“Il Tribunale di Salerno, che lo ha condannato per abuso d’ufficio, ha detto chiaramente che la figura del project manager non è prevista nel codice degli appalti. Adesso il sindaco decaduto di Salerno, Vincenzo De Luca, la smetterà di parlare di reato linguistico”. A dirlo i parlamentari pentastellati Isabella AdinolfiAndrea CioffiSilvia GiordanoGirolamo Pisano ed Angelo Tofalo. “La motivazione della sentenza – rimarcano – finalmente smaschera venti anni di amministrazione ‘deluchiana’ improntata su leggi e norme completamente inventate per accrescere il consenso elettorale. Oggi è stato dimostrato che a Salerno non esiste la legge De Luca. Esiste la legge degli appalti che il candidato governatore del Pd non ha rispettato. Esiste la legge Severino che, sulla scia del patetico e fantomatico reato linguistico, Vincenzo De Luca e il Pd continuano a snobbare. Ed esiste il M5S che è riuscito a far rispettare la legge sull’incompatibilità del doppio incarico facendolo decadere da sindaco. Noi siamo per la legalità. Il folklore e le invenzioni linguistiche le lasciamo agli showman come De Luca”. “Queste motivazioni – spiega il legale dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, Oreste Agosto – dimostrano dal punto di vista legale, l’illegalità dell’agire dell’amministrazione comunale e rafforza ancora di più il nostro pensiero giuridico sulla chiara incandidabilità di De Luca a governatore della Regione Campania”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/21/de-luca-motivazioni-condanna-nomino-braccio-destro-per-dargli-soldi/1610995/

Fratelli d’Itaglia: la bandiera dell’ipocrisia di un paese guerrafondaio che parla di pace. - Sergio Di Cori Modigliani


Com’erano contenti, il 20 Marzo del 2011, i nostri politici! Come una pasqua annunciata.
Com’erano contenti quando i primi tornado dell’aeronautica militare italiana, la notte tra il 20 e il 21, all’alba della primavera, partirono per andare a bombardare l’intero sistema idrico e di infrastrutture legate all’erogazione dell’acqua e dell’elettricità, nel sud della Libia, condannando la popolazione del Mali, centinaia di tribù di beduini e gli abitanti di almeno 200 piccole città alla sete perfida, al buio, alla fame e allo sterminio.
Erano felici e gongolanti, perché si trattava di un grosso business, iniziato con un atto di pirateria internazionale partito dalla city di Londra e attivato alla Borsa di Milano che è proprietà del London Stock Exchange: senza alcun avvertimento, violando ogni rispetto della Legge e facendo applicare il codice militare sulla base “di uno stato di guerra dichiarato” il governo di Londra, Washington e Roma, prosciugarono 146 conti correnti intestati a Gheddafi e a membri del suo governo per un controvalore corrispondente a circa 60 miliardi di euro. Si pagarono le spese militari in anticipo. Fatti i calcoli alla fine della guerra, all’Italia sono andati circa 14 miliardi di profitto netto di cui il paese aveva urgente bisogno per andare a coprire la falla spaventosa nei conti pubblici, provocata dalle politiche nefaste di Berlusconi e Tremonti, l’accoppiata che aveva messo in ginocchio il paese senza che la gente (ancora) si fosse accorta di ciò che stava accadendo. E i partiti hanno preso la loro quota parte, d’accordo con il sistema bancario nazionale, attraverso un altro meccanismo di pirateria legale: 1250 aziende statali libiche che operavano in Italia in joint venture con imprenditori italiani, sono state cancellate pigiando un pulsante sulla tastiera del computer. Quelle banche si sono presi i soldi che sono stati poi distribuiti dagli amministratori responsabili ai loro politici di riferimento. In totale si trattava di circa 12 miliardi di euro. Soprattutto nel Veneto, dove la Lega Nord aveva messo in piedi un centinaio di società miste finanziate da Gheddafi, per devastare i terreni agricoli, senza alcun rispetto per le condizioni idro-geologiche del territorio e costruire giganteschi centri commerciali nelle periferie di Vicenza, Verona, Padova con un aumento della cementificazione che, tra il 2001 e il 2011, è risultato superiore del 450% rispetto a quello tra il 1991 e il 2001.
Che bel business che è stato.
Che meraviglia, la guerra per gli italiani. Come la sanno far bene e quanto piace a questo paese andare in giro per il mondo a far la guerra. C’è ancora gente che osa prendersela quotidianamente con Obama o con Putin -a seconda della propria appartenenza politico-ideologica- denunciando il loro imperialismo militare, senza mai neppure menzionare quello nostrano, il peggiore in assoluto: perché è ipocrita, clandestino, nascosto, celato. Come del resto in Siria, dato che aziende italiane lombarde hanno avuto l’appalto per la gestione di tutti i sistemi di sicurezza e intelligence di Assad, e dopo la Russia, l’Italia è il più importante fornitore d’armi della Siria. Nei tre anni di guerra civile siriana che hanno provocato la morte di circa 250.000 persone (per lo più civili innocenti) e provocato la genesi di circa 2 milioni di profughi da quel paese, l’Italia ha incassato diverse decine di miliardi di euro.
Come nazione abbiamo sulla coscienza la vita di circa 2 milioni di persone, residenti nella zona meridionale della Libia, nel territorio di confine con il Niger e il Ciad, esseri umani che sono morti di sete in pochi mesi, perché i bombardamenti dei nostri aerei hanno completamente distrutto l’intero sistema di irrigazione e di fogne condannando la popolazione locale alla morte. Oltre ad aver distrutto l’intera produzione agricola di ben quattro paesi africani che godevano di acqua grazie a quelle infrastrutture. Adesso ci sono i francesi e l’Eni a lavorare per rimettere in piede la situazione. E tutti quei morti innocenti?
E’ bene sapere chi si è e che cosa si è fatto.
A differenza degli Usa, della Russia, della Gran Bretagna e della Francia, nazioni che quando decidono e scelgono di flettere i muscoli lo fanno, lo dicono, ed esibiscono pubblicamente il loro orgoglio macho, l’Italia, da sempre, finge di essere innocente o, ancora peggio, pacifista o comunque sia vittima inconsapevole di un sistema prodotto da altri, la Nato (per quelli anti-americani della sinistra stracciona) o Putin che era un loro alleato (per la cosiddetta destra liberale anti-russofila).
Non è così.
E l’unità che oggi viene chiesta a gran voce dall’intera classe politica dirigente, con la scusa del dover affrontare una crisi umanitaria, nel nome di un’idea nazione che non esiste, non è altro che l’anticamera per andare a fare un’altra guerra come la Repubblica Italiana sta facendo dal 2003 senza aver mai modificato di un millimetro la propria politica estera: siamo una nazione guerrafondaia, imperialista, dedita al banditismo internazionale.
L’importante è saperlo.
Cerchiamo di evolverci e di sottrarci all’ipocrisia di Stato di tutte le componenti politiche.
NO ALLA GUERRA!
russell